Serie TV > NCIS L.A.
Ricorda la storia  |      
Autore: peciota    18/09/2014    1 recensioni
Post 5X01, i pensieri di Sam Hanna, le sue riflessioni sul sequesto e sulla tortura. I suo sentimenti verso Marty Deeks.
In attesa di proseguire con "Come la nebbia di giugno" (tempo tiranno...) pubblico questa mia one shot. Il personaggio di Sam è sempre molto maltrattato, volevo tentare di capire cosa possa aver provato nel dover difendere la copertura di sua moglie e dover contare su Deeks e sulla sua resistenza. Spero che risulterà interessante.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sam Hanna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
GLI OCCHI DELLA SALAMANDRA

I miei piedi battono ritmicamente sull’asfalto, il mio fiato si condensa nell’aria mattutina e qualche goccia di sudore scende dalla fronte verso il collo e lungo la schiena. Non è ancora l’alba. L’aria frizzante del mattino sta scacciando gli ultimi barlumi di notte e il cielo, ormai chiaro, illumina le colline dietro Los Angeles.
Conosco il mio corpo, conosco le sue reazioni, amo sentire le contrazioni dei muscoli quando corro e il cadenzare del mio respiro, regolare, fluido.
In casa dormono ancora tutti mentre esco, è il mio momento, il mio rifugio, il luogo dei miei pensieri. Quando sento che tutto risponde come mi aspetto mi tranquillizzo, inspiro l’aria fresca con un vago sentore di resina, inspiro, espiro, inspiro, espiro, in una danza cadenzata dei miei polmoni e del mio diaframma.
Sono tornato al lavoro. Come se fossi tornato da un’influenza o da un infortunio. Ne parlo come se fosse stato solo questo. Litigo con mia moglie che mi tratta come se fossi fatto di cristallo, faccio la faccia offesa quando Nate mi fa i suoi soliti discorsi da strizzacervelli, cerco, senza trovarlo, un appoggio in Callen, perché voglio che tutto torni come prima. Non voglio essere trattato diversamente, voglio tornare a fare quello che so fare meglio, al meglio.
Cosa c’è questa volta di diverso?
Mi sono ritrovato già in situazioni pericolose, difficili. Ho rischiato la vita più volte e ne se sono sempre uscito. Ammaccato, qualche volta ferito, ma ne sono uscito.
Cosa c’è questa volta di diverso?
Ho perso dei compagni in battaglia, degli amici, persone con cui avevo condiviso giornate, rischi, parole, silenzi, albe, come questa.
Cosa c’è questa volta di diverso?
Perché sento un peso piantato nello sterno, che non mi fa respirare, che mi sveglia di notte, un tarlo che corrode la mia mente come un animale che mangia il legno?
Non è paura, quella la conosco, ho imparato a tenerla a bada. Ho lavorato molto a lungo e dolorosamente per imparare a controllarla.
Non è stanchezza.
Non è dolore.
 
E’ vergogna.
 
Mi fermo ansimando leggermente e mi guardo intorno. La gente nelle case sta ancora dormendo ma presto si sveglieranno, ricominceranno la loro vita, piccoli gesti automatici e quotidiani, preparare la colazione, svegliare i bambini, controllare di aver chiuso la porta di casa prima di accendere la macchina e imboccare il vialetto davanti al garage.
 
La vergogna è come gelatina fredda e viscida, mi blocca la gola e le spalle. Mi entra nelle narici e non mi fa respirare. Come il momento in cui sono caduto in quella dannata piscina e tu, facendo saltare le nostre coperture, non hai esitato ad arrivare, ma loro erano quattro e tu solo. Era una situazione senza uscita. Dovevi farlo. E io ti devo la vita. Non c’è molto altro da dire.
 
E allora perché?

Sento ancora il freddo dei morsetti ai polsi, la frustata data dalla corrente lungo tutto il mio corpo. Il dolore. Il dolore che irrigidisce i muscoli, che scioglie le viscere e ti scorre addosso come un liquido appiccicoso e nauseabondo. Sento la voce nella mia mente che mi dice, mi ordina, di resistere. La mia ragione e il mio cuore mi dicono che sarò forte, che anche questa volta ne uscirò e non devo parlare. Per Michelle, per mia moglie. Per i miei figli. Non devo parlare.
 
Ma si stancano presto di me. Pensano che con te sarà più semplice, non hai esitato a rischiare la tua vita per me. Sei l’anello debole, non sei senza scrupoli, come loro. Come dovrei esserlo io.
 
Vergogna.
 
Perché pensavo avresti ceduto. Ero convinto che avresti ceduto. Sentivo le tue urla, strazianti, dolorose come pugnali, stilettate negli occhi. Non mi sentivo sicuro con te. Non ho avuto fiducia, in te, nei tuoi mezzi, nelle tue possibilità. Il profondo e radicato nervosismo per  una missione estremamente pericolosa che coinvolgeva non solo me, ma anche la donna che amo, mi ha reso ignobile, cattivo, arrogante. Non ti vedevo, eri un fantasma, una risata mischiata con il niente. Avresti parlato, per far cessare il dolore, che continuava e continuava. Avresti dannato la tua anima per farli smettere, per poter chiudere gli occhi e non doverli riaprire davanti ad un pazzo sadico e crudele che insisteva a martoriare la tua bocca. Quella bocca che hai sempre così tanto usato per rintronarmi di parole.
 
Vergogna.
 
Perché la prima cosa che ho voluto sapere, ferito, sanguinante, è stato se avevi parlato. Se avevi svelato il segreto dei segreti, la madre di tutte le bugie. Ho visto i tuoi occhi persi nel dolore, il sangue dalla tua bocca, i tagli, i lividi, i capelli appiccicati alla fronte. In quel momento eravamo fratelli, eravamo vicini come non lo eravamo mai stati e come, forse, non saremo mai più. Quello che hai fatto non lo hai fatto per un qualche sentimento patriottico, per le vite che avremmo salvato recuperando quelle bombe. Lo hai fatto per me. Per la mia famiglia. Per la tua squadra. Perché era quello che dovevi fare. Rischiando di mandare tutto a monte, di perdere tutto. Perché una vita vale quella del mondo intero. Perché la mia vita in quel momento valeva più di qualunque altra cosa.  
 
Dovrei dirtelo. Dirti ancora che sei un ottimo poliziotto, che ti devo tutto. Dovrei dirtelo ancora che mi sono sbagliato. Che mi sono fidato dei miei pregiudizi, delle mie mancanze, delle mie paure.
Ora voglio solo prendere questa mia vergogna, farne una palla da buttare lontano, voglio liberarmi di questo veleno.
Tornare ad essere la montagna solida su cui tu ti possa arrampicare, tu così agile.
 
Ti aspetto, Deeks, ti aspetto.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > NCIS L.A. / Vai alla pagina dell'autore: peciota