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Autore: Britomarti    23/09/2014    2 recensioni
Aprile 1507, Lucrezia Borgia riceve la notizia della caduta di suo fratello Cesare.
Decide, dunque, di ritirarsi per due giorni in un convento di Ferrara affinché possa pregare per lui.
E nel ritiro, sola con la sua anima lacerata, riflette sulla figura oscura di suo fratello. E prega per lui, perché non le resta che nient'altro da poter fare.
"Cesare Borgia non è stato un uomo buono. Lei, più di tutti, avrebbe il diritto di ardere d'odio per lui.
Lei più di tutti sa quanto nero fosse veramente il suo cuore, come forse nessuno può davvero sapere."
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Sic transit gloria mundi, Così passa la gloria del mondo

Si dice che Lucrezia Borgia abbia reagito con sincero dolore alla notizia della morte di suo fratello Cesare. Il rapporto frai due è decisamente oscuro e reso ancora più incerto dai sospetti dell'epoca di un'eventuale relazione incestuosa frai due. Da ciò che si evince dalle biografie di Lucrezia è che ci fosse un affetto reale tra lei e il Duca Valentino, nonostante Cesare abbia più volte usato la sorella per i suoi scopi politici.

Ed è proprio lui, però, a macchiarsi di crimini indicibili che causano atroci sofferenze alla giovane sorella : dapprima uccide il suo amante, per motivi che restano di fatto oscuri, poi si macchia di fratricidio uccidendo il fratello Juan.
Dunque, nonostante la reazione genuina di Lucrezia all'annuncio della morte di Cesare che dai suoi biografi viene considerata come trionfo dell'amore fraterno, sono dell'opinione che la Duchessa di Ferrara non ha potuto non sentirsi un po' liberata dalla morte di Cesare. 


Aprile 1507

Una figura solitaria è inginocchiata di fronte all'altare. Nel convento regna il più grave dei silenzi. Deve essere notte tarda. Tutto è sopito, tutto è silente. Non un suono viene a disturbare la tranquillità che regna nella cappella.
La figura prostrata tiene le mani giunte, serrate in una morsa. Ha la testa china e gli occhi chiusi.
La flebile luce delle candele fa brillare di riflessi d'oro i capelli biondi di Lucrezia Borgia, mentre con tutto il suo cuore, prega.
E' tutto il giorno che non fa altro che pregare, con una fervente devozione che raramente nella sua giovane vita ha mostrato.
Non si è spesso rivolta al Signore, Lucrezia. Non più di quanto le sia stato imposto da quelli che si occupavano della sua educazione. Non ha, forse, mai sentito un profondo bisogno di rivolgere a qualcuno le sue preghiere. Il suo destino non è mai stato che nelle mani di un unico uomo : suo padre, il Papa, Alessandro VI.
E se la sua vita dipendeva unicamente da quelle santissime mani, che bisogno aveva di pregare? Chi avrebbe ascoltato le sue preghiere?

Ma stavolta è accaduto qualcosa di diverso. Il motivo che l'ha spinta ad allontanarsi dalla corte di Ferrara per giungere in quel convento, non riguarda lei.
Una notizia ha sconvolto il giovane cuore di Lucrezia Borgia, e ha risvegliato in lei sentimenti sopiti da tempo.
Una notizia, giunta da Roma, ha risvegliato demoni oscuri che si annidavano negli angoli più nascosti di quel povero cuore tanto avvezzo alle sofferenze.
Hanno comunicato a Lucrezia che suo fratello Cesare è stato ferito in battaglia e questo è bastato a gettarla in una spirale di dolore, paura ed incertezza.
Le sembra di essere tornata a Roma, la sua casa, quando ancora la sua vita e la sua persona non erano che strumento in mani altrui. Quando la sua felicità era continuamente messa a repentaglio dalle mire di potere del padre e di quel fratello.
Quel fratello che ora, pensava la giovane, doveva sicuramente giacere ferito, forse gravemente, da qualche parte.
E lei non può fare nulla. Non c'è niente che può fare per lui, adesso.
Non può scrivere lettere di intercessione a nessuno, come ha fatto finché lo hanno tenuto prigioniero, non può neppure raggiungerlo. Si sente completamente impotente.

Lucrezia Borgia non può che pregare per lui. E sperare che quel Dio non volti le spalle a quel fratello empio, che nonostante tutto lei ama. D'altra parte...è tutto ciò che le rimane della sua famiglia.
La notizia della caduta di Cesare apre vecchie ferite nel cuore della giovane Lucrezia.
Cose oscure, vecchi segreti che aveva messo da parte, sperando di riuscire a dimenticare un giorno.

Adesso, nel silenzio della cappella, inginocchiata di fronte all'altare, la Duchessa di Ferrara riflette sull'uomo il cui nome ha fatto tremare l'Italia intera.

Cesare Borgia non è stato un uomo buono. 
Questo lo sa, sebbene abbia sempre finto di non sapere, di non essere a conoscenza della reputazione del fratello.
Sa che suo fratello non è un uomo buono, chi meglio di lei può saperlo? Lei, più di tutti, avrebbe il diritto di ardere d'odio per lui.
Lei più di tutti sa quanto nero fosse veramente il suo cuore, come forse nessuno può davvero sapere.

Ricorda ancora perfettamente la volta in cui ha compreso la vera natura di suo fratello.

Apre gli occhi, osservando le sacre figure che sovrastano l'altare. Il viso del Cristo sulla croce è rivolto in basso verso di lei e sembra restituirle lo sguardo. Uno sguardo pieno di dolore, quasi di compassione.
Tuttavia Lucrezia non vede l'altare, come non vede l'oro che la circonda e che sembra vibrare alla luce tremula delle candele.
La sua mente è lontana, lontana nel tempo e nello spazio.
E' nuovamente nel suo palazzo di Santa Maria  in Portico. Sente quei vecchi sentimenti risvegliarsi nel suo cuore : la tristezza causata dal matrimonio annullato e per gli atroci sospetti che gravano sulle sue giovani spalle( l'accusano, maligni, di rapporti incestuosi col fratello e persino col padre!). L'insofferenza per quella vita di giovane donna mai liberamente vissuta. La rassegnazione di fronte alla morte di tutti i suoi sogni, per un avvenire felice.
Eppure è proprio in quel regno di sofferenza dove l'ombra lunga del Santo Padre e delle sue brame gravava su di lei, che Lucrezia conosce forse l'unico vero amore della sua vita.
Il suo nome è Pedro Caldéron, un giovane dagli occhi vivaci ed il sorriso dolce, la cui voce vibra del melodioso accento spagnolo.
Suo padre l'ha mandato presso di lei, non in qualità di vigilante, come la giovane ha temuto, ma come intermediario fra lei e il Santo Padre.
Lucrezia che ,fra quegli immensi spazi vuoti dove è accerchiata da schiere di dame di corte e cameratiste ossequianti, si sente sola come non mai concede subito tutto il suo cuore a Pedro.

Non ancora diciottenne la giovane Borgia s'inebria di un amore insensato per un giovane senza titoli. Ma è un amore puro, sincero, non intaccato dalle oscure manovre di nessun genio politico. E proprio per questo non è destinato a durare.
Ancora inginocchiata, la duchessa di Ferrara, serra gli occhi sentendo lacrime di dolore bruciarle le guancie.
Sono anni che la sua mente non volge lo sguardo a quell'oscura macchia nel suo passato. E' una macchia rosso sangue e risveglia in lei un dolore sordo.
Eppure ormai la sua mente vaga a briglia sciolta e non può più difendersi da se stessa; deve andare avanti ed abbracciare anche quel terribile ricordo.

Fu di mattina che ricevette la notizia : le acque del Tevere avevano restituito un cadavere.
Prima ancora di sentire il nome del morto, Lucrezia aveva capito. Dentro di sé, nel profondo del suo cuore, sapeva già.
Il Tevere aveva restituito il suo amato Pedro, morto.
Annientata dal dolore, prostrata, Lucrezia apprese che l'assassino era stato suo fratello Cesare. Aveva scoperto la sua tresca segreta con lo spagnolo ed aveva deliberatamente deciso di provvedere egli stesso alla punizione esemplare per i due amanti.Crudele, inarrestabile, aveva riversato la sua ira sullo sfortunato Pedro.
Come aveva potuto suo fratello, sangue del suo sangue, farle questo?
Devastata ancora da quel dolore antico, Lucrezia annaspa alla ricerca d'aria. E' scivolata sul marmo bianco che ricopre il pavimento della cappella e può sentire il suo respiro affannosso, interrotto dai violenti singhiozzi che le squassano il petto.

"Signore, ti prego sostienimi" pensa disperatamente, sistemandosi nuovamente sulle proprie ginocchia e tornando ad appoggiare i gomiti alla balaustra di legno che la separano dall'altare.
Rivolge ancora una volta lo sguardo a quel Cristo compassionevole che la fissa immobile dall'alto della sua croce. Quel volto sembra comprenderla, e dolersi per le sue sofferenze. Eppure,il dolore di Lucrezia non accenna a svanire. 

Si immerge nuovamente nella preghiera, chiudendo ancora una volta gli occhi, e recitando sommessamente quelle parole a cui spesso non ha dato il loro giusto senso. Stavolta, però, le sente infiggersi nel suo cuore, una per una. Ne comprende il significato e lo assapora come assapora le proprie lacrime che continuano a rigarle il viso.
Non sa perché si trova lì, su quel pavimento di marmo così freddo, a pregare per un fratello che ha giocato la sua buona parte nella pantomima della sua vita.
Sta pregando per un uomo dall'animo nero ; un uomo che ha ucciso, che ha serbato rancore, per un uomo che per lei non è mai stato altro che causa di sofferenza e cordoglio.
Ma sta anche pregando per suo fratello, nelle cui vene scorre quello stesso sangue che le da la vita. E' suo fratello e nonostante il male che ha perpetrato Lucrezia non può non amarlo, in quanto tale.
Deve mettere da parte, ancora una volta, quel dolore, quel rancore. Nasconderlo dove non potrà più farle del male, allontanarlo dalla sua mente sofferente e relegarlo nel più oscuro angolo del suo cuore.
Deve farlo, perché adesso tutto ciò che le è rimasto di fare è pregare per Cesare.
Chi altro pregherà per lui, se non sarà lei a farlo? Sa benissimo che in quel momento di preghiera estrema è sola. Nessuno accompagna le sue preghiere per il Duca Valentino. Probabilmente in molti, al contrario, staranno segretamente pregando perché egli non sopravviva ed infine perisca.
Lucrezia deve svolgere il suo compito. E' quello che ha sempre fatto,infondo. Obbedire ai doveri che le sono stati imposti.
Ed ora il suo  ultimo, estremo,dovere è pregare per la salvezza di suo fratello, affinché viva.
Non può permettere a quel dolore antico di intromettersi in quelle preghiere. Ormai, tutto quel che è stato non deve avere più alcun senso per lei.
Tutto ciò che importa è continuare a pregare.
E questo Lucrezia fa, si immerge ancora una volta in quelle parole, in quelle preghiere, con fervore quasi violento.

**

"Madonna Lucrezia, cara cognata" E' la voce del Cardinale Ippolito, suo illustrissimo cognato, a scuoterla dai suoi pensieri.
Sono passati alcuni giorni dalle notti di preghiere che la bella Duchessa di Ferrara ha trascorso nel convento, pregando per suo fratello. Non ha ricevuto altre notizie da Cesare e le risposte che le sono state date dalla corte di Ferrara non facevano che aumentare la sua agitazione.
Uno strano presentimento alberga nel suo cuore e l'ha spinta verso una profonda malinconia che ha adombrato il suo sguardo solitamente vivace.
Il cardinale Ippolito ha un'espressione indecifrabile sul volto quasi marmoreo mentre le si rivolge, avvicinandosi con cautela. Lucrezia sa, in cuor so, cosa sta per comunicarle.
Nota che egli stringe fra le dita una lettera aperta e a quella vista la giovane donna sente venir meno le forze. Tuttavia aspetta che sia lui a parlare.
"Sono terribilmente, credetemi, terribilmente spiacente di dover essere latore di una così triste notizia, cara sorella"
Il cuore di Lucrezia perde un battito, mentre lei trattiene quasi impercettibilmente il respiro.
E' come temeva, dunque. Non può che essere così : il cardinale sta certamente per annunciarle la morte di Cesare. La morte di suo fratello.
Che altra notizia può riguardarla? E' sola al mondo, ormai. Suo padre è morto quattro anni prima, dando inizio alla decadenza della loro famiglia. Ed ora Cesare. Non le rimaneva nessun altro, nessuno.
"Vostro fratello Cesare è morto a Viana, presso Pamplona. Sono addolorato di dovervi dare una così orribile notizia, Madonna"
Lucrezia non ascolta una parola di più, sebbene il Cardinale continui a parlare. Lo guarda, senza realmente vederlo, così come sente le sue parole senza  però ascoltarle. 

Volge le spalle al Cardinale, chiudendosi nel proprio dolore. Piange lacrime amare, lacrime di rassegnazione. Le sue preghiere non sono valse a nulla, non ha potuto fare niente.
Piange, Lucrezia, di fronte alla propria impotenza e all'inasprirsi della propria solitudine. Ora è sola veramente ed avverte la sua solitudine come un veleno che le scorre nelle vene.
Tuttavia una strana rassegnazione si fa spazio in quel cuore lacerato da vecchi e nuovi dolori; un cuore che forse non ha mai conosciuto la vera pace.
Fissa lo sguardo sulla vastità del cielo azzurro che riesce a vedere dalla finestra di fronte alla quale si trova.
L'azzurro del cielo è così intenso che le fa male agli occhi.
Di fronte a quell'immensità Lucrezia ha un unico pensiero riguardo la morte di suo fratello, che infondo segna un po' la morte della sua famiglia. Un pensiero che riassume bene la fine dei Borgia.

"Sic transit gloria mundi". 
E' una vecchia frase latina, certamente sentita nella sua giovinezza, quando era ancora un educanda. Così passa la gloria del mondo. 
 E come sono effimere le cose del mondo. La grande gloria della famiglia Borgia che in un arco di svariati anni ha fatto tremare i grandi Signori Italiani è stata cancellata di colpo dall'ultimo respiro esalato da Cesare Borgia.
Socchiudendo gli occhi, Lucrezia rivolge un ultima preghiera a quel vasto cielo vuoto, affinché suo fratello trovi la pace nell'altro mondo. E che il suo ricordo non possa più tormentarla, come la sua presenza la tormentò in vita.
Il tempo dei Borgia è finito.  E finalmente Lucrezia è libera.

 "Godi ormai libera, perché la mia morte fu vita per te"




Bè, eccoci qua. Ci ho provato. Devo dire che non sono un'esperta sui Borgia. Sto leggendo la biografia di Lucrezia e sono rimasta molto impressionata dalla sua storia e quella della sua famiglia. In particolare mi incuriosisce il suo rapporto con il fratello, che non sempre risulta ben chiaro. E' evidente che entrambi sono figure alquanto discutibili, e dalla complessa ( e contorta) psicologia. A partire da Cesare, ovviamente. Ma anche Lucrezia non è da meno. Per cui non è stata un'impresa facile cercare di scrivere qualcosa su questi personaggi.
Ovviamente, questa "roba" non ha molte pretese. Era una cosa che mi ronzava in testa e che ho voluto buttar giù. Non convince tantissimo neppure me. Spero che non si accanirà nessuno con commenti feroci.
Ah, la frase finale è tratta da un epitaffio composto in occasione della morte di Rodrigo Borgia. Mentre il titolo del testo ( Sic transit gloria mundi) è una formula latina che sta appunto a significare "Così passa la gloria del mondo". Può avere un interpretazione sarcastica o meno.
Alla prossima. :)
  
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