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Autore: syontai    19/09/2014    5 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 54
Fuga in miniatura

Nonostante la spiegazione dettagliata di Andres al riguardo Lena continuava a non capire. O forse quelle erano troppe informazioni per un solo giorno: solo qualche minuto prima aveva saputo che la sua amica non apparteneva a quel mondo e adesso veniva fuori che la Regina Bianca aveva indicato Violetta come colei che avrebbe deciso le sorti del Paese delle Meraviglie. Il suo primo pensiero fu che erano tutti e tre pazzi. Più Andres, che era il loro capo, andava avanti con il racconto più se ne convinceva. Voltandosi però verso l’amica notò che era incredibilmente seria. Non poteva davvero credere a quell’infinita quantità di bugie! E allora perché non ribatteva? Perché ascoltava in silenzio?
“...e questo è il motivo per cui siamo qui. Abbiamo bisogno di quella spada, così come abbiamo bisogno di te, Violetta”.
“Ma probabilmente si tratta di un’altra ragazza che si chiama Violetta!” si intromise Lena, senza riuscire a tacere.
“Non ne conosciamo molte che vengono da un altro mondo”. Dj non aveva saputo tacere di fronte alla risposta della biondina. Portò una mano sulle tempie e chinò la testa di lato, cercando di capire in che modo avrebbero dovuto agire d’ora in poi. Il piano era cambiato perché non potevano lasciare quella serva a piede libero: avrebbe potuto raccontare tutto. Portarla con loro avrebbe costituito un ulteriore rallentamento, ma nessuno di loro aveva abbastanza fegato per metterla a tacere. In fondo era un’innocente che aveva saputo più del dovuto.
“D’accordo, verrò con voi”. La voce di Violetta risuonò chiara alle orecchie del mago, che strabuzzò gli occhi, sorpreso. Non si aspettava tanta accondiscendenza, in realtà si aspettava una marea di domande e un diniego a primo impatto. Forse Violetta sapeva più di quanto non desse a vedere. “Ma prima devo essere sicura che una persona sappia della mia partenza”.
“Non abbiamo altra scelta, dobbiamo fuggire stanotte! Il serpente è più debole e l’assenza di Thomas verrà avvertita a lungo andare” disse Maxi, ottenendo dei cenni di assenso da tutti, tranne da Lena, ancora troppo sconvolta, Thomas, che ancora non stava capendo nulla del suo ruolo in tutto quello, e Violetta, persa nei suoi pensieri. Nei suoi occhi si leggevano incertezza e paura: quanto tempo sarebbe passato prima che Jade l’avrebbe fatta eliminare? Non si fidava della parola della regina, non si sentiva al sicuro in quel posto senza Leon. Ma come poteva lasciarlo quando gli aveva promesso che l’avrebbe aspettato?
“Gli scriverò una lettera e la lascerò in un posto al sicuro in modo che solo lui la possa trovare” esclamò Violetta decisa.
“D’accordo, direi che non possiamo impedirti di salutare le persone a cui tieni” la rassicurò Andres.
“Ho un’altra condizione: Lena e Thomas verranno con me”. A quelle parole per poco a Maxi non venne un colpo, mentre il loro capo non batté ciglio, come se si aspettasse una richiesta del genere. Era una ragazza fedele agli amici, non era difficile capirlo.
Lena si avvicinò a Violetta terrorizzata. “Tu vuoi fidarti di loro? Io-io...ho paura. Non so se è un bene che io venga con te. Forse dovresti lasciarmi qui e...” le sussurrò all’orecchio con discrezione, senza però smettere di fissare la cicatrice di Andres, che se prima le era apparsa tanto affascinante adesso le incuteva timore. “Scordatelo! Ho paura di quello che potrebbe farti Jade dopo la mia fuga. Potrebbe pensare che tu sappia dove sono diretta e magari arrivare a torturarti. Non posso permetterlo”.
“Avrete bisogno di me per scappare da qui...sono l’unico a conoscere il modo” borbottò il Bianconiglio, indicando con lo sguardo le corde. Maxi lo slegò dopo qualche minuto e il moro si alzò, stiracchiandosi.
Violetta si disinteressò completamente di quello che si stavano dicendo in quel momento, la sua attenzione era attirata da una pergamena posta su un piccolo scrittoi tra i due letti. Si sedette sulla brandina e prese la piuma d’oca appoggiata, intingendola poi nel calamaio posto sull’estremita. Lena le aveva insegnato a scrivere con l’inchiostro e all’inizio non era stato per niente facile, anzi...più volte aveva finito per fare dei pasticci illegibili, ma adesso ci aveva preso abbastanza la mano. Un fiume di parole riempì la pergamena bianca, rassicuranti, tenere, forti, insicure. Nessun lato di quello che provava in quel momento veniva tenuto all’oscuro. In fondo quella lettera era indirizzata a Leon e con lui sapeva di dover essere sempre sincera. Una volta finita deglutì a fondo e gli diede una rapida riletta, poi si rivolse agli altri che non si erano nemmeno accorti di quello che stava facendo, a parte Maxi forse, che la guardava di tanto in tanto con apprensione.
“Io vado...appena ho finito torno”. Andres annuì e questo fu come un lasciapassare per tutti. Violetta uscì dalla stanza, seguita da Dj che non voleva rischiare le succedesse qualcosa di male proprio ora che l’avevano trovata e convinta a seguirli.
Nella biblioteca conobbe Humpty Dumpty e subito gli fu simpatico. Era un uomo, o un uovo a seconda dei punti di vista, saggio e spiritoso. Ma soprattutto era leale e fu per quello che Violetta gli rivelò tutto. “Hai ragione a voler fuggire...riferirò tutto a Leon”.
“So che lo farai” gli sorrise Violetta, poi mostrò la lettera, ancora aperta, e la ripiegò sotto i suoi occhi. “Ma ho bisogno che Leon legga ciò che ho da dirgli”. Inutile dire quanto quelle parole sconvolsero il mago. Del principe Vargas erano giunte parecchie voci, alcune dal caratteristico sapore di leggenda, ma nessuna di queste era rassicurante. Leon portava la morte dove indicava con la punta della spada, eppure quei due ne parlavano come se fosse una persona...normale. A costo di sbagliarsi di grosso, credeva anche che tra Leon e Violetta ci fosse qualcosa di più che un rapporto di conoscenza o di amicizia, lo capiva dal suo sguardo angosciato e dal fatto che ci tenesse tanto che quella lettera raggiungesse il suo destinatario. “La lettera sarà al sicuro” esclamò l’uomo-uovo aggirandosi tra gli scaffali fino a prendere un libro. Lo aprì e vi mise dentro il messaggio di Violetta per poi richiuderlo e rimetterlo a posto. “Nessuno si avvicinerà a questo libro senza il mio consenso...ma non credo che ce ne sarà bisogno. Non si verrà a sapere”.
Una delle sentinelle però aveva sentito tutto, appiattita alla parete appena fuori dalla biblioteca. Sebbene le porte fossero chiuse infatti era riuscito ad origliare la conversazione e non poté fare a meno di pensare alla lungimiranza di Jade. Aveva capito che la ragazza avrebbe provato a fuggire ed era pronta a sfruttare la mossa a suo favore.
Ma le trame della regina di Cuori non erano visibili agli occhi di Violetta e degli altri; quest’ultima poi era sicura che Leon, non appena venuto a conoscenza della sua missione, l’avrebbe cercata per aiutarla e combattere al suo fianco. Per Jade non c’era più alcuna speranza, il regno che aveva messo in piedi basandosi sulla paura e la tortura era destinato a crollare per mano del suo stesso figlio, ne era convinta. Lasciarono la biblitoeca a cuor leggero, ma il pensiero di quello che li attendeva la notte stessa non li sollevava.
“Thomas ci ha detto che il serpente viene nutrito a mezzanotte in punto...noi per quell’ora dovremo essere fuori dal castello. Quindi dobbiamo prepararci a scappare. Violetta, sarò sincero con te...Lena e Thomas potranno venire con noi, ma se dovessero trovarsi in difficoltà noi non torneremo indietro per aiutarli. Siamo qui per te e per la spada. La missione è più importante di tutto” disse il mago.
“Non ce ne sarà bisogno, filerà tutto liscio” replicò Violetta, fingendosi sicura per i suoi due amici, ma in realtà dentro aveva paura per quello che sarebbe potuto andare storto. Troppe incognite, troppe incertezze, e affidarsi al caso non era proprio il suo forte. Ma di una cosa era sicura: non avrebbe lasciato nessuno indietro. Nessuno.
La serata trascorse in silenzio nella camera di Dj, Andres e Maxi. Thomas ripassava i turni di guardia e la via di fuga ideata, che si basava su un vecchio passaggio segreto, che aveva scoperto essere proprio nei pressi del padiglione sul lago. Dj invece prendeva respiri profondi e guardava in direzione del Bianconiglio come se da un momento all’altro lui stesso potesse trasformarsi nel serpente a guardia della spada. Lena era quella più in disparte di tutti, non guardava nessuno, non aveva voluto nemmeno toccare cibo.
“Sai che dopo aver preso la spada dovremo andare nel castello di Quadri? La nostra missione non finisce così” esclamò Maxi, sedendosi accanto a Violetta sul letto.
“Me ne ha parlato Dj” rispose secca la ragazza, mordendosi il labbro inferiore, lo sguardo rivolto verso il cipollotto d’oro che Thomas aveva in mano. Maxi si incantò di fronte a quel gesto tanto semplice. Quelle labbra gli ispiravano dolcezza e morbidezza, gli ricordavano i fiori di pesco che crescevano vicino alla casa dove era vissuto. Con una morsa nello stomaco alle delicate immagini dell’infanzia si sostituì la crudezza di un presente dove sua madre e suo nonno non erano presenti. Andres e gli altri ormai erano la sua famiglia e per loro avrebbe fatto di tutto, perché si senteva in debito. In quel preciso istante Andres diede un colpo di tosse e quello significava solo una cosa: era giunto il momento. Avrebbero rischiato la vita per prendere un prezioso oggetto e sperare di porre così fine a una guerra che stava devastando il Paese delle Meraviglie. I propositi erano nobili, ma guardando in faccia alla realtà aveva solo terribilmente paura, come tutti là dentro.
“Sei ancora in tempo per cambiare idea”. Andres si rivolse a Lena, che si fece esitante di fronte a quella possibilità. Ma poteva davvero tutto tornare come prima? La sua amiciza con Violetta non l’avrebbe permesso. Chissà che cosa avrebbe fatto la regina Jade per vendicarsi su di lei...avrebbe potuto punirla per la faccenda del vestito, o chissà per cos’altro. No, quel posto non era più sicuro per lei. Scosse la testa, sebbene con una nota di incertezza, e rispose con voce tremante. “Io vengo”. Andres annuì e le mise un braccio dietro la schiena, trascinandola fuori dalla stanza. Non era ancora notte fonda, ma il castello era già silenzioso e i corridoi completamente deserti. Lentamente si diressero nella biblioteca e l’ultimo ad entrare richiuse la porta cercando di non fare il minimo rumore. Violetta gettò un’occhiata nervosa verso uno scaffale e tirò un sospiro di sollievo nel riconoscere la copertina del libro in cui si trovava la sua lettera. Quando si voltò di nuovo verso i suoi compagni però rimase a bocca aperta: dove prima si trovava una libreria c’era l’entrata di un passaggio stretto scavato nella pietra.
“Forse è meglio che voi due ci aspettiate qui...” esclamò Andres, indicando lei e Lena. “Non appena saremo usciti di qui, dovremo essere molto veloci”. Detto questo, insieme ai suoi due compagni con l’aggiunta di Thomas si addentrò nel cunicolo.
Il Bianconiglio al suo fianco tremava. Sicuramente quel posto non era per lui piacevole, doveva essere una sorta di incubo. Gli aveva detto che quel serpente si nutriva del suo sangue, il sangue di un’antica creatura magica che era pura magia e per questo non poteva essere scalfito da essa. Dj non aveva ancora elaborato un piano, ma era certo che Thomas fosse la chiave di tutto. In qualche modo sarebbero riusciti a servirsene per recuperare la spada.
Il sibilo del serpente divenne di nuovo l’unico suono perfettamente distinguibile, tutt’intorno il nulla. La luce li abbagliò e per poco Andres non inciampò in un oggetto per terra, posto all’ingresso. Abbassò lo sguardo: si trattava di una grossa siringa dall’ago lungo e acuminato. Gli diede un calcio ed essa finì in fondo alla parete. “Immagino che non abbiamo nessun piano” disse rivolgendosi al mago, che rispose con un sorrisetto nervoso, pietrificato dallo sguardo ipnotico del cobra maestoso, che fissava i nuovi arrivati con interesse. La sua luce era più fioca ma rimaneva comuque accecante e bastava semplicemente l’imponenza del custode a incutere timore.
“Che devo fare, distrarlo?” domandò il Bianconiglio, sebbene la sua stessa idea non lo allettasse affatto.
“E io nel frattempo provo a prendere la spada, d’accordo, procediamo!”. Maxi non attese nemmeno il via e si lanciò di corsa verso il serpente che mimò una smorfia divertita e fece uscire la lingua biforcuta sibilando. Alla sua destra Thomas avanzava con lo sguardo terrorizzato, affiancato da Dj che si teneva pronto a lanciare qualche incantesimo di evenienza e Andres, che aveva sguainato un pugnale, sebbene fosse inutile contro un mostro incorporeo. Il serpente non tolse gli occhi di dosso da Maxi e nel frattempo mosse la coda colpendo Andres e gli altri: fu come se una tonnellata di pietra gli fosse stata scagliata sullo stomaco, quasi non riusciva a respirare a causa dell’impatto e si accasciò a terra insieme al mago, mentre Thomas sembrava stranamente illeso. “Che cosa è successo?” strillò, appiattendosi alla parete. Andres si tirò in piedi a fatica, tenendosi lo stomaco con le mani. Gemette e digrignò qualcosa tra i denti. “A te non ha fatto nulla?”. Il Bianconiglio scosse la testa terrorizzato. Dall’altra parte della stanza, Maxi lottava con le unghie e con i denti per avanzare, ma oramai le gambe non resistevano più, quindi cedette inginocchiandosi. Provava un senso di fastidio perfino nel dover respirare. Sambrava la scelta migliore quella di accasciarsi a terra e rimettersi alla volontà del cobra, ma le urla disperate di Thomas non gli permettevano di mollare. Era troppo facile mollare e lui finora aveva sempre preso la strada più difficile. Si rimise in piedi a fatica e non potè non leggere una traccia di scherno nelle pupille dilatate del serpente, che abbassò il capo fino a che la punta della lingua non raggiunse il viso di Maxi, il quale rimaneva fermo, immobile.
“Vuoi farmi fuori? Accomodati, perché io non me ne vado senza quella spada” mormorò con voce spezzata il ragazzo. Andres si trascinò al suo fianco: “Siamo in due allora”.
“Questi stupidi atti di eroismo...” borbottò Dj sputando sangue mista a saliva mentre si metteva alla sinistra di Andres. Aveva un braccio rotto e qualche costola stava dando segno di cedimento, ma finché riusciva a reggersi in piedi avrebbe cercato di proteggere i suoi amici. Il Pactio che c’era dietro non c’entrava più nulla: per un motivo o per un altro provenivano tutti da un passato doloroso da cui volevano fuggire. Non era più solo e soprattutto aveva uno scopo.
Il Bianconiglio rimase appiattito guardando i tre eroi fronteggiare il serpente, ma era chiaro che avrebbero ceduto a breve. La loro linfa vitale fluiva via sempre più velocemente, e lui non sapeva che fare. Il cobra si preparò ad attaccare, ma Maxi scartò di lato e le fauci affondarono nel pavimento creando una scossa in tutta la stanza. Dj formulò ad alta voce incantesimi di protezione, visto che non poteva fare altro. Sembrava quasi stessero combattendo contro l’aria, con la differenza che loro potevano essere colpiti, mentre lo spettro rimaneva illeso. Eppure lui non si sentiva più debole, era solo paralizzato dalla paura, ma per il resto sembrava immune dagli effetti mortali della creatura. Approfittando del fatto che Maxi e gli altri stavano cercando di fronteggiarlo testa a testa si avvicinò lentamente arrivando a sfiorare con la mano il corpo del serpente gigante, avvolto intorno alla teca. E proprio come se si trattasse di aria riuscì ad attraversarlo, ritrovandosi di fronte alla spada di Cuori con sua enorme sorpresa. Il serpente non si era minimamente della sua presenza, come se fosse invisibile ai suoi occhi. O forse lo era davvero. Rimosse uno dei quattro vetri della teca argentata e afferrò la spada. Subito avvertì una forte scossa lungo tutto il braccio che si diramò nel resto del corpo attraverso piccoli brividi. Gli occhi scintillarono dorati, riflettendo l’aura che si diffondeva dalla lama perfetta e liscia. Quando la sollevò in aria fu come se tutto il potere del mondo si fosse concentrato sulla punta; la agitò appena in aria e lame argentate si scagliarono intorno alla stanza, andando a scavare le pareti in profondita. Il cobra si voltò, sconvolto dal fenomeno, ma non riconobbe un ladro, bensì qualcos’altro. Abbassò il capo per fiutarlo e ad una sola occhiata torva del Bianconiglio si acciambellò intorno alla teca, sebbene il suo contenuto fosse stato rubato.
“E’ in grado di controllarlo...ed è perfino immune alla sua magia!” esclamò Maxi, arretrando con l’affanno, fino a lasciarsi cadere a terra esausto.
“La magia del sangue...tanto piena di incognite. Penso che il serpente lo riconosca come colui che gli ha dato la vita. Il fatto che la magia del custode non abbia effetto su di lui deriva proprio dal fatto che il suo sangue ne è immune. Una magia contorta che però ha mostrato di avere un punto debole” spiegò il mago, sorpreso di avere ancora fiato per parlare. “Adesso arriva la parte più difficile, dobbiamo lasciare il castello” li esortò Andres, facendo un cenno a Thomas di raggiungerli. Il ragazzo arrivò, incredulo del fatto che stesse reggendo tra le mani un oggetto tanto prezioso. I suoi occhi erano tornati azzurri, ma dentro sentiva ancora la forza e la rabbia della spada. I quattro percorsero il più velocemente possibile il corridoio e uscirono a fatica. Non appena Violetta li vide sporchi, polverosi, con del sangue che gli usciva dalle ferite sul viso ebbe un tuffo al cuore. Per fortuna erano tutti vivi.
“Dobbiamo andare!”. Lena si avvicinò a Dj, aiutandolo a camminare mettendogli un braccio intorno alle spalle, mentre Andres e Maxi sembravano essere in grado di riuscire a farcela da soli. Quando però raggiunsero le scale videro che un numeroso manipolo di sentinelle si era stabilito proprio di fronte all’ingresso e sembrava li stesse aspettando. Rimasero nascosti dietro la parete, ma altre vie di uscite non c’erano e non erano nelle condizioni di affrontare tutte quelle guardie, che avrebbero trovato sicuramente il modo per dare l’allarme agli altri. Ma aspettare lì non era possibile: si avvicinava inesorabilmente la mezzanotte e avrebbero scoperto del furto della spada.
“Per il tuo Noncompleanno. Mi raccomando conservalo con cura, potrebbe esserti utile!”. In quell’istante le risuonò in testa la frase di Beto quando le aveva consegnato il fungo, che portava sempre con sè dopo il consiglio di Camilla. Lo tirò fuori dalla tasca e lo osservò con un po’ di timore. Non capiva in che modo potesse esserle utile, se non mangiandolo. Guardò gli altri e poi prese un respiro profondo: forse l’avrebbero presa per pazza per quello che avrebbe proposto, ma non vedeva altre alternative, più il tempo passava più si avvicinava la loro ora. “Questo potrebbe essere la nostra salvezza” disse indicando il fungo. Nessuno disse nulla, talmente tanto erano presi dal panico. Persino Andres, che era sempre freddo e controllato, sembrava aver perso ogni speranza. Senza aggiungere altro diede un piccolo morso al fungo: la consistenza era gommosa e aveva un retrogusto di terra, di selvatico. Più masticava più esso sembrava opporre resistenza; quando lo ebbe completamente ingoiato, i suoi compagni le sembravano stranamente alti. Guardandosi le mani però si rese conto che era lei a stare rimpicciolendo. In un attimo era alta quanto il corrimano della scalinata, un secondo dopo aveva le stesse dimensioni di un fagiolo e il cappello del fungo alla sua destra era il doppio di lei.
“Ma che magia è questa?” sussurrò sconvolta Lena, prendendo in mano il fungo e osservando preoccupata la sua minuscola amica.
“Un fungo raccolto nella palude dove vive il Brucaliffo...l’espediente più semplice per rimpicciolirsi” disse il mago. Il fungo cambiò colore: una metà, quella dove Violetta aveva morso, rimase marrone chiara, mentre l’altra divenne blu. “La parte blu è per ritornare alle dimensioni originarie, credo” constatò Dj, rigirandosi l’oggetto tra le mani. Inaspettatamente diede un morso vicino a dove lo aveva dato la ragazza e anche lui si restrinse, fino a diventare della stessa statura di Violetta. Quando Thomas si rimpicciolì la spada si adattò alla mano del possessore diventando grande quanto uno stuzzicadenti. Uno dietro l’altro si passarono il fungo per far si che la magia facesse effetto, e quando l’ultimo si ritrovò vicino alle scalinate, che apparivano enormi, Dj fece una magia cosicché anche il fungo diventasse microscopico. “Con gli oggetti le magie di rimpicciolimento funzionano” spiegò, mettendosi la metà blu, l’unica rimasa, in tasca. Le scale apparivano ora come enormi gradoni insormontabili e tutto intorno era esageratamente enorme.  
“Saliamo sul corrimano e poi lo usiamo come uno scivolo” propose Andres, e visto che nessuno aveva idee migliori cominciarono ad arrampicarsi sulle colonnine fino a raggiungere la liscia superficie del marmo. Violetta altre volte da piccola era salita su uno scivolo, ma quella fu comunque l’esperienza più emozionante e pericolosa fatta in tutta la sua vita. Il vento le sferzava il viso mentre rapidamente acquistava velocità, e per un po’ fu costretta perfino a chiudere gli occhi per il fastidio. Davanti a lei c’era Dj e dietro tutti gli altri. Solo quando raggiunse la fine della discesa si chiese però come avrebbe fatto a fermarsi. Provò a rallentare poggiando le mani e facendo forza in preda al panico, ma la velocità era troppo forte ed ottenne solo di scorticarsele. Quando abbandonò il marmo chiuse gli occhi aspettandosi lo schianto, ma non avvenne. Uno scivolo invisibile, creato dal mago proseguiva a spirale facendoli così scendere dolcemente. Atterrarono proprio vicino alle sentinelle, che non li degnarono di uno sguardo. Troppo impegnati a guardarsi intorno in cerca di nemici notturni nessuno si era curato di dare un'occhiata al pavimento. Ma forse anche in quel caso li avrebbero scambiati per insetti e non li avrebbero scoperti. Approfittando del fatto che le porte fossero accostate appena per favorire il cambio di guardia riuscirono ad uscire dal castello e si ritrovarono nel giardino, che ai loro occhi sembrava più che altro una foresta interminabile.
“Dalla padella alla brace” gemette Maxi, sedendosi per riprendere fiato.
“Ma chi si vede qui...un gruppo di topolini?”. Camilla era apparsa davanti a loro con il solito ghigno e un’aria spensierata.
“Camilla, devi aiutarci a raggiungere il lago, è importante!” esclamò Violetta, avanzando tra tutti e arrivando fino alla zampa dello Stregatto che si alzò paurosamente, per poi riabbassarsi, quasi avesse intenzione di schiacciarla. “Spostati, ti ucciderà!” strillò Maxi, ma la ragazza rimase ferma. Per quanto fosse pazza, lei si fidava di Camilla, e sapeva che non le avrebbe fatto male, perché il Paese delle Meraviglie aveva bisogno di lei.
“Schiacciandoti ti risparmierei un destino ben peggiore, Violetta” sussurrò con aria stanca Camilla, svanendo e ricomparendo qualche metro più in là. “Ma neppure io posso intromettermi così tanto da distruggere una vita...la storia è ormai delineata”. Si piegò in ginocchio e aprì i palmi delle mani, permettendo così a tutti di salire e approfittare di un passaggio. Con uno schiocco secco tutto intorno si dissolse, davanti a loro avvertivano solo lo sguardo guardingo dello Stregatto.
L’umidità dell’acqua e il gracchiare delle rane furono le prime sensazioni che investirono i loro corpi. Si ritrovarono in mezzo all’erba alta lungo le rive del lago, dello Stregatto non c’era più alcuna traccia. La campana posta su una delle torri del castello rintoccò dodici volte: era giunta la mezzanotte. Ognuno diede un morso alla parte arancione e tornarono alla dimensione originaria.
“Da questa parte” fece strada Thomas, raggiungendo il padiglione e superandolo. Dall’altra parte c’era un piedistallo circondato da un cespuglio pieno di spine e sopra un leone dalle dimensioni di un cane che si alzava sulle zampe anteriori e ruggiva. “Dovrebbe esserci un meccanismo ai lati” disse tastando il marmo bianco di cui era fatto l’animale. La zampa sinistra si mosse in avanti e il piedistallo arretrò silenziosamente mostrando una rozza scalinata scavata nel terreno e nella pietra. “L’aveva fatto costruire Javier nel caso il castello fosse finito sotto attacco per far fuggire la sua famiglia. Non è mai stato utilizzato e nessuno a parte il re ne era a conoscenza; ci sono voluti mesi perché lo scoprissi attraverso vecchie piante del castello” spiegò il ragazzo dando alcuni colpi di lama per tagliare i rovi che coprivano il passaggio. Uno alla volta scesero gli scalini. In lontananza si sentivano squilli di tromba e grida: avevano scoperto della loro fuga. In realtà sembrava che sapessero già del loro intento, visto il modo in cui si erano addensati all’ingresso per evitare che qualcuno potesse uscire. Violetta abbassò il capo perchè il cunicolo era stretto e basso e sentì dietro di lei Lena frignare qualcosa a proposito del fatto che avrebbero dovuto restare al castello e non immettersi in un pericolo tanto grosso. Non l’aveva mai vista così fragile e insicura, ma in fondo quella era sempre stata la sua casa fin da piccola; per quanto potesse essere una prigione per lei quello era un posto sicuro. Invece su di lei pendevano le continue minacce silenziose di Jade ed era troppo rischioso rimanere lì a lungo. Dietro di loro il passaggio si richiuse automaticamente, lasciandoli in balia dell’oscurità, avanzando verso un’uscita che non sapevano dove li avrebbero portati.
Sbucarono dietro un enorme roccia in mezzo alla foresta dove Violetta per la prima volta aveva messo piede nel Paese delle Meraviglie. Poco lontano nell’aria c’era la solita colonna di fumo della casa del Cappellaio Matto. Era stato lui a donarle il fungo, ma come faceva a sapere che le sarebbe stato utile? Beto le nascondeva molte cose, ma adesso era forse giunto il momento di avere qualche risposta e quella era l’ultima occasione che le era rimasta. Non potevano indugiare a lungo, ma la foresta di notte era un buon posto per nascondersi e prima che le guardie fossero arrivata fin là forse avrebbero messo abbastanza distanza.
“Andiamo da quella parte”.
“Veramente...lì c’è del fumo. Potrebbero essere nemici” la fermò Andres.
“Non preoccuparti, è un amico dello Stregatto, che ci ha appena aiutato. Devo chiedergli dei chiarimenti, è necessario” spiegò Violetta sperando che la capissero. Stranamente tutti annuirono: a quanto pare le sue decisioni avevano una notevole influenza all’interno del gruppo. “D’accordo, ma prima dobbiamo fare una cosa. Ci sono delle persone che dobbiamo presentarvi”.
Ai piedi di un acero non troppo distante Violetta vide un ragazzo dai capelli castani e spettinati; aveva l’aria di uno che non dormiva da parecchio tempo. Al suo fianco una ragazza bionda con i capelli ricci e corti si guardava attorno con un pugnale sguainato e un elmo sotto braccio. Quando li riconobbero, dapprima fissarono i nuovi arrivati guardinghi, poi non appena ebbero riconosciuto Andres, tirarono un sospiro di sollievo.
“Ehi, amico!” si fece avanti il ragazzo, abbracciando il capo e dandogli delle sonore pacche sulla schiena. “Federico...tutto bene?”.
Federico era bianco e pallido, ma si sciolse in un sorriso tirato: “Non andrà bene finché non potrò vederla sana e salva”. Violetta non capiva a chi si stessero riferendo, ma Dj si inginocchiò ai piedi dell’albero agitando la mano. Come se stesse togliendo un velo invisibile scoprì una bara di cristallo, che al suo interno racchiudeva una ragazza vestita di bianco profondamente addormentata. I capelli corvini erano raccolti in egual misura sfiorandole le spalle e sul capo aveva un diadema. Sebbene nessuno glielo avesse detto capì subito che si trattava di una principessa, se non addirittura di una regina. “Come mai dorme?” chiese d’un tratto.
A quel punto la bionda sembrò essersi veramente accorta di loro. “Che bello, abbiamo messo su un asilo di mocciosi adesso” osservò sprezzante nei confronti di Lena, Thomas e suoi.
Andres non badò minimamente a quell’osservazione e riprese gli zaini nascosti dietro un cespuglio per riprendere il viaggio. “Il suo è un sonno incantato. Serve a proteggere se stessa e tutti noi...è una storia un po’ complicata, ma dentro di lei giace un’energia antica e primordiale che potrebbe costituire un pericolo per chi si trova nelle vicinanze”.
Violetta osservò silenziosamente l’esile figura addormentata, che sembrava riposare tra le braccia della morte. “La magia è in grado di fare questo alle persone?”. La domanda le uscì spontanea e si sentì davvero una bambina, proprio come aveva detto la ragazza di poco prima. “La magia è un’arma come tutte le altre, Violetta. Può fare del bene, ma può essere anche una condanna” rispose il mago. Si sentiva talmente legata a quella ragazza che nemmeno conosceva, le sembrava di poterne leggere il dolore, lo stesso dolore riflesso negli occhi di Federico. L’amore che li legava ai suoi occhi superava le barriere di quella teca, superava perfino il confine tra il sonno e la veglia, tra la vita e la morte.
Mentre tornavano sui loro passi, tutti insieme, Maxi si affiancò al mago. Sembrava teso e a disagio.
“Quando siamo fuggiti dal castello non ho potuto recuperare la spada di neranio” ammise con un filo di voce. Si ricordava del patto fatto con Dj per cui una volta conclusa l’avventura avrebbe dovuto consegnarli la preziosa arma.
“Non importa. E’ vero, la spada faceva parte del mio accordo, ma le cose cambiano e...non ho più bisogno di quell’oggetto” ribattè tranquillamente l’altro. Era vero, aveva trovato qualcosa di più importante: era riuscito a riempire un vuoto di cui si era sempre sentito vittima. Aveva trovato un modo per redimersi di fronte a quegli anni passati a fare il ladruncolo, mettendo al servizio la sua magia per scopi molto più nobili dei precedenti. Dietro di loro Federico era al fianco della teca che proteggeva la principessa del Regno di Fiori, la quale avanzava a mezz'aria grazie alla magia del mago, e ogni tanto le parlava come se potesse risponderle da un momento all'altro. Quella condizione lo stava distruggendo, era peggio di quando aveva fatto in modo che dinvesse prigioniera. Voleva vederla di nuovo sveglia, voleva potersi specchiare nel suo sorriso, e lasciarsi contagiare dalla sua vitalità, perché il mondo senza di lei gli appariva grigio e triste. 
Violetta era rimasta affianco a Lena e conduceva il gruppo alla casa dello Stregatto. Ormai non mancava molto. Thomas le veniva dietro spaventato; non appena si voltava, incrociava lo sguardo minaccioso di Emma, il che non lo rassicurava affatto.
“Eccoci!” raggiunsero la veranda della casa di legno di Beto sani e salvi. Le luci provenienti dalle finestre risplendevano soffuse illuminando la notte. Bussò più volte ma non ottenne alcuna risposta.
“Beto! Beto, aprici!” sibilò, mentre gli altri la guardavano confusi. Poco dopo la porta si aprì con uno scatto, mostrando il Cappellaio Matto. Aveva delle profonde occhiaie segnate e quasi saltò sul posto non appena la vide. “Giusto, mi aveva avvertito Camilla, non c’è molto tempo, entrate! Il tè è già pronto!”. Senza aggiungere altro tornò dentro, rischiando di inciampare addosso a una sedia.
“Lo sa che non possiamo fermarci...per un tè?” domandò Andres perplesso mentre varcava la soglia. Violetta non rispose, rapita dalle fiamme sgargianti del camino. Non le aveva mai viste così vivide e accese, eppure non faceva più freddo del solito. Beto li fece accomodare lungo la tavolata, che quella notte sembrava interminabile. Il Ghiro e la Lepre Marzolina avevano già preso il loro posto e stavano conversando di quanto fosse tardi sebbene per loro il tempo non passasse mai. Beto indicò un vassoio argentato con tazze tutte uguali piene di tè fumanti, a parte una, che era di un colore rosa chiaro.
“Quella è tua” dichiarò l’uomo agitato, controllando che la porta fosse ben chiusa. Violetta non potè fare a meno di notare che era più strano del solito e non lo credeva possibile. “Bevete, bevete!” ordinò in tono perentorio, quasi minacciandoli. Uno ad uno ciascuno prese la sua tazza, semplice di ceramica bianca, mentre a Violetta toccò quella diversa, come le aveva detto Beto.
“Volevo chiedere...” cominciò a parlare Violetta, ma venne zittita da un’occhiataccia della Lepre. “Prima bevete!” disse, agitando la zampa. Ognuno diede un sorso alla bevanda, sperando che in quel modo si calmassero, e infatti dopo che l’ebbero fatto Beto si rilassò di colpo.
“Adesso che abbiamo bevuto...” annunciò Violetta, asciugandosi le labbra con un tovagliolo di raso rosa, “Penso sia il momento di parlare di alcune questioni. Prima di tutto, del ruolo che ho io in questa storia”.
“Pazienza, mia cara” sussurrò Beto. Un tonfo le fece alzare gli occhi dalla tazza: Maxi era crollato con la testa sul tavolo. Subito dopo lo seguirono Thomas, Lena, Federico e Dj.
“Ma cosa diavolo...ci hai avvelenati?” ringhiò Andres, alzandosi dalla sedia. Non riuscì però ad aggiungere altro, perché crollò a terra. Emma sembrava l’unica ad essere rimasta sveglia, ma non passò un secondo che sprofondò anche lei sulla sedia con le braccia conserte e una faccia di quelle poco rassicuranti, come a dire ‘anche se dovessi morire il mio fantasma ti perseguirebbe fino alla fine’.
“Eccoci qui, finalmente!” esclamò allegramente Beto, sedendosi al capo opposto della tavola dove si trovava Violetta. “Non sono morti, tranquilla, sono solamente nel mondo dei sogni. Ma era necessario, dovevo parlarti” aggiunse, osservando il volto vitreo della ragazza che guardava prima i suoi compagni e poi la tazza che teneva in mano. Beto le aveva deliberatamente dato una tazza diversa per essere sicuro che non cadesse preda del sonnifero nel tè. Era un pazzo e lei cominciò a pentirsi di aver preso la decisione di interrogare il Cappellaio Matto. Avrebbero dovuto proseguire verso Quadri senza fermarsi, ma il bisogno di risposte le aveva annullato il giudizio.
“E così adesso sai di essere la Prescelta...sai anche del destino che grava sulle tue spalle?”. Violetta scosse la testa. “Meglio così, penso che il momento giusto perché tu lo sappia debba ancora arrivare” borbottò Beto. Fece slittare un vassoio di vimini con dentro ogni sorta di biscotto. “Biscotto?”.
“Ti aspetti che io accetti qualcosa da te dopo che hai fatto addormentare tutti i miei amici? In questo modo verremo catturati” domandò sbigottita la ragazza, allontanando il vassoio da sotto gli occhi.
“Ripeto, l’ho fatto perché era necessario. E non preoccuparti, non state perdendo tempo. Io non posso allontanarmi da questa casa e questa casa non può superare i confini di Cuori secondo le leggi dettate dal Tempo, ma questo non mi impedisce di portarti il più vicino possibile al regno di Quadri”. A un suo segnale la Lepre e il Ghiro scattarono in piedi e presero dei grossi ventagli azzurri stipati in un armadio, quindi li usarono per sventolare il fuoco che crebbe ancora più rigoglioso. Una scossa attraversò il pavimento e Violetta vide tutto gli oggetti della stanza ondeggiare avanti e indietro. Se non fosse impossibile avrebbe giurato che la casa si stesse muovendo. Dimenticando ogni buona maniera si alzò e si precipitò alla finestra e constatò che la sua supposizione impossibile era invece vera: la casa si stava sollevando pian piano e acquistava quota. “Come ti ho detto, non devi preoccuparti...viaggiare a casa è comodo e efficace” ridacchiò Beto, versandosi una generosa quantità di tè nella sua tazzina. Violetta si risedette, non trovando altre alternative. Il pensiero di stare per lasciare il castello di Cuori la rincuorava e la affliggeva allo stesso tempo, ma lo sguardo penetrante di Beto non le dava il tempo di rimuginare sulla sua scelta. Si aspettava che dicesse qualcosa? In realtà sperava che lui avrebbe iniziato a parlare, perché per lei era tutto un mistero e non ci stava capendo più nulla. Non sapeva nemmeno da dove iniziare a fare domande.
“Ehm...quale destino avrei io?”.
“Decidere del nostro futuro. Ma Violetta, io non mi aspetto domande, mi aspetto risposte. Tempo fa sei venuta fin qui per chiedermi di Alice e lo Stregatto mi ha detto che sei ad un passo dal capire quale dramma caratterizza il Paese delle Meraviglie. Un fato che non può essere spezzato, a meno che non intervenga te”.
Di nuovo frasi criptiche e misteriose. Non potevano dirle chiaramente cosa non andava in quel mondo? Quando aveva trovato il foglietto di Carroll aveva pensato davvero di aver raggiunto la soluzione, ma quei giorni erano stati pieni di imprevisti e azione, non aveva più avuto il tempo di pensarci.
“Violetta, non ti sei mai chiesta perché noi continuiamo a guidarti con le nostre parole, per quanto strane ti possano sembrare? Vogliamo che tu capisca tutto, ma non possiamo essere noi a dirtelo, perché non ci crederesti. Le vere idee geniali non sono mai frutto delle menti di altri. Capire è credere”. Lo Stregatto forse aveva ragione: capire è credere. Se solo lei ci fosse riuscita a capire qualcosa! Ma Beto sembrava molto tranquillo e a suo agio, pronto ad accogliere ogni sua ipotesi.
“E’ tutto strano...voi parlate del Paese delle Meraviglie come se ogni cosa fosse già scritta. Come se non fosse altro che un libro che ha preso vita”. Si aspettava che il Cappellaio Matto scoppiasse a ridere, invece si limitò a finire di sorseggiare, quindi appoggiò la tazza sul piattino con aria estremamente compiaciuta.
“Ottima osservazione, signorina Castillo. Davvero un’ottima osservazione”. 













NOTA AUTORE: Allooooora, mi rendo conto che questo capitolo non è un granché: un po' perché è incentrato tutto sulla fuga, un po' perché non succedono molte cose eclatanti (okay, in realtà ne succedono parecchie ma sh), un po' perchè non è stato scritto come avrei voluto (tanto per cambiare). Ma riscriverlo era praticamente impossibile visto che non ho mai tempo, ergo ho dovuto accontentarmi e pubblicare. La parte più difficile per me come autore è riuscire a far esprimere tutte le sensazioni dei personaggi, perché ognuno ha una sua storia, e sarà un bel problema, fidatevi XD Conto di farcela se non in modo eccellente almeno in modo dignitoso. Le trame ormai si sono fuse in un'unica trama, tranne per la storyline di Leon che rimarrà per voi un mistero almeno fino al prossimo capitolo quando cominceremo ad intuire qualcosa...perchè se sperate che Jade si sia fermata qui, vi sbagliate tutti di grosso. Il suo piano anzi sta andando anche meglio del previsto, e lo scopriremo nel prossimo capitolo. Venendo a noi, la fuga, il recupero della spada, il ricongiungimento con Fede, Emma e Fran (aw, ci erano mancati :D), e poi...Beto! Mamma mia, Beto in questo capitolo è davvero inquietante, però è anche parecchio d'aiuto. Inoltre sembra finalmente disposto a parlare con Violetta (solo con lei, badate bene) di quello che costituisce l'essenza del Paese delle Meraviglie, essenza che è venuta fuori in un finale sconvolgente. Per chi non ci fosse ancora arrivato, nel prossimo capitolo, che sarà molto spiegone, verrà tutto a galla (o almeno quasi tutto...per la figura di Alice e la sua storia dovremo aspettare un po'), ma qualcuno di voi avrà già capito quanto l'ultima frase di Violetta sia in realtà la chiave per tutto. E dopo tutte le ipotesi che sono uscite fuori, quella frase è davvero tutto e racchiude il senso della storia. Ma non mi dilungo oltre, perché le mie Note Autore stanno diventando noiose...per la Leonetta (tema che mi sta a cuore), preparatevi tutti a soffrire. Solo questo T.T Grazie a tutti voi lettori che mi seguite, e dopo pranzo rispondo alle recensioni, non preoccupatevi (o comunque entro fine giornata :P). Grazie a tutti, alla prossima! Con affetto,
syontai :3 
  
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