Nineteenth
Shirai fu la prima ad andarsene:
stranamente anche Sakura e Sasuke si alzarono dopo di lei e decisero di
accompagnarla.
Sapeva il perché lo facessero, ma
non voleva rovinare così il loro infallibile piano per farla confessare, quindi
aspettò che fosse uno dei due a tirare fuori l’argomento.
E fu Sakura a chiederle della
missione.
Ah, colpo basso Sasuke. Sta’ attento che la curiosità uccise
il gatto.
«Sapevo lo avresti chiesto».
«Beh, dopo che Sasuke-kun ha fatto
quella domanda il tuo umore è cambiato completamente».
«Gomen, ho fatto preoccupare voi
due e anche Naruto… Venite, ne parleremo in un posto dove mi trovo a mio agio»
acconsentì Shirai, scattando verso la montagna dei Kage.
Si sedettero tutti e tre sulla
testa del Sandaime sperando che questi non ne avesse a male: Shirai si perse un
attimo nei ricordi, guardando l’orizzonte scuro dove il cielo puntinato di
stelle luminose in quella chiara sera di inverno sembrava infinito.
«Dovete sapere che sono stata
accettata in una delle squadre di Kumo solo dopo due anni di permanenza lì,
quando il Raikage-sama ha iniziato a fidarsi completamente di me e delle mie
capacità. Mi mise nello stesso team di Karui-san, Samui-san e Omoi-san. Fu
durante uno degli allenamenti che lo conobbi: Taichi Miura. Era più grande di
me di due anni e faceva parte degli Anbu. Era alto, con i capelli scuri lunghi
fino alle spalle e gli occhi blu. Lo devo ammettere: me ne sono innamorata a
prima vista. Aveva sempre il sorriso ed era gentile con tutti».
I ricordi si fecero vivi nella
mente di Shirai, tanto che le parve essere di nuovo lì a Kumo nel passato.
Sentì persino gli stessi odori,
rumori e la sua risata: così piena e contagiosa che le faceva venir voglia di
ridere solo al pensiero.
Stava camminando verso l’ufficio del Raikage quando sentì
qualcuno ridere di gusto: affacciandosi nel cortile interno del palazzo notò
che un ragazzo stava ridendo da solo di qualcosa. Quando questi si spostò,
Shirai vide Darui addormentato su una panchina con la faccia completamente
imbrattata di nero: due occhiali gli circondavano gli occhi chiusi, un bel paio
di baffi adornavano il labbro superiore ed aveva anche qualche neo o lentiggine
sparsi per tutto il viso. Shirai dovette coprirsi la bocca per non scoppiare a
ridere, ma nonostante tutto, lo shinobi autore dello scherzo la sentì. Si girò di
scatto verso la fonte del rumore e quando la vide, sbiancò. Sapeva chi fosse ed
era spaventato che potesse dire a Darui o al Raikage cosa avesse combinato. Si
era avvicinato lesto e silenzioso a lei iniziando a pregarla di non spifferare
niente a nessuno.
«Non ti preoccupare, a Konoha ho fatto di peggio» gli aveva
risposto sorridendo.
«Ah, che maleducato! Io sono Taichi Miura, piacere di
conoscerti» le disse, inchinandosi.
«Piacere mio, sono Shirai Nakamura».
«Sapevo già chi eri. Dopo tutto nessuno a parte te indossa il
copri fronte di Konoha, neh?» le chiese, retoricamente.
«Mi dispiace salutarti in fretta, ma il Raikage mi aspetta.
Ci vediamo in giro».
«Da quel giorno lo incontravo
spesso quando era al villaggio, talmente tanto che iniziai a capire: lo faceva
di proposito. E infatti un giorno mi chiese di uscire con lui per andare al
festival che si teneva a Kumo. Ovviamente acconsentii e quella sera, dopo due
anni, mi pareva di essere tornata a Konoha. Poco tempo dopo iniziammo a
frequentarci seriamente, fino all’inizio di quest’anno» raccontò Shirai.
«Cosa è successo?».
«Fummo mandati in gruppo, il mio
Team, quello di Taichi e un altro, in missione: un membro dell’Akatsuki era
stato avvistato poco lontano da Kumo e dovevamo fermarlo. Ovviamente sapevamo
che puntavano a Killer Bee e non potevamo stare con le mani in mano. Il
problema è che non era solo. Akasuna No Sasori era in coppia con e fu
un disastro. Delle dodici persone presenti se ne salvarono solo cinque: il mio
Team e un componente di quello di Taichi. Eravamo tutti feriti gravemente e se
non fosse stato per un Team di Suna che passava di lì saremmo morti anche noi.
Questa cicatrice» disse, alzando la manica «Me l’ha procurata Deidara, mentre
ero immobilizzata contro un albero, perché avevo fatto esplodere le sue bombe
in aria».
«Stai dicendo che…».
«Taichi è morto il diciasette
gennaio di quest’anno» disse infine Shirai, mentre due lacrime scendevano
piano, scivolando sotto il mento e spegnendosi sul collo.
Sakura, che piangeva come l’amica,
le si gettò addosso abbracciandola, mentre Sasuke rimaneva in silenzio: si
sentiva in colpa per averla circuita e obbligata a raccontare.
Però era soddisfatto: ora anche
suo fratello sapeva cosa era successo a Shirai.
Perché le due ragazze non lo
sentivano, ma lui conosceva troppo bene il chakra di Itachi e anche se lo
mascherava quasi completamente, lo sentiva nascosto tra la vegetazione, in
ascolto.
Sasuke e Sakura camminavano in
silenzio verso casa della ragazza, dopo aver accompagnato Shirai: gli aveva
chiesto di non raccontarlo a nessuno e loro avrebbero mantenuto il segreto.
Aveva anche detto a Sasuke che non
doveva sentirsi in colpa, ma che gli era grata perché raccontarlo le aveva
fatto bene.
«Ci vediamo domani per gli ultimi
saluti a Naruto, va bene?» gli aveva detto sulla soglia della porta, prima di
chiuderla.
«Non avrei mai pensato che
Shirai-chan soffrisse così tanto. È sempre allegra e solare…» disse Sakura a
bassa voce.
Sasuke si limitò ad annuire e
aggiunse: «L’unica persona che dovrebbe starle davvero vicino, visto che si
professa suo migliore amico, è anche il solo che non ha capito nulla ed è
troppo occupato a portarsi a letto quella…».
Sakura divenne un po’ rossa
sentendo Sasuke parlare di Itachi e dei suoi rapporti con Saori, ma dovette
dargli ragione: come poteva Itachi, che era colui che l’aveva conosciuta meglio
di tutti, non essersi accorto di quanto soffrisse Shirai?
«Sasuke-kun… Forse tuo fratello
non ha capito, perché Shirai non glielo ha permesso. Nemmeno noi ci eravamo
resi conto che qualcosa non andava fino a quando non hai visto la cicatrice sul
braccio».
«Mh. Forse hai ragione. Sakura» la
chiamò, mentre lei trafficava con le chiavi di casa, poiché erano arrivati,
facendola voltare verso di lei «Al festival di fine mese verrai con me».
Sakura rimase un attimo bloccata e
poi le venne da ridere: ovviamente non poteva chiederle di uscire come una
persona normale, altrimenti non era Sasuke.
Lo guardò, ancora ridacchiando e
gli disse: «Ne sarei davvero contenta, Sasuke-kun».
«Piantala con il kun. Mi da fastidio.
Ci conosciamo da sempre, puoi anche smetterla di usarlo. Naruto non lo ha mai
fatto».
«Questo perché lui è una testa
quadra. Però mi mancherà mentre sarà via».
«A me no».
«Bugiardo» lo prese in giro lei,
prima di salutarlo ed entrare in casa: o almeno ci provò, perché Sasuke la tirò
nuovamente fuori e le stampò un bacio sulla fronte.
«Sasuke…» disse Sakura in un
soffio.
«Non voglio fare la fine di mio
fratello…» disse semplicemente, prima di andarsene.
Ino e Hinata stavano camminando
verso casa di quest’ultima quando la bionda kunoichi sospirò, attirando le
attenzioni dell’amica.
«Cosa succede, Ino-chan?» chiese
con la sua voce dolce la piccola Hinata.
«Non lo so Hinata-chan. So solo
che quando vedo Shikamaru agitarsi così tanto nei discorsi che riguardano
Temari-san, mi viene il nervoso» spiegò Ino, che vedeva quando il suo compagno
di Team cambiasse comportamento quando si parlava della kunoichi di Suna.
Hinata la guardò consapevole di
ciò che Ino intendesse dire: lei non era nervosa, ma gelosa.
«Ino-chan, forse dovresti dire a
Shikamaru-kun…» iniziò a dire Hinata, ma la mano della bionda la fermò.
«Non dirò mai a quel pigro,
inutile e stupido essere che sono innamorata di lui. Mi riderebbe semplicemente
in faccia, dicendomi che non sono abbastanza intelligente per lui».
«Non credo che direbbe mai una
cosa del genere, Ino-chan. Shikamaru-kun ti vuole davvero bene…»
«Oh, certo, come ad una sorella e
nient’altro. È Temari-san quella che vede come una possibile ragazza con cui
uscire, ne sono sicura…» rispose Ino, crucciandosi «Non importa, Hinata-chan.
Mi basta solo che lui continui ad essermi amico… Siamo arrivati, ja ne
Hinata-chan. Ci vediamo domani per salutare la testa quadra».
«Ja ne, Ino-chan» rispose Hinata,
rientrando nel quartiere Hyūga, dove c’era Neji che l’aspettava: era rientrato
prima poiché richiamato da Hiashi.
«Oh Neji-san. Non pensavo di
trovarti sveglio».
«Hinata-hime ho aspettato che
rientrassi per essere sicuro che nessuno ti seguisse… » disse il ragazzo,
scannerizzando tutti i dintorni con il Byakugan.
Hinata ridacchiò verso il
comportamento protettivo che Neji aveva assunto una volta che le cose tra loro
si erano sistemate: Tenten non faceva altro che prenderlo in giro per questo
suo comportamento, mentre Lee dichiarava che fosse una bellissima forma di
gioventù.
«Vado a letto, Neji-san. Domani
mattina verrai a salutare Naruto-kun?» gli chiese Hinata.
«Ovviamente. Devo controllare che
si comporti in modo adeguato nei tuoi confronti» rispose l’altro, con espressione
stoica, mentre la cugina cercava di non ridergli in faccia: avrebbe sicuramente
ferito il suo orgoglio.
Hinata si ritirò quindi nella sua
stanza e, dopo aver indossato il pigiama, si infilò tra le calde coperte del
suo letto a due piazze, spegnendo la luce.
Un solo pensiero le attraversò la
mente prima di addormentarsi.
Mi mancherai tanto, Naruto-kun.
Come promesso la mattina
successiva erano tutti riuniti davanti al palazzo degli Hokage: Naruto avrebbe
raggiunto il mondo dei Rospi tramite la Gyaku Kuchiyose no Jutsu, cioè
la tecnica che permetteva all’animale di solito invocato di portare il proprio
invocatore nel suo mondo. Sarebbe stato Fukasaku, uno dei rospi più anziani e
saggi ad evocarlo ed allenarlo: era lo stesso che insieme alla moglie stava sulle
spalle di Jiraiya quando entrava in modalità Sennin.
Shirai fu l’ultima ad arrivare:
quando Sakura la vide, capì subito che la notte precedente la ragazza non aveva
chiuso occhio e anche gli altri se ne accorsero.
Aveva la faccia stanca, tirata e
gli occhi rossi e gonfi: Sakura e Sasuke si sentirono un po’ in colpa per
averla indotta a raccontare la storia di quella missione vedendola ridotta
così.
Insieme a lei vi era anche suo
fratello Kai, il quale la sera precedente era assente per via di un compito
interno al villaggio assegnatogli dal capitano del suo Team.
«Shira-nee, pensavo non venissi!»
disse Naruto, ignorando di proposito l’aspetto stanco della ragazza: sapeva che
se voleva parlarne con lui lo avrebbe fatto a tempo debito e che se non reputava
giusto quel momento era per evitare di dargli un peso inutile durante il
periodo dei suoi allenamenti.
«Mi dispiace, sono rimasta a letto
come al solito» si scusò Shirai, ridendone.
«Sei sempre la solita
indisciplinata» parlò la voce di Saori alle sue spalle, in compagnia di Ayane,
Itachi e Shisui, il quale lanciò uno sguardo omicida alla compagna di Clan: non
era in grado di chiudere la bocca?
Ayane guardò la sua migliore amica
e comprese che la sera prima aveva sicuramente rivissuto la terribile tragedia
che le era capitata all’inizio dell’anno: lei sapeva già tutto poiché Shirai le
aveva scritto molte lettere mentre era lontana e anche Shisui ne era a
conoscenza.
Dopo tutto nessuno riusciva a
nascondere qualcosa a quello spione pettegolo, soprattutto se Ayane si
presentava davanti a lui con gli occhi gonfi di pianto.
Shisui si azzardò a lanciare
un’occhiata a suo cugino, trovandolo come al solito apparentemente indifferente
davanti alla faccia di Shirai, la quale non lo aveva degnato di uno sguardo ed
era preoccupata a dare le sue raccomandazioni a Naruto.
«Cerca di mangiare in modo sano
almeno lì, Naruto. E se puoi manda qualche messaggio per farci sapere che stai
bene, d’accordo? Tieni questo» gli disse porgendogli un sottile braccialetto
d’argento con un pendaglio a forma di gatto «Ti terrà compagnia e ti farà
ricordare di me e degli altri».
Gli legò il braccialetto al polso
e Naruto sorrise a trentadue denti, prima di abbracciarla nel suo modo goffo e
tanto affettuoso.
«Non mi serve questo per ricordarmi
di voi, soprattutto di te Shira-nee. Sentirò davvero la tua mancanza, ma
tornerò più forte di prima e quando ci batteremo ti sconfiggerò, dattebayo!» le
disse allegro, nonostante gli occhi lucidi.
«Naruto, mi dispiace averti
lasciato solo per così tanto tempo».
«Non ti preoccupare il teme e
Sakura-chan si sono presi cura di me. Ora devo andare, altrimenti Tsunade
baa-chan mi picchierà di nuovo. Ja ne, minna-san» disse a tutti, i quali lo
circondarono in un abbraccio di gruppo, trascinandoci anche un recalcitrante
Sasuke e un rigido Neji.
Il biondo shinobi sparì poi
all’interno del palazzo da dove avrebbe raggiunto il Monte Myoboku, patria dei
rospi che Jiraiya gli aveva insegnato ad evocare.
Shirai rimase un attimo a guardare
il portone di ingresso e poi lo varcò a sua volta: quel giorno, nonostante
Itachi volesse allenarsi, si sarebbe rinchiusa nell’archivio che lui lo volesse
o meno.
Non aveva la forza di combattere, non
dopo una notte insonne passata a bagnare il cuscino di lacrime per Taichi e per
la partenza di Naruto.
Entrò nell’archivio e in silenzio
si diresse al suo luogo di lavoro: era già all’opera quando Itachi e Saori la
raggiunsero e il capitano non tardò a farsi vedere.
«Mi pare avessimo deciso di
allenarci anche oggi. A breve avremo una missione e devi essere più preparata»
le disse, secco.
«Lo so, ma oggi non credo di
sentirmi particolarmente in forma, Taichō, quindi per oggi possiamo rimanere
all’archivio?» gli chiese, in tono stanco e piatto.
Itachi rimase in silenzio un
attimo, prima di annuire semplicemente e andarsene: quando Shirai pensava ormai
che l’avrebbe lasciata finalmente sola, parlò.
«Quando avremo finito qui, questa
sera, dovremo parlare».
Shirai annuì semplicemente, senza
alzare la testa e proseguendo nel lavoro: non sapeva di cosa Itachi volesse
parlare, ma in quel momento non le importava nemmeno saperlo.
Sakura, che quel giorno aveva la
mattina libera ed iniziava il turno all’ospedale alle due del pomeriggio,
decise di raggiungere Shirai all’archivio e portarle il pranzo: si stupì
parecchio nel trovarsi Sasuke sotto casa.
«Sasuke, cosa ci fai qui?» gli
chiese, facendo ancora fatica a chiamarlo senza suffisso.
«Sapevo che saresti andata da
Shirai per il pranzo e ho deciso di accompagnarti, se non ti crea problemi» le
disse, vedendo lei sorrideva e faceva cenno di no con la testa.
Sakura si accorse poi che portava
con sé un pacchetto e quando il ragazzo si accorse dove lo sguardo della
compagnia di Team si posava le spiegò che conteneva i dorayaki, di cui la Raibaka
era golosa.
«Non avrei mai pensato di dirlo,
ma sei davvero gentile, Sasuke» gli disse, ridacchiando della faccia offesa
assunta da lui.
«Io sono sempre gentile con coloro
che lo meritano» rispose piccato, prima di anticiparla sulla via per
l’archivio.
Sakura trotterellò per
raggiungerlo e, camminando fianco a fianco, sotto gli sguardi sbalorditi di
alcune spasimanti di Sasuke, arrivarono all’archivio, vedendo che Itachi e
Saori ne uscivano.
«Ancora insieme. Forse tuo
fratello fa sul serio con lei, non credi?» chiese Sakura sottovoce.
«Tch. Non credo proprio. Sta con lei
perché è un idiota e crede che così facendo Otōsan non si intrometterà nella
sua amicizia con Shirai. Sempre se l’amicizia c’è ancora» le spiegò Sasuke, che
si limitò a salutare il fratello con secco cenno del capo, lasciandolo
incredulo davanti alla sua freddezza: non che Sasuke fosse un fratello caloroso
da quando era cresciuto, ma non era nemmeno così ostico nei suoi confronti.
«Credo ce l’abbia con te perché
stai sempre con me e non Shirai, oppure è geloso proprio di quella ragazza».
«No, Sasuke ha sicuramente molto
più interesse verso Sakura Haruno, ma credo che abbia una certa inclinazione
verso Shirai. Penso la veda come una sorella maggiore da controllare» spiegò la
sua teoria Itachi.
Saori si limitò a sorridergli,
dandogli ragione, prima di avvolgere il braccio intorno a quello di Itachi, il
quale non protestò per il gesto né diede segno di volerla scostare.
Sasuke e Sakura trovarono Shirai
seduta ancora al suo posto di lavoro, ma non stava scrivendo né componendo
sigilli: quando li vide gli lanciò un sorriso stanco.
«Cosa ci fate qui?» gli chiese.
«Siamo venuti a tenerti compagnia»
rispose Sakura, spostando alcune carte e poggiandovi sopra il suo pacchetto e
quello di Sasuke.
«Mi avete portato il pranzo?»
chiese sbalordita Shirai.
«Non fare quella faccia. Sono
stato in coda un’ora per prenderti quei maledetti dorayaki, quindi sii grata»
rispose piccato Sasuke, vedendo che Shirai e Sakura avevano la bocca spalancata.
«Tu hai fatto questo, per me?
Sasuke, sicuro di stare bene? Nessun dolore strano?» .
«Mai una volta che la mia
gentilezza venga apprezzata».
Shirai allora sorrise apertamente
e si lanciò addosso al ragazzo che, impreparato, finì a terra trascinandosela
dietro: iniziò immediatamente a protestare, urlandole di alzarsi, poiché pesava
come Chōji, ma Shirai non lo ascoltò.
Lo guardò dritto negli occhi e,
con grande sincerità, gli disse: «Arigatō, Sasuke».
Sakura li guardò un attimo, con
una punta di invidia perché Shirai era riuscita a mettere in imbarazzo Sasuke:
poi però vide la ragazza sorridere serena, nonostante le lacrime ai lati degli
occhi e le passò.
Sasuke, con i suoi modi goffi e
gentili, era riuscito a far passare un po’ di tristezza a Shirai e Sakura ne era
profondamente contenta.
Al rientro dal pranzo Itachi e
Saori sentirono alcune risate provenire dal punto in cui Shirai lavorava e vi
trovarono, con grande stupore, Sasuke e Sakura: il primo aveva uno sguardo
scocciato, mentre le altre due ridevano di gusto.
Probabilmente ridevano della
macchia che l’Uchiha si era procurato con il ripieno di uno degli onigiri fatti
da Sakura.
«Otōto, cosa ci fai qui?» chiese
Itachi, mentre Sasuke cercava di sistemare il danno fatto, rendendolo solo
peggiore.
«Sono venuto con Sakura a trovare
la Raibaka, almeno non era sola per pranzo» rispose semplicemente l’altro,
senza guardare il fratello poiché troppo impegnato a trucidare quell’orrenda
macchia che aveva osato imbrattagli la maglia, proprio vicino al simbolo del
Clan.
«Ora dovete andarvene, dobbiamo
continuare il lavoro» disse Saori, piccata e poco gentile come sempre, che si
guadagnò un’occhiataccia da Sasuke.
«Non seguo i tuoi ordini,
Saori-san» le rispose, aggiungendo il suffisso solo per evitare che suo
fratello lo riprendesse per la poca cortesia.
«Sasuke, Sakura. Andate pure,
siete stati molto gentili a venire qui. E grazie ancora per i dorayaki, Sasuke,
erano buonissimi» gli disse Shirai sorridendogli e facendolo imbarazzare, tanto
che si alzò di scatto ed uscì lasciando dietro di sé la povera Sakura che
intanto si era preoccupata di raccogliere tutto.
«Ci vediamo in giro, Shirai.
Arrivederci, Saori-san, Itachi-san» salutò la ragazza dai capelli rosa, educatamente, prima di
rincorrere Sasuke fuori dall’archivio.
Lo trovò con un grugnito cupo e
occupato a calciare un sasso con insistenza: Sakura sbuffò a quella vista e gli
si avvicinò con l’intento di farlo calmare un po’.
«Sasuke, non dovresti rispondere
così a Saori-san. Se scoprissi che tuo fratello è serio nei suoi confronti cosa
faresti? Non fare quella faccia, sai che c’è la possibilità…» gli disse Sakura,
visto che il ragazzo le aveva lanciato uno sguardo poco raccomandabile.
«Sakura, conosco mio fratello e
ascoltami quando ti dico che Saori per lui non è niente se non una del Clan col
quale può lasciarsi un po’ andare. Se capisci cosa intendo».
«Lo capisco benissimo, ma non puoi
esserne completamente certo».
«Lo sono invece, perché quando
Shirai è partita e non ha risposto a nessuno dei suoi messaggi io l’ho visto, Sakura.
Ho visto mio fratello piangere nella sua camera e ti posso assicurare che non
piange mai, nemmeno quando è morto nostro nonno materno lo ha fatto» le spiegò
Sasuke, lasciandola sbigottita davanti a tale rivelazione.
Itachi Uchiha che piangeva? Ne era
sicura: il mondo avrebbe presto visto la sua fine.
Alla sera, quando finirono il
lavoro all’archivio, Itachi fu chiamato dalla Godaime e perse così
l’opportunità di parlare con Shirai, la quale sospirò di sollievo: non voleva
parlare con lui, non in quel momento.