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Autore: ravenmax    23/09/2014    1 recensioni
Da quando Katniss dà il colpo di grazia scagliando la freccia a quando Cato viene colpito passa un tempo breve, appena un battito di ciglia, appena 125 millisecondi. Abbastanza perchè i ricordi della sua vita e di quella di Clove scorrano di fronte a lui….
Grazie in anticipo a chi vorrà commentare...
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cato, Clove
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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125ms

125 millisecondi...


Katniss mi ha colpito alla mano ed io ho perso l’equilibrio. Sono caduto dalla Cornucopia. Ho anche lasciato andare il suo ragazzo, Peeta, in fondo non volevo realmente portarlo via con me. Ormai non me ne importa più nulla, tutto ciò per cui ho speso la mia vita è dissolto come la nebbia al sole del mattino. Ora sono a terra tra gli ibridi che dilaniano il mio corpo. E’ tremendo, invoco da Katniss quella pietà che tante volte io ho negato alle mie vittime.

Lei tende l’arco e nell’agonia vedo la freccia partire.

Tutta la mia vita è stata spesa per essere il migliore. Nel nostro Distretto solo il primo classificato dell’Accademia ha l’onore di potersi offrire volontario per vincere gli Hunger Games e portare onore al Distretto o affrontare la morte nel tentativo. Ho conosciuto Clove a 12 anni, siamo entrati in Accademia nello stesso anno. Siamo cresciuti insieme, lei era il mio alter ego della sezione femminile. Eravamo i primi in ogni corso, in ogni arte marziale a mani nude, con i bastoni, i coltelli, in tecniche di sabotaggio e guerriglia, in armi, esplosivi e tecniche di sopravvivenza. Lei era splendida, la chiamavano la Regina dei Coltelli, arma nella quale era impareggiabile, non la si era mai vista sbagliare un lancio. Ma l’Accademia ti cambia dentro. Non si possono imparare cose simili dimenticando l’obiettivo finale, quello di massacrare altri 23 ragazzi come noi per essere i vincitori.

Ho visto spegnersi la luce nei suoi occhi, l’ho vista diventare una macchina per uccidere. Ma lei non è sempre stata così. Ogni tanto si apriva un po’ con me, ero il suo unico amico. La sua famiglia non l’aveva mai amata ed aveva pensato per lei quella vita ma all’inizio nel suo cuore c’era spazio anche per l’amore. Io e lei siamo stati bene insieme e lei condivideva con me un piccolo segreto. Aveva un gattino e lo aveva raccolto quando il piccolo era stato abbandonato dentro le mura dell’Accademia. Per quasi tre anni lo aveva tenuto nascosto in un magazzino abbandonato e lo nutriva segretamente, in Accademia non è permesso possedere animali. Io lo sapevo perché lei si fidava di me e me lo aveva mostrato. Un piccolo gatto grigio tigrato, lui e lei avevano gli occhi dello stesso colore. Per questo piccolo essere ho visto sorridere la regina dei coltelli, per la prima volta felice di avere una vita da proteggere anziché da spezzare.

Un Istruttore un giorno seguì Clove fino al magazzino e lo vidi uscire di lì con il gattino preso per la collottola e Clove dinanzi a lui quasi stordita. Si fermò al centro del cortile di fronte a tutta l’accademia in allenamento. Io ero impietrito e fissavo Clove mordendomi il labbro e pregando che tutto si risolvesse senza gravi conseguenze per la mia Clove. L’istruttore ci guardò tutti e disse che avrebbe mostrato cosa succede a chi trasgredisce le regole militari. Lei intuì e una lacrima le rigò il viso. Non l’avevo mai vista così fragile. L’istruttore in un attimo spezzo il collo al gattino, lo gettò a terra come un rifiuto e lo calpestò con gli anfibi. Clove gridò il suo dolore, scoppio a piangere e cadde in ginocchio vicino al corpicino sfracellato della bestiola. L’Istruttore urlò che la pietà non ci avrebbe mai portato da nessuna parte e colpì Clove al volto con una violenza tale da spezzarle il naso e trasformare il suo bel viso in una maschera di sangue. Io ed altri allievi scattammo in avanti per fermarlo ma altri Istruttori ci bloccarono. Dopo alcuni minuti Clove si alzò perdendo sangue e andò a farsi medicare in infermeria. Ma non dimenticherò mai il suo sguardo. Quella che si era rialzata non era più la Clove di prima, era una macchina di morte senza più traccia di umana pietà in lei. Era persa per sempre. Tre giorni dopo in una sessione di allenamento al combattimento Clove massacrò a mani nude quell’Istruttore. Uno scontro rapidissimo, i medici militari dopo l’autopsia dissero che non avevano mai visto tanti danni provocati in così poco tempo da un essere umano ad un altro. Non ci furono conseguenze per lei perché in Accademia se un allievo diviene migliore di un Istruttore significa che l’Istruttore non era degno di quel posto. L’intera Accademia ora temeva Clove, la regina dei coltelli. Non mi parlava quasi più, affezionarsi a qualcuno o qualcosa le aveva provocato solo troppo dolore. Poi finimmo l’Accademia ed io e lei ci offrimmo volontari per gli Hunger Games.

Ho un unico rimpianto: non sono riuscito a proteggerla e lei se ne è andata, aggredita alle spalle. Io le ho voluto bene e darei qualsiasi cosa per vedere ancora una volta i suoi occhi felici, quelli di quando accarezzava il suo gattino, di quando con me si riposava dopo gli allenamenti, di quando con me scherzava nelle camerate.

Dopo 125 millisecondi la freccia trapassa la mia testa e ne sento solo il sibilo ma tutto intorno a me è cambiato: sono nella radura della Cornucopia e Clove è in piedi e proprio di fronte a me con uno dei suoi micidiali coltelli da lancio. Lo scaglia e sibilando si va a piantare a 2 cm dal mio orecchio sinistro, contro un albero alle mie spalle. Sono impietrito ma lei sorride radiosa e bella come il sole e i suoi occhi sono quelli di un tempo, quelli che ho amato.

“La Regina dei Coltelli stavolta ha sbagliato...” le dico ridendo…

“Io non sbaglio mai…sarai tu che ti sei mosso” mi sorride, dolce e pericolosa come una piccola tigre.

  
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