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Autore: Violet_Pendragon    17/09/2014    1 recensioni
Slave a tutti questa è la mia prima fanfiction e spero vi piaccia. La storia parla dell'amore tra il Camerlengo (che è il mio personaggio preferito) e una ragazza che entrerà nella sua vita e gli farà fare la decisione più importante della sua vita....
Spero di avervi incuriositi e ditemi che ve ne pare della storia.
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La macchina del capo delle guardie svizzere Richter, sfrecciava tra le strade strette e piene di turisti di Roma.
Dovevamo arrivare alla Chiesa di Santa Maria del Popolo il più presto possibile. Dovevamo tentare di salvare il primo Cardinale che l’assassino avrebbe ucciso alle 20.00 in punto: il mio orologio segnava le 20.03. forse era troppo tardi o forse no, c’era una piccola possibilità di salvare la vita di una persona che sarebbe potuto diventare il futuro Papa.
Dentro di me speravo vivamente che il primo cardinale che avrebbe ucciso non fosse Monsignor Aldo Baggia. Non so per qual motivo ma tenevo molto a lui. Era come se lo conoscessi da tanto…
Appena arrivati notammo che nella chiesa erano in corso dei lavori e ciò era a favore dell’assassino che poteva agire indisturbato.
Io, Robert e Vittoria entrammo dall’ingresso mentre Richter e il comandante della Gendarmeria Vaticana, Olivetti (che era arrivato da poco), entrarono dal retro: se ci fosse stato qualcuno non sarebbe potuto uscire da nessuna parte. Nessuno, non c’era nessuno, solo tanto materiale per ristrutturare la Chiesa che stava cadendo a pezzi. Senza porci tante domande cominciammo a cercare “il buco del demonio”. Cercammo in ogni angoli della chiesa, ma non trovammo niente. Mi fermai davanti l’altare e cominciai a pensare:…buco…tomba terrena…MA CERTO!! Non era una statua o altro, ma bensì un bassorilievo. Abbassai di scatto lo sguardo e notai un bassorilievo. Chiamai tutti e gli spiegai quello che avevo appena intuito. Sul bassorilievo c’era dipinta una frase in latino che con l’aiuto di Vittoria e di Robert tradummo come “il buco del demonio”. Lo tirammo su.”Voglio andare per prima” dissi. “Per quale motivo?” chiese Robert che stava cominciando a scendere i gradini della piccola scala polverosa. “Voglio vedere chi è perché tengo molto ai quattro Cardinali; voglio sapere chi di loro ha perso la vita per colpa mia! Perché se fossi andata prima dal Camerlengo forse saremmo potuti arrivare prima che quel pazzo omicida lo uccidesse nei più brutali dei modi!” detto questo nella chiesa cadde un silenzio di tomba. Erano tutti pietrificati dalla mia reazione. Non aspettai che qualcuno mi dicesse di farmi da parte perché ora “ci pensavano i grandi”, me lo avevano detto troppe volte.
Scesi le scale e appena fui con i piedi per terra notai che il pavimento era fatto di ossa: ossa umane. Feci un passo in dietro girandomi il tutto accompagnato da un piccolo urlo che mi si spense in gola.
La vista davanti a me era orribile: uno dei Cardinali giaceva a terra con mani e piedi legati. Era ricoperto di topi che gli mangiavano la pelle che aveva assunto un colore grigiastro. Aveva la terra in bocca e nel naso e sul petto era stato marchiato l’ambigramma “Earth”, uno dei quattro elementi. Dopo poco tempo scesero anche gli altri che alla vista del cadavere furono sconvolti e schifati. Appena Robert scese io salì di corsa. Stavo per uscire dalla chiesa quando Richter mi prese per un braccio. “Dove credi di andare signorina?” disse con un tono quasi disgustato. “In Vaticano!” dissi io liberandomi dalla sua presa e incominciando a correre per arrivare il più presto possibile in Vaticano, perché sarebbe stato lì il prossimo omicidio.
Corsi il più veloce possibile e caddi diverse volte a terra sbucciandomi le ginocchia e i palmi delle mani.
Arrivata in Piazza San Pietro notai che tutte le persone mi guardavano come se in me non andasse qualcosa. Non capivo cosa guardassero, così sotto gli occhi di tutti entrai in Vaticano dove fui scortata dalla Gendarmeria nell’ufficio del Camerlengo.>br/> Era seduto dietro una scrivania di legno decorata con vari disegni incisi o in rilievo. Davanti a lui c’era una finestra che dava direttamente su Piazza San Pietro colma di gente che aspettava la famosa fumata bianca. La sua tunica nera scendeva dalla sedia e dava più risalto al colore rosso della sedia. Era cosi bello ed elegante trasmetteva pace e serenità anche quando era agitato o arrabbiato: in quel momento stava scrivendo qualcosa ; quando entrai nella stanza, insieme a una guardia che lavorava per Olivetti, restai in silenzio un po’ per paura e un po’ per contemplarlo nella sua tranquillità e bellezza, ma poi la guardia parlò. “Scusi se la disturbo Monsignor, ma la signorina è qui” disse con un tono freddo e meccanico. Sentendo quelle parole posò la penna e si alzò: la luce rossa del tramonto gli illuminava il volto che in quel modo sembrava ancora più magnifico di sempre. Guardandomi si avvicinò pian piano e fece gesto alla guardia di andare e quella se ne andò.”Cosa ti è successo?” disse in tono preoccupato mettendomi le mani sulle spalle e avvicinandosi ancor di più a me. “Nella fretta sono caduta tre o quattro volte e mi sono fatta male, ma niente di grave” dissi tenendo gli occhi fissi nei suoi. “Vieni andiamo in infermeria” e ci incamminammo per un corridoio che portava in una piccola stanza.
La stanza era piena di suore vestite di bianco. Una di loro vedendo le mie condizioni mi venne in contro.”Cosa ti è successo piccolina?” disse guardando le mie mani ricoperte di sangue.”E’ caduta venendo qui” disse il Camerlengo prima che potessi dire la mia. “Capisco, vieni che disinfettiamo le ferite” disse la suora. La seguì non dicendo una parola anche se quella Sorella mi ispirava molta fiducia.
Poteva avere la stessa età del Camerlengo, eppure era molto brava nel suo lavoro. Mi disinfettò le ferite e me le fasciò per poi fissarle le bende con una retina.”Ecco fatto!” disse mentre mi sistemava l’ultima retina sulla mia mano destra. Scesi dal lettino dell’infermeria e mi avviai verso l’uscita quando scorsi il Camerlengo che parlava con la suora che mi aveva medicato le ferite. Aspettai fuori dall’infermeria, non volevo interromperli. “Eccoti dove eri andata a finire?” disse sorridendomi. “Qui sono sempre stata qui…” “Che cos’hai?” disse. Aveva notato che c’era qualcosa in me che non andava.”Ni-niente perché?” dissi abbassando la testa, ma lui con un piccolo gesto della mano me l’ha rialzata così da poter vedere che stavo piangendo. “Cosa ti è successo? Qualcuno ti ha fatto del male? Cosa… PARLA!” non dissi niente , ma scoppiai a piangere e mi gettai fra le sue braccia. Cercai di non farmi sentire dalle suore, ma non ci riuscì così dopo qualche minuto uscirono e chiesero cosa avevo. Prima che le suore mi portassero via, il Camerlengo mi afferrò per un braccio e mi portò via di nuovo nel suo studio, solo che non eravamo più da soli. Erano arrivati anche Robert e Vittoria che vedendomi piangere mi venne in contro e mi abbracciò.”Va tutto bene, va tutto bene…” mi sussurrò nell’orecchio…
Non sapevo che mentre io ero stata in Vaticano l’assassino stava organizzando il suo prossimo attacco…
Salve cari lettori, scusate se ci ho messo tanto per pubblicare questo capitolo, ma con il fatto che è iniziata la scuola ho avuto poco temo. Spero che vi piaccia e al prossimo capitolo.
   
 
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