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Autore: CreAttiva    18/09/2014    0 recensioni
Runne è una bambina di undici anni dal temperamento ribelle, lunghe orecchie ripiegate sui capelli dorati e un paio di enigmatici occhi rossi. Occhi che sollevano domande alle quali non sa rispondere; perché sono gli stessi di suo padre, di cui non sa praticamente nulla.
Ma Runne guarda al futuro, e insegue il suo sogno di diventare una guerriera per combattere il famigerato Endrun, spietato re del Mondo dell'Avvento. Ancora non sa quanto il suo passato e il suo destino siano intrecciati alla sete di potere del tiranno.
La sua vita e quelle di tutto il mondo dipendono dalle scelte di Runne; e quelle più giuste per il bene comune potrebbero richiedere dolorosi sacrifici.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
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8 - La prima missione

Legenda: https://www.facebook.com/notes/parole-cozzate-cre-attiva/legenda-il-destino-scelto/294400400727412


La prima Missione


Poltur era un labirinto intricato di viottoli e sentieri. Salivano, scendevano, s'inabissavano sotto il letto del fiume in cunicoli stretti e si arrampicavano sulle alture della Cima Solitaria in nastri di terra e pietre. Runne si muoveva nella parte bassa della città, dove le strade serpeggiavano in un complicato intreccio di umidi sotterranei. Fino a qualche tempo prima avrebbe avuto paura di un luogo sinistro e malfamato come quello. Era risaputo che Poltur fosse divisa fra le grandi potenze del Graäm: i sacerdoti di Gorä e la gilda dei ladri.

Borseggiatori e tagliagole si erano moltiplicati dalla scomparsa del signore di Fiandher che, malgrado la cupidigia, aveva mantenuto un discreto ordine nel Graäm. I sacerdoti di Gorä, già organizzati in una casta, si erano impadroniti della flotta del commerciante. Trais fu posta a difesa della terra sacra al dio Gorä. Di fatto, l'armata navale dipendeva dalla carpenteria di Rodramino. Questa città era a sua volta sotto il controllo della gilda dei ladri di Poltur. Si poteva dunque pensare che il potere fosse in mano a loro; in realtà, nessuno avrebbe osato sfidare i sacerdoti di Gorä e la sacralità del suo tempio. Persino la gilda temeva gli dei. Runne non era mai stata una credente devota: preferiva agire piuttosto che credere nell'aiuto divino.

C'era stata ben poca azione fino ad ora. Solo nascondersi, rifugiarsi, sgattaiolare e procedere. Dal momento in cui aveva ricevuto il suo incarico, Runne era partita con Thomas da Fiandher, coprendo in una notte la distanza che li separava dal villaggio di Oned. Quindi avevano marciato per un giorno intero fino a Poltur. Durante il viaggio non avevano sostato in alcuna locanda; si erano cibati delle provviste nelle loro borse e avevano trovato riposo sugli alberi. Runne aveva lanciato un incantesimo feliano per camuffarli con la corteccia, lo stesso usato da Arghenteo sugli Scindri tre anni addietro.

Camminando, si erano tenuti ai lati della strada, sfruttando spuntoni rocciosi e macchie di alberi per non farsi vedere dai viaggiatori e (impresa più difficile) dai membri della gilda. I ladri, infatti, svolgevano la ronda per controllare i commercianti che si spostavano di città in città.

Ogni famiglia del Graäm pagava una tassa alla gilda, e le attività dovevano essere autorizzate dalla stessa. La tassa era comunque adeguata al reddito familiare: invadente, ma non eccessiva. Con l'osservanza delle norme i ladri erano soddisfatti e non compivano scorribande; si poteva condurre una vita pacifica. Chiunque cercasse di sfuggire allo strozzinaggio o non rispettasse l'autorità della gilda, era fortunato a cavarsela con uno scippo o una rapina. I più cocciuti venivano ritrovati con un sorriso insanguinato sulla gola.

Thomas e Runne avevano rischiato molto più della gola durante il tragitto. Nonostante le precauzioni adottate, la coppia era stata avvistata da una sentinella. Per fortuna Thomas se n'era accorto in tempo: aveva inseguito e raggiunto la spia, riducendola al silenzio. L'uomo aveva assicurato a Runne che quell'incidente non avrebbe compromesso la sua valutazione. Le aveva spiegato che nel lavoro degli Scindri gli imprevisti possono capitare.

Non era la propria promozione a preoccupare Runne: piuttosto era mortificata per la sua inesperienza, che aveva portato alla morte un uomo innocente... o, nello specifico, un criminale che svolgeva solo il suo mestiere. In ogni modo era una vittima che si poteva evitare.

Rimandò a dopo i sensi di colpa e focalizzò l'attenzione sul presente. Aveva bisogno di una mente libera e pronta a rispondere ai suoi sensi. Ringraziò il suo udito feliano e l'adattabilità della pupilla alla tenue rarefazione di luce. Avrebbe volentieri fatto a meno dell'olfatto reptile in quel luogo putrido, ma questa sua metà la aiutava a muoversi silenziosamente. Lei non indossava ancora il mantello rosso incantato, vestito invece da Thomas, che non doveva sforzarsi di nascondere la propria presenza. La ragazza si acquattò nell'oscurità per eludere la luce di una torcia. Era quasi strano non vedere il costante bagliore sbiadito dello smeraldo. Il cielo era irraggiungibile per i bassifondi di Poltur.

Davanti ai due Scindri le vie claustrofobiche si congiunsero in un’area spaziosa, sostenuta da un’impalcatura più solida ed elaborata delle precedenti. Un edificio in pietra spiccava in mezzo alle catapecchie di legno e ai budelli scavati nel terreno. La sua struttura massiccia pareva sorreggere i soffitti delle gallerie, che poggiavano sul suo tetto. Thomas le indirizzò un cenno d'intesa: era il momento di ottemperare alla vera parte della sua missione. Secondo le informazioni reperite dagli Scindri, il capo della gilda dei ladri era a Rodramino per affari. Si era portato dietro gran parte dei suoi membri, perciò la sede era sguarnita. Il compito di Runne era introdursi negli alloggi del capo e indagare sui suoi programmi.

Thomas attese in disparte, osservando la ragazza all'opera. Runne seguì le procedure che le avevano insegnato. Fece un giro completo dell'edificio, studiandone la struttura e la sorveglianza. Due soli piani, dalla pianta estesa e alti cinque metri l’uno. Assenza di ulteriori sotterranei, come dimostrava la mancanza di sfoghi per l’aria. Il lato posteriore dell’edificio poggiava direttamente sulla parete brulla della galleria.

Nei tempi meno redditizi per la gilda, i ladri avevano usato quel colosso di pietra come rifugio dalle guardie. Dopo la scomparsa del signore di Fiandher, la gilda sarebbe potuta uscire allo scoperto e vivere nel lusso; ma il suo capo aveva preferito non spostare la sede, mantenendo la propria identità. Questa volontà fu mantenuta anche da Luther, il suo successore. Runne la ritenne una scelta saggia: in quei cunicoli l’unica forza in grado di opporsi alla gilda, i sacerdoti di Gorä, si sarebbe trasformata in una preda impacciata. Solo una minaccia silenziosa avrebbe osato penetrare quel labirinto, come un sicario estremamente abile. O come una spia estremamente inesperta qual era Runne. A differenza dell’ipotetico assassino, la giovane apprendista non avrebbe eluso dozzine di tagliagole e la scorta personale del capo della gilda per poi scontrarsi con lui; si sarebbe invece intrufolata in una residenza semivuota sgattaiolando via a missione conclusa.

Terminato il sopralluogo, decise di sfruttare il retro dell’edificio, che forniva una stretta insenatura fra l’angolo sinistro e la parete. L’arrampicata non fu semplice come aveva pianificato: a ogni movimento rischiava di alzare un polverone strusciando contro il terriccio, e le pietre erano umide e scivolose. Raggiunse il marcapiano, quindi si mosse con cautela verso la prima finestra. La sua meta si trovava sulla facciata: doveva percorrere tutto il fianco e girare l’angolo. Valutò se aggrapparsi al davanzale per superare le persone che discutevano di là dal muro a cui era appoggiata. Notò allora delle protuberanze sporgere dal soffitto. A una spanna dal sopraccielo, una serie di braccia di pietra si allungavano in orizzontale e si chiudevano a pinza su qualcosa sospeso nell’aria. Runne ebbe un giramento di testa quando mise a fuoco la barriera magica che avvolgeva il perimetro del palazzo come un velo. Da terra quelle estensioni apparivano semplici decorazioni del cornicione.

La ragazza non aveva idea della funzione di quella barriera o di come l’avesse attraversata indenne (e inconsapevole); decise di ignorarla e di sfruttare come appiglio proprio quei diffusori. Soffitti elevati e finestre piccole fornivano un riparo da attacchi esterni, ma anche un notevole punto cieco. L’agilità feliana le agevolò l’arrampicata fino ai pioli, e in breve entrò negli appartamenti di Luther.

Corse alla porta e udì con sollievo il pesante respiro di una guardia addormentata.

«Sei stata imprudente.» Thomas l’aveva appena raggiunta.

«La barriera?»

«È ancora attiva; ho aperto solo un varco. Ringrazia la tua resistenza alla magia se ora non sei in preda a tremende allucinazioni.»

Runne ricordò le lezioni sulla specialità dei maghi del Graäm: gli incantesimi illusori. Le tecniche di combattimento invece rispecchiavano il flusso dell’acqua, con movimenti sciolti e ondeggianti, molto simili a quelli di Moe durante lo spettacolo. Thomas le intimò di procedere e Runne interruppe il ripasso mentale. Si accinsero a rovistare fra le carte della stanza. Lo studio era modesto, arieggiato dalla finestra per la quale erano passate le due spie; sulle pareti erano appese armi e alcuni quadri con simboli votivi al dio Gorä. Esaminarono la scrivania e la cassettiera, cariche di pergamene, rimettendo al loro posto ogni oggetto mosso durante la ricerca. Lessero liste di negozi con i nomi dei proprietari, riscosse, debiti e provvedimenti. Trovarono anche mappe e schemi che collegavano la gilda all’assalto di Yequiza, l’isola a sud-est che aveva cercato di sottrarsi alla tassazione credendosi al sicuro per la sua lontananza dal continente. Nulla però che facesse supporre una collaborazione con re Endrun. Runne iniziò a pensare che non ci fosse nulla da scoprire, che si trovasse lì solo per dimostrare le proprie capacità agli Scindri.

Un nome in mezzo al mucchio la attirò: era il suo. La giovane avvertì un’improvvisa agitazione e controllò i documenti. Era una descrizione accurata di Runne, con riferimento ai suoi genitori:


Runne di Fiandher – 14 anni – Minaccia elevata

Statura minuta, capelli dorati e occhi rossi. Madre: Judith di Fiandher (probabile sopravvissuta del Raion), feliana. Padre: sconosciuto. Forti sospetti di origini reptili. Apprendista sarta. Alleati fra gli umani e i sinhilari.


Runne si mise a rovistare fra le pagine e vi trovò dati altrettanto dettagliati sui suoi amici: solo sul suo profilo era annotata la pericolosità. Sotto a quel materiale il piano della scrivania era graffiato e inciso da solchi. Il pugnale piantato come una bandiera nell’angolo dello scrittoio era presumibilmente il responsabile di quello sfacelo. Un lieve fessura, più lineare delle altre, la indusse a esaminarla a fondo. Quando comprese di cosa si trattava chiamò Thomas ad aiutarla. L'uomo capì il meccanismo più rapidamente di Runne: estrasse un temperino e fece leva sulla fenditura, sollevando un'anta celata nel legno. Studiarono il contenuto del cassetto segreto e individuarono fra le pergamene un piano di attacco che prevedeva lo sbarco di truppe a Rodramino. Un esercito avrebbe spazzato via il tempio di Poltur e i suoi sacerdoti.

«È peggio di quanto immaginassimo. Ecco perché lo smeraldo di Fiandher brilla con tanta insistenza.»

«L’esercito che rientra in questo piano» chiese Runne «di chi è?»

«Guarda il sigillo sulla lettera di consegna.»

La ragazza rabbrividì alla vista del simbolo di Kradit: le due lune gemelle raccordate da una “E” nel mezzo.

«Questo cambia tutto.» concluse Thomas, riponendo i fogli sotto al mantello «Non possiamo lasciare che questo piano si compia. Dobbiamo intervenire.»

«D’accordo; che facciamo?»

L’esaminatore guardò negli occhi l’apprendista, trasmettendo una certa esitazione. Pose una mano sulla spalla di Runne, comunicandole:«Non era previsto che tu ti spingessi fino a questo punto, ma la nostra missione ha già comportato degli imprevisti. Alla sentinella ho pensato io; ora è il tuo turno. Attenderemo che Luther faccia ritorno e tu lo ucciderai.»

Runne trasalì. Per diventare una guerriera e combattere Endrun aveva tenuto conto del fatto che presto avrebbe dovuto uccidere qualcuno. Tuttavia non era preparata a togliere la vita in quel momento; non rientrava nella missione che le era stata assegnata.

«Forse dovremmo informare Arlenan prima di decidere.»

«Arlenan ti ha affidata a me. E ti ha detto espressamente di eseguire i miei ordini. Vuoi fare qualcosa per fermare questa guerra? Uccidi quell’uomo e il re tiranno avrà un’arma in meno contro la pace.»

Thomas controllò di nuovo la porta, lasciando la ragazza imbambolata a fissare il vuoto. Runne attese che lui aggiungesse qualcos’altro, che la sottraesse a quella responsabilità. Ricevette solo suggerimenti e istruzioni sul compimento dell’assassinio.



Il Maestro Luther era amareggiato. L’uomo catturato sull'isola di Yequiza e scortato a Rodramino non aveva ceduto alle torture, rifiutando di tradire il proprio padrone. Luther si era recato personalmente alla città-cantiere, pensando di confrontarsi con un nemico che meritava il suo rispetto. Ma il prigioniero si era dimostrato solo un pazzo dalle informazioni fasulle. Il capo della gilda si era scomodato per ascoltare i deliri di un mentecatto.

Lasciò che la sua scorta si riposasse al piano inferiore. L’Assistente del Maestro insistette per accompagnarlo nelle sue stanze, ma Luther lo liquidò con un gesto scocciato. Non voleva tra i piedi nessuno. Aveva bisogno di fumarsi una pipa nel suo studio, e di rivedere le carte. Quel rimbambito che gli aveva fatto perdere tempo lo aveva allontanato dai suoi obiettivi.

Sbraitò contro la guardia dei suoi alloggi, che giaceva sonnecchiante su una sedia. L’incompetente si allontanò profondendosi in scuse prima che Luther avesse la tentazione di ucciderlo. Il Maestro entrò nello studio e sbatté la porta dietro di sé. Riordinò il caos che regnava sulla sua scrivania borbottando seccato. Estrasse la pipa e cercò il tabacco: dove l’aveva messo? Mentre frugava nei cassetti e inveiva contro quel ladro dell’Assistente, un’ombra calò alle sue spalle. Una mano fece tacere la sua bocca, e un coltello ne disegnò una nuova sulla gola. Il cadavere cominciò a sgretolarsi fra le dita di Runne, che mormorava una lenta litania. L’incantesimo di incenerimento funzionò sui resti di Luther, cancellando persino le tracce di sangue. Del capo della gilda di Poltur non restò nemmeno la polvere.

Runne seguì Thomas in una silenziosa e complicata fuga. Il sicario su cui aveva fantasticato per alleggerire la tensione era diventato reale, materializzandosi nel suo corpo e agendo attraverso le sue mani.



«Dovresti lasciarla uscire qualche volta, Judith cara.»

«Runne sta imparando il mestiere. E ho molto da lavorare in questo periodo: sa, dalla morte di Caroline...»

«... sei l’unica sarta della zona nord di Fiandher. Ma si ammalerà se resta sempre tappata in casa.»

«Sta forse dicendo che non so prendermi cura di mia figlia?»

«Oh, no! Non intendevo questo, mia cara.»

«Bene. È stato un piacere vederla. Torni presto a farci visita. Arrivederci.»

Judith richiuse la porta tirando un sospiro di sollievo. Quella farsa andava avanti da quando Runne si era unita agli Scindri: per nascondere gli allenamenti della figlia, fingeva di tenerla segregata in casa. Fra i vicini, alcuni erano più comprensivi, riconoscendo l’amore di una madre per l’unica cosa che le era rimasta al mondo; altri, invece, la consideravano una dispotica egoista. Judith non dava peso alle voci che circolavano sul suo conto: non aveva mai visto Runne così felice, e condividere un segreto tanto importante con la sua bambina la colmava di gioia. La vedeva crescere giorno dopo giorno, affinando tecniche e carattere, sempre più vicina all’essere una donna. Ma per lei sarebbe sempre rimasta la sua piccola Runne.

Quella mattina, però, Runne era stata molto pensierosa e taciturna. Non aveva toccato la colazione, e si era messa al lavoro senza che Judith le avesse chiesto aiuto. La madre decise di non porle domande, ritenendo più saggio distrarla con qualche chiacchiera.

Runne cuciva badando solo all’ago e alla stoffa, mentre Judith le raccontava un piccolo scandalo sulla figlia del ceraiolo. Quando entrambe ebbero finito, la ragazza andò a riposarsi. Aprì la porta della camera e qualcosa la colpì sulla fronte.

«Ahia!»

«Ci è cascata!» esclamò una vocina, lanciandosi in un risolino acuto.

Runne si massaggiò la fronte, centrata da un laccio che era stato legato alla porta. Sul comodino sedevano Daeb e un’altra sinhilare, quella che aveva riso prima (e che stava continuando a farlo). Se la memoria non la ingannava, si chiamava Jiya.

«Potevate cavarmi un occhio!» li sgridò la vittima dello scherzo.

«E tu eri convinto che l’avrebbe evitato!» ridacchiò Jiya.

«Ne ero sicuro. Come succede sempre.» confermò Daeb, che al contrario non era mai stato tanto serio «Stai bene?»

«Vorrei stritolarti con il tuo laccio, ma a parte questo non mi hai ferita mortalmente.»

«Avevi ragione su di lei: questa ragazza è proprio uno spasso!»

Runne fissò in tralice la graziosa sinhilare dai capelli biondi e si soffermò sulla sua vicinanza con Daeb. «Ho interrotto qualcosa?»

«No.» disse l’amico, che aveva appena sottratto la sua mano dalla presa di Jiya «Lei se ne stava giusto andando.»

«Come sei cattivo!» si lamentò Jiya, facendogli la linguaccia «E va bene: lo so che sei molto timido.»

«No! Per gli dei, non hai capito quello che ti ho detto?»

«Non capisco perché tu non voglia darmi almeno una possibilità.»

Daeb non rispose. Incrociò le braccia e guardò altrove. Jiya, indispettita, gli sfilò dalla testa il cappello a cilindro e volò via, fuori dalla finestra.

«Ehi! Ridammelo!»

Daeb la inseguì e Runne rimase sola. Aveva sperato di potersi sfogare con lui prima che scendesse la sera. Si sfiorò ancora la fronte, benché il dolore fosse passato; quantomeno quello fisico.



L’atrio della base degli Scindri era più buio del solito e vuoto, il che donava un tono spettrale all’ambiente. Le fiaccole erano disposte parcamente a indicare il cammino. Runne le seguì, stringendo un lembo del mantello per domare il nervosismo. Giunse nella Sala d’Addestramento, dove fu accolta dalla Compagnia degli Scindri riunita a semicerchio. Si fermò al loro cospetto, in attesa.

La voce di Arlenan risuonò con fermezza:«Benvenuta, apprendista. Hai intrapreso un duro percorso di addestramento, specializzandoti nell’uso delle armi corpo a corpo e in diversi stili di lotta. Hai imparato a lanciare alcuni incantesimi reptili e hai ottenuto il controllo della bestia che alberga nel tuo animo. Questo fa di te un’ottima guerriera, ma far parte degli Scindri significa molto di più: analizzare l’ambiente che ti circonda, confonderti e mescolarti con esso, carpire informazioni vitali da piccoli indizi. Tali sono gli insegnamenti che ti sono stati impartiti, e nei scorsi giorni li hai messi in pratica sul campo.» Tese un braccio verso l'interessata «Consegnami il tuo mantello.»

Runne se lo sfilò e lo porse al maestro. Arlenan lo tenne dinanzi a sé e pronunciò la formula della cenere. Il mantello nero si sbriciolò, perdendosi nell'aria cupa della caverna. Arghenteo passò ad Arlenan un lungo panno ripiegato e il reptile lo distese: il nuovo mantello rosso di Runne.

«Da questo momento» decretò Arlenan posando il mantello sulle spalle della ragazza «tu non sei più un'apprendista, ma un membro effettivo degli Scindri.»

La compagnia batté il pugno sul petto e Runne li mimò con orgoglio. Arlenan fece cenno agli altri per comunicare che la cerimonia era finita. Quindi esclamò:«E ora festeggiamo con del buon sidro di Joor!»



Runne sedeva sul ramo di uno zigado marittimo, non distante dall'albero secolare che torreggiava sul nascondiglio degli Scindri. Le particolari foglie di quella pianta, larghe e bucherellate, giocavano con la brezza notturna, disegnando occhielli di luce smeraldina sul corpo della ragazza. Runne accarezzava il suo nuovo mantello, così leggero da far dubitare della sua esistenza. Avrebbe dovuto rallegrarsi di quel traguardo; eppure un senso di inquietudine sopprimeva il suo entusiasmo.

Arlenan salì sullo zigado seguendo un ritmo volutamente rumoroso, in modo da essere udito; Runne capì che le veniva offerta l'opportunità di allontanare il maestro prima che la raggiungesse, qualora non fosse gradito. Permise all'uomo di sedersi accanto a lei e di appoggiarsi al tronco fessurato.

«È un momento di festa, un evento troppo lieto perché tu mostri quell'espressione cupa. Qual è il problema?»

«Ho ucciso un uomo.»

«Hai estinto una minaccia per il mondo. Luther avrebbe consegnato il Graäm a Endrun. I suoi reptili avrebbero ucciso gli uomini, stuprato le donne e schiavizzato i bambini. Per merito tuo siamo di nuovo al sicuro.»

«Allora perché lo smeraldo della torre non si spegne?»

«Altri pericoli attendono in agguato. Gli Scindri sono gli unici in grado di sventarli. Capisci ciò che intendo dire?»

Runne annuì, accettando il peso delle proprie responsabilità. Arlenan le cinse le spalle e la strinse a sé. «Rendi onore a tuo padre, ex apprendista.»

I due rimasero abbracciati in un muto conforto, mentre la notte scivolava al termine per accogliere i raggi del mattino.




(S)parla con l’autrice

Dia dhaoibh, lettori!

Capitolo un tantino corto per i miei standard, ma fermarmi qui era necessario per la trama.

Avete domande sulla politica del Graäm? Ho paura di non essermi spiegata bene... o di essermi soffermata anche troppo nelle descrizioni. Sarò felice di fornire altre informazioni a chi ne vuole ^_^ a patto di non cadere nello spoiler. L’assetto politico e geografico del Mondo dell’Avvento è piuttosto complicato, ma ve lo esporrò a dosi digeribili ;-)

E la legenda all’inizio di ogni capitolo potrebbe esservi utile quando vi dimenticate di un nome (lo faccio persino io!).


Qualsiasi recensione, anche negativa, è ben accetta: sono qui soprattutto per migliorarmi e divertirmi.

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Al prossimo capitolo! Slán libh!

CreAttiva

   
 
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