Autore: _Riddle { la sottoscritta }.
Allora, è la mia primissima long su TLOR, quindi se trovate errori o incongruenze con il libro segnalatemele, grazie. Le vicende narrate seguiranno il punto di vista di Boromir quando si ritrova nella Compagnia dell’anello. Numerosi flash-back interromperanno le vicende, raccontando momenti di intimità tra lui e Faramir. Perché sì, è un slash e anche incest :P Per tanto: don’t like, don’t read! Ammetto inoltre che il personaggio Boromir non è tra i miei preferiti, ma amo quella paring cuc Non ci sarà solo quella, ma anche altre, che non voglio svelare per guastarvi la sorpresa. Questo è solo il prologo, i prossimi capitoli saranno più lunghi.
Spero sia di vostro gradimento, e recensite, ve ne sarei grata per migliorare.
Buona lettura!
- Devi portarmi l’unico: solo così potremo fronteggiare il male che incombe sul nostro destino, su Gondor - sibilò un uomo piuttosto anziano, dal volto solcato dall’età. Sedeva appoggiato sullo schienale di un trono nero pece.
Nonostante la posizione apparentemente comoda, si potevano intravede i nervi
tesi e le vene pulsare all’inverosimile. Rigido.
- Partiremo dopodomani - intervenne prontamente un giovane dai lineamenti fieri, con voce decisa.
- Partirete?-
- Io e Faramir – chiarì, portandosi una mano al cuore e stringendo la stoffa della tunica . Un barlume cieco brillava nei suoi occhi, come se solo il pronunciare quel nome lo avesse risollevato da terra.
Una risata folle echeggiò nella sala. Boromir alzò improvvisamente lo sguardo, accorgendosi che la fonte di quel suono improvviso era suo padre. Corrugò la fronte, perplesso.
- Divertente, figlio mio, molto…–pronunciò, tra uno spasmo e l’altro, tenendosi lo stomaco.
- Ma adesso il tempo degli scherzi è terminato! –
Divenne improvvisamente serio, cancellando ogni traccia degli attimi precedenti. Laciò così il posto a un’espressione
dura, e spoglia di qualsiasi divertimento.
Solo iridi notturne, che ardevano nel fuoco della cupidigia.
- Io ero serio – balbettò oltremodo confuso, grattandosi la nuca in segno di disagio.
- Non hai ancora afferrato il concetto? Mi deludi, caro Boromir…- lo rimproverò, come fa il maestro con l’allievo
quando non arriva a un ragionamento basilare.
- Ho notato delle carenze, in questi tempi, carenze che correlo a una persona che frequenti più spesso da qualche giorno a questa parte. Lui e tutte quelle scempiaggini sulla musica e sui libri! Ti fa male trascorrere del tempo con lui –
sentenziò gelido, fissando l’altro negli occhi.
- Solamente alcune scorte viaggeranno teco. Tuo fratello rimarrà qui -.
Silenzio. Un silenzio talmente denso che risuonava nelle orecchie come un’entità assordante. Faceva male, feriva i timpani e ilcuore.
- Per il nostro bene – concluse. Aprì un sorriso meramente falso in direzione del primogenito, per addolcire l’atmosfera inquieta.
Non servì a niente.
Il biondo accennò un inchino e girò i tacchi, irato come non mai.
Il sangue gli ribolliva nelle arterie, premeva dolorosamente nelle tempie.
Non aveva mai provato cotanta rabbia nei confronti del padre. Lo disgustava, ma non osava controbattere. Che cosa aveva commesso di male Faramir per ricevere un trattamento del genere?
Bastò quel misero pensiero a provocare l’inondazione delle iridi cerulee. Bollenti lacrime gli rigavano tosto il volto pallido, sgorgando numerose. Gocciolavano sul pavimento, lasciando una scia incompleta.
Fortunatamente il palazzo era vuoto.
O almeno credeva.
Nonostante la posizione apparentemente comoda, si potevano intravede i nervi
tesi e le vene pulsare all’inverosimile. Rigido.
- Partiremo dopodomani - intervenne prontamente un giovane dai lineamenti fieri, con voce decisa.
- Partirete?-
- Io e Faramir – chiarì, portandosi una mano al cuore e stringendo la stoffa della tunica . Un barlume cieco brillava nei suoi occhi, come se solo il pronunciare quel nome lo avesse risollevato da terra.
Una risata folle echeggiò nella sala. Boromir alzò improvvisamente lo sguardo, accorgendosi che la fonte di quel suono improvviso era suo padre. Corrugò la fronte, perplesso.
- Divertente, figlio mio, molto…–pronunciò, tra uno spasmo e l’altro, tenendosi lo stomaco.
- Ma adesso il tempo degli scherzi è terminato! –
Divenne improvvisamente serio, cancellando ogni traccia degli attimi precedenti. Laciò così il posto a un’espressione
dura, e spoglia di qualsiasi divertimento.
Solo iridi notturne, che ardevano nel fuoco della cupidigia.
- Io ero serio – balbettò oltremodo confuso, grattandosi la nuca in segno di disagio.
- Non hai ancora afferrato il concetto? Mi deludi, caro Boromir…- lo rimproverò, come fa il maestro con l’allievo
quando non arriva a un ragionamento basilare.
- Ho notato delle carenze, in questi tempi, carenze che correlo a una persona che frequenti più spesso da qualche giorno a questa parte. Lui e tutte quelle scempiaggini sulla musica e sui libri! Ti fa male trascorrere del tempo con lui –
sentenziò gelido, fissando l’altro negli occhi.
- Solamente alcune scorte viaggeranno teco. Tuo fratello rimarrà qui -.
Silenzio. Un silenzio talmente denso che risuonava nelle orecchie come un’entità assordante. Faceva male, feriva i timpani e ilcuore.
- Per il nostro bene – concluse. Aprì un sorriso meramente falso in direzione del primogenito, per addolcire l’atmosfera inquieta.
Non servì a niente.
Il biondo accennò un inchino e girò i tacchi, irato come non mai.
Il sangue gli ribolliva nelle arterie, premeva dolorosamente nelle tempie.
Non aveva mai provato cotanta rabbia nei confronti del padre. Lo disgustava, ma non osava controbattere. Che cosa aveva commesso di male Faramir per ricevere un trattamento del genere?
Bastò quel misero pensiero a provocare l’inondazione delle iridi cerulee. Bollenti lacrime gli rigavano tosto il volto pallido, sgorgando numerose. Gocciolavano sul pavimento, lasciando una scia incompleta.
Fortunatamente il palazzo era vuoto.
O almeno credeva.