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Autore: Bored94    17/09/2014    1 recensioni
Dean assistette alla morte di sua madre all'età di quattro anni, Sam non la conobbe mai.
Il Dottore, secondo alcune versioni, sarebbe nato da un telaio come gli altri Signori del Tempo, a causa della maledizione della Pizia che li condannò alla sterilità.
Charles la vide rovinarsi a causa dell'alcol e di un marito violento e negligente, Erik la vide morire ad Auschwitz.
Un viaggio nel viale dei ricordi e degli incubi di personaggi che ormai conosciamo così bene.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Note: 
mi è stato fatto notare quindi specifico da subito: 
so che John Winchester non è al corrente dell'esistenza dei demoni subito dopo la morte della moglie e che i suoceri, quindi i genitori di Mary, erano già morti quando la figlia è stata uccisa, ma per ragioni di trama e definizione della scena ho deciso di modificare i fatti.




 

I WANT A MOM

 

I want a mom that will last forever
I want a mom to make it all better
I want a mom that will last forever
I want a mom who will love me whatever

 

- Papà? Cosa sta succedendo?

- Dean! Prendi tuo fratello e scappa fuori, hai capito? Corri.
Il piccolo lo guardò sconvolto: cosa stava succedendo? Dov'era la mamma e perché papà era così nervoso?
All'ennesima esortazione del padre, prese in braccio il fratellino e corse fuori mentre le pareti prendevano fuoco e la casa veniva divorata dalle fiamme.
Dean rimase immobile nel prato, i pensieri che vorticavano nella sua mente: perché la loro casa stava bruciando? Perché mamma e papà non stavano uscendo?
Finalmente John Winchester apparve sulla soglia e si incamminò verso i due bambini, era sporco di cenere e sudore, posò lo sguardo su di loro e prese Sam dalle braccia di Dean, reggendolo solo con un braccio e afferrando la mano dell'altro.
- Papà?
Nessuna risposta. Il padre aprì la portiera, assicurò Sam e Dean ai seggiolini e si mise alla guida dell'Impala.
- Papà, dov'è la mamma?
L'uomo si sentì stringere lo stomaco, come poteva spiegare a un bambino di quattro anni che...
- La mamma è morta, Dean.
Non sentì alcun suono provenire da dietro di sé. - Dean?
- Perché? - chiese finalmente il bimbo singhiozzando.

- C'era... un uomo cattivo nella camera di Sam e ha ucciso la mamma.
- Con il fuoco?
- Più o meno... hai visto qualcosa prima che ti mandassi via?
Il piccolo rimase un attimo in silenzio, poi il flash di qualcosa che aveva intravisto si fece strada nella sua testa. - La mamma era sul soffitto.
John sospirò. - L'uomo cattivo che ha ucciso la mamma... non era una persona normale, come noi. Era un demone, capisci?
Dean annuì con la testa, se suo padre diceva che i demoni esistevano doveva essere vero. - Ma perché?
- Non lo so, piccolo. - John si sporse verso la parte posteriore dell'auto per arruffargli i capelli.
Viaggiarono per qualche ora fino a quando giunsero in un motel dove passare la notte. Messi i bambini a letto, John iniziò la sua ricerca: sfogliò tutti i libri che gli fu possibile trovare, si mise in contatto con il suocero, preparò le armi...
Quella notte però c'era qualcun altro sveglio.
Al buio, Dean piangeva. Non era sicuro di aver capito tutto, l'unica cosa che gli era ben chiara era che sua madre era morta, Sam dormiva nel letto accanto al suo e suo padre stava passando la notte a creare armi.
In quel momento prese una decisione: anche lui avrebbe contribuito nella ricerca di quell'uomo cattivo, avrebbe tenuto d'occhio Sam e si sarebbe assicurato che non gli succedesse niente di male.

Si alzò dal letto e si andò a sdraiare in quello di Sam, accanto a lui, quel motel era troppo economico per avere letti per bambini così piccoli.
Abbraccio il fratellino e chiuse gli occhi.
Ricominciò a piangere fino a quando non riuscì ad addormentarsi e a sognare. Sognò sua madre raggiungerlo quella notte, come faceva sempre quando aveva un incubo, abbracciarlo e cullarlo fino a quando non smetteva di piangere.
Si svegliò bruscamente e si rese conto di essere ancora nel motel, era ancora notte fonda e suo padre stava ancora armeggiando con pistole e pugnali.
Mamma, torna. Mi manchi, pensò il bambino tra le lacrime.

 

I want a mom that'll take my hand
And make me feel like a holiday
A mom to tuck me in that night
and chase the monsters away
I want a mom that'll read me stories
And sing a lullaby
And if I have a bad dream to hold me when I cry

- Non entrerà mai all'Accademia.
- Te l'ho già detto, non ci vuole andare.
Le voci e i passi si allontanarono, il bambino rimase nascosto sotto le coperte, incapace di trattenere le lacrime.
Non sarebbe tornato dentro.
Non sarebbe tornato in mezzo agli altri ragazzi, lo avrebbero deriso perché piangeva, dandogli del fifone.
Non voleva andare all'Accademia e non voleva che lo guardassero piangere.
Un scricchiolio interruppe i suoi pensieri. Una voce chiamò nel buio.
Si tirò la coperta ancora più su per nascondere la testa, chi era entrato?
Le assi continuavano a scricchiolare sotto i passi dell'intruso, i bisbigli emessi da quest'ultimo non aiutavano di certo il bambino a calmarsi.
I rumori cessarono all'improvviso.
Che fosse Torvic? Impossibile. Torvic era morto. Lo aveva... un singhiozzo uscì dalle sue labbra. Torvic era morto, per colpa sua. Lui lo aveva ucciso.
Ma se non l'avessi fatto avrebbe ucciso Kos. Si aggrappò disperatamente a questo pensiero ma non fu sufficiente a farlo smettere di tremare.
E se fosse stato il suo fantasma? Il fantasma di Torvic? Si diede automaticamente dello stupido, i fantasmi non esistevano... però aveva sentito alcune storie, raccontategli da uno degli altri della casa... storie dei terrestri, sembravano molto convincenti.
Piano piano tirò fuori la testa da sotto le coperte e si guardò attorno, niente.
Si mise seduto con le gambe penzoloni, non c'era nulla nel granaio a parte lui... che si fosse solo immaginato quei rumori?
Si alzò in piedi e fu in quel momento che accadde. Qualcosa, da sotto il suo letto, gli afferrò un piede e gli sussurrò di sdraiarsi di nuovo, gli disse che era tutto un sogno e che se fosse tornato a dormire tutte si sarebbe risolto.
Avrebbe voluto urlare ma la voce gli restò bloccata in gola. Sentiva il cuore martellare contro il petto. Chi c'era sotto il suo letto? Quella voce... quella era una voce di donna.
Decise di fare come gli era stato detto e si nascose di nuovo sotto le coperte, sperando che qualsiasi cosa ci fosse sotto il suo letto non gli avesse mentito e si limitasse davvero ad andarsene.
I rumori ricominciarono: sentì la creatura uscire da sotto il suo letto e iniziare ad allontanarsi... non riuscì a trattenere il pianto, cosa stava succedendo? Era un incubo? Quella creatura era lì sotto a causa di qualcosa che aveva fatto? Era per la morte di Torvic?
Sentì di nuovo i passi avvicinarsi e cercò di farsi più piccolo che poté. L'essere che era stato sotto al suo letto si sedette accanto a lui e gli posò una mano sulla testa.
Quindi è una persona... c'era una persona lì sotto.
La voce di donna iniziò a parlargli, gli parlò della paura e di imparare a conviverci, di prendere la propria forza da essa, mentre gli accarezzava i capelli per cercare di calmarlo.

Finalmente il piccolo Dottore si tranquillizzò e riuscì ad addormentarsi cullato dalla voce di quella ragazza misteriosa.
Ripensò ad alcuni racconti sui terrestri. Quindi è questo che si prova ad avere una mamma?

 

Oh,
I want a mom that will last forever
I want a mom to make it all better
I want a mom that will last forever
I want a mom that will love me whatever, forever

Quindi era questo.
Era per questo motivo che Dean era stato così taciturno tutto il giorno.
Finalmente, davanti a quella tomba, riusciva a capire: era l'anniversario della morte di Mary Winchester, loro madre.
Lui era troppo piccolo anche solo per ricordare la sua voce, ma Dean aveva quattro anni quando era morta. Lui riusciva ancora a ricordare.
Sam sentì lo stomaco chiudersi in una morsa... avrebbe voluto poter dire qualcosa, trovare un modo per confortare il fratello, ma non trovava nulla di appropriato.
Non era nemmeno sicuro che Dean volesse che lui dicesse qualcosa... in paradiso aveva visto qual'era la versione di Dean, suo fratello voleva la loro famiglia indietro, sentiva una mancanza disperata di quella che era stata la loro madre.
Per lui invece il paradiso aveva riprodotto la casa in cui aveva vissuto quando era scappato da suo padre e suo fratello, lontano da tutto e da tutti.
Sentiva, però, un groppo in gola che non gli permetteva di deglutire, un desiderio di piangere che non riusciva a giustificare.
Non poteva certo ricordare di averla incontrata, Michael aveva provveduto a cancellargli la memoria riguardante quel viaggio nel tempo... sapeva soltanto che quella sensazione c'era, era reale.
Sentiva la mancanza della donna che non aveva mai conosciuto, avrebbe voluto avere almeno qualche ricordo, di qualsiasi tipo esso fosse. Ma non aveva niente.
Avrei tanto voluto conoscerti, mamma.

 

When she says to me, she will always be there
To watch and protect me I don't have to be scared
Oh, and when she says to me I will always love you
I won't need to worry 'cause I know that it's true

Charles si chiuse la porta alle spalle e si andò a nascondere nell'armadio. Cain non sarebbe arrivato fin lì, quando correva al piano di sopra normalmente non lo inseguiva per paura che suo padre lo vedesse.
Rimase nell'armadio per un po', giusto per essere sicuro che non l'avesse seguito, sbirciando attraverso la fessura lasciata tra le ante e cercando di regolarizzare il respiro dopo la corsa.

Niente.

Nessuno all'orizzonte.

Appoggiò la schiena alla parete dell'armadio e chiuse gli occhi senza curarsi dei vestiti che gli sfioravano la testa. Questa volta ce l'aveva fatta.

Cercò telepaticamente sua madre, non ci pensava nemmeno ad uscire da quell'armadio. Dopo alcuni tentativi riuscì a trovarla.

Era svenuta in camera sua dopo essersi scolata un'altra bottiglia di Charles non sapeva quale liquore, sentiva il suo dolore e la sua disperazione, ma non sapeva cosa fare.
Si ritirò istintivamente e cessò di ascoltare.
Il collegamento mentale con il suo fratellastro però non accennava ad indebolirsi, non sapeva come liberarsene, non aveva il controllo sui propri poteri, era ancora troppo piccolo.

Fu così che si accorse del ritorno del suo patrigno, Kurt Marko, ubriaco fradicio.

Attraverso la mente di Cain, vide Kurt barcollare e il figlio cercare di allontanarsi senza farsi notare.

- Dove vai, ragazzo? Pensi di cavartela così? Avevamo un discussione in sospeso mi sembra. - la voce dell'uomo fece gelare il sangue nelle vene di entrambi i ragazzi.
Poi arrivarono le botte.
Charles cercò di nuovo di rompere il collegamento ma non riusciva a sfuggire in nessun modo, sentì il dolore e la rabbia di Cain come se i pugni e i calci arrivassero direttamente a lui.

Iniziò a piangere e si prese la testa tra le mani, il dolore era insopportabile.

Mamma, dove sei? Aiutami. Fallo smettere. Fa male, mamma.

 

I want a mom when I get lonely
Who will take the time to play
A mom who can be a friend and a rainbow when it's gray
I want a mom to read me stories
And sing a lullaby
And if I have a bad dream, to hold me when I cry

 

Si rannicchiò in un angolo, al buio, abbracciandosi le ginocchia e posando la testa su di esse.

Magari quando si fosse svegliato avrebbe scoperto di essere ancora nella sua stanza e tutta quella storia si sarebbe rivelata solo un orribile incubo.

Aprì gli occhi dopo un tempo che gli era sembrato ragionevole ma nulla attorno a lui era cambiato.

È reale, pensò sconsolato. Non c'era via d'uscita, quindi?

Avrebbe tanto voluto che sua madre fosse lì con lui, lei sapeva sempre cosa fare.

Avrebbe trovato una soluzione... o anche solo qualcosa da dire. Qualcosa che l'avrebbe convinto che tutto si sarebbe risolto per il meglio.

Pensò a tutte le volte che si era sentito diverso dagli altri a scuola, lei gli aveva fatto capire in realtà quanto valesse: le medaglie, i voti...

Pensò alle volte che era stato picchiato dai bulli perché ebreo, lei lo aveva convinto che tutto si sarebbe risolto, che un giorno avrebbero capito e sarebbero stati puniti.

Pensò a quando gli succedeva di avere incubi, lei era lì, pronta a svegliarlo, lo abbracciava e gli diceva che non era reale.

Ma non c'era. Non era lì con lui, non questa volta.

Questa volta era tutto reale e lei era morta.

Erik iniziò a piangere.

Era tutta colpa sua. Era morta perché non era stato capace di muovere quella stupida moneta.

Quell'uomo lo aveva detto: se fosse riuscito a muoverla, lui non avrebbe sparato... e lui non c'era riuscito.

L'aveva vista morire senza poterlo impedire. Le lacrime continuavano a scorrere lungo le guance del futuro signore del magnetismo.

Mi dispiace, mamma. Ti ho delusa. È stata tutta colpa mia. 

  
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