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Autore: AriadnesLinon    18/09/2014    4 recensioni
- Storia vincitrice del premio "Babbo Natale" per il miglio personaggio maschile nel contest "Wow le edite", indetto da Luna003 e giudicato da l@dyriddle sul forum di EFP -
Teddy Lupin vuole stare da solo questa sera, anche se è Natale. Solo con i propri pensieri e i volti di chi non c'è più.
Ma il proprio posto è in mezzo a chi si ama.
Dal testo:
" Eccomi qui, seduto per terra a piagnucolare come un ragazzino.
La colpa è di questa foto che tengo fra le mani: mi è saltata agli occhi mentre giravo per le stanze alla ricerca dei bambini. Sciocco io, ad assecondarli nei loro stupidi giochi babbani."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Teddy Lupin, Victorie Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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IL MIO POSTO
 
{Teddy Lupin}

 
Si sta facendo tardi: la stanza comincia a riempirsi di lunghe ombre scure. Io però non ho alcuna intenzione di alzarmi, neanche per accendere la luce; voglio solo starmene qua in questo angolo, nascosto da tutti, solo.
Vorrei anche del silenzio, a dire il vero, ma dal corridoio mi sovviene un vociare confuso, e gli spessi vetri della finestra non impediscono alle allegre risate dei passanti di farmi compagnia. Le luci colorate, poi, sfavillano contro le imposte chiuse, minacciando quel buio che tanto cerco con il loro scintillio.

Sono veramente un imbecille, è il primo pensiero lucido che riesco a formulare.

Stringo convulsamente la cornice che ho fra le mani, fino a vedere le mie nocche sbiancare. Le gambe mi formicolano, probabilmente perché si sono addormentate: non so dire da quanto tempo me ne sto accucciato in questa posizione e sinceramente non me ne può importare di meno.

È Natale. Siamo a casa del mio padrino, l'atmosfera è perfetta e io dovrei esserne felice. Un po’ di tempo fa in realtà lo ero: inseguivo James per i corridoi e ridevo delle grida di Ginny, che ci intimava di darci una calmata.

Ora invece eccomi qui, seduto per terra a piagnucolare come un ragazzino.

La colpa è di questa foto che tengo fra le mani: mi è saltata agli occhi mentre giravo per le stanze alla ricerca dei bambini. Sciocco io, ad assecondarli nei loro stupidi giochi babbani.
Quando la stanza diventa troppo buia, per osservare meglio la foto mi faccio un po’ di luce con la bacchetta, incurante dei possibili richiami.

È piuttosto vecchia, piccola e sgualcita; deve avere almeno una decina d'anni, e sembra averne viste di tutti i colori. Nonostante il suo stato, però, prima che io la prendessi faceva bella mostra di sé sullo spigolo del comodino; suppongo che Harry, prima di addormentarsi, osservi i sorrisi patinati di questi volti un po' sbiaditi.

Ora questi volti sono io ad osservarli, e mi fa male.
Fa male perché li riconosco, anche se molti non li ho mai visti per davvero, e fa ancora più male perché so che alcuni di questi sorrisi non li incontrerò mai. Ma, più di ogni altra cosa, questa foto fa male perché, fra tutti, ci sono i due volti che avrei voluto poter guardare per tutta la vita.

Eccole lì, una accanto all'altra, quelle persone che per anni sono state al centro di tante discussioni e troppi pensieri.

C'è Harry, ovviamente, nell'angolo più basso, accanto a Ron ed Hermione; sono tutti e tre molto giovani e dall'aria spaesata, come se non fossero certi di doversi trovare in questa foto. Più sopra vedo Arthur, meno stempiato e panciuto, e accanto a lui Molly con il sorriso un po' triste ma immancabilmente gentile. Ai loro lati sono sparsi gli altri Weasley – con l’eccezione di Percy e Charlie -, ancora ragazzi non troppo cresciuti: scorgo Bill, gli stessi capelli lunghi ma il viso perfetto senza l'ombra di una cicatrice, e Ginny che spunta ogni tanto dal bordo come a volersi per forza inserire. Poi riconosco anche George, e allora con amarezza identifico subito la  figura che ridacchia accanto a lui, tanto identica da sembrare un'immagine specchiata.
Uno strano vuoto alla bocca dello stomaco mi costringe allora a scostare lo sguardo dai gemelli per posarlo su un impeccabile Kingsley Shackelbolt, suggestivo allora quanto lo è oggi  nelle vesti di Ministro della Magia. Poi vengo distratto dall'agitarsi dell'ometto pigiato al suo fianco, lacero e sporco: Mundungus Fletcher. Allora mi affretto a passare in rassegna i volti fino a trovare quello che cerco, segnato dal tempo e dai combattimenti passati: Malocchio Moody fa un cenno appena percettibile e si gira verso le persone alle sue spalle.
In quel momento individuo una figura alta, che non avevo ancora notato fra le altre: un uomo piuttosto giovane, sulla trentina, col volto bello e insolitamente raggiante incorniciato da lunghe ciocche di capelli scuri, simili ai miei quando li lascio stare.
Allora capisco che si tratta di Sirius Black, padrino del mio padrino, uno dei più grandi amici di mio padre.
E difatti, il tempo di un battito di ciglia ed eccolo lì, al suo fianco come avevo immaginato.

Remus Lupin appare a disagio e un po' grigio, se paragonato all'eleganza naturale di Sirius, e il suo sorriso non è sfolgorante ma timido e tirato; sul suo volto segnato, però, leggo tanta forza e tanto coraggio, tanta bontà e premura, tanta, tantissima voglia di libertà. Forse sono io che voglio leggercele, ma non ha importanza, perché quello che vedo mi piace e allora avverto uno strano sapore amaro in gola e gli angoli degli occhi cominciano a pizzicare.
Non mi stancherei mai di guardare il viso di mio padre, i suoi occhi così simili ai miei, se non fosse per quella figura che saluta accanto a lui.

Mia madre ha le mie labbra e la forma del mio viso, i capelli rosa fragola e il naso all'insù. Mi sembra felice, soddisfatta, come se questa foto fosse il posto in cui vuole stare. I suoi occhi sfavillano quando inarca il collo per guardare mio padre; chissà se già si amavano, magari in segreto, se già si volevano e nessuno poteva saperlo. Sospiro quando realizzo che queste domande non potrò porgergliele mai; sento il cuore scivolare giù in fondo allo stomaco,  perduto forse per sempre, come le mie radici e il mio posto nel mondo.

Una lacrima scende sulla mia guancia, solitaria, e bagna una scritta vergata disordinatamente lungo il bordo più basso della foto : "Ordine della Fenice, 1995"

Non posso sopportare il dolore di avere davanti agli occhi tutte queste storie sepolte, tutte queste vite sui cui resti abbiamo innalzato la nostra pace, mischiate a quelle di chi invece ha potuto imparare a costruirsi un futuro. Non posso neanche smettere di guardare questi volti, tuttavia, e provare pena per la loro, ma soprattutto per me, che non sono partecipe della loro felicità e che mai lo sarò.

Sono ormai ad un passo dalle lacrime, soffocato da un vorace senso di abbandono, quando sento un lieve cigolio; qualcuno dev'essere appena entrato nella stanza.

« Vai via, Jamie, non ho tempo » sussurro al vuoto.

Silenzio. Ripeto la frase, troppo stanco per esserne infastidito, ma non ottengo nessuna reazione.
Con un sospiro mi concedo di alzare la testa dalla foto. Punto la bacchetta verso l'angolo opposto a quello in cui sono rintanato: intravvedo i contorni di una sagoma scura, troppo alta per essere quella di James, ma anche troppo lontana per distinguere chi sia il mio visitatore.

« Chi c'è? »

La sagoma si muove, spostandosi verso la finestra. Le luci di Godric's Hollow rischiarano un volto dai tratti delicati, impigliandosi in una chioma di lunghi capelli biondi.  Gli occhi chiari di Victoire brillano nella penombra, mentre mi si avvicina con passo lieve.

Mi stava forse cercando, proprio lei?
 
La guardo, confuso.
Non ci siamo mai presi, io e Victoire Weasley, siamo troppo diversi: lei sempre a suo agio, circondata dalla sua famiglia numerosa, io che invece per quanto mi sforzi non riesco a non sentirmi un intruso. Per questo ora non comprendo come lei possa trovarsi qui, davanti a me. Rifletto qualche momento e decido che non mi importa; torno a fissare la foto.
 
Intanto le mi osserva in silenzio e io la lascio fare; non ho tempo per i suoi commenti piccati, sono troppo impegnato a concentrarmi per non scoppiare in un pianto senza fine.
Dopo qualche minuto se ne va ed io sono di nuovo solo. Non so perché, ma la solitudine mi pesa un po' di più senza la sua muta compagnia; però so bene che non posso chiederle nulla, io che non le ho mai dato niente.

Con mia grande sorpresa, qualche minuto più tardi Victoire entra di nuovo.

Questa volta mi raggiunge senza indugiare, e si china di fronte a me. Intravvedo una scintilla determinazione nel suo sguardo, che indurisce i suoi lineamenti in un'espressione seria e concentrata. Distratto dai suoi occhi, non mi accorgo che lentamente mi ha sfilato la foto di mano. Faccio per replicare, infastidito, quando mi porge qualcosa che teneva sotto il braccio piegato. La prendo fra le dita, incuriosito.
È un pacchetto. È sottile, avvolto da una carta rossa ed oro ripiegata con cura. È per me?


La guardo, confuso. « Aprilo » mi dice soltanto. Eseguo.

Scarto il pacchetto e trovo una foto. È nuova, voluminosa, ben conservata. Non può avere più di qualche mese. La volto, per vedere chi ritrae.

Un mucchio di facce allegre affollano l'immagine, accalcate in un giardino che conosco bene.
Ci sono tutti: Victoire e Dominique sfoggiano degli splendidi sorrisi, mentre Louis e Roxanne ridono a una battuta di Fred; Albus saluta contento, affiancato da Rose e un minuscolo Hugo, che cerca di allungare il collo per guardare meglio l'obbiettivo; Molly saltella e tira una Lucy troppo distratta a parlare con il padre, lasciato sullo sfondo insieme agli altri genitori.

Infine, al centro del gruppo, ci sono io; i miei capelli colorati risaltano in mezzo a quel mare di teste rosse, bionde, nere o castane, eppure non appaio sbagliato, eppure sono tutt’altro che fuori posto.
Ho la mano di Fred sulla spalla, e dico qualcosa a Molly che ammicca felice; mi stupisco nel vedere lo sguardo di Victoire che ogni tanto lampeggia verso di me. James, al mio fianco, si aggrappa al mio braccio e mi chiama: vuole prendere il posto della sorella; la piccola Lily infatti è sulle mie spalle, e affonda le manine nei capelli che io, per divertirla, coloro di tinte diverse in improbabili arcobaleni.
D'un tratto capisco che ci sono tutti, in quella foto: ci siamo noi.
 
In alto, scritta in stampatello a grandi lettere ordinate, una sola parola: "Famiglia".

Alzo gli occhi sul viso di Victoire che mi guarda, in attesa. Il suo splendido sorriso mi accoglie, prima incerto, poi felice di  incontrare il mio; cerco di metterci quanta più gratitudine posso, in quel sorriso, e spero che basti per farle capire. Lei annuisce, e allunga le dita sottili per sfiorare la mia ultima lacrima.
« Buon Natale, Teddy ».

All'improvviso non ho più voglia di piangere.

All’improvviso sento di avere un posto anch’io.
 

NdA: Spero che questo tentativo di scrivere qualcosa sull'universo che amo di più al mondo non sia pessimo come sembra a me.
Volevo fare un tentativo, diciamo, per iniziare, e per vedere se sono degna di continuare senza combinare improponibili disastri.

Confido in voi che leggete - se qualcuno mai lo farà xD - per aiutarmi nel mio dilemma.

Ah, dimenticavo: la shot è ambientata ovviamente a Natale, anno 2013; il motivo è che ai miei personaggi serviano età adatte per poterli raccontare come dovevo. Ciò però non esclude ASSOLUTAMENTE che io possa aver combinato qualche casino con le date... In tal caso chiedo perdono ^^'

(1): Ho voluto collocare la foto durante durante l'estate che precede il quinto anno di Harry ad Hogwarts. Primo, perchè volevo con tutta me stessa che tra i personaggi fosse incluso Sirius, secondo perchè mi sembrava il momento perfetto per ritrarre una Tonks abbastanza felice. Mi dispiace molto però che questo mi impedisca di inserire Hagrid, che in quel momento si trovava a caccia di giganti invece che a Grimmaud Place. A titolo informativo, il sorriso triste di Molly è dovuto al recente abbandono della famiglia da parte di Percy.

(2): La seconda foto vuole ricalcare leggermente la prima in alcuni suoi elementi: Fred ride, come faceva tempo prima lo zio, e lo sguardo di Victoire cerca Teddy come quello di Tonks voleva Remus. Piccoli appunti di una ragazza sdolcinata, forse un po' troppo.

Questo è quanto, spero basti.
Un bacione,
Ari~

 
  
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