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Autore: Ibizase80    18/09/2014    2 recensioni
"Io…voglio la tua felicità, Oz. Che tu riesca, di nuovo, a far apparire quel sorriso luminoso nel tuo volto, un sorriso che ti invada di gioia, e che invada di gioia chiunque ti stia accanto."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oscar Vessalius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: salve a tutti!
Dopo la pausa estiva (e dopo l'acquisto del numero 20 di Pandora Hearts uh uh) ho deciso di scrivere questo.
Il perchè precisamente non lo so. Ma so che ho pensato tanto, ma tanto a una cosa simile, e che il personaggio di Oscar sia fantastico, commuovente, davvero sottovalutato.
Perciò gli ho dedicato...questo. 
Qualsiasi critica sarà ben accolta! 
Alla prossima! 
Elisa




Lui.
 
Lui era stato il mio nuovo inizio. La mia seconda possibilità.
Con quegli occhi vispi, che osservavano tutti con curiosità.
Con quei capelli biondi, biondissimi, che si muovevano al vento.
 
Era piccolo, piccolo e innocuo.
Era piccolo e innocuo, quel bambino. Il figlio di mio fratello.
Il mio nipotino.
Quel figlio che mio fratello tanto odiava.
Quel figlio che avevo tanto desiderato, e non avevo avuto.
Quel figlio che non ero riuscito ad amare.
 
All’inizio non capivo. Quando mi veniva accanto, e mi appoggiava le mani sulle gambe.
E mi guardava. Con quegli occhi enormi, quegli occhi gonfi di malinconia.
Desiderava solo affetto. Non era colpa sua.
Lo sentivo. Non lo era mai stata.
 
Quando lo appoggiavo sulle mie gambe, la sua gioia esplodeva.
Sentivo il suo cuore iniziare a battere, sempre più forte, e su quel piccolo paffuto visino si materializzava un sorriso. Un sorriso luminoso, bellissimo.
Che nessuno avrebbe compreso fino in fondo.
E ogni volta che vedevo quel sorriso…il mio cuore, ogni millimetro del mio corpo…
Ero gonfio. Ma non di odio.
Quel bimbo, il mio nipotino, aveva bisogno di affetto.
 
Ma io non ero in grado di regalagliene.
Tutto il bene che gli volevo, che avrei dovuto dargli.
Non ero in grado.
 
Come quell’oggetto. Quello con cui avrei dovuto immortalare tutta la mia gioia.
Tutto il mio amore.
Non ero in grado di utilizzarla.
Dovevo solamente premere un pulsante.
Eppure, non avevo il coraggio di farlo.
Quell’arnese era tutto per me. Ma era inutile, senza le persone, la persona, che riuscisse ad animarlo. E per questo piangevo lacrime amare.
Nessuno ci sarebbe più riuscito.
Perché tenere quello, l’oggetto della mia sofferenza?
Volevo sbarazzarmene. Volevo toglierlo, averlo lontano da me, non volevo soffrire così, ogni giorno, ogni giorno della mia vita con quel pensiero. Quel pensiero fisso.

 
- . - .
 
“Disfatevene. Non c’è bisogno di averla qui.”
La lasciai sopra la pila di fogli della scrivania. Non avrebbe dato fastidio.
Me ne andai, senza pensare a nulla. Se non al sollievo che avrei provato nel buttarla.
Sarei stato felice. Libero.
Libero da quell’enorme peso.
 
“Signor Oscar, Signor Oscar! Il piccolo Oz….”
Alzai gli occhi incredulo. Non poteva essere vero.
 
Tutto questo per…?
 
Corsi. Corsi il più veloce possibile, con tutto il fiato che avevo in corpo.
Era lì.
Il suo viso paffuto.
Gli dissi che non avrebbe dovuto farlo. Si sarebbe potuto far veramente male. E non me lo sarei mai perdonato. Perché anche se non era mio figlio, anche se non era il figlio di mio fratello,
io lo amavo.
Ma non riuscivo a dirlo.
Vedevo il suo viso paffuto diventare rosso, i suoi occhi vispi gonfiarsi di lacrime, lacrime amare, proprio come le mie.
Avrei dovuto abbracciarlo. Asciugargli quelle lacrime, prendergli le sue manine, e dirgli che andava tutto bene.
Che io ero lì, con lui. Che non era solo. Come io non ero solo.
Eravamo insieme.
Stavamo soffrendo insieme.
Lui voleva solo affetto.
 
Ma non riuscii a farlo. Scappai via, come un bambino alla ricerca della mamma, che cerca solamente un bacio, una carezza, per stare meglio.
Scesero ancora. Quelle amare, amarissime lacrime.
Gli occhiali si appannavano, mentre io continuavo a chiudere il mio cuore.
Il mio cuore gonfio di orgoglio.
 
Voleva solo affetto. Come me.
Ma non era in grado di spiegarlo. E nessuno lo avrebbe creduto.
Per chiunque.
Era vuoto.
Era una marionetta. Una piccola marionetta nelle mani di un astuto burattinaio.
 
Ma Oz. Oz non era una marionetta. Non era un’ insignificante  bambola.
Lui. Lui aveva bisogno di me.
 
E io lo avrei amato. Avrei fatto quello che tutti evitavano di fare.
 
Io. Io avevo bisogno di lui.
 
- . - .
 
Lo guardai.
I suoi occhi erano assenti.Il burattinaio aveva manovrato la sua marionetta fino a renderla incapace di intendere né di volere.
 
Ma io lo sapevo.
Anche se il suo viso non era più paffuto, i suoi occhi non più enormi, le sue mani non più piccine…lui aveva ancora bisogno di me.
 
Io…voglio la tua felicità, Oz. Voglio che tu sia felice. Che tu riesca, di nuovo, a far apparire quel sorriso luminoso nel tuo volto, un sorriso che ti invada di gioia, e che invada di gioia chiunque ti stia accanto. Proprio come hai fatto con me.
Che questa non sia una maledizione, per te e per chi ti accompagna nel tuo viaggio.
 
Questa volta, il mio cuore è colmo di gioia.
Queste sono le cose che avrei voluto digli molto tempo fa.
E vedo te, il tuo viso, colmo di lacrime.
 
- . -
 
Corriamo. Corriamo con tutto il fiato che abbiamo in corpo.
 
Ma io gemo, e tutto intorno a me si ferma.
 
Vedo sangue scendere, colare, e tu sempre più lontano.
Allungo la mano, la mia mano destra.
 
Ti vedo sparire, lentamente.
 
Ora non sei più solo. Lo senti, ora, il mio amore?
Sei il figlio che non ho mai avuto.
E sono fiero di te.
 
E quando vedo Zai apparire avanti ai miei occhi, non posso fare altro che continuare a volerti bene.
 
Sono fiero di te. Figliolo, abbi cura di te, e non avere paura: non sei solo.
 
E sono in questo momento riesco a rendermi conto di non vedere più nulla, ma di avere il cuore pieno di…il cuore pieno di gioia.
E sorrido.
E spero sia davvero uno di quei sorrisi che tanto adoravo, che tanto desideravo riavere.
Perché ora sono felice.
 
Per te, Oz.
  
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