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Autore: Lellaofgreengables    18/09/2014    3 recensioni
Maria è divisa tra la famiglia e la voglia di realizzarsi non solo come moglie e madre. Improvvisamente giunge una proposta di lavoro che potrebbe aprirle nuovi orizzonti e portarla lontano da Puente Viejo.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maria Castañeda, Martin Castro
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Maria – Sognando Parigi.  Di Lellaofgreengables
“I primi denti sono dolorosi per una neonata” spiegò mia nonna Rosario, tenendo mia figlia Esperanza in braccio e dandole di tanto in tanto un piccolo bacio sulle tonde guanciotte rigate di lacrime. Mio marito Gonzalo (meglio noto come Martin, il figlio della leggendaria Pepa la levatrice, tentava di calmare la bambina a suon di smorfie e carezze. La piccola però, sfinita per il dolore e per la febbre, non riusciva a smettere di piangere disperata. Mi ero preoccupata moltissimo: ero al primo figlio e non avevo esperienza e poi le brutte avventure  vissute dalla mia piccola Esperanza, un rapimento e una morte presunta e una brutta infezione alla nascita che mi aveva fatto temere per la sua vita,  mi avevano resa una madre protettiva e molto attenta. Venne anche il medico che consigliò qualche medicina per abbassare la febbre, mentre mia nonna preparava insieme a Candela, la vedova di mio zio Tristan, un impacco per le gengive della piccolina. Approfittando che la piccola Esperanza stava dormendo nella sua culla e che Martin si stava occupando di alcuni problemi nelle nostre proprietà, presi in mano Orgoglio e Pregiudizio ma con scarsi risultati. Nemmeno Mr Darcy impediva alla mia mente di vagare e di porsi mille domande. Non c'era donna più felice di me: avevo lottato molto per poter sposare Gonzalo. Avevo sognato un Mr Darcy da sempre e pensato che a me una simile passione fosse negata per sempre... Ed invece quel 21 agosto del 1919, mentre aspettavo i guanti di Grasse per la mia madrina, Francisca Montenegro, avevo incontrato il mio Mr Darcy, un giovane affascinante, ignorando però di avere davanti un seminarista. Avevo lottato molto per sposarlo e formare una famiglia con lui. Quel giorno però non potevo fare a meno di pensare che qualcosa mi mancasse. Mia madre e la nonna Rosario vennero a visitare la piccola Esperanza e notarono che qualcosa in me non andava come avrebbe dovuto. Non ero sorridente come al solito. In verità mi rendevo conto di essere differente da tutti gli altri abitanti de El Jaral, almeno da quelli che non indossavano un pannolino. Tutte le altre donne della casa avevano una vita al di fuori e si sentivano utili. Io invece mi occupavo solamente di Martin e di Esperanza, e tranne nei casi in cui aiutavo il mio paese e il mio prossimo, non facevo nulla di produttivo. Inoltre visto l'allarme che avevo creato per il primo dentino della piccolina, dubitavo seriamente di essere una buona madre.  Anche Gonzalo si rese conto che sua suocera  aveva ragione e che ero strana. Forse perché mentre piegavo l'abitino di Esperanza, non avevo fatto altro che sospirare. Gli confidai come mi sentivo e lui, come sempre, cercò di animarmi. “Sei l'anima di tutto quello che si muove intorno a noi. La nostra forza e il nostro spirito ma soprattutto sei la madre migliore che ci sia, se non mi credi, puoi sempre domandarlo ad Esperanza e vedrai quello che ti risponderà” Gonzalo mi guardava con dolcezza mentre pronunciava quelle parole e io lo ricambiai con un sorriso tirato mentre lui mi stringeva forte a sé. I dolori alle gengive di Esperanza si placarono ma sapevamo che sarebbero tornati con il prossimo dentino che sarebbe spuntato. In realtà in quei giorni avevo posato per lo zio Nicolas, un fotografo di Madrid, che per amore della zia Mariana, che poi si aveva sposato, si era trasferito a Puente Viejo. Generalmente era la zia a collaborare  con  lui ma ultimamente lei era preoccupata e strana e si era rifiutata di posare per suo marito, come faceva di solito, proprio quando il fotografo aveva bisogno di una modella per due campagne pubblicitarie: una per un paio di guanti da signora (molto eleganti) e l'altra per delle saponette profumate. Era iniziato tutto per caso: volevo aiutare Mariana e Nicolas che tanto avevano fatto per me e per mio marito ma poi... I clienti si mostrarono soddisfatti non solo del lavoro del fotografo ma anche della modella. Mio zio Nicolas mi chiese di diventare la sua collaboratrice in modo più stabile e Gonzalo mi incoraggiò: non era irritato ma orgoglioso di me. Era la prima volta, notai, che avevo qualcosa di simile ad un lavoro, io che ero nata per essere una signorina ricca ed elegante, un adorno... Era l'agosto del 1921 e anche noi donne avevamo diritto a costruire una nostra esistenza, a non essere dei semplici adorni in porcellana che abbelliscono un salotto. Nella mia vita avevo subito mille soprusi e mille violenze per colpa di Fernando, il mio primo marito e ora con Gonzalo e con mia figlia, sentivo che nuove opportunità mi si stavano aprendo davanti.  In quel momento ancora non immaginavo che le foto scattate dallo zio Nicolas mi avrebbero  aperto porte che mai avrei creduto possibili per me. Era un caldo giorno di inizio settembre e stavo passeggiando per la piazza di Puente Viejo insieme a 
Gonzalo e alla mia piccola, che ogni giorno diventava sempre più bella e grande. Eravamo il ritratto della famiglia felice. Lo zio Nicolas insieme a Mariana si avvicinò a noi con un telegramma in mano, mentre Dolores Miranar ci spiava dalle finestre dell'emporio alla ricerca di qualcosa di cui spettegolare con le altre beate del paese. “Sei famosa” affermò Nicolas, guardandomi con un grande sorriso stampato sul volto. “Conosci il famoso stilista Rigo?” Ovvio che lo conoscevo, avevo indossato per anni abiti realizzati da lui e Coco Chanel, quando vivevo alla Villa come figlioccia della Montenegro, sognando la Francia e altri posti lontani che mai pensavo avrei visto. Ad esclusione di qualche visita a Madrid e del viaggio di nozze con Fernando non ero mai stata fuori dai confini di Puente Viejo, La Puebla e Otero.  La Montenegro aveva costruito per me una gabbia d'oro e in seguito la nascita di Esperanza mi aveva spinto a pregare Martin di rinunciare alla luna di miele per il momento. “Rigo ha visto per caso alcune tue foto ed è rimasto colpito da te. Più che colpito, direi incantato visto che vuole averti come modella per la campagna pubblicitaria della sua prossima collezione. Mi hanno appena mandato un telegramma chiedendomi di informare la mia modella della loro offerta” Ero rimasta a bocca aperta mentre Martin mi spingeva ad accettare. Ma io frenai il suo entusiasmo. “Amore, lo stilista e gli abiti sono a Parigi” dissi mentre il volto di Gonzalo cambiava espressione. Ora non credo che mi avrebbe spinto a partire considerato che ero sua moglie e la madre di sua figlia, che aveva solo cinque mesi. “Si, Gonzalo. Maria ha ragione. Il lavoro è a Parigi. Maria dovrebbe partire il prima possibile.” affermò Nicolas, porgendomi il telegramma con l'offerta di lavoro che mi avevano fatto. In quel momento vidi un sogno e delle possibilità sfumare ma non avevo altra scelta: non potevo lasciare le due persone che più amavo al mondo o mettere in pericolo la nostra felicità. “Non posso accettare, Nicolas. Dovrò scrivere per rifiutare la proposta.” risposi in maniera secca.  Però quella sera, mentre cambiavo il pannolino ad Esperanza e le davo dei bacini sulle sue morbide guanciotte, mi confidai con mia figlia, che certo non poteva rispondermi ma che mi guardava con i suoi grandi occhioni. Le dissi che quella proposta di lavoro mi aveva riempito di gioia e che avevo colmato la mia  testa di sogni, di illusioni e di aspirazioni. Non mi accorsi che Candela mi aveva ascoltato e che era molto preoccupata per me. Anche mio marito era preoccupato: temeva che io sarei partita e senza di me non sarebbe riuscito  a stare. Dopo tutto quello che avevamo sofferto per poter stare insieme, eravamo certi che nulla ci avrebbe mai separato. E nemmeno io avrei mai rinunciato alla mia famiglia per Parigi. Però come tutte le rinunce, faceva soffrire. Per Aurora avevo prospettato un matrimonio con Conrado  e una laurea in contemporanea. Conrado, il suo fidanzato, si sarebbe potuto trasferire  a Madrid per i sette anni della durata del corso di Medicina di mia cognata. Ma per me la cosa non era proponibile. Pensavo che le donne nel 1921 non dovessero scegliere tra lavoro e famiglia ma sbagliavo. Dovevo scegliere. Non potevo pensare di trascorrere settimane lontano da mia figlia e mio marito, nemmeno per Parigi e nemmeno per il famoso stilista Rigo. E non potevo chiedere a Martin di abbandonare l'amministrazione della tenuta de El Jaral e delle terme per seguirmi fino in Francia. Sarebbe stata una richiesta egoista da parte mia. Quando informai i miei genitori, Alfonso ed Emilia Castaneda, dell'offerta che avevo ricevuto rimasero stupiti. Ma del resto avevano avuto da sempre  molta fiducia in me, più di quanta ne avessi avuta io delle mie capacità. Mia madre iniziò a preoccuparsi. Vedeva che la rinuncia mi faceva soffrire e che io stavo fingendo una serenità che ero ben lontana dal provare. “Non preoccuparti, mamma. Il lavoro da modella non fa per me. Quello che conta sono Esperanza e Martin, non Rigo e i suoi abiti. Non mi pesa questa rinuncia. Sono felice.” Queste erano, con qualche variante del caso, le parole che avevo usato anche con mio marito. Vedevo che era preoccupato e avevo voluto rassicurarlo: non sarei partita e sarei rimasta al suo fianco. Al suo fianco e a quello della nostra bambina, che aveva nuovamente la febbre per via del suo secondo dentino. L'unica persona a cui confessai quanto in realtà mi dispiacesse dover rinunciare al mio sogno, fu Nicolas, che come me aveva rinunciato ad una carriera nel mondo del cinema per mia zia Mariana.  Lui mi consolò e mi disse che comunque sarei sempre stata la sua modella e che erano in arrivo per me due nuovi lavori. Anche un sarto di Otero aveva chiesto a Nicolas di realizzare una campagna pubblicitaria con le sue foto e io sarei stata nuovamente la modella. Se non altro mi sarei sentita utile, anche se a Puente Viejo e non a Parigi. Avevo diciotto anni ma non ero libera come mia 
cugina Aurora ed Esperanza e Martin avevano bisogno di me più che mai. L'indomani io e Nicolas ci accordammo per spedire il telegramma allo stilista parigino con il mio rifiuto. Togliersi prima il dente per ridurre il dolore, avrebbe detto la nonna Rosario. Quello che però ignoravo era che mio marito, che ben mi conosceva, si era reso conto che non ero stata del tutto sincera e che rinunciare a Parigi mi aveva fatto più male del previsto. Candela, che aveva ascoltato le mie confidenze alla piccola Esperanza, confermò i dubbi di Martin. Mio marito  non desiderava altro che rendermi felice e si rendeva conto che se non avessi inseguito i miei sogni, avrei vissuto di rimpianti. Quindi chiamò Conrado per chiedergli non solo un consiglio ma anche un favore. Proprio quando stavo uscendo per raggiungere Nicolas all'ufficio postale, mi raggiunse mio marito con la piccola in braccio nel soggiorno de El Jaral. “Dove va così di corsa la tua mamma?” domandò Gonzalo alla piccola Esperanza, che sorrideva mostrando felice i suoi due dentini appena spuntati. “La mamma sta andando con lo zio Nicolas per spedire un telegramma.” affermai avvicinandomi alla piccola e dandole un bacio sulla guancia. “La mamma dovrebbe prima preparare le nostre valigie mentre io e te, piccolina, accompagneremo lo zio Nicolas all'ufficio del telegrafo. Parigi ci sta aspettando”. Le parole di Martin mi lasciarono a bocca aperta. “Ma devo rifiutare la proposta. Non posso andare a Parigi e lasciarvi qui …”Per lo stupore non avevo compreso che mio marito aveva usato il plurale, un “noi” e non un “tu”. “Infatti senza di noi, tu non andrai da nessuna parte, mia cara.  Non ti libererai tanto facilmente di me e di Esperanza. Anche perché qualche parigino potrebbe mettere gli occhi sulla mia bellissima moglie e questo non potrei proprio sopportarlo.” affermò Martin baciandomi mentre Esperanza mostrava nuovamente i suoi due meravigliosi dentini. “ E le terme, e El Jaral, e Candela e la nonna Rosario? Non puoi abbandonare tutto in questo modo... Non posso essere così egoista.” affermai. “Beh forse è arrivato il momento in cui inizi ad esserlo. A pensare meno a tutti noi e più a te stessa. Ti meriti il meglio anche dal punto di vista lavorativo. Non devi scegliere. Quando a tutte le questioni che lascerei qui, se ne occuperà Conrado. Si trasferirà a El Jaral, e dirigerà oltre alle terme anche la tenuta, che per metà appartiene alla sua fidanzata. Con lui Candela e Rosario saranno al sicuro. Poi non staremo via per sempre. Torneremo, infondo il nostro sogno era crescere i nostri figli qui a Puente Viejo.” Mi sentivo la donna più fortunata del mondo. Nel 1921 la maggior parte degli uomini era come il mio primo marito Fernando : consideravano la donna un oggetto da possedere, primo di volontà, di pensieri propri. Nella loro ossessione potevano diventare anche violenti. E per le mogli non c'erano possibilità di fuga. Del resto io stessa ero stata per qualche tempo in carcere con l'accusa di adulterio a seguito di una denuncia di Fernando. Ero stata molto fortunata ad incontrare Martin. “Il giorno in cui ti ho incontrato nella piazza del paese, qualche buona stella doveva sorridermi. Sono stata così fortunata”. Dissi baciandolo mentre Esperanza tendeva la sua piccola e paffuta manina verso di me. “No quello fortunato sono io” rispose lui. Non avrei dovuto scegliere. 
Parigi Due anni dopo. 1923.
Parigi fu un sogno. La torre, le vie romantiche,   e il negozio di Coco Chanel, le specialità culinarie e Martin ed Esperanza sempre con me. I pochi mesi di lontananza divennero un anno, e poi due e... Ed eccomi qui alla mia scrivania ad accarezzarmi il pancione e a disegnare degli abiti premaman che Rigo aveva apprezzato a tal punto da volerli inserire in una collezione. Del resto anche le donne incinte hanno diritto ad un abito elegante.  Questo fu il pensiero che diede il via al mio lavoro di stilista.  Ormai il mio ventre iniziava ad assumere una certa dimensione ed Esperanza presto avrebbe avuto un fratellino o una sorellina con cui giocare. Però ero stufa dei soliti vestiti ampi  adattati per le donne incinte, che riuscivano a farti sembrare una mongolfiera ancor più goffa del 
normale. Per gioco presi carta e matita ed iniziai a disegnare un modello premaman per far vedere alla sarta quale tipo di vestito avrei voluto indossare. Il primo a vedere i miei lavori fu mio marito, che iniziò a lodare il mio talento di stilista. Io che per circa un anno e mezzo mi ero semplicemente limitata ad indossare gli abiti di Rigo e a posare. Mi convinsi che mio marito fosse poco obiettivo, per lui era perfetto tutto ciò che facevo. Ma per puro caso tra le mani di Rigo finirono i miei disegni e... A quanto pare non ero solo capace ad indossare un abito ma anche a crearlo e certamente con la mia gravidanza per qualche tempo non avrei potuto posare con abiti della mia vecchia e piccola taglia. Avrei potuto impiegare il tempo disegnando... E aspettando l'arrivo del mio secondo angioletto. Mentre stavo  disegnando, sentii la voce di Martin che rincorreva  Esperanza che camminava veloce per tutta la casa. Era evidente che nostra figlia poteva fare di lui tutto quello che desiderava. Non era capace di dirle di no, proprio come con me, del resto. Credevo proprio che avrei dovuto alzarmi e riportarli all'ordine pensai, mentre abbandonavo  la matita e accarezzavo  il mio pancione.
Fine.
   
 
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