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Autore: ladymisteria    22/09/2014    1 recensioni
Quando il Dottore scopre ciò che River gli ha tenuto nascosto per giorni, decide di rinunciare - seppur per un breve periodo - alla sua vita fatta di viaggi in giro per l'universo. Ma ben presto si renderà conto che le avventure più grandi possono facilmente annidarsi anche all'interno del TARDIS.
Versione riveduta e corretta.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 11, River Song
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Baby Time for Doctor and River'
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Il Dottore giocherellò distrattamente con il proprio cacciavite sonico, sonicizzando ogni cosa su cui il suo sguardo si posava.

Non che vi fosse un reale motivo per un simile comportamento - ma il desiderio di occupare il suo tempo in qualche modo, alla fine, aveva avuto la meglio su tutto il resto.

L’uomo sbadigliò.

Non ricordava che l’inattività fosse tanto… stancante.

Emise uno sbuffo.

Normalmente, con River che monopolizzava i suoi pensieri e i suoi gesti in mille e più modi, non aveva modo di rendersi conto di quanto noioso fosse il non far nulla.

Ma in momenti come quello, quando era solo con i suoi pensieri, l’inattività diventava una compagna pressante e difficilmente sopportabile.

Il Dottore si chiese – avvertendo quasi un vago senso di nostalgia – cosa stesse facendo il suo amico Jack Harkness.

Probabilmente lui e la sua squadra stavano rincorrendo qualche alieno proprio in quell’istante.

L’uomo non aveva forse dimostrato di possedere il suo stesso “talento per i guai”, in fondo?

Il Gallifreyano sorrise debolmente al ricordo del loro ultimo incontro.

***

Due mesi prima, nuova sede operativa del Torchwood di Cardiff.

Il Capitano Jack Harkness strinse il Dottore in un abbraccio non appena questi comparve davanti a lui, accompagnato dal consueto rumore di una scossa elettrica che caratterizzava ogni viaggio con il Manipolatore del Vortice.

«Dottore, che piacere vederti! E tutto intero, soprattutto! Credevo che River ti avrebbe fatto a pezzi, dopo il tuo incontro con l’Angelo Piangente» esclamò Jack, divertito.

«Ricordo chiaramente che voleva farmi saltare in aria, e non farmi a pezzi. Fortunatamente ha cambiato idea» lo corresse il Dottore con un ghigno.

I due uomini risero, avviandosi fianco a fianco verso l’ufficio di Jack.

«Ad ogni modo, a che devo questa tua visita, così poco tempo dopo il nostro ultimo incontro? Capisco che devi aver sentito la mia mancanza… Ma ammetto che ricevere il tuo messaggio mi ha sorpreso. Così come il vederti arrivare qui con un Manipolatore del Vortice! Credevo li odiassi» esclamò Jack.

«E’ così. Ancora mi domando come possiate tu e River definirli “mezzi di trasporto”» replicò il Gallifreyano, con un brivido di disgusto.

«Ma non ho potuto fare altrimenti» aggiunse.

Jack lo fissò, confuso.

«Che vuoi dire? E’ successo qualcosa?» chiese, improvvisamente serio.

Il Dottore fece spallucce.

«In realtà sì» disse, vago.

Jack non parlò, in attesa che l’amico continuasse, e per diversi minuti il silenzio regnò sovrano nella stanza.

«E cosa?» domandò alla fine l’uomo, spazientito.

«Niente di cui preoccuparsi, in realtà» replicò l’altro laconico, prima di tornare a chiudersi in un ostinato mutismo.

Il Capitano Harkness represse un verso frustrato.

«Non mi stai aiutando a capire, Dottore»

«Non sto cercando di farlo».

Jack si alzò dalla sua poltrona dietro la scrivania, passandosi una mano sugli occhi e chiedendosi se sarebbe stata una mossa saggia colpire il Signore del Tempo seduto mollemente nella poltroncina di fronte a lui.

«Solo per curiosità… Trovi piacevole guidarmi al limite della follia?» chiese, alla fine.

«Solo al limite? Dovrò sforzarmi di più, allora» ghignò il Dottore.

Jack lo fissò esterrefatto.

Poi sospirò.

«Okay, ricominciamo dall’inizio. Perché sei qui, senza il TARDIS? E dov’è la professoressa Song? Le è successo qualcosa?» chiese.

Il Dottore ghignò nuovamente.

In realtà il suo intento iniziale era quello di mettere Jack al corrente di quanto aveva scoperto solo il giorno prima grazie alla scansione effettuata dalla sua nave - ma una volta arrivato al Torchwood non aveva saputo resistere all’impulso di infastidire un po’ l’amico.

Non poteva di certo farlo con River.

Nelle condizioni in cui si trovava era più pericolosa che mai.

«Devo parlare con te e ho bisogno di tenere il TARDIS nascosto. E’ sul TARDIS. Sì» elencò, alla fine.

«Ho risposto a tutte le tue domande?» chiese, divertito.

Jack si passò una mano fra i capelli, esasperato.

Poi parve rendersi improvvisamente conto di qualcosa.

«Aspetta un attimo… 'Sì'?! Cos’hai fatto alla mia professoressa?» esclamò, scioccato.

Il Dottore fissò l’amico, gli occhi ridotti a due fessure.

«La tua professoressa, Capitano?» sibilò.

Jack lo ignorò.

«Allora? Che le è accaduto?»

«Oh, nulla. E’ incinta» rispose il Gallifreyano, noncurante.

Jack sgranò gli occhi.

«Che cosa?! E di chi…».

Lo sguardo lanciatogli dal Dottore lo fece rabbrividire.

«Voglio dire… Che meravigliosa notizia! Congratulazioni!».

Il Gallifreyano annuì, riconoscente.

«Per questo sono qui. Per farti sapere che le nostre preoccupazioni nei suoi riguardi erano – fortunatamente – immotivate, e per salutarti adeguatamente. Temo infatti che passerà diverso tempo, prima che avremo nuovamente occasione di incontrarci».

L’uomo si mise più comodo.

«Inoltre sono venuto per chiederti un favore» aggiunse il Gallifreyano.

«Qualsiasi cosa».

«Ti sarei grato se tu e la tua squadra vi asteneste dal cercarci, fino a quando non saremo noi a farlo. Spero comprenderai le nostre motivazioni».

Jack annuì.

«Certamente» assicurò.

Lo fissò.

«Quindi… Sparirai di nuovo» disse, alla fine.

Il Dottore scrollò le spalle.

«Devo e voglio farlo. Se continuassi a fare quello che faccio ora attirerei troppo l’attenzione su di me, e di conseguenza anche su River. E non è certo quello che voglio» spiegò.

Jack Harkness annuì nuovamente.

«Dove andrete?» chiese, vago.

Il Dottore ridacchiò.

«Se te lo dicessi, non avresti bisogno di cercarci, Capitano…».

L’uomo lo imitò.

«Tentar non nuoce, giusto?» ammise, con un ghigno.

Il Gallifreyano sorrise divertito, scuotendo il capo.

«In realtà non lo sappiamo ancora. Ma probabilmente rimarremo in continuo movimento, così da non lasciare traccia della nostra presenza in un unico luogo».

I due uomini si scambiarono una lunga occhiata, entrambi a corto di parole.

«Immagino che questa nostra conversazione sia da ritenersi completamente riservata» mormorò Jack.

«Temo di sì. Ci sono molti, là fuori, pronti a tutto per mettere le mani su di me. Se si dovesse venire a sapere dell’arrivo di un nuovo Signore del Tempo…».

La sua voce si spense.

Jack gli strinse significativamente la spalla.

«Hai la mia parola, Dottore»

«Ti ringrazio».

Anche il Dottore si alzò.

«Beh, è ora che vada. Prima potrò sbarazzarmi di questa brutta imitazione di un mezzo di trasporto, meglio sarà per la mia salute mentale» esclamò, indicando il Manipolatore del Vortice al suo polso.

Jack rise, stringendolo in un nuovo abbraccio.

«Porta i miei saluti a River. E cercate di rimanere fuori dai guai» mormorò.

«Dovresti provarci anche tu, ogni tanto» replicò l’altro, restituendo il gesto.

«Ah, non è possibile. I guai riescono sempre a trovarmi, ovunque io sia».

Jack fissò l’amico un’ultima volta, emozionato.

«Un bambino. Mi chiedo ancora come sia potuto succedere» ammise.

Il Dottore scoppiò a ridere.

«E pensare che ti avevo sempre creduto un esperto in questo genere di cose».

Anche Jack rise.

«Sai? Non mi abituerò mai al senso dell’umorismo di quest’ultima tua incarnazione»

«Non sei l’unico, non preoccuparti».

Il Capitano Harkness sorrise, facendo rispettosamente il saluto militare all’amico.

«Buona fortuna, Dottore. E i migliori auguri ad entrambi».

***

Il Dottore diede un’occhiata distratta al proprio orologio, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo quando si rese conto di che ora fosse.

Mise il cacciavite sonico in tasca e si sedette, in attesa.

Sapeva che da lì a pochi minuti River l’avrebbe raggiunto.

Lo faceva sempre.

Tutte le mattine, alle 8:30 precise, la donna si svegliava, percorreva i corridoi, e arrivava nella cucina alle 8:45.

Più volte il Dottore si era chiesto cosa sarebbe accaduto se una mattina quel bizzarro rituale fosse venuto meno, e River si fosse svegliata un’ora più tardi.

Incredibili catastrofi, senza dubbio.

Probabilmente l’esplosione di una galassia sarebbe apparsa come un misero fuoco artificiale, al confronto.

L’uomo guardò nuovamente l’orologio, impaziente: le 8:29.

Era quasi ora.

*

Una River Song decisamente scarmigliata entrò nella cucina, notando a malapena il Dottore seduto in sua attesa.

«’Giorno» borbottò, massaggiandosi lo stomaco provato dalle continue nausee.

«Buongiorno…» replicò l’uomo, fissandola con un sorrisetto mal celato.

«Che c’è?» domandò River, vagamente infastidita da quel comportamento.

«Le 8:42. Tre minuti in anticipo…» rispose il Dottore, come se quella semplice frase bastasse a colmare ogni dubbio.

«Come scusa?» mormorò la donna, prendendo una fetta di pane tostato.

«Stavo notando come tu sia arrivata con tre minuti di anticipo al tuo… appuntamento, stamane».

«Quale appuntamento?».

Il Dottore fece spallucce.

«E io che ne so?».

La professoressa Song fissò il marito, sempre più confusa.

«Ti ha per caso dato di volta il cervello?» esclamò.

L’uomo sembrò piccato.

«Niente affatto! Ho semplicemente notato che ogni mattina ti sveglia alle 8.30, e dopo aver percorso i corridoi, arrivi qui alle 8:45 precise. Ho immaginato che esistesse un muto accordo tra te e questa stanza».

River lo guardò a bocca aperta.

«Mi controlli?!».

Il Dottore scosse il capo.

«Affatto. Ho scoperto per puro caso questo tuo rituale, e con l’andare dei giorni mi sono… appassionato. Voglio essere presente quando qualcosa rovinerà la tua “tabella di marcia”. Immagino sarà un momento memorabile. Chissà, potrei mettere deliberatamente degli ostacoli sul tuo percorso, così da “velocizzare il processo”. Non posso certo chiedere al TARDIS di cambiare la posizione della cucina o della nostra camera; non ti farebbe mai una cosa del genere» disse, allegro.

River si sedette lentamente, indecisa se mettersi a ridere o trascinare con forza il marito nell’infermeria per verificare in qualche modo la poca sanità mentale rimastagli.

«Dì, ti annoi a tal punto?» chiese, alla fine.

Il Dottore si lasciò sfuggire un gemito.

«E’ così evidente?»

«Non lo immagini neppure».

River allontanò il pane tostato, prima che un nuovo attacco di nausea la trasformasse in una campionessa nella corsa su brevi distanze. 

«Che posso dirti… Esci. Vai a salvare qualche pianeta, o a comprare qualche altro cappello idiota. Prometto che non gli sparerò, questa volta» disse, alla fine.

Il Dottore scosse il capo ridendo.

«Non ci penso neppure, professoressa. Se lo facessi, tu non impiegheresti nemmeno un decimo di secondo a prendere possesso del TARDIS e a cacciarti in una situazione potenzialmente mortale. Perché credi abbia nascosto il tuo Manipolatore del Vortice?».

River si finse abbattuta.

«Non ti fidi di me…» pigolò, contrita.

Il Dottore ghignò, piegandosi verso di lei.

«Nemmeno un po’, tesoro. Tu e il concetto di tranquillità siete completamente agli antipodi».

La donna non resistette oltre, e scoppiò a ridere.

«Non ti sei mai lamentato di questo, prima»

«E non lo sto facendo neanche ora».

«Non possiamo nemmeno infastidire una piccola flotta Sontaran?» scherzò River, alzandosi.

«Temo proprio di no» replicò il Dottore imitandola, ed uscendo con lei dalla stanza.

L’uomo sorrise.

Ora che River era al suo fianco in una nuova giornata a bordo del TARDIS, sentì che la noia era tornata ad assopirsi nei recessi della sua mente.

“Fino alla prossima volta”.
 

   
 
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