VISSUTA
FINO
ALL’ULTIMO
RESPIRO
“Ascoltami
bene, Queen. Abbiamo dei sospetti su…”
l’ultima parola si perse, soffocata
dalla confusione di rumori presenti nella stanza.
Matthew Queen strizzò appena gli occhi e inclinò
il busto in avanti per sentire
meglio il resto del discorso senza riuscirvi.
Lì alla centrale di Polizia c’era sempre molto da
fare: colleghi che andavano e
venivano, sospetti che insultavano in modo più che colorito
i difensori della
legge mentre venivano scortati nelle celle, telefonate di denunce che
non
finivano mai, rendendo ogni squillo insopportabile.
Il suo superiore, John Cain, stava chiedendo un po’ troppo.
Se parlava a così
bassa voce, come poteva capirlo?
“Scusa John, puoi parlare a voce un po’
più alta? Hai detto di avere dei
sospetti su chi…?” domandò il detective
con un tono piuttosto forte, tanto che
alcuni uomini lì vicino si voltarono incuriositi.
Cain si stampò il palmo della mano in faccia, dopo aver
soffocato un sospiro, o
forse un’imprecazione.
Fece cenno a Matt di seguirlo fuori, dopo essersi alzato dalla
scrivania, per
poter parlare meglio e in un posto più discreto.
Una volta arrivati al parcheggio delle auto, Cain sospirò
ancora, richiamando
l’attenzione di Matt che era intento a sistemarsi i capelli
castani, lunghi fin
sopra le spalle, usando un finestrino come specchio.
“Queen… Queen… Matt, smettila di
rimirarti, è una cosa seria!” Sbottò
John,
strattonando l’altro per un braccio che, con una smorfia sul
viso, gli concesse
la propria attenzione.
“Prima ti stavo spiegando che… abbiamo dei
sospetti su Sivertsson, io e un
altro paio di persone. Hunter, quello che sta dietro la tua scrivania,
non so
se hai presente…” “Non saprei, capo.
Sinceramente, ho di meglio da fare che
guardare chi mi sta dietro o davanti la scrivania.”
“Spiritoso… Comunque,
Hunter ha visto Sivertsson andare nel quartiere a ovest della
città, la
settimana scorsa, con un fare… furtivo, diceva. E questo
anche cinque e due
giorni fa… e sai chi c’è in quel
quartiere, Queen?”
Il detective si fece pensieroso.
Il quartiere ovest… brutta reputazione.
In quel luogo si consumava da anni una faida tra due fazioni, una
irlandese e
l’altra cinese, per il controllo del territorio e molto altro.
Ancora non erano riusciti ad arrestarli o porre fine a quella guerra:
ogni
volta le prove venivano fatte sparire o invalidate, così
come eventuali
testimoni…
“Ci sono i Fitzpatrick e gli Huang, giusto?”
“Esattamente. Per sicurezza, prima di muovere accuse, ho
controllato se per
caso fosse un lavoro sotto copertura ma… Non risulta nulla.
Ora come ora, Sivertsson
sembra essere in combutta con una di quelle due gang… o
forse lo è sempre stato
e per sua sfortuna si è fatto beccare.” Cain si
portò una sigaretta alle labbra,
prima di accenderla, con noncuranza.
“Ma ci servono prove, Queen. Dobbiamo fermare questa
dilagante criminalità,
estirpare questa erbaccia che rovina il nostro corpo di polizia.
Giusto? Sei
d’accordo?”
“Certo che sono d’accordo!” Lui che era
diventato poliziotto proprio per questo
non poteva certo dissentire.
“Mi fa piacere sentirti dire così. Te la
sentiresti di indagare? Sei bravo nel
tuo lavoro e non sei molto legato a Sivertsson quindi non ne saresti
nemmeno
influenzato…”
Cain lo guardò di sottecchi, con una punta di speranza.
Queen ricambiò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore.
Indagare, di nascosto, sul tradimento di un loro compagno.
Su Sivertsson.
Soren Sivertsson e lui non erano molto legati, anzi, quando ci si
ritrovava al
pub alla fine di un caso, l’altro gli lanciava spesso
frecciatine sulla sua
fortuna sfacciata e che se avesse seguito lui il caso avrebbe
acciuffato prima
il colpevole. Una volta era partito un pugno in risposta a quelle
accuse, e la
loro zuffa aveva scatenato una serie di scommesse tra i propri
colleghi, che avevano
puntato su Sivertsson vincente. E così era stato.
Sarebbe stato imparziale? E sarebbe riuscito ad arrestarlo al momento
giusto?
Poteva farcela?
Rivolse la propria attenzione al cielo, osservando le sfumature di
azzurro e
bianco.
Strinse le mani a pugno e annuì.
“Me la sento. Lo farò.”
Matthew
Queen faceva parte del corpo della polizia giudiziaria, ovvero coloro
che si
interessavano ad assicurare i criminali alla giustizia e far pagare
loro i
reati commessi, come detective. Era uscito dall’Accademia di
polizia con voti
discreti, aveva fatto l’agente addetto al traffico prima di
salire al grado
investigativo e poter fare il detective. Non brillava certo tra i suoi
colleghi, ma lavorava con tanta buona volontà.
Urgh.
Detta così sembrava un bambino delle elementari.
Scosse il capo, gettando un’occhiata alla zona.
Era in prossimità del quartiere ovest e stava seguendo
Sivertsson, che non gli
sembrava affatto furtivo come gli avevano descritto, anzi.
Pareva piuttosto sicuro di sé.
Queen inarcò un sopracciglio, ricordando le parole di Cain.
“Hunter ha visto Sivertsson andare
nel
quartiere a ovest della città, la settimana scorsa, con un
fare… furtivo”
Che si fosse sbagliato?
Bah, non era importante.
Anzi, il fatto che fosse così spavaldo faceva pensare che
ormai fosse dentro
quegli affari loschi fino al collo, che ormai ci avesse fatto il callo.
Con una smorfia irritata, tornò dietro al muro del vicolo
nel quale si era
nascosto, prese fiato e cercò il prossimo posto in cui
poterlo osservare e
seguire da più vicino.
Ligio com’era quell’uomo, non credeva possibile che
fosse finito in mezzo a una
delle due gang, ma aveva giusto sentito che aveva subìto
grosse perdite di
denaro: forse era quello che lo aveva spinto alla ricerca di un aiuto
non
propriamente etico.
Matthew strinse le labbra e corse dall’altra parte della
strada mettendosi
dietro il muro.
Innanzitutto doveva scoprire se era in combutta con i Fitzpatrick o gli
Huang.
Soffocò una risata tra sé al pensiero di un uomo
di origini svedesi alleato di
un cinese o un irlandese.
Beh, irlandese era già più plausibile, tutti e
due del nord Europa…
Che fossero pensieri un po’ razzisti?
“Che hai da ridere?”
Una voce un po’ bassa e irritata attirò
l’attenzione di Matt alla sua destra.
Un uomo ben piazzato dai capelli rossi e una barba incolta lo stava
fissando
malissimo.
Il detective non ebbe nemmeno il tempo di replicare che
l’altro lo afferrò per
il colletto e lo alzò da terra, dimostrando di avere molta
forza.
Okay. Questo era meglio non farlo incavolare.
“Ho chiesto… che hai da ridere, sbirro? Hai
trovato qualcosa di divertente?”
ringhiò, avvicinando il proprio viso a quello del povero
Matt, che sentì subito
l’odore di whiskey presente nel fiato dell’uomo,
insieme a quello di fumo.
“N-no… nulla…” rispose
affannato il castano, appoggiando le mani su quelle del
rosso per potersi liberare.
Quello che doveva essere parte della gang irlandese lo fissò
per qualche
istante, prima rimetterlo a terra e trascinarlo per un braccio verso un
vecchio
condominio malandato.
“ E… ehi! Ehi!” Matt chiamò
l’uomo più volte, ma questi lo ignorò e
lo trascinò
in una stanza, lanciandolo contro una sedia vicino ad un tavolo, dopo
averlo
privato della sua Glock 17 di ordinanza.
Diamine, che male…
“Sai cosa pensavo, sbirro?” cominciò il
rosso, accendendosi una sigaretta, “Che
invece di ucciderti e attirare qui altri come te, potremmo…
scendere ad un
compromesso. Collaborare. Non credi ti converrebbe? Ci tieni alla
pellaccia,
no?”
L’irlandese sogghignò, osservando la faccia
confusa dell’altro.
Gli stava davvero…
“Che genere di compromesso? E cosa ti farebbe pensare che io
voglia collaborare
con voi Fitzpatrick?”
“Oh, quindi hai capito chi sono… e beh…
un compromesso… che riguarda la tua
vita salva in cambio di qualche informazione sugli Huang. Quei
maledetti musi
gialli stanno guadagnando terreno, e ho iniziato a fare due
conti…”
Il rosso iniziò a camminare per la stanza, a passi lenti e
cadenzati, senza
staccare gli occhi dal detective.
“Tu stai seguendo un collega… quel tipo, giusto?
Che è in combutta coi musi
gialli. Incredibile ma vero, da quando c’è lui le
cose per loro filano
incredibilmente lisce…”
A quella frase, Matt sgranò gli occhi, improvvisamente
interessato.
“E queste cose come fai a saperle?”
domandò, fissandolo intensamente.
La bocca dell’irlandese si distese in un sorriso ferino,
soddisfatto di aver
centrato il punto.
Sempre con passo lento, si avvicinò al detective e si
abbassò per parlare
faccia a faccia.
“Ovviamente ho un infiltrato piuttosto attendibile. E qui
arriva la
collaborazione…”
Lasciò la frase in sospeso per qualche attimo, prima di
continuare “Noi ti
procuriamo voci e informazioni. Tu ci togli di mezzo
quell’impiccio del tuo
collega. Perché è per questo che lo segui, no?
Perché sta passando informazioni
utili a quei maledetti Huang sfruttando la polizia stessa. E tu, difensore della legge, devi arrestare i
corrotti, è esatto?”
Il tono in cui lo aveva definito difensore
della legge era evidentemente denigratorio, ma per il momento
poteva
sorvolare. Non era importante tanto quella proposta che sembrava
servita su un
piatto d’argento.
Troppo facile, pensò.
Che ci fosse qualcosa sotto?
Il suo dubbio si rifletté sul viso, visto che il rosso si
allontanò di qualche
passo, incrociando le braccia al petto.
“Questa offerta non ti sarà ripetuta una seconda
volta, sbirro. Noi irlandesi
siamo di parola. Noi Fitzpatrick siamo di parola. Vogliamo far fuori
quegli
asiatici lealmente, senza alcun vantaggio. Armi pari.
Insomma… tu aiuti noi e
noi aiutiamo te. Una mano lava l’altra. Conviene
più a te che a noi, no?”
“Appunto per questo non mi convince.”
L’uomo sospirò, lasciando cadere le braccia lungo
i fianchi.
“Senti, sbirro, puoi anche rifiutare. In questo caso io ti
pianto una pallottola
in testa e lascio tutto così com’è, se
non peggio. Se sei un uomo intelligente,
capisci che dietro questo cosiddetto ‘favore’
conviene anche per noi non
perdere più uomini del necessario…”
In effetti…
L’idea di collaborare con un criminale non lo attirava, ma
forse se riusciva a
ottenere altro oltre le informazioni, poteva prendere tre piccioni con
una
fava…
Sbattere in galera Sivertsson, il capo dei Fitzpatrick e quello degli
Huang.
Magari lo avrebbero scelto come capo al posto di Cain…
Un bell’ufficio grande, con l’aria
condizionata…
Ok, stava correndo troppo con la fantasia.
Dopo qualche attimo di silenzio, Matt si alzò e tese la mano.
Il rosso sorrise vittorioso e sputò sul palmo, prima di
porgerlo a sua volta.
Il detective guardò la scena schifato, ma l’altro
lo invitò a fare lo stesso.
Con una certa riluttanza, il castano ripeté la stessa cosa e
strinse la mano al
nuovo alleato, sentendo il contatto della
saliva appiccicosa.
Che schifo.
“Sono Caelan Fitzpatrick. Piacere.”
“Matthew Queen. Non so se posso dire lo stesso.”
Caelan scoppiò a ridere e gli diede una forte pacca sulla
schiena, talmente
forte che Matt era certo di poter sputare fuori i polmoni.
“Certo che è un piacere, lo sarà!
Magari potresti diventarci simpatico, Matt. Lasciarti
qualcuna delle nostre donne disponibili, se farai il
bravo…”
“Non mi interessano, grazie…”
Aveva
lasciato il condominio illeso, per fortuna.
Forse si sarebbe ritrovato una botta nera sulla schiena per quella
manata, ma
non sarebbe stato un problema.
Dopo una buona notte di sonno ristoratore, la mattina successiva Matt
arrivò in
ufficio con un sorriso a trentadue denti.
Chiunque capì che stava andando tutto bene con il lavoro che
gli aveva affidato
Cain, perciò cominciarono a scimmiottarlo chiamandolo
“cocco del capo” e
facendo spesso ridicole imitazioni.
“Volete smetterla? Non sono il cocco. Sto solo facendo bene
il mio lavoro.”
Commentò Matt, senza riuscire a trattenere un sorriso.
“Tu, che fai bene un lavoro? E quale, di grazia?”
Quella voce…
Il sangue gli si gelò nelle vene quando, dopo essersi
voltato, confermò che quella
voce apparteneva a Soren Sivertsson.
“Ah… eh… dunque…”
che raccontargli ora?
“Il solito… un caso… di…
qualcosa…” mugugnò, cercando di far
finta di nulla.
“Un caso direttamente affidatogli da Cain!”
esclamò Zacharias Morris, un idiota
che più idiota non si poteva.
Masticando un insulto tra i denti, Matt lo fulminò con
un’occhiataccia, ma
quello continuò a sorridere con un ebete. E Soren sembrava
sospettoso.
“Un lavoro direttamente dal capo? Forza, racconta.”
Lo spronò, mettendo le mani
sui fianchi.
“Un…”
Cosa si inventava ora?
“Un lavoro di controllo…”
“Controllo?”
“Sì...”
“E dove?”
“Nel quartiere o…est.”
“A est.”
“Esatto.”
“Dove stanno tutte le case di riposo degli anziani?”
Il castano si diede mentalmente una pacca sulla fronte e
annuì, seppur in imbarazzo
per aver dimenticato quel dettaglio.
“Devi controllare… le case di riposo?”
“Ehm…”
“Signore avanti con l’età che si
prostituiscono? Traffico illecito di medicinali
stupefacenti? Non sono cose di cui si dovrebbe occupare
l’antidroga e la
buoncostume?” Il collega, col sopracciglio inarcato, sembrava
decisamente
scettico.
“Eh, sai com’è, è un
lavoro… speciale. Solo io posso farlo.”
Mugugnò ancora,
tenendo il capo rivolto altrove.
Soren rimase serio per qualche istante, prima di soffocare una risata.
“Allora si tratterà certamente di babysitting o di
cambiare pannoloni!”
“Beh, è un lavoro di tutto rispetto. Un detective
indaga…”
“…su dove possa essersi cacciata una signora!
Certo, Queen, certo!” Sivertsson
si allontanò con il riso sulla bocca, scatenando
l’ilarità anche tra gli altri
compagni.
Ma guarda te cosa gli toccava fare…
Non vedeva l’ora di incastralo presto!
“Sivertsson
è in combutta con gli Huang.”
Cain imprecò a denti stretti, schiacciando la sigaretta che
aveva appena finito
con la punta della scarpa.
“Ne sei sicuro?”
“Certo, capo!” Matt si lanciò nella
dettagliata descrizione di come il capo dei
Fitzpatrick lo avesse avvicinato con quell’offerta.
Il parcheggio a quell’ora era deserto, perciò
poterono parlare e discutere in
tutta tranquillità.
“Devo solo raccogliere le prove.”
“Perfetto. Conto su di te, Queen. Mi raccomando. Usa tutto
l’aiuto possibile.”
Quelle parole gli fecero incredibilmente piacere.
Il capo contava su di lui… per una buona volta avrebbe
dimostrato di essere all’altezza!
Il detective annuì e sorrise, tornando dentro alla centrale.
“Morris, con me!” chiamò, facendo cenno
all’idiota che aveva come collega.
Zacharias Morris non era intelligente, furbo e scaltro, ma se gli si
davano
ordini, lavorava piuttosto bene.
Matt lo sfruttò per tenere le orecchie bene aperte quando
Soren rientrava, mentre
lui cercava le prove riguardo alle informazioni che arrivavano alla
polizia e
sfruttate poi dalla gang cinese per merito dello svedese.
Non c’era nulla da ridire sui Fitzpatrick: Caelan gli dava
informazioni così
dettagliate che il lavoro filava piuttosto liscio.
Un pomeriggio aveva rischiato di scontrarsi con il collega, di ritorno
dal covo
degli Huang, ma era riuscito a campare per aria una scusa di una visita
ad un
parente nelle vicinanze.
L’altro non gli era sembrato molto convinto, ma pareva andare
piuttosto di
fretta e quindi lo aveva presto liquidato con un “va
bene.”.
Il detective aveva tirato un sospiro di sollievo, continuando il suo
lavoro con
attenzione.
Dopo un mese, finalmente, avevano trovato abbastanza prove che fosse
coinvolto,
e, con l’approvazione di Cain, prepararono un’esca.
L’informazione consisteva nel trasporto di un chilo di
cocaina dal luogo X al
luogo Y il giorno dopo.
Solo lui, Sivertsson, Hunter e un altro collega erano informati di
questo,
dopodiché aspettarono.
Giusto un’ora dopo, Sivertsson uscì, seguito da
Matt che aveva deciso di
annotare ogni singolo movimento del collega.
Lo svedese, come previsto, si recò al quartiere ovest e al
covo della gang
cinese, parlando fitto fitto con un ragazzo che stava alla porta.
Matt lo fotografò un paio di volte, con un sorriso tronfio
sul volto.
Era fatta!
Il giorno
dopo andò tutto come previsto.
La volante che trasportava la droga fu intercettata da un furgone, che
in breve
tempo si impossessò del prezioso carico e Matt ebbe la prova
certa che ormai
Sivertsson era la talpa.
Ottenuto il mandato dal giudice, il detective guidò con
sicurezza verso il
famigerato quartiere.
Cain sarebbe stato fiero di lui.
Non avrebbe più visto la brutta faccia di Sivertsson.
Avrebbe inoltre sbattuto in galera i Fitzpatrick, anche se in fondo gli
dispiaceva
–erano persone simpatiche, a modo loro!- e anche gli Huang
–loro potevano pure
morire, per conto suo.- .
Perso nelle proprie fantasticherie, non si accorse di uno sparo che gli
bucò la
gomma dell’auto, facendogli perdere il controllo e finire
contro un muro.
L’airbag lo protesse dall’impatto, ma lo
lasciò stordito per qualche minuto.
Cosa diavolo…
Rumori di
armi da fuoco attirarono la sua attenzione, portando lo sguardo sul
piccolo
campo che stava di fronte al covo degli Huang.
Ai lati sinistri notava alcuni dei Fitzpatrick, con Caelan in testa, e
al
centro, dietro la sua stessa auto, proprio Sivertsson.
Lo svedese sembrava in difficoltà e ferito ad una spalla.
Matt, seppur poco convinto ma deciso ad arrestarlo, facendo attenzione
a come
si muoveva lo raggiunse e si mise a sua volta dietro quella specie di
piccola
barricata.
Era giunto il momento!
“Soren Sivertsson, in qualità di detective della
Polizia di…”
“Chiudi quella bocca Queen, ti pare il momento?”
sbraitò il collega, stringendo
i denti prima di alzarsi rapidamente e sparare un colpo della sua Smith
&
Wesson1 verso gli stessi Huang.
“Chiudi quella bocca dovrei dirlo io, Sivertsson! Sono qui
per arrestarti!”
Lo svedese si voltò a guardarlo ad occhi sgranati.
“Tu… cosa?”
Diversi spari impedirono alla conversazione di proseguire per qualche
minuto.
“Io sono venuto qui per arrestarti! Basta fare il finto
tonto, ci sei dentro
fino al collo!”
“Queen, non ci sto capendo nulla! Parla chiaro!”
“Ti sei alleato con quei mu… con quegli
Huang!” per un attimo l’aver passato il
tempo coi Fitzpatrick lo aveva quasi sopraffatto, chiamando gli
asiatici
com’erano soliti fare loro.
Soren lo guardò a bocca aperta, prima di colpirlo alla testa
con il calcio
della pistola.
“Idiota! Idiota, idiota, idiota! E lo ripeterò
sempre, sei un idiota, Queen! Un
maledettissimo idiota! Spero di morire oggi, o te le darò di
santa ragione da
qui fino all’eternità!”
sbraitò, prima di alzarsi ancora e sparare.
“Ahio! Idiota, io? Tu lo sei! Impicciarti in questi affari,
ti sei
rincitrullito?”
“Sì, lo ripeto e sottoscrivo: idiota! Era per
lavoro!”
Per lavoro? Ma chi voleva prendere in giro?
“Anche io sono qui per lavoro! Non sparare cazzate, Cain mi
ha assicurato che
non stavi facendo alcun lavoro di copertura!”
Sivertsson lo fissò con tanto d’occhi, prima di
scoppiare a ridere e bloccarsi
l’attimo dopo per la ferita alla spalla.
“Ah… è stato Cain a dirti
così? Seriamente?”
“Certo! Lui mi ha detto di seguirti e di dimostrare
che…”
“Triplo idiota, Queen! È Cain che è in
combutta con questi maledetti asiatici!”
Un proiettile per poco non lo ferì ad una gamba,
perciò anche Matt decise di
iniziare a contrattaccare.
Con la sua Glock 172 tra le mani,
riuscì a ferire uno della gang
cinese, beccandosi una pacca dal collega.
“Sarai anche un idiota, ma per fortuna hai una buona
mira!”
“Sivertsson, ricorda che sono qui per arrestarti!”
“Certo…!”
I due poliziotti si difesero dagli attacchi e quando Caelan riconobbe
Matt
dietro quella barricata, mandò subito un paio dei suoi
uomini per dare
supporto.
Purtroppo, più il tempo passava più era chiaro
che il clan degli Huang
guadagnava terreno e che la macchina dello svedese non avrebbe retto
ancora per
molto, piena com’era di buchi.
Non poteva morire in uno scontro a fuoco…!
“Nonostante tu abbia preso un granchio, sei stato bravo
Queen. Sei riuscito ad
ottenere la fiducia dei Fitzpatrick e a trovare le prove per un mandato
nei
miei confronti… Imbecille com’eri, pensavo ci
avresti messo anni.”
Fu il turno di Matt, seppur distrutto, di colpire l’altro con
il calcio della
propria Glock.
“Cosa sono tutti questi complimenti,
all’improvviso?”
“Se non l’hai notato, stiamo per
morire…”
Non aveva tutti i torti, ma che il grande e sicuro di sé
Soren Sivertsson si
arrendesse lo mandava fuori dai gangheri.
“Tira fuori le palle, Sivertsson! Bisogna vivere fino
all’ultimo, qualunque sia
l’esito!”
Il detective castano si alzò e ferì un altro
asiatico, prima di prendere fiato.
“Difenderò la mia vita finché
avrò fiato! E tu dovresti fare lo stesso!”
Soren guardò il collega per qualche istante, prima di
annuire e alzarsi a sua
volta, nonostante la debolezza per colpa della ferita alla spalla.
“Una volta tanto ne hai detta una giusta, Queen!”
Con uno sparo mirato colpì in pieno petto un altro Huang,
che finì tra i piedi
di un compagno, permettendo così ai Fitzpatrick di
guadagnare un po’ di
terreno.
Quella rinnovata speranza aumentò quando Matt
avvertì dietro di sé il rumore
delle sirene a tutto volume.
Voltandosi di scatto, gli si parò davanti il più
assurdo spettacolo che avesse
mai visto.
In testa, sul lato del passeggero, c’era Morris con un M163
e dietro
di lui tutti i rinforzi della centrale di Polizia.
“Largo, largo! Questa è un’operazione di
polizia! Largo!”
“Morris! Come…?”
“Queen! Mi avevi promesso un panino al Bar Blondie appena
finito l’arresto e
non ti sei presentato! Ovvio che qualcosa non andava! Ora, spostatevi
che…”
Con uno scatto, Soren afferrò Matt per un braccio e si
lanciarono nel vicolo a
destra proprio un attimo prima che il missile di un Javelin4
colpisse in pieno la carcassa dell’auto dello svedese.
“Ma sono scemi? Quelle sono armi da esercito!”
esplose l’uomo, soffocando
un’imprecazione per la ferita che sembrava essersi aggravata.
“Io mi preoccuperei più di farmi dare
un’auto nuova, fossi in te…”
sdrammatizzò
Queen, mentre dietro di loro si scatenava l’inferno.
In pochi attimi, la Polizia sbaragliò ogni difesa e furono
effettuati numerosi
arresti, sia tra i cinesi che tra gli irlandesi.
Con una punta di rammarico, vide Caelan Fitzpatrick salire su una
volante,
lamentandosi che lui aveva collaborato con la polizia.
Se non fossero stati dei trafficanti criminali, era anche gente
simpatica, alla
fine.
“Queen.”
La voce di Sivertsson attirò la sua attenzione,
probabilmente per continuare il
discorso di prima.
Matt lo fissò, prima di parlare.
“Dovrei arrestarti.”
“Non lo farai.”
“Ho il mandato.”
“E io ho il governatore dalla mia parte. Ho raccolto prove
contro Cain tante
quante ne hai raccolte tu su di me.”
Era così strano pensare che il suo capo, così
buono e onesto, fosse in realtà
un bastardo corrotto.
“Cain è un giocatore d’azzardo. Tempo fa
ha perso una grossa somma al casinò
cinese e per ripagare i debiti passava informazioni agli Huang. Fin qui
non ci
sarebbero stati troppi problemi… Il peggio è che
ha continuato a stare dalla
loro parte una volta estinto il debito.
Il governatore mi ha chiesto di infiltrarmi in quella gang per
raccogliere
prove contro Cain, e ne ho trovate, anche se ben
nascoste…”
Infiltrato. Ecco perché aveva perso una grossa somma di
denaro anche lui…
“Ma quello scemo di Hunter mi ha beccato ed è
andato a riferire tutto a quel
traditore. Per questo ti ha affidato il compito di seguirmi e
arrestarmi. Non
ci sei arrivato, mentre indagavi? Hai creduto che io fossi caduto
così in basso
da dovermi affidare ad altri?”
Matt abbassò la testa, grattandosi la nuca in leggero
imbarazzo.
Certo che gli era passato per la mente, ma la totale fiducia in Cain e
l’antipatia nei suoi confronti avevano presto sepolto quel
piccolo dubbio.
“Sei proprio un idiota patentato…”
soffiò Soren, prima di accasciarsi contro il
muro.
Matt lo afferrò prima che cadesse a terra.
Probabilmente la ferita si era aggravata ancora di più.
“Un’ambulanza! Presto! Qualcuno chiami
un’ambulanza!”
Dieci
giorni dopo
“Allora, sei davvero andato in carcere a trovare
Cain?”
“Certamente!”
“… ed è andata bene?”
“Non proprio… ha iniziato ad
insultarmi… roba pesante, ha tirato dentro un
discorso su mia madre e mia sorella che battono la strada o
simile…”
“E tu gli hai tirato un pugno, spero.”
“Sei pazzo? C’era il vetro di plexiglass e tutte le
guardie! No, ho mantenuto
la calma e ho ricambiato ogni singolo insulto.”
“Pfff, non ci credo!”
“L’hanno dovuto portar via in quattro, aveva la
bava alla bocca...”
Soren scoppiò in una grassa risata, appoggiando il bicchiere
di Whiskey sul
bancone del bar prima di rovesciarlo.
Matt rise a sua volta, dandogli una gomitata sul braccio.
“Dillo, che avresti voluto vederlo!”
“Oh, no, la sua faccia quando l’ho arrestato
è stata più che soddisfacente.”
Già.
La sparatoria era scoppiata per colpa di un passo falso di Sivertsson.
Era
risultato sospetto che dopo aver ottenuto la cocaina due della gang
fossero
stati arrestati, e visto che non si fidavano completamente di Soren, lo
avevano
attaccato. I Fitzpatrick poi ne avevano approfittato per combattere a
loro
volta e quello era lo spettacolo che si era presentato davanti a Matt.
Quell’idiota poi aveva rifiutato l’ambulanza, si
era appropriato della volante
di Morris e si era diretto alla centrale per effettuare
l’arresto.
Poi era placidamente svenuto a terra, soccorso da altri colleghi che lo
avevano
portato finalmente in ospedale.
“Come va la spalla?”
“Meglio. Riesco a muoverla un po’ di
più.” Lo svedese mostrò il movimento
con
un sorriso.
“Queen.”
“Dimmi.”
“Grazie. Di tutto.”
Matt sorrise di rimando, osservando la bevanda di malto irlandese nel
proprio
bicchiere.
Chissà come stava Caelan.
Sarebbe dovuto andare a trovare anche lui, ma probabilmente avrebbe
ricevuto la
stessa sequela di insulti di Cain.
“Alla vita!” esclamò, alzando il braccio.
“Alla vita.” Concordò Soren.
“Vissuta fino all’ultimo respiro!”
1 Smith &Wesson 29: un revolver a sei colpi e doppia azione.
2 Glock 17: pistola semiautomatica
3 M16: fucile d’assalto
4 FGM-148 Javelin: arma militare utilizzata in caso di attacco contro i
mezzi
blindati e carri armati.
Il
gruppo Facebook
When
Tomocchi is joy
Parla
Tomocchi: Storia
partecipante al Reverse contest indetto sul gruppo “Io scrivo
su EFP” :D
Partorita con dolore
in una settimana… l’azione non è
proprio il mio genere ‘’:’’D
ciò nonostante ho trattato la storia come tutte le altre,
impegnandomi per fare
qualcosa di buono ù-ù
Non è stato
semplice… ma eccola qui :°D
Alla prossima!