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Autore: Fiamma Erin Gaunt    22/09/2014    0 recensioni
Raccolta su alcuni membri della famiglia Black, una delle mie preferite, con l’aggiunta di alcuni OC come special guest e ci saranno anche personaggi che avete conosciuto in altre mie fic:
I) Pollux Black x Hydra Black (1929)
II) Alphard Black x Polaris Black (1948)
III) Altair Wilkes x Bellatrix Black (1968)
IV) Eltanin Black x Rabastan Lestrange (1976)
V) Charis Selwyn x Regulus Black (1977)
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evan Rosier, Famiglia Black, Nuovo personaggio, Rabastan Lestrange, Wilkes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Slytherin Love Tales'
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Nda: Pollux (1912) è figlio di Cygnus Black e Violetta Bulstrode, nipote di Phineas Nigellus Black (Preside fino al 1931) e Ursula Flint. Fratello maggiore di Cassiopeia (1914), Marius (1917)  e Dorea (1920). Hydra (1914) è figlia di Sirius Black ed Hesper Gamp, nipote di Phineas, cugina di Pollux & co e sorella di Arcturus (1901), Lycoris (1904) e Regulus Black (1906). La shot è ambientata nella prima parte nel 1929 e nella seconda parte nel 1933. Piccola precisazione: nel 1933 Pollux è sposato con Irma Crabbe già da tre anni e hanno generato i loro primi due figli, Walburga (1931) e Alphard (1932), ed è anche per questo che Hydra decide di tagliare ogni contatto amoroso con  il cugino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pollux Black era la perfezione o quanto di più vicino ci fosse. Aveva avuto una carriera di tutto rispetto in quei sette anni a Hogwarts: migliore studente del suo anno, Cacciatore della squadra di Serpeverde al secondo anno, più giovane giocatore a essere diventato Capitano della squadra di Quidditch solo al terzo anno, Prefetto, Dieci GUFO con Eccezionale, Caposcuola.

Tutto questo, unito al fatto che fosse il primogenito di una nobile casata come quella dei Black, lo rendeva un partito più che appetibile agli occhi delle decine di giovani signorine Purosangue alla ricerca di un buon contratto matrimoniale. Suo padre aveva stretto un contratto il giorno del compimento dei suoi sette anni, quando la sua promessa sposa, Irma Crabbe, aveva compiuto cinque anni. Pollux non si era mai preoccupato particolarmente di ciò. I suoi genitori si erano sposati nello stesso modo e così aveva fatto suo nonno e decine di generazioni che l’avevano preceduto. Non era necessario che amasse Irma, bastava generare un erede e poi avrebbe potuto riprendere a ignorarla o dirigere le sue attenzioni verso qualche altra donna.

Questo era quello che aveva sempre pensato prima che i suoi occhi cominciassero a soffermarsi sulla figura snella e sinuosa di Hydra. Sua cugina era coetanea della sua promessa e di sua sorella Cassiopeia, ma possedeva l’attitudine di una regina e sembrava decisamente più matura dei suoi quindici anni. Era dotata della stessa arrogante bellezza dei Black sebbene da sua madre, Hesper Gamp, avesse ereditato gli zigomi cesellati e i tratti un po’ più aguzzi del solito. Anche adesso, mentre lo osservava al centro del campo con lo sguardo risoluto e un manico di scopa stretto saldamente tra le mani, non poteva fare a meno di notare come il singolare grigio bluastro dei suoi occhi fosse in grado di ammaliarlo.

- Cosa pensi di fare, esattamente, Hydra? –

Gli rivolse un piccolo sorriso sghembo. – Non è evidente, Pollux? Voglio entrare in squadra. –

Una ragazza che giocava a Quidditch? Forse non c’era nulla di strano per Mezzosangue e Nate Babbane, ma una Black non poteva seriamente volare in mezzo a una squadra di uomini e impegnarsi in uno sport tanto pericoloso e spiccatamente virile.

- Divertente. Ora perché non torni a fare qualsiasi cosa voi signorine per bene facciate nel vostro tempo libero? –

Hydra non si mosse di un millimetro, continuando a guardarlo dritto in faccia con espressione di sfida. Non avrebbe ceduto, la conosceva bene.

- Peccato solo che io non sia una signorina per bene come la tua promessa sposa. Lascia che ti mostri ciò che so fare – ribattè, alzando di un paio di centimetri la gonna della divisa per sistemarsi agevolmente a cavalcioni del manico di scopa. Si diede la spinta e sfrecciò verso l’alto.

Fece un paio di rapidi giri di campo, spingendo il manico alla massima velocità, per poi avvitarsi ripetutamente e tornare giù in picchiata.

Si scostò una ciocca corvina che le era finita davanti agli occhi e sorrise trionfante, sicura che dopo una prova del genere non avrebbe potuto essere esclusa dalla squadra. Non solo perché era una ragazza.

- Non male – ammise Pollux, con l’aria di chi stava facendo un grande sforzo per riconoscerlo.

- Lo so. –

Il ragazzo scambiò un’occhiata con Robert Rosier, il suo migliore amico, che per tutta risposta allargò le braccia come a dire che la decisione spettava solo a lui.

- D’accordo, sei dei nostri, ma se perdi un allenamento sei fuori. –

- Non lo perderò – assicurò Hydra, aprendosi in un sorriso radioso.

Quando sorrideva in quel modo diventava se possibile ancora più bella. Era così diversa da Irma, così spontanea e allegra rispetto a quella ragazza tanto rigida da sembrare che avesse ingoiato un manico di scopa. Per certi versi assomigliava moltissimo a Cassiopeia, nessun mistero che quelle due fossero migliori amiche, ma non possedeva la spietata vena della sua sorella minore bensì sapeva essere gentile e disponibile anche con coloro che non erano chiaramente appartenenti al suo rango sociale.

Le voltò le spalle, dirigendosi verso gli spogliatoi insieme al resto della squadra. Erano sotto al getto caldo dell’acqua quando Robert si voltò verso di lui e gli rivolse un’occhiata strana. Conosceva quello sguardo e sapeva che c’era qualcosa di cui desiderava parlargli.

- Cosa c’è, Rob? –

- Ho ricevuto una lettera da mio padre questa mattina. Hanno stipulato un contratto matrimoniale – disse, cauto.

Continuava a non capire dove fosse il problema.

- E lei chi è? –

- Hydra. –

La replica gli mozzò per un attimo il respiro e avvertì chiaramente  il cuore saltare un battito. Era ridicolo che reagisse in quel modo. Lui avrebbe sposato Irma, era tutto deciso da dieci anni, e di sicuro Hydra non sarebbe rimasta nubile per tutta la vita. L’idea però che Robert fosse legittimato a mettere le mani su di lei gli faceva attorcigliare lo stomaco. Era gelosia quella che provava?

- Quindi sposerai mia cugina – considerò, spostando la manopola del rubinetto verso sinistra e chiudendo gli occhi quando il getto d’acqua gelida gli si riversò addosso. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, di capire meglio i suoi sentimenti in proposito.

- Già. Devo dire che sono sollevato dal fatto che si tratti di lei. Hydra è diversa da quelle principessine viziate, è una forte, e bè  … lo sai. –

- No, non lo so. E cosa? – replicò, più bruscamente  di quanto fosse lecito.

Robert sembrò imputare la reazione  al fatto che fossero imparentati e che la sua fosse solo iper protettività come quella che provava nei confronti di Cassiopeia e Dorea.

- Bè, Hydra è decisamente sexy. Cioè, lo so che è tua cugina, ma non dirmi che non ci avevi mai fatto caso – concluse.

Se non ci aveva fatto caso?

L’aveva osservata abbandonare le lievi e acerbe forme infantili per sbocciare in un pallido e perfetto bocciolo di rosa. Il pensiero che qualcun altro però potesse trovarla sexy lo irritava, perché era certo che se Robert la pensava così allora dovevano esserci molti altri studenti che condividevano la sua opinione.

- Lei lo sa? –

- Non credo che le abbiano ancora detto nulla. –

Annuì, avvolgendosi in un asciugamano bianco e indossando rapidamente la divisa verde argento. Se si fosse sbrigato sarebbe riuscito a parlarle prima della cena.

Raggiunse i sotterranei proprio mentre lei e Cassiopeia uscivano dalla Sala Comune, pronte per la cena.

- Cassie, ci lasceresti un attimo? Dobbiamo discutere di un paio di cose che riguardano la squadra. –

La sorella assottigliò lo sguardo, apparentemente per nulla convinta, ma si limitò ad annuire e a riprendere a camminare verso la rampa di scale che portava al piano di sopra.

- Lo sai? – le chiese a bruciapelo, fissandola negli occhi con intensità.

Hydra rimase in silenzio, annuendo lentamente.

- Perché non me lo hai detto? –

- Perché avrei dovuto dirtelo? –

- Non si risponde a una domanda con un’altra domanda – replicò, rendendosi conto di quanto suonasse infantile persino alle sue orecchie.

Tuttavia Hydra non si mise a ridere né lo prese in giro, ma lo osservò con un’espressione tra lo stupito e l’incuriosito dipinta sul bel viso.

- Che c’è? –

- Sei geloso. Lo sei, vero Pollux? –

Era inutile negarlo, perlomeno davanti a lei poteva essere onesto.

- Sì, sono geloso. –

- Non l’ho fatto perché dirtelo l’avrebbe reso reale, definitivo, e non volevo – mormorò, abbassando per un attimo gli occhi, - Perché mi piaci, Pollux, e avrei voluto che la scelta  fosse caduta su di te invece che su Robert, ma tu sposerai Irma e non possiamo cambiare le cose. –

Le si avvicinò, prendendola per il mento e obbligandola gentilmente ad alzarlo e tornare a guardarlo negli occhi. Si chinò su di lei con lentezza esasperante, come per darle l’opportunità di tirarsi indietro se l’avesse voluto, e catturò le sue labbra in un bacio lieve e delicato. Si scostò quanto bastava per studiarne la reazione.

Aveva le gote rosse e l’espressione frastornata, gli occhi sembravano sfavillare.

Gli gettò le braccia al collo, attirandolo nuovamente verso di lei e baciandolo a sua volta. Dopo un attimo d’incertezza, Hydra lasciò che fosse l’istinto a guidarla. Le loro labbra che si muovevano all’unisono e le lingue che si cercavano sembravano la cosa più naturale del mondo, la più giusta.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Erano passati quattro anni da quel giorno e, a dispetto di tutto ciò che avevano sperato, non erano riusciti a trovare un modo per stare  insieme. L’ultimo anno a Hogwarts era il ricordo che Pollux conservava più gelosamente dentro al cuore. L’anno in cui si erano finalmente trovati, quando Hydra era diventata sua in tutti i modi umanamente possibili. Adesso, mentre la guardava camminare verso l’altare a testa alta, verso un Robert che sorrideva allegro, desiderò con tutto se stesso essere al suo posto e la fede che portava all’anulare sinistro non gli sembrò mai così pesante e ingombrante come in quel momento.

Terminata la celebrazione e il banchetto venne il momento di aprire le danze. Dopo che Hydra e Robert ebbero ultimato il loro primo ballo da sposati, Pollux si fece avanti e la invitò a danzare.

La strinse a sé con un po’ più impeto di quanto fosse necessario, ma non in modo che qualcuno potesse trovarci qualcosa di strano o inopportuno.

Rimasero in silenzio per tutto il ballo, limitandosi a guardarsi negli occhi e assaporando la piacevolezza causata dalla rispettiva vicinanza. Quando la musica finì, Pollux la prese per mano e la condusse verso il giardino pensile, dove avrebbero potuto stare un po’ da soli, lontani dagli sguardi indiscreti di tutti i presenti. Si chinò su di lei, per baciarla, ma la mano di Hydra sul suo petto lo fermò prima che potesse anche solo sfiorarle quelle labbra morbide.

Negli occhi grigi del giovane uomo passò un lampo di delusione misto a dolore.

- Perché? –

- Perché mi sono sposata da appena due ore e non posso rovinare già tutto … non voglio. –

- Lo ami? –

Hydra scosse la testa. – No, ma Robert mi ama e Irma ama te. Non importa se ci amiamo, Pollux, perché tra di noi non c’è mai stata davvero una possibilità di felicità duratura. Sai cosa succede quando due stelle che non dovrebbero stare vicine entrano in collisione? Esplodono e causano distruzione e io non voglio che accada … non se lo meritano, né Irma né Robert. –

- Quindi ti arrendi così, lasci semplicemente che tutto vada come loro hanno deciso? –

Annuì, gli occhi lucidi per lo sforzo di trattenere le lacrime.

- Ti amo, Pollux, l’ho sempre fatto e lo farò sempre, ma in questa vita sembra non esserci posto per la nostra felicità. –

Si alzò in punta di piedi, sfiorandogli le labbra in un bacio casto, per poi voltargli le spalle e tornare dai suoi invitati.

E lui rimase così, immobile, guardandola allontanarsi.

Hydra aveva ragione: nella vita di un Black non c’era spazio per la vera facilità né per il vero amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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