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Autore: Yutsu Tsuki    17/09/2014    4 recensioni
Dal primo capitolo:
“Osservando il suo volto, si accorse di una cosa. Tutti quegli anni passati dietro a due spesse lenti rotonde gli avevano fatto dimenticare di quanto belli fossero i suoi occhi. Erano di un verdeacqua chiaro, ma intenso, quasi luminoso. Si avvicinò ancora allo specchio e allungò la mano, come per poter afferrare quel colore che era un misto fra il cielo azzurro senza una nuvola ed un prato fresco d'estate.
Voleva toccarli, sfiorare quella luce e immergersi in essa, ma venne bruscamente interrotto dalle urla di sua sorella: — Keeeen! Vieni a cena, è prontooo!
Si allontanò in fretta dalla sua immagine riflessa. Per un attimo restò senza parole. Era rimasto affascinato dal suo stesso volto. Poi scoppiò a ridere, rendendosi conto dell'assurdità della cosa.
Aprì la porta della stanza gridando: — Mi chiamo Kentin!! — e corse in cucina.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Kentin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17


Brucia!







La pioggia cominciò a picchiettare veloce sul vetro della finestra, rompendo il silenzio che fino a pochi minuti prima aleggiava nella camera all’ottavo piano. Kentin era disteso sul letto a contemplare il soffitto, assorto nei mille pensieri che ormai da tempo lo tormentavano. Se la memoria non lo ingannava, Candy gli aveva detto che avrebbe dovuto tenere le stampelle per due settimane, quindi, se tutto sarebbe andato bene, l’1 Marzo avrebbe potuto toglierle. La gita si sarebbe svolta dal 3 al 7, perciò l’unica cosa che lui poteva fare era pregare che nulla andasse storto e che i suoi conti fossero esatti.
Dopo essersi alzato con fatica dal letto, Kentin si avvicinò alla scrivania, sulla quale il giorno precedente aveva posto il regalo di Candy. La confezione era ancora chiusa; quando l’ebbe scartata con attenzione, ne estrasse un biscotto e lo scrutò. Era proprio come quelli che aveva sempre preferito: due basi solide e croccanti collegate da uno spesso strato di cioccolato al latte. Il sapore dolce e zuccherino si diffuse in un attimo in tutta la sua bocca. Si rese conto che quel biscotto non era poi così diverso dalla sua Candy: fuori poteva anche essere duro e forse un po’ secco, ma all’interno racchiudeva una dolcezza tenera e irresistibile.
Ma a quanto pare era finita. Ora che il patto di amicizia era stato concordato, Kentin era destinato a non provare per lei nulla di più di semplice affetto. Tutte le illusioni, le convinzioni, gli stratagemmi, le sopportazioni che fino ad allora avevano dimorato in lui, si erano dunque rivelate inutili. La sconfitta subita ad inizio anno era stata l’occasione per maturare sia fisicamente che caratterialmente, tanto che, alla fine, era riuscito a sconfiggere a sua volta la sua aguzzina, sopraffatta dal prodotto stesso della sua prepotenza. Ma a cosa serviva l’espulsione di Ambra, se non era riuscito a raggiungere il suo vero scopo?
Poi c’era il discorso sul narcisismo. Inizialmente non aveva dato molto peso alle supposizioni di Rosalya riguardanti la sua doppia personalità, anzi, gli era sembrata solo una sfacciata; ma ragionandoci un po’ su, intuì che quella ragazza non aveva avuto tutti i torti. Ricordava bene le sue parole: aveva detto che in seguito al suo cambiamento, Kentin era arrivato ad amare il suo nuovo aspetto ed odiare quello precedente. Un’osservazione senza dubbio arguta, ma non del tutto esatta. Il fatto è che Rosalya ignorava un dettaglio. Dopo il miglioramento fisico, Kentin aveva sì capito di odiare il suo aspetto precedente, ma non perché quel ragazzetto frivolo e svampito coi capelli a scodella non piaceva a lui; bensì perché non piaceva a Candy. In poche parole, questo suo problema, la necessità di cambiare, seguita da quel forte sentimento per se stesso, in un certo senso erano stati causati dal suo amore per Candy. O almeno, questo era quello che credeva, prima della rivelazione-shock di quest'ultima in ospedale. Riportò alla mente quell'episodio, concentrandosi sull’immagine ancora viva del loro tenero abbraccio e delle loro calde lacrime, tentando di bloccare il ricordo a quell’attimo e di trascurare tutto quello che era successo dopo.
Anche quel gesto, però, non era significato niente per lei. Certo, non si poteva considerare un segno d’amore, tuttavia per Kentin era sembrato qualcosa di più: in quel momento non erano uniti col cuore, ma con lo spirito. Ed era certo che anche lei l’avesse intuito. La sua testardaggine però, insieme al suo incrollabile orgoglio, prevalsero sui suoi sentimenti (ammesso che anche lei lo amasse. Su questo Kentin non era ancora del tutto sicuro).
Ed eccolo, quindi, sconfitto come all’inizio, assaporare in silenzio l’unico regalo della persona da lui amata, dolce come il suo cuore e duro come il suo orgoglio. Ma dopotutto era sempre stato abituato, fin da piccolo, ad ingerire i colpi.

Il giorno seguente era mercoledì 18 Febbraio. Quando Candy arrivò a scuola, non ebbe nemmeno il tempo di mettere piede in classe, che già tutti i suoi compagni erano fuori a salutarla e ad abbracciarla, come se non la vedessero da secoli. Portava, come aveva detto, le stampelle, ma la sua salute era senza dubbio migliorata; era tornata la ragazza allegra e vivace di sempre. Kentin la osservava dal suo banco con un velo di malinconia, ma nonostante tutto era felice di rivederla in forma.
All’intervallo la vide dirigersi in Sala Delegati con alcuni fogli in mano assieme a Rosalya, probabilmente per giustificare la sua assenza nei due giorni precedenti. Uscito in cortile, individuò Armin ed Alexy che chiacchieravano in disparte. Fece per avvicinarsi a loro, ma la sua attenzione fu catturata da una figura alta e femminile che sembrava chiedere con disinvoltura informazioni ad un gruppetto di ragazzi poco distanti da lui. Probabilmente non era un’alunna del liceo, anche perché il giubbottino sopra l’ombelico ed i pantaloncini quasi inguinali - abbigliamento decisamente troppo leggero per il clima invernale - sarebbero stati senza dubbio disapprovati, o quantomeno considerati eccessivamente trasgressivi, da parte della direttrice.
Dopo qualche secondo la ragazza salutò la schiera di studenti e si diresse verso il portone della scuola. Quando Kentin la vide in faccia, si voltò immediatamente dall’altra parte. La conosceva. Erano vecchi compagni di scuola. Premurandosi di non farsi vedere, raggiunse quasi di corsa i due gemelli, che a quanto pare l’avevano già adocchiata.
— Secondo me è straniera — disse Alexy al fratello.
— Ma no, non sentivi come parlava bene il francese? — replicò Armin.
— Non è straniera, è di Antibes — intervenne pronto, Kentin.
— E come fai a saperlo?
— È una mia ex compagna di classe. Eravamo nella stessa scuola sia alle elementari che alle medie — rispose secco, fissando l’entrata del liceo.
— Wow, presentacela allora! — esclamò Armin.
— Non ho intenzione di salutarla! E poi dubito che vi piacerebbe.
— Perché mai? Sembra simpatica. E poi brutta non è — fece Alexy. Gli altri due lo guardarono straniti. Lui riprese: — Che c’è? Un maschio e una femmina non possono essere semplici amici?
— Fidati: non è tipo da accontentarsi di una semplice amicizia — ribatté Kentin.
— Che intendi dire? — Ma la risposta non poté arrivare, perché in quel momento la ragazza uscì dal portone, in compagnia di Candy, Nathaniel e Rosalya.
— Guarda, se non sarai tu a presentarcela, allora lo farà Candy — propose Alexy, mettendosi ad agitare in aria le braccia, per farsi vedere dalla diretta interessata.
— No! Cosa fai! — Kentin cercò di fermarlo, ricorrendo più che altro ad un placcaggio, ma fu del tutto inutile. Bastò un attimo, che i quattro si accorgessero di loro e gli venissero incontro.
Erano proprio di fianco a lui, ma Kentin non era intenzionato a girarsi. Continuando a guardare dall’altra parte, lasciò che Candy presentasse Armin ed Alexy alla nuova ragazza, che si chiamava Leti. Subito questa prese a stringere calorosamente le loro mani, ripetendo quanto gentili e disponibili fossero i ragazzi del Dolce Amoris.
— Mi è bastato incontrarne due o tre, che me ne ero già innamorata! della scuola, intendo. Ahah! Sono venuta a trovare Candy appena ho saputo del suo incidente. Povera, non se lo meritava: è la compagna di banco più cara che si possa desiderare - e qui la cinse in un breve abbraccio - però ho saputo che la ragazza che ha causato la sua caduta è stata espulsa. Se lo meritava, ben le sta! — fece una pausa. Tutti si accorsero che alla sua sinistra Nathaniel era diventato paonazzo, però non dissero niente. — E lui!? non me lo presenti? — urlò improvvisamente a Candy, accorgendosi di Kentin.
Lei rimase senza niente da dire, probabilmente perché non aveva molto senso presentare due persone che si conoscevano già da dieci anni. Accorgendosi, però, di non avere tanta altra scelta, rispose titubante: — Ehm, lui è Kentin...
— Piacere! — A Leti le si illuminarono gli occhi, nell’afferrare e scuotere con due mani la mano dell’ex compagno di classe evidentemente non riconosciuto. Kentin, che avrebbe preferito volentieri evitarlo, fu costretto a voltarsi verso di lei e a lasciare che una delle sue braccia venisse arpionata dagli arti possessivi della ragazza.
— Allora, Kentin: sono tutti carini come te in questa scuola? Ahah! — A questa domanda di Leti tutti sorrisero, eccetto Candy. E Kentin ovviamente. In realtà anche Nathaniel. E pure Rosalya non è che fosse deliziata dal comportamento della nuova arrivata. Soltanto i gemelli sembravano divertiti dal suo carattere alquanto frivolo.
Notando, però, il grande interesse con cui Leti ammirava estasiata il volto e il corpo di Kentin, gli altri pensarono che fosse meglio lasciarli da soli e, con un’occhiata comune, si allontanarono quatti quatti dalla felice coppietta. Ma non era dello stesso parere Candy, che, sebbene tirata più e più volte per il polso da Rosalya, alla fine se ne stette di fronte a loro, continuando a guardare Leti piuttosto di traverso.
Kentin, invece, si trovava abbastanza in imbarazzo, soprattutto dopo che gli altri erano stati così adorabili da lasciarlo in balia di quella gattamorta. Sapeva che lei faceva così un po’ con tutti i ragazzi, e forse era proprio questo che gli dava fastidio, ma più che altro non aveva mai potuto reggere la sua vocetta acuta e sgraziata. Compresi quei suoi “ahah!” per lui al limite della sopportazione. Certo, non si poteva dire che fosse sgradevole di aspetto, anzi, forse era bella quanto Candy, però non aveva dimenticato che alle elementari ed alle medie lei era una di quelle che non si facevano problemi a prenderlo costantemente in giro.
In un lampo, però, ebbe un’intuizione. Alla domanda che gli aveva posto poco prima rispose: — Beh, certo che no — e sfoggiò un sorriso a trentadue denti. In quel momento, infatti, lui non era più lo stesso delle elementari; quindi non c’era niente di male nell’approfittare un po’ dell’ignoranza (intesa in tutti i sensi) di Leti. E poi: perché Candy era ancora lì?
La ragazza rispose con un altro dei suoi striduli “ahah!” e si strinse ancora di più al braccio di Kentin.
Candy cominciò ad agitarsi, ma molto maggiormente dopo che Leti senza un minimo di pudore chiese al suo interlocutore se fosse single. Lui rispose tranquillamente di sì e lei concluse: — Ah, perfetto, anche io! — dopodiché si sorrisero entrambi.
A quel punto Candy non poté non intervenire.
— Dai, smettila con queste domande, Leti — cercò di mantenersi educata.
— Perché? Non c’è niente di male nell’essere un po’ curiosi — fu la risposta di Leti, che non la smetteva un secondo di guardare i due prati freschi d’estate.
— Sì, ma forse tu lo sei un po’ troppo — Candy la prese per un braccio, per farla staccare da quello ormai atrofizzato di Kentin.
— Eddai! A Kentin non do fastidio, no? — insistette lei, senza permetterle di venire divisa dal ragazzo. Lui intanto non parlava; non per l’imbarazzo o perché non sapesse cosa dire, ma per non far uscire le risate che con gran difficoltà stava riuscendo a soffocare.
— Leti, lascialo andare — la voce di Candy si era alzata di almeno quaranta decibel.
— No. Mica sei la sua ragazza! — e ormai pure quella di Leti.
— Che ne sai tu!? — urlò istericamente Candy.
— Ha appena detto di essere single!
Kentin non ce la faceva più. Vedere due ragazze litigare per lui era uno spettacolo che capitava una volta nella vita. Inoltre, da come stavano procedendo le cose, la prospettiva di un’azzuffata tra femmine il cui oggetto di contesa era nient’altro che lui, non poteva che esaltarlo, al solo pensiero. Invece quello che accadde subito dopo non se lo sarebbe aspettato nessuno; nemmeno la stessa Leti.
Candy volse lo sguardo su di lui, e con un’assoluta nonchalance gli si avvicinò con la massima velocità che le permettevano le stampelle, le lasciò cadere a terra e gli stampò un bacione sulla bocca.
La scena spassosa di qualche secondo prima si volatilizzò dalla mente di Kentin. Tutto il divertimento contenuto a fatica dentro di lui mutò in confusione più che totale. Non vedeva altro che gli occhi chiusi e vicinissimi di Candy, davanti a lui. Sopra e ai lati era tutto buio.
Giurò di essere svenuto. E quello doveva essere un altro dei suoi soliti sogni illusori, nati dal desiderio di un happy ending con Candy.
Sì, era sicuramente svenuto. Magari per la pressione troppo forte esercitata da Leti sulle arterie del suo braccio. Ma chi era, Leti? No. L’unica ad esistere in quel momento era solo Candy. E quello che stava accadendo era reale, non un sogno. Niente di troppo strano, a dire il vero: un semplice bacio a stampo senza nulla di passionale o approfondito. Abbastanza freddo, a dire il vero. Forse, senza nemmeno un valore. Forse, con l’unico scopo di dimostrare qualcosa a qualcuno. Eppure, anche se non aveva un significato, quel gesto era bastato per fargli letteralmente uscire il cuore dal petto, lasciandolo con un vuoto tuttavia immediatamente colmato da un calore bruciante, simile a quello che aveva provato con lei in ospedale la domenica prima. L’aria gelida di Febbraio a contatto con la sua pelle fu in un attimo riscaldata, perché ogni fibra del suo corpo era in ebollizione. Soprattutto le guance e il collo su cui erano premute le mani di Candy. Mani che sperò non prendessero fuoco, per la temperatura troppo elevata della parte che stavano toccando. E, ovviamente, le labbra, che non sentiva nemmeno più. Probabilmente erano evaporate. Ma se il suo cuore se ne era già andato e la pelle era ormai carbonizzata, ora anche il cervello poteva tranquillamente scoppiare da un momento all’altro, impegnato a gestire troppe e contrastanti emozioni. Per non parlare dei polmoni e di tutte le vie respiratorie: in quel breve frangente Kentin ringraziò il cielo di non essere nato asmatico, altrimenti era sicuro: sarebbe stato spacciato; ma comunque, la condizione in cui si sentì ridotto non era migliore. Forse quando si muore, non si prova qualcosa di tanto diverso.
Dopo due secondi esatti - che però a Kentin erano sembrati davvero un’infinità - Candy si staccò da lui e, molto rossa in volto, si girò di nuovo verso Leti, dicendole: — Questo ti basta? — poi, come se niente fosse, raccolse le sue stampelle, fece cenno a Kentin di seguirla, e si allontanò verso il lato ovest del liceo.
Certo, doveva avere una concezione abbastanza strana dell’essere amici.


   
 
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