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Autore: degio14    19/09/2014    0 recensioni
Una Panem dei Giorni Bui e la Tredicesima Edizione degli Hunger Games fanno da sfondo alle vicende di Jake Lightning, un ragazzo ribelle e genialoide del Distretto 3.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 – In viaggio
Sbloccata la mente, anche le gambe si decidono ad agire, e mi portano meccanicamente, e quasi con volontà propria, alla sinistra di Alyssa Clarke.
– Ecco a voi i Tributi del Distretto 3 – Sento come in sogno la voce della nostra accompagnatrice. Nessuno applaude. Anche questo è un rituale quasi gettonato, ma dagli occhi della gente si capisce tutta la solidarietà che ha nei nostri riguardi.
Il Sindaco del distretto inizia a leggere il Trattato del Tradimento, che ho sempre considerato un’oscenità, persino per gli standard di Capitol City, e io cerco di mantenere la calma e di non lasciarmi sopraffare dalle emozioni.
Due Pacificatori, che sarebbero, sostanzialmente, due poliziotti addestrati dal Distretto Due, mi invitano, senza troppa gentilezza, a entrare nel Palazzo di Giustizia. Un attimo prima dell’ingresso riesco a scorgere mia madre in mezzo al pubblico, e capisco qual era la sua faccia quando capì che mio padre non sarebbe più tornato.
Mi portano in una stanza e mi lasciano lì, abbandonato a me stesso. Decido velocemente di concedermi ancora un po’ di tempo per assimilare l’idea che entrerò insieme ad altri ventitré ragazzi, tutti intenzionati ad uccidermi, in un’arena infernale. Trovo un divanetto e mi ci stendo, cercando di ricordarmi le esatte parole che dovrò dire a mia madre, ammesso che abbia la forze di venire a salutarmi. “Forse per l’ultima volta” mi si fa strada in mente, ma cerco di scacciarlo, perché so che lotterò. Perché la verità è che non sono diverso dagli altri.
In ogni caso, per mia fortuna mia madre arriva. Abbiamo solo cinque minuti, per cui dico tutto molto in fretta, e senza tanti giri di parole:
– Con i soldi che ti ho portato l’altro giorno puoi tirare anche per due mesi. Non lasciarti andare. Impegnati sul lavoro. Cerca di ottenere una promozione. Se riuscirò a tornare … – dico, e le leggo in faccia che neanche lei ci crede – Se riuscirò a tornare vivremo finalmente in pace – Il che è un assurdità. Qualche volta ho visto in televisione video di vincitori passati. Se non impazzisci nell’Arena ti lasci andare quando esci, chi all’alcool, chi alla droga, chi semplicemente si lascia andare e si abbandona a sé stesso, fino a raggiungere uno stato di completa apatia. I successivi minuti li impiego in un abbraccio prolungato con mia madre, e capisco che ci almeno proverà a sopravvivere.
La successiva visita, che per la verità non mi aspettavo, è di Martin. Come al solito è di poche parole, mi guarda semplicemente, e dice:
– Non ha importanza se ci credi o non lo fai. Io dico che hai delle possibilità. Giocatele, fino all’ultimo – Sembra starsene andando quando si gira nuovamente e mi abbraccia anche lui, cosa che non avrei mai creduto possibile.
– Stammi bene, Martin – Lo saluto con un cenno del braccio.
– Non preoccuparti, Jake, me la caverò –  Mi guarda per un ultima volta e se ne va. Sono nuovamente solo. Ma per poco. Un Pacificatore arriva e mi scorta verso un’altra uscita del Palazzo di Giustizia, dove prendo un’automobile, cosa che non ho mai fatto. Insieme a me c’è Charlie, con cui non ho ancora scambiato una parola, ma ci sarà tutto il tempo, sempre ammesso che lei voglia. Il viaggio è piuttosto breve e arriviamo alla stazione, dove, lungo il percorso verso il treno che ci porterà a Capitol City, vengo assalito da una folla di giornalisti. Cerco di rimanere il più freddo possibile e di rispondere in maniera diretta e precisa. Dopo un percorso che mi sembra infinito, il treno compare quasi magicamente davanti a me e a Charlie. Dopo l’ultima risposta riesco finalmente a salire nello scompartimento, e le porte dietro di me si chiudono, mentre il treno parte e il vociare si attutisce. Alyssa compare all’improvviso e ci mostra i nostri scompartimenti. Ne ho uno intero per me, provvisto di bagno con acqua corrente e vestiti puliti nei cassetti. È ancora presto, sono solo le cinque del pomeriggio, ed Alyssa mi informa che non saremo a Capitol City prima di domani pomeriggio. So che il Distretto 3 è uno dei più lontani dalla capitale. Mi dice anche di venire nel vagone comune per la cena, dove ci farà alcune presentazioni, tra un paio d’ore. Mi stendo sul letto e per la prima volta da quando è stato chiamato il mio nome alla Mietitura, riesco a fare il punto della situazione.
Parto dalle cose più semplici, come ad esempio il fatto che parteciperò agli Hunger Games, poi cerco di rispondere alle domande più complesse che mi pongo. Appunto mentalmente che devo ragionare sulla mia strategia. Cerco di capire i miei punti di forza fisici. Mi chiedo come potrebbe essere l’Arena. Queste riflessioni, paradossalmente, mi mettono tranquillità.
Dopo che mi sono calmato, riesco a pensare a questioni secondarie. Charlie. Me ne sono completamente scordato! I ritmi frenetici della giornata e i mille avvenimenti mi hanno fatto dimenticare alcune cose importanti. Comunque, più tardi a cena scoprirò che genere di persona è. Chissà invece che ne è degli altri ventidue Tributi. I Tributi! Corro verso il telecomando e accendo la televisione, appena in tempo per vedere il riepilogo delle Mietiture, e, ovviamente, per studiare i miei avversari.
Fin da subito i miei nemici mi colpiscono: i due ragazzi del Distretto Uno impressionano già al primo sguardo e si offrono entrambi volontari. Cosa non vera per il Due. I due ragazzi estratti, in particolare il maschio, non sembrano pericolosi come al solito, ed è un buon punto di vantaggio. Rivedo la mia Mietitura e provo un sospiro di sollievo. Senza saperlo, il sorriso che ho fatto dopo l’estrazione del mio nome, sembra quasi compiaciuto. Al Quattro il mio umore cambia di nuovo: la ragazza non è fisicamente impressionante come i primi due, ma si dirige con un sorriso sinistro verso il palco, cosa che mi fa risalire un brivido lungo la schiena. Il Cinque non mi preoccupa più di tanto. Due dodicenni piangenti, che non riescono a non farmi pena, vengono sorteggiati, ma mai sottovalutare l’avversario. I due del Sei non mi fanno né caldo né freddo, ma anche qui nel semplice modo di muoversi della ragazza trovo qualcosa di estremamente inquietante, anche se non so spiegarmi cosa. Nel Sette c’è una brutta sorpresa ad attendermi: un gigantesco mastino di cento e passa chili, tanto che penso che non possa avere quindici anni, si staglia sul palco, accanto alla ragazza, che è invece è minuta, piccola e sfuggente. L’Otto e il Nove non mi dicono nulla, nel Dieci c’è un ragazzo che definirei “interessante” in mancanza di altri termini, nell’Undici e nel Dodici i ragazzi sono completamente pelle e ossa, e so per esperienza che di solito non costituiscono un pericolo, non avendo abilità particolari.
Mi siedo sul letto e ricapitolo ancora una volta quali saranno i miei avversari, le cui abilità scoprirò meglio durante il periodo di addestramento, anche se per quello c’è ancora parecchio tempo. Le due ore sono passate e mi dirigo verso il vagone comune. E mentre lo percorro mi assale un dubbio: in assenza di mentore, chi si occuperà di sponsor e altri dettagli tecnici?La risposta mi arriva proprio a cena. Alyssa ci presenta Frank Bradwell, che sarà il nostro mentore sino alla fine dei giochi. Non so da dove provenga e che intenzioni abbia, ma mi piace sin dal primo istante, perché non ci tratta come ragazzini né tantomeno prende le cose alla leggera come gli abitanti di Capitol City. Ci spiega che lui è stato indirizzato a ricoprire questo ruolo per volontà del presidente e della Commissione Democratica. Sembra quasi irritato nell’esporci le parole di rito che ripete una volta l’anno da non so quanto tempo, e si fa strada in me l’ipotesi che questo sua irritazione nei confronti del presidente e Capitol City potrà essere utile per me. Ci fa sapere che tutto quello che riguarda la nostra strategia e le nostre abilità sarà discusso domani, quando, dopo la colazione, avremo molto tempo per dedicarci a tutto.
Finite tutte le conversazioni e calato il silenzio mi concentro sul cibo, che è sicuramente il più buono che abbia mai mangiato. Cerco di non esagerare nonostante l’appetito, che si è accumulato, diciamo, da circa quindici anni, ma ovviamente non ci riesco e quando vado a dormire sono completamente pieno e un po’ nauseato ma, per la prima volta nella giornata, sereno.
 
   
 
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