Nota: la fic prende spunto dalla scena in cui Loki viene avvisato della morte di sua madre e di quella successiva dove Thor va a visitare le prigioni.

Tutto in te trema.
Non perché hai freddo, no; d'altronde, del freddo sei figlio e questo padre è l'unico dei tre che ti sia mai stato amico.
Ma la rabbia, quella è un tremito che ti si innesca da dentro ed è calda ed estranea al tuo elemento. Se il gelo non riesce a scalfirti la corazza di jotun, la rabbia gode del vantaggio di nascerti dal cuore.
Ora questo cuore lo indossi perfino sulla manica, esposto al freddo di una stanza dove tutti lo possono vedere, tu che sempre hai soffocato la sua voce dietro una maschera d'indifferenza!
Ti conviene prendere le scale sulla sinistra, ti ricordi di avere detto.
Colpa tua. Gli hai servito la vittoria su un piatto d'argento, e lui per ringraziarti ti ha tirato il vassoio addosso. Fa male, e il tuo cuore avverte una punta di freddo. Freddo che brucia, dolore freddo. È questo che gli altri provano a contatto con la tua vera pelle?
Prosegui pure con l'opera di distruzione del mobilio, Loki. E se il frastuono delle fratture nel legno non basta a nascondere i singhiozzi che non vuoi sentire, ricordati che prima o poi finirà.
Che il tuo cuore è rovente di rabbia e devi dargli il tempo di raffreddarsi. Che la vendetta è un piatto che va consumato freddo.

***

È con quel pensiero alla mente che, infine, forzi un sorriso verso tuo fratello dall'altra parte del vetro. Sai che è arrivata l'ora di raccoglierlo, quel piatto, e di porre fine allo scambio di inforchettate; in fondo, i mortali dicono che la terza volta è quella buona. Non ce ne sarà una quarta.
Perché sarai tu a finire di gustarti la portata: infilzerai Kurse con la forchetta.

~fin~

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