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Autore: itsloouis_    18/09/2014    3 recensioni
-Magnus.- disse con voce tremante. –io sono metà umana e metà angelo, giusto?
-Sì.
-Un angelo dannato cos’è?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                              13. ERCHOMAI
 
 
Per Jace, vedere sua moglie così sopraffatta dallo stress era terribile. Aveva una tale voglia di stringerla forte e consolarla, ma non sapeva come fare.
Come avrebbe potuto consolarla?
Avevano trovato loro figlia da un mese appena, e le erano successe un’infinità di cose, suo fratello minacciava di distruggere tutti i Nephilim, una dei ragazzi loro affidati stava per morire nella Città Silente, e loro figlio aveva una commozione cerebrale. Come consolare una persona così? Nessuno, inoltre, poteva capirla quanto lui. Si avvicinò alla sua scrivania e le avvolse le braccia attorno ai fianchi, seppellendo il viso nei suoi riccioli rossi.
-Clary.- mormorò. –Andrà tutto bene. Vinceremo, lo sai.
-Come fai a dirlo?- la voce della donna ridotta ad un sussurro spezzato.
-Abbi un po’ di fede.- fece il marito con un dolce sorriso. Molti anni prima aveva detto la stessa cosa in una tana di vampiri, quando Clary era ancora alle prime armi. Allora erano circondati da un’orda di Figli della Notte assetati di sangue, e l’unica cosa che avrebbe potuto salvarli sarebbe stata un miracolo. Forse la situazione ora era simile.
-Jace, capisci che è molto più potente di quanto pensiamo? Ho parlato con Sean, prima. Ha detto che a City Hall i demoni erano… diversi. Più forti.
-Ma Sebastian non c’entra con i demoni. Credo più che si tratti di Lilith.
-O del figlio, di Lilith. I demoni lo rispettano, Jace.- fece notare Clary.
-Mhh…- mormorò. –Dobbiamo far allenare i ragazzi. Tanto, fino allo sfinimento. Allenarli a questa nuova forza di demoni. E allenarli nel corpo a corpo, nel caso dovessero imbattersi in qualche automa.
-Sono d’accordo.- concordò la moglie.


Sean sentì bussare debolmente alla porta, così abbandonò il coltello che stava lucidando e andò ad aprire.
Vivianne, nel suo maglione nero come i capelli, lo guardava esitante.
-Posso entrare?- sussurrò timidamente.
-Ehm, certo.- si sorprese a rispondere il ragazzo.
La ragazza entrò lentamente nella stanza, guardandosi attorno come la prima sera all’Istituto.
Sean si perse a pensare a come si era chiuso quando l’aveva vista guardare Daniel. Forse era stato un po’ eccessivo. Aveva pensato che le piacesse il suo amico, e ciò lo aveva portato ad essere acido e scontroso.
-Perché sei qui?- chiese, poi si corresse: -Cioè… scusami per come mi sono comportato con te.
-Figurati, Sean. È che non capisco il perché. Ed è proprio per questo che sono qui.
-Ho solo paura.- ammise il ragazzo.
Vivianne gli si avvicinò. –Di cosa?- sussurrò.
-Io… Non lo so. È che è tutto un casino, qui. Sebastian, gli automi, i demoni. E dobbiamo stare costantemente in pensiero per qualcuno. Da Jasmine, a Lucie. Ora anche Stephen.
-Stephen starà bene.- lo rassicurò la Cacciatrice.
-Lo so. Ma Jasmine? L’hanno trasferita. Sta male davvero. Se morisse… non so. È sempre stata scontrosa e antipatica. Lei avrebbe voluto alloggiare all’Istituto di Chicago, ma è capitata qui, per questo ci odiava tutti. Daniel in particolare. In ogni caso, se morisse…- esitò.
-Osservavo Daniel la sera che sono venuta qui.- disse Vivianne, cercando –invano- di alleggerire l’aria.
-Lo osservavo perché a Parigi alloggiano i suoi due cugini, Natalie e Jonas, i figli di Tiberius, che se non sbaglio è uno dei fratelli del padre di Daniel.
Jonas parlava del cugino con ammirazione, mentre Natalie lo disprezzava, e diceva che con il suo caratteraccio avrebbe rovesciato i Blackthorn.
Jonas, una sera, stufo dei continui insulti al cugino da parte della sorella, le urlò contro: “E allora uccidilo, no? Visto che lo odi così tanto.” Ricordo che Natalie tenne il muso per tutta la cena, poi rispose “No, non lo ucciderò. Gli voglio bene, comunque.”
-Non ti seguo.- la interruppe Sean, confuso.
Vivianne rise. –Intendo dire che, anche se le persone sono scontrose, non vuol, dire che non ci vogliano bene. A modo loro, certo. Sono sicura che tu e Jasmine non siete mai stati grandi amici, ma tu comunque le vuoi bene. Ed è normale.
-Oh.- mormorò Sean. Poi, come se si fosse reso conto solo allora delle prime parole della ragazza, chiese: -E’ per questo che osservavi Daniel?
-Sì, perché?- domandò l’altra, con l’aria innocente.
Una vocina, forte e chiara, iniziò ad urlare, con una certa insistenza: idiota! idiota! idiota! nella mente di Sean, così, rosso in viso, mormorò di nuovo: -Oh.
Vivianne scoppiò a ridere, e il Nephilim non poté fare a meno di sfoderare un dolce sorriso, mentre il peso che si era sentito sullo stomaco in quei giorni si allentava.

Lucie si svegliò sul suo letto, avvolta nel piumone bianco e nei morbidi cuscini.
Fece per alzarsi, mentre immagini della sera precedente si ripetevano nella sua mente. Daniel che la prendeva e la baciava delicatamente, che l’accarezzava, che le sussurrava… quelle parole. Si accorse di stare ancora sorridendo quando si ritrovò davanti allo specchio del piccolo bagno.
Per una volta, si concesse qualche secondo in più per osservarsi.
I suoi occhi grigi erano dotati di una luce che gli altri giorni non c’era. Il viso appariva più dolce, gli occhi più grandi, le sopracciglia meno arcuate. Era rilassata. E il suo sguardo era pieno di gioia.

Steve si risvegliò con un dolore lancinante alla testa e i curiosi occhi di Catarina che lo fissavano.
-Ottimo.- la sentì dire a qualcuno. –Come pensavo, semplice commozione cerebrale.
-Stai dicendo che non eri certa che si svegliasse?!- gridò Alec.
-Non urlare! Gli farai aumentare il mal di testa!- urlò a sua volta la strega.
Steve rise. –Grazie ad entrambi.- fece, ironico.
Alec gli teste il pugno, su cui il ragazzo fece battere il suo.
-Prova ad alzarti, mini-Jace.
Non era la prima volta che suo zio lo chiamava così. A detta sua, era perché si cacciava in qualche casino un giorno sì e l’altro pure, come faceva suo padre alla sua età.
Steve si guardò lentamente attorno, sul letto accanto al suo sedeva Tessa, intenta a leggere un libro, e quando si accorse di Steve, lo guardò e gli sorrise.
Si mise lentamente a sedere, la testa gli doleva ancora, ma ora non era niente di insopportabile. Prese lo stilo dal comodino e si tracciò un iratze al volo, che alleviò il dolore.
Cauto, si alzò e sentì il sangue defluirgli dalla testa. Per poco non svenne, ma si riprese in fretta. Fece qualche passo, poi si sentì di nuovo in forze, e la sua mente migrò verso il pensiero che lo assillava da settimane.
Alex.
Si girò di scatto: -Zio, dov’è Alex?- chiese ad Alec.
Quest’ultimo lo guardò con un misto di stupore e… compassione? Steve pensò che doveva essersi sbagliato. Dopotutto, si stava ancora riprendendo dal trauma cranico.
-Ehm… credo nella sua stanza.- rispose lo zio.
-Grazie. E… Lucie?
-Anche lei nella sua stanza.- fece Alec, con un sorriso dolce.
Steve si precipitò nel corridoio di Alex come una furia.
Il dolore alla testa era passato, e l’iratze sembrava avergli dato più energia.
Bussò freneticamente alla sua porta, deciso a rivedere i suoi gioiosi occhi azzurri.
-Steve, che ci fai qui?- chiese Vivianne, comparsa dietro di lui.
-Oh, ciao, Vivianne. Sto cercando Alex.
-Non è in camera, è uscita dall’armeria poco fa, ma non so dove fosse diretta.
-Oh. Beh, grazie!- disse allegro il ragazzo, lasciandosela alle spalle e correndo verso l’atrio.

Lucie bussò due volte alla porta di Daniel, ma, non ricevendo risposte, si diresse in infermeria. Voleva andare a trovare Steve con Daniel, ma evidentemente lui si era già avviato.
Mentre svoltava l’angolo, s’imbatté proprio in suo fratello che, correndo, le cadde addosso.
-Steve!- esclamò lei.
-Ehi, ciao, sorella!- fece il fratello. Era particolarmente allegro.
-Come mai così felice?- chiese Lucie.
-Non lo so, in realtà, mi sento in preda ad una strana ebbrezza. Volevo vedere Alex, sai dov’è?
Lucie rise sotto i baffi. Dannata Legge dei Cacciatori.
-Non l’ho vista, ma qui c’è solo la stanza di Daniel.
-E tu perché… oh.- ragionò Steve, improvvisamente serio.
Lucie scoppiò a ridere. –Tranquillo, fratellino. Credo sia cambiato.
-Si cambia da un giorno all’altro?- ribatté lui. L’allegria di poco prima improvvisamente svanita.
-Steve, sta tranquillo. Non mi ha mica portata a letto.- disse Lucie, incrociando le braccia come una bambina.
-Cosa?- domandò sbigottito il ragazzo.
-Mi ha baciata. Ieri sera.
-E basta?
-E basta.
-Per l’Angelo. Sei davvero una presenza miracolosa in questo istituto.
Lucie stava ancora ridendo quando sentirono dei rumori provenire dalla stanza di Daniel.

Vivianne, dopo essersi incontrata con Steve ed essere passata in camera a cambiarsi, entrò nella sala degli addestramenti e si diresse in armeria.
Doveva schiarirsi le idee, e lanciare qualche chackram sarebbe sicuramente stato d’aiuto.
Lì dentro, chino a lucidare una lama angelica, trovò Sean.
Senza accorgersi di star sorridendo, si avvicinò lentamente e si sedette di fronte a lui.
Osservò come i capelli gli cadevano sulla fronte in un groviglio spettinato, e come la stessa fronte fosse aggrottata per la concentrazione. Notò come i muscoli del braccio si tendessero sotto la maglietta ogni volta che si muoveva per strofinare la lama. Si stava mordendo il labbro inferiore, e Vivianne si costrinse a non guardare.
-Hai una qualche ossessione sul lucidare le armi?
Il ragazzo sembrò accorgersi allora della presenza di lei, e si rizzò a sedere, cercando goffamente di ricomporsi.
-Ehm, Vivianne, ciao.
La ragazza ridacchiò, poi: -Vuoi allenarti un po’?
-Sì, l’idea era questa, ma poi ho visto che Daniel non ripulisce mai le sue lame angeliche.
-Oh, capisco. Beh, non ti disturbo, allora. Prendo un paio di chackram e me ne vado, mh?- fece, voltandosi verso la parete.
-Posso vedere come tiri?- chiese Sean. –Voglio dire, ti ho visto alla stazione, ma ero troppo impegnato ad arrabbiarmi perché eri più forte di me, quindi vorrei guardarti con più attenzione.
Il fatto che avesse usato la parola “guardarti” fece correre un brivido lungo la schiena della ragazza, che si voltò raggiante.
-Va bene.- acconsentì, entusiasta. –Ma sarò sempre più forte di te, mi dispiace.- affermò, con finta superbia.
Sean scoppiò a ridere, e Vivianne rischiò di perdersi in quel suono meraviglioso. Oh, per l’Angelo. Che cosa pensava?
-Non credo, sai?- fece il ragazzo dopo essersi ripreso.
Aprì la porta, e Vivianne lo aspettò sulla soglia mentre accendeva la luce.
E in quel momento, la ragazza lo sentì.
Sentì l’orrore impadronirsi di lei, e, nel silenzio agghiacciante, lo sentì impadronirsi anche di Sean. Un urlo strozzato, misto ad un singhiozzo represso e profondo uscirono dalla gola del ragazzo, vedendo la scena di fronte a lui.
Vivianne, invece, non gridò. Si coprì la bocca con una mano, e con l’altra prese la spalla di Sean, forse per sorreggerlo. O sorreggersi.
Un altro singhiozzo lo scosse, poi urlò, con la sua voce bassa, a squarciagola.

Lucie moriva dalla voglia di scoprire cosa stesse succedendo nella stanza del suo… beh, di Daniel. In silenzio, con Steve al fianco, si avvicinò alla porta e vi poggiò l’orecchio contro.
Gemiti, e lamenti, e urla represse.
Guardò con terrore il fratello, ma sembrava scosso, con lo sguardo perso nel vuoto.
Lottò con tutte le sue forze per non toccare la maniglia. Sicuramente, chiunque ci fosse lì dentro, aveva chiuso la porta a chiave… ma cosa pensava? Probabilmente quelle urla erano di Daniel e di qualcun altro dell’Istituto. Doveva pensare, sfondare la porta.
-Lucie.- chiamò il fratello, con voce debole. –Credo, credo di aver avuto una visione.
-Cosa?- chiese lei. –Steve, sul serio. Quelle urla lì dentro…
-Ho visto una runa.
-Una runa?- ripeté la sorella.
-Sì, ma non di quelle del libro Grigio. Né di quelle che fa la mamma. Una diversa, nuova.
A Lucie girava la testa. Prima le urla di Daniel, poi suo fratello che diceva di vedere rune nuove. Si sedette a terra, accanto a lui.
-E cosa senti?- chiese, sentendosi stupida. Che diavolo di domanda era?
-Distruzione. È distruttiva. No, non distruttiva, esplosiva.- riprese a parlare con entusiasmo, e in un batter d’occhio cacciò lo stilo dalla cintura.
-La farò sulla porta, così la sfonderemo.
Un urlo maschile, terrorizzato ed incredibilmente agghiacciante si stagliò nel corridoio, portando, per un attimo, il silenzio assoluto. Poi, Lucie sentì, ricominciarono i lamenti nella stanza di Daniel. Un gemito, più altro degli altri, fece capire alla ragazza che tra i torturati c’era Magnus.
Senza darle tempo di pensare, Steve la prese con una forza disumana il polso e la trascinò lungo il corridoio, giù per le scale.
-Daniel!- urlò, divincolandosi dalla presa ferrea del fratello.
-Lasciami, Steve!- ordinò.
Questo si voltò, rivelando due occhi iniettati di sangue. –Lucie, non posso. Avresti bisogno d’aiuto in quella stanza ed io non posso dartelo. Continuo a vedere rune. Tutte diverse. Mi gira la testa, ti prego, seguimi. Al piano di sotto ci sono gli altri.
-Non Daniel! E nemmeno Magnus! Sai che quell’urlo era suo.- ribatté la sorella in preda al panico.

Clary e Tessa si sorreggevano a vicenda, mentre osservavano quello spettacolo raccapricciante nell’armeria.
Sean sembrava un morto vivente. Stava in piedi, bianco come uno straccio, e con lo sguardo fisso su quella cosa.
Vivianne, premurosa, gli mise una mano sulla spalla, mentre gli sussurrava all’orecchio qualcosa che Tessa non colse.
Qualche minuto, e la sala degli addestramenti fu riempita dai Cacciatori.
Jace, non appena se ne accorse, spalancò gli occhi e si portò una mano davanti alla bocca.
-Per l’Angelo.- mormorò.
Alec ed Isabelle ebbero la sua stessa reazione, e poco dopo di loro fecero il loro ingresso i piccoli Herondale.
Steve sembrava essere sul punto di vomitare. Aveva il viso smorto, e gli occhi verdi erano iniettati di sangue. Lucie, non appena realizzò cosa stesse guardando, gridò. Gridò moltissimo. A Tessa si strinse il cuore. Non aveva mai visto niente del genere, prima. Per lei era tutto così nuovo.
La giovane Cacciatrice scoppiò a piangere.
-Che significa tutto questo?!- urlò, tra i singhiozzi.

Lucie ormai non vedeva più bene a causa delle lacrime, e ne fu grata.
Era entrata in quella stanza già fin troppo frustrata dalle grida di Magnus.
Tuttavia, sapeva che niente, niente in un milione di anni, le avrebbe mai fatto dimenticare la scena che si era ritrovata davanti una volta nella sala degli addestramenti.
I sacchi da pugilato erano rotti ed il loro interno di gommapiuma era sparso sul pavimento, allagato di sangue. Sangue umano. Nel centro della stanza, dal soffitto, pendeva una catena, alla quale era attaccata Jasmine. O meglio, ciò che ne rimaneva. Il suo corpo, esile e nudo, era ormai ridotto in brandelli. Solo il suo viso era distinguibile. I capelli color mogano erano accuratamente intrecciati.
Sul muro dietro di lei, scritto con il suo sangue, si leggeva Erchomai.
Quel poco che aveva studiato l’aiutò a capire.
Erchomai.
Sto arrivando.




Ciaaaaaaao, bellissimi!
Alloraaaa, che ne pensate? Scusate se ci ho messo tanto a pubblicare, ma tra la fisioterapia, i professori che già danno i compiti (che ansia.) e il fatto di volerlo scrivere il meglio possibile mi hanno portato ad allungare un po' i tempi.
Fatemi sapere che ne pensate!
Ps. amo Chris Evans. Sì, lo so. L'ho scritto anche nell'altro capitolo. Ma capitemi. Cioè. Lo amo.
Okay, la smetto.
Bacioni!
itsloouis_
   
 
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