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Autore: SakiJune    18/09/2014    0 recensioni
"Gallifrey si era risvegliata con un ruggito di dolore, non con uno sfarfallio di ciglia. La pace futura doveva fondarsi su un ultimo, necessario atto di violenza. Ma il Dottore non ne fu testimone né causa. Non sentì le voci stridule risuonare nelle strade, le voci gravi sillabare con prudenza all’interno di stanze sigillate, né le voci amiche chiamare il suo nome, i suoi tanti nomi, in un tono che non attende risposta ma ne ha bisogno, ne ha sete. Non sentì giungere chi, fuggito o intrappolato all’inizio della Guerra del Tempo, si era rifugiato in differenti linee temporali e ora aveva sentito il richiamo, sempre più forte, giungere da casa. Erano tornati - gli spauriti e i vili, i saggi e gli idealisti..."
Sequel di "A Taste of Honey".
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Iniziamo le note a questo capitolo con la canzone che vi ho inserito. Si tratta di For Baby di John Denver, uno dei miei cantautori preferiti. L’ho tradotta perché fosse più fruibile, ovviamente immaginate che cantino in inglese :) La chitarra è quella che lui usava in concerto nel periodo in cui scrisse il brano.

La Nebulosa di Shelmerdine non esiste - è un personaggio di “Orlando”, romanzo di Virginia Woolf.

Infine: scusatemi per le espressioni auliche, le frasi trite e ritrite da romanzo di Liala, non ho potuto né voluto farne a meno. Comunque sì, in generale l’avvertimento è “alto tasso di zuccheri”.

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Se c’era qualcosa che Drax non si aspettava in quel giorno glorioso era l’arrivo di Romana, scortata come sempre dal marito invece che dalle guardie regolamentari - come se, in caso di un’aggressione, non bastasse un soffio di vento a buttarlo giù. Si era presentata nel laboratorio non dalla porta, durante una visita ufficiale, ma con il teletrasporto di servizio, come l’ultima degli inservienti dell’Accademia.

Da principio aveva creduto di essere nei guai. Far crescere una TARDIS non registrata sul luogo di lavoro era un vero e proprio reato, e di questo era sempre stato consapevole. Ma quando lei gli aveva strizzato l’occhio e se n’era uscita con un amichevole “Allora, che scusa hai inventato con il Dottore? Tra quanto arriva?” si rese conto di essere, se non lo sapeva già prima, un immenso cretino.

- E così, sapevi tutto.

- Drax, mettiamo in chiaro una cosa. Sono responsabile per questo pianeta. Ciò che faccio non è esercitare un potere fine a se stesso, è usare tutti i mezzi a mia disposizione per proteggerlo. Tengo d’occhio tutto quello che considero anche lontanamente sospetto.

- Incluso me. - La sua espressione, se non avesse virato al tragico, sarebbe stata alquanto buffa.

- Incluso te, naturalmente. Pensavi davvero che le guardie non si sarebbero accorte dei documenti falsificati? E della chiave duplicata del magazzino? Il tuo amico degli Archivi, Damon, è parecchio ingenuo. Chi credi abbia predisposto i tavoli del banchetto, al mio matrimonio?

- Ke-Kedred è una tua spia?

- Drax, non è per sottovalutare le tue capacità… come posso dirtelo? Sei un ingegnere brillante. Sapresti far funzionare un avatroide con il motorino di un frullatore.

- Già fatto. Mi annoiavo, quand’ero in prigione sulla Terra - deglutì lui. Sembrava schiacciato da quella rivelazione.

Romana continuò. - Ma è chiaro che non sai nulla di TARDIS. Sai a malapena far funzionare la tua. Kedredaselus ha un talento naturale, per questo ho predisposto il vostro incontro... dietro le quinte. Lui non sapeva nulla del mio coinvolgimento, questo sia chiaro, e nemmeno Damon. Tutto bene?

Drax non sembrava affatto stare bene. Digrignava i denti, la fronte pallida e le guance accese.

- Grazie - disse infine.

- Dici sul serio? Non sei furioso? Non aizzerai gli Stranieri ad una rivolta? Non mi metterai contro gli studenti dell’Accademia?

Non poteva avercela con lei. Era così leggera. Non trovava un aggettivo migliore, era un’impressione troppo delicata per riuscire a descriverla. Lo guardava con stupore divertito, ma più di ogni altra cosa, finalmente, lo guardava davvero.

- Ti ho giurato fedeltà. In generale, sì, detesto le costrizioni, lo sai, sono stato un Rinnegato e non me ne vergogno. Odio chi agisce alle mie spalle, chi mi usa per i suoi fini, forse perché in passato sono stato costretto a farlo e non mi è piaciuto per nulla, ma so che ogni tua azione è dettata dal desiderio di fare del bene. Sono il tuo soldato, Lady Presidente. L’orgoglio è un peso inutile quando si vuole raggiungere un risultato...

Drax si interruppe quando si rese conto che Lord Borusa aveva ascoltato tutto quanto il suo discorso.

- Sagge parole, Draximilianus. Viaggiare sembra averti fatto bene, dopotutto.

Drax non si considerava saggio, e se diceva qualcosa di intelligente era per compiacere lei, per sembrare agli occhi di lei qualcosa di diverso da una cernia stempiata.

Non aveva messo da parte l’orgoglio perché era giusto farlo: l’aveva bruciato insieme ai sogni un po’ umidi delle aurore violacee e vergognose di quel primo semestre di rinascita.

Ma non poteva dirlo ad alta voce, così si limitò ad un cenno rispettoso e andò incontro al Dottore che si era finalmente presentato all’appuntamento, nervosissimo e con le sopracciglia scarmigliate.

- Spero che tu abbia una valida ragione per farmi allontanare da casa quando sai che ormai tutti i giorni sono buoni per… Quella che cos’è?

- È una TARDIS, Dottore.

- Questo. Lo. Vedo - commentò lui, leggermente seccato. - Ma non è la tua. Dov’è questo regalo che dicevi? Dentro?

Ne varcò la soglia, ma non vi trovò nulla e nessuno, se non una comune console e le scialbe decorazioni standard dei modelli più recenti.

Romana lo seguì all’interno e Drax sospirò. Tutto quel lavoro… era stato inutile? Il Dottore si sarebbe lasciato convincere? Oppure…

 

Li vide uscire poco dopo, il Dottore visibilmente alterato, Romana con una smorfia ferita sul viso.

- No, no, no, no! Non posso accettare un compromesso del genere!

Drax sentì la rabbia prendere il sopravvento. Non era tanto il lungo lavoro di Kedred e suo a farlo inquietare per la testardaggine del Dottore, no, non gli importava, tutto ciò di cui gli importava era Romana, la sua espressione infelice, quasi le sembrasse di non conoscere più il suo migliore amico. Afferrò il Dottore per il colletto e lo scosse, indignato.

- Ehi, damerino, vedi di calmarti. Stai reagendo un po’ troppo sopra le righe, sai?

Il Dottore strabuzzò gli occhi, poi trasse un lungo respiro e sembrò rilassarsi un poco. L’altro lo lasciò andare, senza staccare da lui uno sguardo glaciale che gli donava assai poco e nessuno di loro gli aveva mai visto.

- Drax, ti prego, non fraintendermi. Ti ringrazio davvero, ringrazio tutti voi. Se non aveste recuperato la sua memoria, ora non mi resterebbe davvero nulla di lei. Non puoi nemmeno immaginare cosa significasse per me… ci siamo rapiti a vicenda, e da allora è stata la salvezza di molti, la speranza di tutti, la mia compagna per un tempo così lungo che non ricordavo più come si vivesse senza di lei. Ma non c’è più. L’ho perduta e non posso rimpiazzarla, non adesso, mai. Non è la sua anima. Non è il suo... corpo.

Anche Romana sembrò meno amareggiata, ora che quel rifiuto era stato espresso con parole comprensibili. -Ma sono i suoi ricordi, Dottore. E sono i ricordi a formare una coscienza. Sa chi sei, sa cosa avete vissuto insieme, ricorda tutti i luoghi dove siete stati…

- Non è lei, porco schifo.

Drax tagliò corto, il volto ancora congestionato dalla stizza. - Dalle una chance. Un giretto di prova fino a casa, va bene? Non ti chiedo altro.

Lui scrollò le spalle. - Fino a casa, mi sta bene. Dopodiché vieni subito a riprendertela. - Abbassò la voce, borbottando: - E la finiamo con questa pagliacciata.

 

Il Dottore girò intorno alla console, osservando ognuno dei comandi e notando quanto fossero prosaicamente intuitivi. Non c’era nulla da scoprire, nulla da sbagliare.

Sapeva che se avesse consultato il database avrebbe trovato... tutto quanto. Tutte le sue precedenti destinazioni. I volti e i nomi di coloro che avevano viaggiato con lui. Ma non lo fece, partì e basta. Lasciò di proposito i freni inseriti: il decollo fu lo stesso quasi silenzioso.

Cosa ne era stato del rumore che, gli era sempre piaciuto pensare, portava speranza ovunque venisse udito?

Chiaro, persino i freni di questa macchina perfetta erano discreti.

Non andava bene, non andava per niente bene.

Mi dispiace,  le disse. Non posso usarti come se fossi davvero una macchina, non sono abituato a fare questo… ma nemmeno posso fingere che tu sia lei. So di non sembrarti il Dottore che conoscevi, quello che ti avrebbe salutato a pacche sulla console e avrebbe scelto una destinazione casuale per il puro gusto dell’avventura. Siamo cambiati, tutti e due. Sono di nuovo su Gallifrey, e sto per diventare padre, e tu… tu sei un modello di ultima generazione, ciò che ricordi fa parte del passato di un’altra TARDIS che non tornerà mai più.

Aprì le porte, ritrovandosi nel punto esatto del giardino di Lungbarrow in cui aveva programmato di trovarsi. No, assolutamente, non faceva per lui.

Drax era già arrivato. Sembrava conoscere in anticipo la sua decisione: l’espressione del suo volto era stizzita e delusa. Sbuffò mentre gli andava incontro, dando un calcio alla recinzione di un’aiuola e imprecando dal dolore subito dopo.

- Non funziona! Non ha funzionato! Era nuovo di zecca, avevo controllato, sai? Ehi, hai visto? Sono desolato, ma gli darò un’altra occhiata…

- Di cosa stai parlando? - sospirò il Dottore. - A me sembra che funzioni fin troppo bene. Tanto bene da essere... noiosa.

- Il circuito camaleonte, intendo. Si è bloccato, non te ne sei-

Il Dottore girò sui tacchi e restò senza fiato. La TARDIS - la sua TARDIS. La sua cabina blu.

Si coprì la bocca con una mano e la voce ne uscì attutita:

- Non si è bloccato, Drax - sussurrò, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime - è stata lei… l’ha fatto per me.

Sono i ricordi a formare una coscienza.

Tornò sui suoi passi, si inginocchiò, si appoggiò a lei e la sfiorò con entrambe le mani. - Scusami se ti ho sottovalutata, vecchia mia. Non lo farò mai più.

 

- Romana è convinta di averlo manipolato. Oh, sì. Dimentica che l’idea è stata di lui sin dal principio. A lei non sarebbe mai venuto in mente di pensare alla tua TARDIS; era troppo angosciata per te. Gli ha dato una mano senza farsene accorgere, certo, e quindi? Non sa che è un gioco pericoloso…

Per Borusa, i suoi vecchi studenti erano poco più che scampoli. Non il Dottore, no, lui aveva vissuto troppe meraviglie e tragedie per considerarlo giovane, ma un cosino come Damon, che non aveva mai messo il naso fuori dal pianeta… o Jelpax, assorto nel proprio dovere e nell’apparente cieca fiducia al sistema, e sì, anche Drax, per quanto avesse viaggiato e si fosse ficcato nei guai, non si era mai evoluto in qualcosa di migliore o peggiore o diverso da sé. Ma aveva più considerazione di lui di quanta ne aveva di se stesso.

La sua debole risata ricordò al Dottore le note basse di un’armonica. Il tè in giardino era una scusa per contemplare la TARDIS ad una distanza ottimale - smaniava dal desiderio di un viaggetto estemporaneo, o quantomeno di un’esplorazione da cima a fondo dei nuovi interni, ma ci sarebbe stato tempo per questo.

- Se lo sta coltivando. Il bello è che non si rende conto di cosa stia coltivando in realtà. Oh, Romana è molto intelligente, ma questa volta non ha riflettuto bene. Ha creduto di piantare un fiorellino e vedrà spuntare un albero. - Era buffo e a suo modo meraviglioso sentir pronunciare dalla sua voce una parola come fiorellino. Colui che aveva smaniato per diventare immortale, ora si gingillava con immagini di fragilità. - Ci sono bulbi che restano nel terreno per millenni prima di fiorire. Nella nebulosa di Shelmerdine…

Il Dottore avrebbe voluto rispondergli di scacciare quell’ossessione assurda di trovare un nuovo compagno per sua moglie; avrebbe voluto suggerirgli di concentrarsi a vivere il tempo che avevano a disposizione, perché nient’altro contava, ed era sicuro che Romana sarebbe stata forte abbastanza per continuare la sua vita, con o senza un amore al suo fianco, ma che per la miseria ora la smettesse di fare la vittima.

Avrebbe anche voluto ricordare a Borusa che, a differenza di lui, la nebulosa di Shelmerdine l’aveva vista solo da uno schermo, e nelle immagini di un’enciclopedia concentrata in boccette.

Ma proprio non aveva voglia di fare il suo gioco, né in un senso né nell’altro: né mancandogli di rispetto né compatendolo - teneva troppo alla felicità che stava sbocciando nel suo presente per lasciarsi contaminare da energie tetre e negative.

Mancava così poco...



Camminerò al tuo fianco nella pioggia,
mi aggrapperò al calore delle tue mani,
farò di tutto per renderti felice,
ti amerò come nessun altro saprà.

Ada non possedeva quella che si definisce una voce melodiosa, ma al Dottore piaceva lo stesso sentirla cantare, quando lei credeva che nessuno ascoltasse.

Erano pause intime e speciali, tra l’erba alta color verde-argento, in cui parlava alla sua bambina non ancora nata di come immaginava il loro futuro insieme, e lo faceva con le strofe ingenue e malinconiche di una canzone country.

E il vento mormorerà il tuo nome,
gli uccellini canteranno in coro,
le foglie s’inchineranno ai tuoi passi
e suoneranno le campane del mattino.

Era una ninna nanna perfetta. Era talmente perfetta che, a tradurla in gallifreyano, una parte del significato sarebbe andata inevitabilmente perduta. Soprattutto, non esisteva una parola per “campane”. Non era il tintinnio di campanelli da danza, né il suono preciso e misurato durante le cerimonie su Karn, ma la grandiosità di Notre-Dame. Thistle non meritava nulla di meno ad accoglierla del grande poeta John Denver.

Sarò con te quando sarai triste,
per mandar via le lacrime con un bacio
e dividerò con te la felicità che ho trovato
un riflesso dell’amore nei tuoi occhi.

Alle prime note di chitarra Ada alzò lo sguardo, dapprima un poco turbata da quell’invasione, ma ben presto il suo riserbo si sciolse e fu felice di condividere quel momento di tenerezza. Sin troppo felice, tanto che le parole della canzone le si spensero in gola: il Dottore era uscito dalla TARDIS imbracciando un’autentica Yamaha L-53. Era troppo commossa per continuare, così lasciò che lui concludesse il ritornello e si chinasse a baciarla sulle palpebre, sulle labbra sorridenti, sul ventre rigonfio di speranza.

E ti canterò le canzoni dell’arcobaleno,
un sussurro della felicità che mi appartiene...

Quante volte avrebbe potuto innamorarsi ancora di lui? Infinite, così sentiva. Il tempo, lungo o breve che fosse, poteva dividersi in infiniti istanti, e in ognuno lei avrebbe colto un frammento di meraviglia che avrebbe riacceso quel sentimento. Ogni movimento delle sue mani, ogni guizzo del suo sguardo, ogni sfumatura della sua voce. Ora che la metà di se stesso gli era stata restituita, la gioia lo rendeva ancora più abbagliante.

- Ti amo, Thete.

Ormai sapeva cosa voleva dire lei con quel soprannome. Non era come quando lo usava Drax, non era un modo più o meno consapevole di trascinarlo nel passato a forza (che pure, non gli dava proprio più fastidio nemmeno da lui). Era lo stratagemma con cui gli diceva: “Sei stato il Dottore per quasi tutte le tue vite. Prima di allora, esisteva qualcun altro di cui talvolta riesci a raggiungere frammenti di memoria, nel passato remoto di Gallifrey. In un tempo oscuro e sanguinario hai combattuto e preso decisioni impossibili, e avevi abbandonato il tuo nome. Un giorno, in un futuro non si sa quanto lontano, potresti scegliere di essere qualcosa di diverso ancora… ma tutti questi uomini sono stati, sono e saranno te, e io li amo uno per uno, e tutti insieme, con tutto il mio cuore. Perciò non basta dirti ‘Ti amo, Dottore’; è la verità, ma non è precisamente ciò che intendo. In ogni universo il Dottore è amato; ma i suoi lati più in ombra, dimenticati o ancora da scoprire, meritano ugualmente di essere accarezzati con la mente, rassicurati, portati a risplendere lontano dall’oblio”.

   
 
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