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Autore: bovarysm_e    22/09/2014    2 recensioni
1945, Hiroshima.
Dopo i bombardamenti, una bambina girovaga tra le macerie e si imbatte in una melodia sbucata "fuori dal nulla". Ignara di ciò che è successo, capisce, al suono di quelle flebili note, della bomba appena scoppiata.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Out of the darkness, brighter than a thousand suns
Iron Maiden, Brighter than a thousand suns





Le scure macchie di fumo si espandevano leggiadre nell’aria, dirottando una danza lenta e torpida, letale nella sua placidità. Il silenzio faceva rumore e il rumore taceva impaurito, come se la tranquillità fosse un’inquietudine terrificante, soppressa dall’impossibilità di mostrarsi. Camminavo trascinandomi la cenere sotto le scarpe, innalzando ad ogni passo un po’ della vita morta che stavo calpestando; un po’ delle case, un po’ dei mobili, un po’ delle persone. A quei tempi non lo sapevo, ero piccola e la mia curiosità mi spingeva ben oltre la moralità. Avrei preso tutta quella polvere tra le mani e trasportata altrove se solo avessi saputo.
Se solo avessi saputo.
I miei occhi infermi girovagavano immersi in quel nulla tetro e sporco, angusto, e ispiravo difficilmente l’aria che aleggiava appesantita sopra ed intorno a me. Mi prudevano così tanto le guance che presi a grattarle con foga, con la paura e la sensazione che la mia pelle stesse per staccarsi. Il brusio di altri come me si avvicinava ronzante alle mie orecchie;  prontamente scacciai subito via quel bisbiglio, come una mosca fastidiosa. Continuai a passeggiare assorta dal paesaggio grigio, squarciando il silenzio in cui mi ero avvolta con qualche colpo di tosse che, ogni tanto, mi martoriava la gola. L’orizzonte si faceva sempre più lontano, distendendo per altre miglia l’oceano di macerie che aveva inondato le strade qualche giorno prima. Io, Pa’ e Ma’ eravamo andati là un po’ per curiosità e un po’ per vedere da vicino ciò che avevamo sentito dire. Nessuno di noi sapeva che da lì a qualche anno saremmo morti tutti.
Avevo perso di vista i miei genitori da un bel pezzo. Non avevo contato i passi che mi retrocedevano come fantasmi, ma sapevo che, se avessi avuto il coraggio di voltarmi, sarei affogata in una nube di nebbia putrida senza vedere nessuno. Così continuai per la mia strada, sperando che il sole, prima o poi, avrebbe scoperchiato il cielo e mostrato il suo candore rasserenante – ciò non successe neanche dopo quella ricognizione. Mai avrei pensato che, da quel giorno, non avrei più assaporato il dolce sapore della felicità.

Passai così tutto il tempo che non vidi scorrermi sulla pelle ormai sporca di fuliggine. Minuti, forse ore, erano trascorsi, e io me li feci sfuggire tutti da sotto al naso, mentre la mia attenzione infantile si focalizzava su ogni aspirale che s’innalzava a mezz’aria all’altezza delle mie spalle. Fatte di – non saprei dire da cosa. Tra un secondo e l’altro, la mia mente goliardica aveva messo su un gioco davvero ingegnoso, e, a parer di quella bambina annoiata, assai divertente. Osservavo i frammenti degli oggetti polverizzati intorno a me (quelli che al meglio rispecchiavano fattezze meno deformate) e cercavo di immaginare cosa sarebbero potute essere. Porte, finestre, scrivanie. Raggiunsi poi un luogo remoto in cui le cose parevano  scheletri e smisi di giocare.  Le porte sgusciate e cocci minuscoli di vetro che brillavano accecanti tempestavano ormai il sentiero. Coi piedi scalciavo gli ostacoli ingombranti sul mio percorso e per un attimo mi sentii davvero triste. Tutto intorno a me giaceva senz’anima e io vagavo curiosa di conoscerne la storia ormai passata. Non conoscevo bene il concetto di passato, ma ricordo che fu proprio lì che prese a farsi concreto dentro di me, fino a procurarmi, col passare del tempo a venire, intollerabili fitte al cuore.
Adagiai le mani nelle tasche del mio pantalone di stoffa, che sull’orlo presentava accese macchie di nero, e feci dietro front per ritornare dai miei. Se avessi visto il mio volto, non mi sarebbero piaciute le pieghe che si erano formate sulla fronte e sugli angoli della bocca imbronciata. Ma non avevo né uno specchio per guardare il mio aspetto né il buonsenso di guardarmi dentro e così ignorai quella sensazione e feci finta di niente. Iniziai così a canticchiare una filastrocca giapponese, la prima che mi passò per la testa in quel momento. Ricordo che faceva così:

« Teru-Teru Bouzu, Teru Bouzu,
 ashita tenki ni shite o-kure.
Itsuka no yume no sora no you
niharetara gin no suzu ageyo.

Teru-Teru Bouzu, Teru Bouzu,
ashita tenki ni shite o-kure.
Watashi no negai wo kiita nara
amai osake wo tanto nomasho.

Teru-Teru Bouzu, Teru Bouzu,
ashita tenki ni shite o-kure.
Moshi mo kumotte naitetara sonata no kubi wo chon to kiru zo. »
*

Ero a metà filastrocca quando una debolissima melodia  sfiorò il mio udito, ri-catapultandomi in quel luogo.
Con le iridi tentai di scovare da dove provenisse il flebile suono, ma invano, perché non vedevo nulla. Ci volle un po’ per capire che cogli occhi non sarei arrivata a nulla. Così li chiusi e mi lasciai trascinare dalle uniche sottili note che riuscii a percepire.

Fu quando afferrai il carillon difettoso che mi accorsi di ciò che era accaduto.
Fu quando quelle note ripetute all’infinito, sbucate fuori dal nulla in quella desolazione immonda, si spensero che mi resi conto che non sarei mai più stata allegra.

Riaprii gli occhi e scorsi un raggio di sole perforare il cielo monocorde.

Sono sicura che non l’avrei mai visto, se non avessi preso quel carillon, più luminoso di mille soli.









Note: *« Teru Teru Bozu, Teru Bozu,
portami il sole domani
Se il cielo sarà sereno come lo sogno
ti regalerò un campanello dorato.

Teru Teru Bozu, Teru Bozu,
portami il sole
domani
Se ascolterai le mie preghiere
ti donerò del sake
dolce

Teru Teru Bozu, Teru Bozu,
portami il sole domani
Se sarà nuvoloso ti staccherò la testa. »

N/A: Sbirciando tra i vari contest, ne ho trovato uno carino, secondo cui bisogna scrivere qualcosa basandosi sulla citazione "Out of the darkness, brighter than thousand suns" di una canzone degli Iron
Maiden. Sfortunatamente è venuto più lungo di quanto è concesso dal regolamento, ma ho voluto lo stesso pubblicarlo. L'argomento della bomba atomica che ha colpito le città di Hiroshima e Nagasaki è molto delicato e forte per un lettore, perciò non ho voluto direttamente parlare di esso, ma alludervi senza eccedere. Spero vi piaccia :)

  
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