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Autore: Roxanne Potter    21/09/2014    1 recensioni
[Jalex, oneshot. Titolo ispirato alla canzone "Nice boys" dei Guns N' Roses.]
A volte Jack guardava alla sua vita come si guarda una tela bianca al cui centro ci sono chiazze di colore; vuoto, nulla. La tranquillità di un ragazzino che viveva giorno dopo giorno senza farsi troppe domande, senza trovare nulla che riuscisse ad entrargli davvero dentro.
Poi erano arrivate le cose belle, le chiazze di colore. Era arrivata la musica, era arrivata la chitarra tra la sue mani, era arrivato Alex.
Ecco, a volte Jack pensava che la sua vita non potesse essere più perfetta di così; c'era la musica che nei momenti peggiori gli spazzava via i pensieri e gli faceva ribollire il sangue nelle vene, e subito dopo c'era il suo Alex che non un solo sguardo lo faceva sorridere e gli faceva brillare gli occhi come nessuno.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nice boys don't play rock n' roll

-I bravi ragazzi non suonano rock n' roll e tutte quelle sciocchezze del genere.- gli diceva spesso suo padre, con le sopracciglia inarcate in un'espressione di disappunto.
L'unica cosa che Jack riusciva a fare era rispondere con una risata noncurante. Jack aveva sempre riso degli sguardi contrariati che gli rivolgevano i suoi genitori quando lui suonava con il volume dell'amplificatore sparato al massimo o di sua madre che, 
quando lo vedeva correre fuori di casa con la chitarra sulle spalle per andare alle prove, gli urlava di aprire uno dei suoi libri di scuola lasciati a far polvere e studiare un po'.
Jack non si curava di cosa i suoi genitori pensassero delle pile di cd accatastate negli angoli della sua camera, del suono aggressivo e sporco dei Nirvana o dei gruppi punk che risuonava contro le pareti coperte di poster. Non gli importava degli appellativi da drogato o sbandato, dei “Con la musica non si va da nessuna parte nella vita” o dei “Ogni rockstar prende una cattiva strada. Guarda che fine hanno fatto quei drogati che ti ostini ad ascoltare!”
Jack aveva ritrovato nella musica rock una parte di se stesso. Qualcosa che era rimasto sepolto per anni ed era riuscito ad emergere solo nel momento in cui quelle voce graffianti e i riff di chitarra gli erano esplosi nelle orecchie. Qualcosa che lo rendeva la persona che era e a cui non avrebbe mai potuto rinunciare.
A volte Jack guardava alla sua vita come si guarda una tela bianca al cui centro ci sono chiazze di colore; vuoto, nulla. La tranquillità di un ragazzino che viveva giorno dopo giorno senza farsi troppe domande, senza trovare nulla che riuscisse ad entrargli davvero dentro.
Poi erano arrivate le cose belle, le chiazze di colore. Era arrivata la musica, era arrivata la chitarra tra la sue mani, era arrivato Alex.
Ecco, a volte Jack pensava che la sua vita non potesse essere più perfetta di così; c'era la musica che nei momenti peggiori gli spazzava via i pensieri e gli faceva ribollire il sangue nelle vene, e subito dopo c'era il suo Alex che con un solo sguardo lo faceva sorridere e gli faceva brillare gli occhi come nessuno.
Era bello poter condividere con lui qualcosa di così intimo e profondo come la musica; Jack amava quei momenti in cui entrambi si sedevano sul letto con le chitarre in mano, pronti a imparare una nuova canzone o buttare giù qualcosa di loro. Amava guardarlo mentre suonavano insieme durante le prove, amava ascoltare la sua voce che gli faceva salire i brividi e vederlo così perso nella loro musica. Amava scendere dai piccoli palchi dei locali di Baltimora dove a volte venivano chiamati a suonare, voltarsi verso di lui e rivolgergli un sorriso che sembrava dire “Ce la stiamo facendo. Stiamo vivendo questi momenti insieme.”
Alex era una delle poche cose che gli erano entrate davvero dentro e avevano smosso quella patina di noia e tranquillità che era stata la sua vita da sempre.
Prima di lui Jack non aveva mai provato nulla per un ragazzo; eppure gli era venuto naturale baciarlo per la prima volta, quella sera in cui si erano nascosti in un angolo del giardino della casa di Alex, con una chitarra acustica e due bottiglie di birra sgraffigniate ai signori Gaskarth.
Jack ricordava benissimo quella sensazione di felicità che aveva provato nel trovarsi lì, con l'aria fresca di una sera d'estate che gli accarezzava la pelle e Alex che gli parlava di tutto quello che gli passava per la testa e rideva e lo guardava come se avesse una dannata voglia di avvicinarsi di più a lui e troppa paura per farlo.
Così Jack aveva mandato al diavolo tutte le paure che lo tormentavano dal giorno in cui si era reso conto di essersi innamorato di Alex. Si era sporto verso di lui, gli aveva passato una mano tra i capelli e l'aveva baciato. Senza pensare alle conseguenze. Poi Alex aveva ricambiato il bacio e Jack aveva pensato che non potesse esistere un limite alla felicità che stava provando in quel momento.
Così era iniziata: la loro vita era diventata come una canzone a cui davano voce giorno per giorno. Una musica che seguiva il ritmo delle loro risate condivise e dei loro baci rubati.
Alex era come una luce per Jack: era un accordo sospeso, sapore di birra sulla sua bocca, voce che accarezzava il microfono, capelli scompigliati e jeans strappati. Era la persona più dolce del mondo quando lo abbracciava forte e gli lasciava un bacio leggero sul collo e gli diceva di amarlo. E poi c'era la sua risata che gli illuminava gli occhi rendendolo bellissimo, quell'ironia sottile che metteva sempre Jack di buonumore.
I suoi genitori guardavano male Alex, quando si presentava a casa sua con quei “jeans da teppista” e “maglie di gruppi da sbandati.”
E Jack rideva, rideva perché i suoi genitori non capivano. Trascinava Alex in camera e insieme suonavano o mettevano su un cd e cantavano a squarciagola, sentendosi padroni del mondo. Perché i ragazzi sono così, sono convinti di poter avere in pugno l'intero mondo quando hanno la musica sparata a tutto volume e davanti un'intera vita e tra le braccia la persona che amano.
Jack si sentiva completo accanto ad Alex; a volte lo guardava e pensava che con lui avrebbe potuto andare ovunque, seguirlo in capo al mondo, passare con lui il resto della vita. Magari su un tour bus insieme a Zack e Rian; forse prima o poi ce l'avrebbero fatta a sfondare come band e pubblicare un album, chissà.
Quello era sempre stato il suo sogno dal momento in cui aveva preso una chitarra in mano per la prima volta. E viverlo insieme ad Alex sarebbe stato quanto di più bello Jack avrebbe mai potuto desiderare.
-Perché stai sempre dietro a quel tizio?- continuava a dirgli sua madre, affaccendata dietro la cena da preparare o la tv o qualche altro impegnato dannatamente quotidiano e noioso. -Non andrete da nessuna parte con quella band. Come ti ha detto tuo padre, la roba come il rock n' roll non fa per i bravi ragazzi.
-Forse allora noi non siamo bravi ragazzi né abbiamo alcuna intenzione di diventarli.- rispondeva Jack con una scrollata di spalle.
E lui e Alex continuavano a correre per le strade di Baltimora, a vivere della loro musica e delle loro speranze, a sorridersi e amarsi di quell'amore impetuoso, naturale e spensierato che forse solo i più giovani provano, a baciarsi sotto le luci della città.
Alex era luce. Era il sorriso sulle sue labbra. E a Jack sarebbe sempre bastato guardarlo negli occhi per sapere con certezza che sì, lui stava bene, era forse la persona più felice del mondo.
E nessuno avrebbe mai potuto portargli via quella felicità.
   
 
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