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Autore: Tomocchi    23/09/2014    8 recensioni
Matthew Queen non è né tra i migliori né tra i peggiori detective della sua zona, ma quando John Cain, il capo, gli affida un compito, decide di dare il meglio di sé e dimostrare che lui è il tipo su cui si può contare.
Il lavoro?
Scoprire se Soren Sivertsson, un suo stimato collega, è in combutta con due delle peggiori gang del quartiere ovest.
Non sempre le cose sono facili, ma basta farle a testa alta.
“Tira fuori le palle, Sivertsson! Bisogna vivere fino all’ultimo, qualunque sia l’esito!”
Partecipante al "Quello che non faresti mai: il Reverse Contest!" indetto sul gruppo Facebook "Io scrivo su EFP"
Genere: Azione, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia contestAzione

VISSUTA

FINO ALL’ULTIMO

RESPIRO

 

 

“Ascoltami bene, Queen. Abbiamo dei sospetti su…” l’ultima parola si perse, soffocata dalla confusione di rumori presenti nella stanza.
Matthew Queen strizzò appena gli occhi e inclinò il busto in avanti per sentire meglio il resto del discorso senza riuscirvi.
Lì alla centrale di Polizia c’era sempre molto da fare: colleghi che andavano e venivano, sospetti che insultavano in modo più che colorito i difensori della legge mentre venivano scortati nelle celle, telefonate di denunce che non finivano mai, rendendo ogni squillo insopportabile.
Il suo superiore, John Cain, stava chiedendo un po’ troppo. Se parlava a così bassa voce, come poteva capirlo?
“Scusa John, puoi parlare a voce un po’ più alta? Hai detto di avere dei sospetti su chi…?” domandò il detective con un tono piuttosto forte, tanto che alcuni uomini lì vicino si voltarono incuriositi.
Cain si stampò il palmo della mano in faccia, dopo aver soffocato un sospiro, o forse un’imprecazione.
Fece cenno a Matt di seguirlo fuori, dopo essersi alzato dalla scrivania, per poter parlare meglio e in un posto più discreto.
Una volta arrivati al parcheggio delle auto, Cain sospirò ancora, richiamando l’attenzione di Matt che era intento a sistemarsi i capelli castani, lunghi fin sopra le spalle, usando un finestrino come specchio.
“Queen… Queen… Matt, smettila di rimirarti, è una cosa seria!” Sbottò John, strattonando l’altro per un braccio che, con una smorfia sul viso, gli concesse la propria attenzione.
“Prima ti stavo spiegando che… abbiamo dei sospetti su Sivertsson, io e un altro paio di persone. Hunter, quello che sta dietro la tua scrivania, non so se hai presente…” “Non saprei, capo. Sinceramente, ho di meglio da fare che guardare chi mi sta dietro o davanti la scrivania.” “Spiritoso… Comunque, Hunter ha visto Sivertsson andare nel quartiere a ovest della città, la settimana scorsa, con un fare… furtivo, diceva. E questo anche cinque e due giorni fa… e sai chi c’è in quel quartiere, Queen?”
Il detective si fece pensieroso.
Il quartiere ovest… brutta reputazione.
In quel luogo si consumava da anni una faida tra due fazioni, una irlandese e l’altra cinese, per il controllo del territorio e molto altro.
Ancora non erano riusciti ad arrestarli o porre fine a quella guerra: ogni volta le prove venivano fatte sparire o invalidate, così come eventuali testimoni…
“Ci sono i Fitzpatrick e gli Huang, giusto?”
“Esattamente. Per sicurezza, prima di muovere accuse, ho controllato se per caso fosse un lavoro sotto copertura ma… Non risulta nulla. Ora come ora, Sivertsson sembra essere in combutta con una di quelle due gang… o forse lo è sempre stato e per sua sfortuna si è fatto beccare.” Cain si portò una sigaretta alle labbra, prima di accenderla, con noncuranza.
“Ma ci servono prove, Queen. Dobbiamo fermare questa dilagante criminalità, estirpare questa erbaccia che rovina il nostro corpo di polizia. Giusto? Sei d’accordo?”
“Certo che sono d’accordo!” Lui che era diventato poliziotto proprio per questo non poteva certo dissentire.
“Mi fa piacere sentirti dire così. Te la sentiresti di indagare? Sei bravo nel tuo lavoro e non sei molto legato a Sivertsson quindi non ne saresti nemmeno influenzato…”
Cain lo guardò di sottecchi, con una punta di speranza.
Queen ricambiò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore.
Indagare, di nascosto, sul tradimento di un loro compagno.
Su Sivertsson.
Soren Sivertsson e lui non erano molto legati, anzi, quando ci si ritrovava al pub alla fine di un caso, l’altro gli lanciava spesso frecciatine sulla sua fortuna sfacciata e che se avesse seguito lui il caso avrebbe acciuffato prima il colpevole. Una volta era partito un pugno in risposta a quelle accuse, e la loro zuffa aveva scatenato una serie di scommesse tra i propri colleghi, che avevano puntato su Sivertsson vincente. E così era stato.
Sarebbe stato imparziale? E sarebbe riuscito ad arrestarlo al momento giusto?
Poteva farcela?
Rivolse la propria attenzione al cielo, osservando le sfumature di azzurro e bianco.
Strinse le mani a pugno e annuì.
“Me la sento. Lo farò.”

 

Matthew Queen faceva parte del corpo della polizia giudiziaria, ovvero coloro che si interessavano ad assicurare i criminali alla giustizia e far pagare loro i reati commessi, come detective. Era uscito dall’Accademia di polizia con voti discreti, aveva fatto l’agente addetto al traffico prima di salire al grado investigativo e poter fare il detective. Non brillava certo tra i suoi colleghi, ma lavorava con tanta buona volontà.
Urgh.
Detta così sembrava un bambino delle elementari.
Scosse il capo, gettando un’occhiata alla zona.
Era in prossimità del quartiere ovest e stava seguendo Sivertsson, che non gli sembrava affatto furtivo come gli avevano descritto, anzi.
Pareva piuttosto sicuro di sé.
Queen inarcò un sopracciglio, ricordando le parole di Cain.
“Hunter ha visto Sivertsson andare nel quartiere a ovest della città, la settimana scorsa, con un fare… furtivo”
Che si fosse sbagliato?
Bah, non era importante.
Anzi, il fatto che fosse così spavaldo faceva pensare che ormai fosse dentro quegli affari loschi fino al collo, che ormai ci avesse fatto il callo.
Con una smorfia irritata, tornò dietro al muro del vicolo nel quale si era nascosto, prese fiato e cercò il prossimo posto in cui poterlo osservare e seguire da più vicino.
Ligio com’era quell’uomo, non credeva possibile che fosse finito in mezzo a una delle due gang, ma aveva giusto sentito che aveva subìto grosse perdite di denaro: forse era quello che lo aveva spinto alla ricerca di un aiuto non propriamente etico.
Matthew strinse le labbra e corse dall’altra parte della strada mettendosi dietro il muro.
Innanzitutto doveva scoprire se era in combutta con i Fitzpatrick o gli Huang.
Soffocò una risata tra sé al pensiero di un uomo di origini svedesi alleato di un cinese o un irlandese.
Beh, irlandese era già più plausibile, tutti e due del nord Europa…
Che fossero pensieri un po’ razzisti?
“Che hai da ridere?”
Una voce un po’ bassa e irritata attirò l’attenzione di Matt alla sua destra.
Un uomo ben piazzato dai capelli rossi e una barba incolta lo stava fissando malissimo.
Il detective non ebbe nemmeno il tempo di replicare che l’altro lo afferrò per il colletto e lo alzò da terra, dimostrando di avere molta forza.
Okay. Questo era meglio non farlo incavolare.
“Ho chiesto… che hai da ridere, sbirro? Hai trovato qualcosa di divertente?” ringhiò, avvicinando il proprio viso a quello del povero Matt, che sentì subito l’odore di whiskey presente nel fiato dell’uomo, insieme a quello di fumo.
“N-no… nulla…” rispose affannato il castano, appoggiando le mani su quelle del rosso per potersi liberare.
Quello che doveva essere parte della gang irlandese lo fissò per qualche istante, prima rimetterlo a terra e trascinarlo per un braccio verso un vecchio condominio malandato.
“ E… ehi! Ehi!” Matt chiamò l’uomo più volte, ma questi lo ignorò e lo trascinò in una stanza, lanciandolo contro una sedia vicino ad un tavolo, dopo averlo privato della sua Glock 17 di ordinanza.
Diamine, che male…
“Sai cosa pensavo, sbirro?” cominciò il rosso, accendendosi una sigaretta, “Che invece di ucciderti e attirare qui altri come te, potremmo… scendere ad un compromesso. Collaborare. Non credi ti converrebbe? Ci tieni alla pellaccia, no?”
L’irlandese sogghignò, osservando la faccia confusa dell’altro.
Gli stava davvero…
“Che genere di compromesso? E cosa ti farebbe pensare che io voglia collaborare con voi Fitzpatrick?”
“Oh, quindi hai capito chi sono… e beh… un compromesso… che riguarda la tua vita salva in cambio di qualche informazione sugli Huang. Quei maledetti musi gialli stanno guadagnando terreno, e ho iniziato a fare due conti…”
Il rosso iniziò a camminare per la stanza, a passi lenti e cadenzati, senza staccare gli occhi dal detective.
“Tu stai seguendo un collega… quel tipo, giusto? Che è in combutta coi musi gialli. Incredibile ma vero, da quando c’è lui le cose per loro filano incredibilmente lisce…”
A quella frase, Matt sgranò gli occhi, improvvisamente interessato.
“E queste cose come fai a saperle?” domandò, fissandolo intensamente.
La bocca dell’irlandese si distese in un sorriso ferino, soddisfatto di aver centrato il punto.
Sempre con passo lento, si avvicinò al detective e si abbassò per parlare faccia a faccia.
“Ovviamente ho un infiltrato piuttosto attendibile. E qui arriva la collaborazione…”
Lasciò la frase in sospeso per qualche attimo, prima di continuare “Noi ti procuriamo voci e informazioni. Tu ci togli di mezzo quell’impiccio del tuo collega. Perché è per questo che lo segui, no? Perché sta passando informazioni utili a quei maledetti Huang sfruttando la polizia stessa. E tu, difensore della legge, devi arrestare i corrotti, è esatto?”
Il tono in cui lo aveva definito difensore della legge era evidentemente denigratorio, ma per il momento poteva sorvolare. Non era importante tanto quella proposta che sembrava servita su un piatto d’argento.
Troppo facile, pensò.
Che ci fosse qualcosa sotto?
Il suo dubbio si rifletté sul viso, visto che il rosso si allontanò di qualche passo, incrociando le braccia al petto.
“Questa offerta non ti sarà ripetuta una seconda volta, sbirro. Noi irlandesi siamo di parola. Noi Fitzpatrick siamo di parola. Vogliamo far fuori quegli asiatici lealmente, senza alcun vantaggio. Armi pari. Insomma… tu aiuti noi e noi aiutiamo te. Una mano lava l’altra. Conviene più a te che a noi, no?”
“Appunto per questo non mi convince.”
L’uomo sospirò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
“Senti, sbirro, puoi anche rifiutare. In questo caso io ti pianto una pallottola in testa e lascio tutto così com’è, se non peggio. Se sei un uomo intelligente, capisci che dietro questo cosiddetto ‘favore’ conviene anche per noi non perdere più uomini del necessario…”
In effetti…
L’idea di collaborare con un criminale non lo attirava, ma forse se riusciva a ottenere altro oltre le informazioni, poteva prendere tre piccioni con una fava…
Sbattere in galera Sivertsson, il capo dei Fitzpatrick e quello degli Huang.
Magari lo avrebbero scelto come capo al posto di Cain…
Un bell’ufficio grande, con l’aria condizionata…
Ok, stava correndo troppo con la fantasia.
Dopo qualche attimo di silenzio, Matt si alzò e tese la mano.
Il rosso sorrise vittorioso e sputò sul palmo, prima di porgerlo a sua volta.
Il detective guardò la scena schifato, ma l’altro lo invitò a fare lo stesso.
Con una certa riluttanza, il castano ripeté la stessa cosa e strinse la mano al nuovo alleato, sentendo il contatto  della saliva appiccicosa.
Che schifo.
“Sono Caelan Fitzpatrick. Piacere.”
“Matthew Queen. Non so se posso dire lo stesso.”
Caelan scoppiò a ridere e gli diede una forte pacca sulla schiena, talmente forte che Matt era certo di poter sputare fuori i polmoni.
“Certo che è un piacere, lo sarà! Magari potresti diventarci simpatico, Matt. Lasciarti qualcuna delle nostre donne disponibili, se farai il bravo…”
“Non mi interessano, grazie…”

 

Aveva lasciato il condominio illeso, per fortuna.
Forse si sarebbe ritrovato una botta nera sulla schiena per quella manata, ma non sarebbe stato un problema.
Dopo una buona notte di sonno ristoratore, la mattina successiva Matt arrivò in ufficio con un sorriso a trentadue denti.
Chiunque capì che stava andando tutto bene con il lavoro che gli aveva affidato Cain, perciò cominciarono a scimmiottarlo chiamandolo “cocco del capo” e facendo spesso ridicole imitazioni.
“Volete smetterla? Non sono il cocco. Sto solo facendo bene il mio lavoro.” Commentò Matt, senza riuscire a trattenere un sorriso.
“Tu, che fai bene un lavoro? E quale, di grazia?”
Quella voce…
Il sangue gli si gelò nelle vene quando, dopo essersi voltato, confermò che quella voce apparteneva a Soren Sivertsson.
“Ah… eh… dunque…” che raccontargli ora?
“Il solito… un caso… di… qualcosa…” mugugnò, cercando di far finta di nulla.
“Un caso direttamente affidatogli da Cain!” esclamò Zacharias Morris, un idiota che più idiota non si poteva.
Masticando un insulto tra i denti, Matt lo fulminò con un’occhiataccia, ma quello continuò a sorridere con un ebete. E Soren sembrava sospettoso.
“Un lavoro direttamente dal capo? Forza, racconta.” Lo spronò, mettendo le mani sui fianchi.
“Un…”
Cosa si inventava ora?
“Un lavoro di controllo…”
“Controllo?”
“Sì...”
“E dove?”
“Nel quartiere o…est.”
“A est.”
“Esatto.”
“Dove stanno tutte le case di riposo degli anziani?”
Il castano si diede mentalmente una pacca sulla fronte e annuì, seppur in imbarazzo per aver dimenticato quel dettaglio.
“Devi controllare… le case di riposo?”
“Ehm…”
“Signore avanti con l’età che si prostituiscono? Traffico illecito di medicinali stupefacenti? Non sono cose di cui si dovrebbe occupare l’antidroga e la buoncostume?” Il collega, col sopracciglio inarcato, sembrava decisamente scettico.
“Eh, sai com’è, è un lavoro… speciale. Solo io posso farlo.” Mugugnò ancora, tenendo il capo rivolto altrove.
Soren rimase serio per qualche istante, prima di soffocare una risata.
“Allora si tratterà certamente di babysitting o di cambiare pannoloni!”
“Beh, è un lavoro di tutto rispetto. Un detective indaga…”
“…su dove possa essersi cacciata una signora! Certo, Queen, certo!” Sivertsson si allontanò con il riso sulla bocca, scatenando l’ilarità anche tra gli altri compagni.
Ma guarda te cosa gli toccava fare…
Non vedeva l’ora di incastralo presto!

 

“Sivertsson è in combutta con gli Huang.”
Cain imprecò a denti stretti, schiacciando la sigaretta che aveva appena finito con la punta della scarpa.
“Ne sei sicuro?”
“Certo, capo!” Matt si lanciò nella dettagliata descrizione di come il capo dei Fitzpatrick lo avesse avvicinato con quell’offerta.
Il parcheggio a quell’ora era deserto, perciò poterono parlare e discutere in tutta tranquillità.
“Devo solo raccogliere le prove.”
“Perfetto. Conto su di te, Queen. Mi raccomando. Usa tutto l’aiuto possibile.”
Quelle parole gli fecero incredibilmente piacere.
Il capo contava su di lui… per una buona volta avrebbe dimostrato di essere all’altezza!
Il detective annuì e sorrise, tornando dentro alla centrale.
“Morris, con me!” chiamò, facendo cenno all’idiota che aveva come collega.
Zacharias Morris non era intelligente, furbo e scaltro, ma se gli si davano ordini, lavorava piuttosto bene.
Matt lo sfruttò per tenere le orecchie bene aperte quando Soren rientrava, mentre lui cercava le prove riguardo alle informazioni che arrivavano alla polizia e sfruttate poi dalla gang cinese per merito dello svedese.
Non c’era nulla da ridire sui Fitzpatrick: Caelan gli dava informazioni così dettagliate che il lavoro filava piuttosto liscio.
Un pomeriggio aveva rischiato di scontrarsi con il collega, di ritorno dal covo degli Huang, ma era riuscito a campare per aria una scusa di una visita ad un parente nelle vicinanze.
L’altro non gli era sembrato molto convinto, ma pareva andare piuttosto di fretta e quindi lo aveva presto liquidato con un “va bene.”.
Il detective aveva tirato un sospiro di sollievo, continuando il suo lavoro con attenzione.
Dopo un mese, finalmente, avevano trovato abbastanza prove che fosse coinvolto, e, con l’approvazione di Cain, prepararono un’esca.
L’informazione consisteva nel trasporto di un chilo di cocaina dal luogo X al luogo Y il giorno dopo.
Solo lui, Sivertsson, Hunter e un altro collega erano informati di questo, dopodiché aspettarono.
Giusto un’ora dopo, Sivertsson uscì, seguito da Matt che aveva deciso di annotare ogni singolo movimento del collega.
Lo svedese, come previsto, si recò al quartiere ovest e al covo della gang cinese, parlando fitto fitto con un ragazzo che stava alla porta.
Matt lo fotografò un paio di volte, con un sorriso tronfio sul volto.
Era fatta!

 

Il giorno dopo andò tutto come previsto.
La volante che trasportava la droga fu intercettata da un furgone, che in breve tempo si impossessò del prezioso carico e Matt ebbe la prova certa che ormai Sivertsson era la talpa.
Ottenuto il mandato dal giudice, il detective guidò con sicurezza verso il famigerato quartiere.
Cain sarebbe stato fiero di lui.
Non avrebbe più visto la brutta faccia di Sivertsson.
Avrebbe inoltre sbattuto in galera i Fitzpatrick, anche se in fondo gli dispiaceva –erano persone simpatiche, a modo loro!- e anche gli Huang –loro potevano pure morire, per conto suo.- .
Perso nelle proprie fantasticherie, non si accorse di uno sparo che gli bucò la gomma dell’auto, facendogli perdere il controllo e finire contro un muro.
L’airbag lo protesse dall’impatto, ma lo lasciò stordito per qualche minuto.
Cosa diavolo…

Rumori di armi da fuoco attirarono la sua attenzione, portando lo sguardo sul piccolo campo che stava di fronte al covo degli Huang.
Ai lati sinistri notava alcuni dei Fitzpatrick, con Caelan in testa, e al centro, dietro la sua stessa auto, proprio Sivertsson.
Lo svedese sembrava in difficoltà e ferito ad una spalla.
Matt, seppur poco convinto ma deciso ad arrestarlo, facendo attenzione a come si muoveva lo raggiunse e si mise a sua volta dietro quella specie di piccola barricata.
Era giunto il momento!
“Soren Sivertsson, in qualità di detective della Polizia di…”
“Chiudi quella bocca Queen, ti pare il momento?” sbraitò il collega, stringendo i denti prima di alzarsi rapidamente e sparare un colpo della sua Smith & Wesson1 verso gli stessi Huang.
“Chiudi quella bocca dovrei dirlo io, Sivertsson! Sono qui per arrestarti!”
Lo svedese si voltò a guardarlo ad occhi sgranati.
“Tu… cosa?”
Diversi spari impedirono alla conversazione di proseguire per qualche minuto.
“Io sono venuto qui per arrestarti! Basta fare il finto tonto, ci sei dentro fino al collo!”
“Queen, non ci sto capendo nulla! Parla chiaro!”
“Ti sei alleato con quei mu… con quegli Huang!” per un attimo l’aver passato il tempo coi Fitzpatrick lo aveva quasi sopraffatto, chiamando gli asiatici com’erano soliti fare loro.
Soren lo guardò a bocca aperta, prima di colpirlo alla testa con il calcio della pistola.
“Idiota! Idiota, idiota, idiota! E lo ripeterò sempre, sei un idiota, Queen! Un maledettissimo idiota! Spero di morire oggi, o te le darò di santa ragione da qui fino all’eternità!” sbraitò, prima di alzarsi ancora e sparare.
“Ahio! Idiota, io? Tu lo sei! Impicciarti in questi affari, ti sei rincitrullito?”
“Sì, lo ripeto e sottoscrivo: idiota! Era per lavoro!”
Per lavoro? Ma chi voleva prendere in giro?
“Anche io sono qui per lavoro! Non sparare cazzate, Cain mi ha assicurato che non stavi facendo alcun lavoro di copertura!”
Sivertsson lo fissò con tanto d’occhi, prima di scoppiare a ridere e bloccarsi l’attimo dopo per la ferita alla spalla.
“Ah… è stato Cain a dirti così? Seriamente?”
“Certo! Lui mi ha detto di seguirti e di dimostrare che…”
“Triplo idiota, Queen! È Cain che è in combutta con questi maledetti asiatici!”
Un proiettile per poco non lo ferì ad una gamba, perciò anche Matt decise di iniziare a contrattaccare.
Con la sua Glock 172 tra le mani, riuscì a ferire uno della gang cinese, beccandosi una pacca dal collega.
“Sarai anche un idiota, ma per fortuna hai una buona mira!”
“Sivertsson, ricorda che sono qui per arrestarti!”
“Certo…!”
I due poliziotti si difesero dagli attacchi e quando Caelan riconobbe Matt dietro quella barricata, mandò subito un paio dei suoi uomini per dare supporto.
Purtroppo, più il tempo passava più era chiaro che il clan degli Huang guadagnava terreno e che la macchina dello svedese non avrebbe retto ancora per molto, piena com’era di buchi.
Non poteva morire in uno scontro a fuoco…!
“Nonostante tu abbia preso un granchio, sei stato bravo Queen. Sei riuscito ad ottenere la fiducia dei Fitzpatrick e a trovare le prove per un mandato nei miei confronti… Imbecille com’eri, pensavo ci avresti messo anni.”
Fu il turno di Matt, seppur distrutto, di colpire l’altro con il calcio della propria Glock.
“Cosa sono tutti questi complimenti, all’improvviso?”
“Se non l’hai notato, stiamo per morire…”
Non aveva tutti i torti, ma che il grande e sicuro di sé Soren Sivertsson si arrendesse lo mandava fuori dai gangheri.
“Tira fuori le palle, Sivertsson! Bisogna vivere fino all’ultimo, qualunque sia l’esito!”
Il detective castano si alzò e ferì un altro asiatico, prima di prendere fiato.
“Difenderò la mia vita finché avrò fiato! E tu dovresti fare lo stesso!”
Soren guardò il collega per qualche istante, prima di annuire e alzarsi a sua volta, nonostante la debolezza per colpa della ferita alla spalla.
“Una volta tanto ne hai detta una giusta, Queen!”
Con uno sparo mirato colpì in pieno petto un altro Huang, che finì tra i piedi di un compagno, permettendo così ai Fitzpatrick di guadagnare un po’ di terreno.
Quella rinnovata speranza aumentò quando Matt avvertì dietro di sé il rumore delle sirene a tutto volume.
Voltandosi di scatto, gli si parò davanti il più assurdo spettacolo che avesse mai visto.
In testa, sul lato del passeggero, c’era Morris con un M163 e dietro di lui tutti i rinforzi della centrale di Polizia.
“Largo, largo! Questa è un’operazione di polizia! Largo!”
“Morris! Come…?”
“Queen! Mi avevi promesso un panino al Bar Blondie appena finito l’arresto e non ti sei presentato! Ovvio che qualcosa non andava! Ora, spostatevi che…”
Con uno scatto, Soren afferrò Matt per un braccio e si lanciarono nel vicolo a destra proprio un attimo prima che il missile di un Javelin4 colpisse in pieno la carcassa dell’auto dello svedese.
“Ma sono scemi? Quelle sono armi da esercito!” esplose l’uomo, soffocando un’imprecazione per la ferita che sembrava essersi aggravata.
“Io mi preoccuperei più di farmi dare un’auto nuova, fossi in te…” sdrammatizzò Queen, mentre dietro di loro si scatenava l’inferno.


In pochi attimi, la Polizia sbaragliò ogni difesa e furono effettuati numerosi arresti, sia tra i cinesi che tra gli irlandesi.
Con una punta di rammarico, vide Caelan Fitzpatrick salire su una volante, lamentandosi che lui aveva collaborato con la polizia.
Se non fossero stati dei trafficanti criminali, era anche gente simpatica, alla fine.
“Queen.”
La voce di Sivertsson attirò la sua attenzione, probabilmente per continuare il discorso di prima.
Matt lo fissò, prima di parlare.
“Dovrei arrestarti.”
“Non lo farai.”
“Ho il mandato.”
“E io ho il governatore dalla mia parte. Ho raccolto prove contro Cain tante quante ne hai raccolte tu su di me.”
Era così strano pensare che il suo capo, così buono e onesto, fosse in realtà un bastardo corrotto.
“Cain è un giocatore d’azzardo. Tempo fa ha perso una grossa somma al casinò cinese e per ripagare i debiti passava informazioni agli Huang. Fin qui non ci sarebbero stati troppi problemi… Il peggio è che ha continuato a stare dalla loro parte una volta estinto il debito.
Il governatore mi ha chiesto di infiltrarmi in quella gang per raccogliere prove contro Cain, e ne ho trovate, anche se ben nascoste…”
Infiltrato. Ecco perché aveva perso una grossa somma di denaro anche lui…
“Ma quello scemo di Hunter mi ha beccato ed è andato a riferire tutto a quel traditore. Per questo ti ha affidato il compito di seguirmi e arrestarmi. Non ci sei arrivato, mentre indagavi? Hai creduto che io fossi caduto così in basso da dovermi affidare ad altri?”
Matt abbassò la testa, grattandosi la nuca in leggero imbarazzo.
Certo che gli era passato per la mente, ma la totale fiducia in Cain e l’antipatia nei suoi confronti avevano presto sepolto quel piccolo dubbio.
“Sei proprio un idiota patentato…” soffiò Soren, prima di accasciarsi contro il muro.
Matt lo afferrò prima che cadesse a terra.
Probabilmente la ferita si era aggravata ancora di più.
“Un’ambulanza! Presto! Qualcuno chiami un’ambulanza!”

 

Dieci giorni dopo


“Allora, sei davvero andato in carcere a trovare Cain?”
“Certamente!”
“… ed è andata bene?”
“Non proprio… ha iniziato ad insultarmi… roba pesante, ha tirato dentro un discorso su mia madre e mia sorella che battono la strada o simile…”
“E tu gli hai tirato un pugno, spero.”
“Sei pazzo? C’era il vetro di plexiglass e tutte le guardie! No, ho mantenuto la calma e ho ricambiato ogni singolo insulto.”
“Pfff, non ci credo!”
“L’hanno dovuto portar via in quattro, aveva la bava alla bocca...”
Soren scoppiò in una grassa risata, appoggiando il bicchiere di Whiskey sul bancone del bar prima di rovesciarlo.
Matt rise a sua volta, dandogli una gomitata sul braccio.
“Dillo, che avresti voluto vederlo!”
“Oh, no, la sua faccia quando l’ho arrestato è stata più che soddisfacente.”
Già.
La sparatoria era scoppiata per colpa di un passo falso di Sivertsson. Era risultato sospetto che dopo aver ottenuto la cocaina due della gang fossero stati arrestati, e visto che non si fidavano completamente di Soren, lo avevano attaccato. I Fitzpatrick poi ne avevano approfittato per combattere a loro volta e quello era lo spettacolo che si era presentato davanti a Matt.
Quell’idiota poi aveva rifiutato l’ambulanza, si era appropriato della volante di Morris e si era diretto alla centrale per effettuare l’arresto.
Poi era placidamente svenuto a terra, soccorso da altri colleghi che lo avevano portato finalmente in ospedale.
“Come va la spalla?”
“Meglio. Riesco a muoverla un po’ di più.” Lo svedese mostrò il movimento con un sorriso.
“Queen.”
“Dimmi.”
“Grazie. Di tutto.”
Matt sorrise di rimando, osservando la bevanda di malto irlandese nel proprio bicchiere.
Chissà come stava Caelan.
Sarebbe dovuto andare a trovare anche lui, ma probabilmente avrebbe ricevuto la stessa sequela di insulti di Cain.
“Alla vita!” esclamò, alzando il braccio.
“Alla vita.” Concordò Soren.
“Vissuta fino all’ultimo respiro!”


1 Smith &Wesson 29: un revolver a sei colpi e doppia azione.
2 Glock 17: pistola semiautomatica
3 M16: fucile d’assalto
4 FGM-148 Javelin: arma militare utilizzata in caso di attacco contro i mezzi blindati e carri armati.

 

Il gruppo Facebook
When Tomocchi is joy

Parla Tomocchi: Storia partecipante al Reverse contest indetto sul gruppo “Io scrivo su EFP” :D
Partorita con dolore in una settimana… l’azione non è proprio il mio genere ‘’:’’D ciò nonostante ho trattato la storia come tutte le altre, impegnandomi per fare qualcosa di buono ù-ù
Non è stato semplice… ma eccola qui :°D
Alla prossima!

   
 
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