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Autore: InuAra    24/09/2014    13 recensioni
ULTIMO CAPITOLO ONLINE!
Con due bellissime fanart di Spirit99 (CAP. 4 e 13)
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Cosa succede se il mondo di Ranma incontra il mondo di Shakespeare? Rischia di venirne fuori una storia fatta di amori, avventura, amicizia, gelosia, complotti. Tra fraintendimenti e colpi di scena, ne vedremo davvero delle belle!
DAL CAPITOLO 2
Ranma alzò lo sguardo verso il tetto. “Akane. Lo so che sei lì” “Tu sai sempre tutto, eh?” A Ranma si strinse il cuore. Ora che era lì, ora che l’aveva trovata, non sapeva cosa dirle. Soprattutto, non poteva dirle nulla di ciò che avrebbe voluto. “Beh, so come ti senti in questo momento” “No che non lo sai” “Si può sapere perchè non sei mai un po’ carina?” “Ranma?” “Mmm…”  “Sei ancora lì?” “Ma certo che sono qui, testona, dove pensi che vada?” Fece un balzo e le fu accanto, sul tetto. “Sei uno stupido. So benissimo che sei qui perchè te l’ha chiesto mio padre” “E invece la stupida sei tu”, si era voltato a guardarla, risentito e rosso in viso, “E’ vero, me l’ha chiesto, ma sono qui perchè lo voglio io! Volevo… vedere come stai…ecco…”
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Andiamo; il separarci, tra noi due
è un partire ed un rimanere insieme;
ché tu, restando qui, vieni con me,
ed io, partendo, resto qui con te.
 
Let us go. Come;
Our separation so abides, and flies,
That thou, residing here, go'st yet with me,
And I, hence fleeting, here remain with thee. Away!
 
Antony and Cleopatra – William Shakespeare
 
 
 
Nel silenzio immobile di quell’alba che prendeva mollemente il posto degli ultimi lembi della notte, si potevano avvertire appena alcuni singhiozzi isolati di quello che era, a ben vedere, il pianto soffocato di una delle ancelle di palazzo Tendo.
 
Il pianto soffocato e stravolto di Ukyo contro il petto di Ryoga, che non aveva parole per risponderle se non quel timido abbraccio in quel cantuccio riparato del giardino.
 
“Finito! E’ tutto finito!”
 
“Cerca di calmarti Ucchan…”
 
“E come posso?! L’hai visto anche tu: Ranma… privo di sensi… portato via dalle guardie… Akane… trascinata a forza nelle sue stanze e rinchiusa e sorvegliata da Kodachi!… Oh kami, non posso pensarci! Tutto quel baccano improvviso… Siamo accorsi… ma non siamo arrivati in tempo!”
 
Il dolore si faceva rabbia e la rabbia lacrime, senza soluzione di continuità.
 
“Maledizione!”
 
Un paio di crepe si diramarono dal pugno di Ryoga, ancora piantato nel muro contro cui l’aveva sferrato.
 
“Che cosa possiamo fare, adesso, Ryoga?”
 
“Assolutamete niente”
 
Una voce roca aveva pronunciato le ultime parole. E due paia d’occhi smarriti si posarono su Happosai.
 
“Finalmente vi ho trovati… Non dovete disperare, ragazzi miei, non ora che Ranma e Akane hanno più bisogno di voi..”
 
“Ma come…?!”
 
“Calma, Ryoga, non è con l’impulsività che potremo fare qualcosa…!”
 
Ogni fibra del ragazzo con la bandana pareva non vedere l’ora di lanciarsi in soccorso degli amici... dei padroni... sì, insomma, di Ranma e Akane!
 
Ukyo continuava a piangere sommessamente, ma non si lasciava sfuggire una sola parola.
 
“Non dovete esporvi per nessuna ragione. Qualora foste interrogati, dovete dire che voi non sapevate nulla del matrimonio, intesi?”
 
“Ma come puoi chiederci una cosa del genere!”
 
La voce di Ukyo questa volta aveva preceduto quella di Ryoga, bloccandolo nell'atto di opporsi.
 
“Non tradirò mai Akane! Se lei sarà punita io lo sarò con lei!”
 
“Ma non capisci che così non potrai esserle di nessun aiuto? E’ di fondamentale importanza che tu le resti accanto e per farlo devi sembrare 'innocua' agli occhi di tutti. E lo stesso vale per te, Ryoga! Lo capisci, benedetto ragazzo, che Akane avrà bisogno di te?! Non ci pensi? Chi la proteggerà da Kuno e da Kodachi se noi ci facciamo imprigionare o peggio uccidere?! Anche nel migliore dei casi Ranma sarà esiliato e lei sarà qui sola. Hanno bisogno di amici, non di eroi!”
 
L’aria intorno a loro rimase sospesa per qualche istante.
 
Poi Ukyo osò rompere il silenzio.
 
“E… e nel peggiore dei casi?”
 
“… Nel peggiore dei casi Ranma verrà giustiziato”
 
Fu come uno schiaffo.
 
“Dicci cosa dobbiamo fare”
 
La voce di Ryoga era ora priva di corpo.
 
“Salutarmi, ragazzi miei, perché per un po’, temo, non ci vedremo”
 
“Obaba!”
 
L’anziana amazzone si era fatta avanti, aggrappata al suo nodoso bastone, con un’insolita nota di malinconia nell’espressione.
 
“Che-che significa?”
 
“Significa che io e Happosai abbiamo pensato a tutto e voi non dovrete opporvi in alcun modo”
 
“E' necessario che io convinca Soun-sama a mandare Ranma in esilio", continuò il vecchio, "Come vi ho detto, è la nostra unica speranza. Ma per avere ancora credito ai suoi occhi…”
 
 
“Dev’essere qualcun altro ad addossarsi tutta la colpa”, concluse Obaba.
 
“Un momento!”
 
Ryoga era riuscito a intromettersi in quel fitto scambio di battute.
 
“Vuoi dire che…”
 
“Sì figliolo, io sola mi prenderò la responsabilità del matrimonio. Fingerò di averlo officiato io e solo mia sarà la colpa di tutto”
 
“Ma che dici, vecchia, così per te sarà finita!…”
 
“Ah ah ah! Pensi che non venderò cara la mia pellaccia?! E poi, cosa credi, eravamo ben d’accordo con Ranma e Akane... Certo non è stato facile convincerli, ma li ho fatti giurare che se fosse mai successo qualcosa avrebbero dovuto dire che solo io ero dentro l’inganno”
 
“E’ l’unica soluzione, lo capirete anche voi”
 
“Beh, Happy, per un po’ dopo pranzo dovrai rassegnarti a fumare la pipa solo soletto come si conviene a quelli della tua età”
 
“Parla l’ottantenne! Eh eh, vecchia mia, riguardati!”
 
“Obaba!”
 
Ukyo si piegò ad abbracciare di slancio quella nonnina così piccola ma dalla tempra così forte, che ricambiò materna, per poi voltarsi verso Ryoga e colpirgli la testa col bastone in un gesto bonario.
 
“E tu vedi di non farla piangere, eh!”
 
Il ragazzo diventò paonazzo, arrendendosi al fatto che alla vecchia non si era mai potuto nascondere niente.
 
“T-te lo prometto, Obaba!”
 
“Bene, è questione di pochi secondi, immagino, prima che…”
 
 
“OBABA!!”
 
Come non detto.
 
La voce del padrone riempì l’aria grigia del primo mattino, precedendo di un bel po’ Soun stesso. Al suo passaggio la casa pareva svegliarsi in un vociare indistinto e allarmato, sempre più vicino, fino al suo arrivo in giardino.
 
Quel breve lasso di tempo fu sufficiente ad Happosai e ai due ragazzi per trovare un nascondiglio sicuro.
 
“Obaba, dove ti sei cacciata?!”
 
“Al tuo comando, Soun!”
 
“Non prendermi in giro, vecchia! Mi dicono che sei stata tu a officiare il matrimonio! Come hai osato?!”
 
“Ti dicono bene, mio signore. E forse ti avranno anche informato che se vuoi annullare un patto di questo tipo l’unica soluzione è uccidere chi l’ha stipulato”
 
A questo voleva arrivare quella vecchia pazza?! Ukyo e Ryoga trattennero il respiro da dove si trovavano e restarono in ascolto, l’una stretta tra le braccia dell’altro, mentre quella vecchia temeraria sfidava l'uomo con un sorrisetto beffardo.
 
“Non scherzare col fuoco, vecchia! Guardie, catturatela!”
 
L’amazzone non aspettava altro.
 
Sfoderò tutto il suo orgoglio cinese, saltando da una parte all’altra, velocissima. Impossibile tenerle testa: cascavano tutti come birilli sotto i colpi millenari del suo bastone.
 
“Oppure pensi di ammazzare tua figlia?", continuava, nel mezzo della lotta, "O il ragazzo, magari? Macchiandoti del sangue di due innocenti… E come potrai poi lavarti via quelle macchie dalle mani, ci hai pensato?”
 
In qualche modo quelle parole, Obaba lo sapeva, stavano colpendo nel segno.
 
Conosceva troppo bene l'animo di Soun Tendo.
 
Fu sufficiente.
 
Un momento di tentennamento da parte del principe e Obaba scomparve dalla sua vista senza che se ne accorgesse, come fosse fatta di vento, lasciando a terra anche l'ultima guardia.
 
"Molto bene", sibilò tra i denti, impercettibilmente risentito, "Una traditrice in meno di cui preoccuparmi. Happosai! Trovatemi Happosai immediatamente!"
 
Un pallido sole cominciava a illuminare il cortile ormai deserto, quando i ragazzi e il vecchio uscirono dal loro nascondiglio, tornando a respirare.
 
"Ukyo, Ryoga, io devo andare. Restate a disposizione e badate bene..."
 
Ryoga lo guardò sconfitto, ma con una luce nuova negli occhi finì la frase per lui.
 
"Sì, vecchio, 'amici, non eroi'"
 
 
***
 
 
Prima di capire dove fosse, prima di ricordarsi chi diavolo fosse, prima ancora di realizzare se fosse vivo o morto, fu investito da un dolore schiacciante e dalla sensazione che si stesse lentamente sciogliendo.
 
Aprì a fatica le palpebre e la penombra umida di quel luogo chiuso e maleodorante lo avvolse nelle sue spire.
 
Le prigioni di palazzo Tendo. Ecco dove si trovava.
 
E lui era il ragazzo che aveva sfidato il suo signore, il ragazzo che aveva osato sposarne la figlia in segreto.
 
Ranma.
 
"Akane..."
 
Ancora intontito, capì che non era lui che si stava sciogliendo, ma era un rivolo di sangue bruciante quello che gli scorreva sul volto.
 
 
Spalancò gli occhi.
 
"Akane! Akane, dove sei?"
 
Nessuna risposta. Solo l'eco della sua colpa.
 
"Dannazione..."
 
Era di nuovo perfettamente lucido.
 
E incatenato. Immobilizzato. Inerme.
 
"Dannazione!"
 
Sentì dei passi avvicinarsi e capì subito di chi fossero.
 
Alzò il capo per quanto poteva da quella posizione, non perchè ne avesse bisogno per riconoscere chi stesse entrando, ma perchè voleva che il suo sguardo fosse alto e fiero.
 
"Vedo che ti sei ripreso, ridicolo scarto umano"
 
Non disse nulla.
 
Semplicemente Ranma lo guardò.
 
Quello che Kuno Tatewaki vide nei suoi occhi non aveva un nome preciso, ma ebbe lo strano potere di tramutare l'arroganza del nobile in fastidio e il fastidio in furia.
 
Un pugno violento alla bocca dello stomaco, e Ranma sputò altro sangue.
 
E ancora non disse nulla.
 
"Non pensare di farla franca, vigliacco", ansimava Kuno, "nessuno può portare via una cosa a Tatewaki Kuno e sperare di non incorrere nella più cruda vendetta!"
 
"Akane non è una cosa!"
 
Come un ringhio incontrollato quelle parole gli erano salite dalle viscere.
 
E nelle viscere un calcio gli fu sferrato, in tutta risposta.
 
"Non azzardarti a chiamarla per nome... Tu sei solo una piccola pulce da schiacciare sotto lo stivale, e quando avrò finito con te, la tua principessa neanche si ricorderà che sei esisti-"
 
"Kuno-san, mio signore! Siete richiesto immediatamente al cospetto di Soun-sama"
 
 
Uno sguardo gelido si posò su colui che l'aveva interrotto.
 
"Deve trattarsi di una cosa seria, se il nostro signore manda nientemeno che il suo vecchio consigliere a cercarmi..."
 
Happosai non disse nulla. Nè lasciò che il suo sguardo cadesse su Ranma. I suoi occhi erano fermi e decisi. La fronte leggermente imperlata di sudore.
 
Kuno fece per seguirlo, ma in uno scatto inaspettato ..ebbe il tempo di agguantare  la mascella di Ranma: "Non è finita, pulce, non è finita", per poi proseguire come se nulla fosse accaduto.
 
 
 
Ormai solo, Ranma non sentiva più dolore, non sentiva nè l'odore nè il sapore del sangue, non sentiva le catene che gli stringevano i polsi. Non sentiva forse neanche più la rabbia che lo aveva accecato pochi istanti prima.
 
Sentiva solo la paura crescere in lui come una voragine, la paura di non rivederla, la paura che le fosse fatto del male, la paura di aver perso per sempre la sua Akane.
 
 
***
 
 
Stretta in catene, se ne stava lì, seduta sul suo letto a fissare il vuoto, tremante come uno stupido cerbiatto senza madre.
 
Un fagotto informe di paure.
 
Come aveva fatto a perdere contro quella ragazzina?
 
Lei che era una donna intelligente e attenta, lei che sapeva calcolare ogni mossa degli avversari con largo anticipo?
 
La guardò ancora, lì, su quel letto...
 
Al pensiero che quello fosse il letto verginale di colei che aveva osato portarle via l'oggetto dei suoi desideri, la vista le si annebbiò.
 
Calma, Kodachi, calma.
 
Doveva ritrovare la lucidità e la freddezza, ecco dove aveva sbagliato.
 
Si era lasciata guidare dai sensi e aveva peccato in leggerezza, non pensando neanche per un attimo di non poter ottenere ciò che voleva.
 
Ma ciò che si vuole va fatto rotolare lentamente nella ragnatela bene intessuta, non può essere agguantato con l'istinto di una notte.
 
Possibile che avesse dimenticato le regole più basilari?
 
 
Ma non aveva ancora perso. Aveva la figliastra in consegna. Il potere era ancora nelle sue mani.
 
Avrebbe potuto essere la sua aguzzina, oppure...
 
Le labbra scarlatte si piegarono in un ghigno.
 
Sarebbe stata dura, ma il disegno che Kodachi Kuno aveva era decisamente più grande di un capriccio.
 
"Mia cara, vorresti incontrarlo?"
 
Il silenzio rotto da quella domanda non lasciò lo spazio di un pensiero.
 
"Sì!"
 
E di colpo Akane Tendo aveva smesso di tremare.
 
 
***
 
 
Erano dentro la sala grande da più di mezz'ora e davvero lui non aveva idea di che piega avrebbe preso quella accesa discussione.
 
Sapeva solo che al di là della porta davanti alla quale stava camminando senza tregua, tormentandosi le mani, lo sguardo fisso di fronte a sè, sentiva indistintamente le urla di indignazione di Kuno, la voce convincente di Happosai e il silenzio di Soun.
 
In quanto 'servitore' del giovane Ranma, era stato convocato in attesa di nuovi ordini.
 
Sarebbe stato compito suo portare all'amico il responso della decisione.
 
E prepararlo alla morte o all'esilio.
 
"Che sia l'esilio, che sia l'esilio, che sia l'esilio..."
 
La porta si spalancò brutalmente e ne uscì un furente Tatewaki. Ryoga si affrettò a inchinarsi.  Ma il nobile si era già dileguato.
 
Cosa poteva significare?
 
La morte o l'esilio? La morte o l'esilio?!
 
Non osava alzare lo sguardo e ingoiò amaro quando sentì la voce Soun.
 
"Ryoga!"
 
"Ai vostri ordini, mio signore"
 
La morte o l'esilio??...
 
"Il tuo padrone... ha tempo un'ora per lasciare il palazzo. Se tra un'ora sarà ancora qui, lo ucciderò con le mie stesse mani. Entro domani dovrà aver lasciato il Giappone e non dovrà mai più farvi ritorno, o non godrà della stessa pietà che gli sto riservando adesso. Sul mio onore"
 
L'esilio...
 
Tornò a respirare.
 
L'esilio!
 
Gli parve la notizia più bella della terra.
 
"Col vostro permesso..."
 
Nel correre via in direzione delle prigioni intravide un Happosai invecchiato di dieci anni.
 
Doveva essere stata davvero dura convincerlo, ma dannazione se ne era valsa la pena!
 
 
 
***
 
 
 
Quanto può essere lungo un minuto quando stai facendo un incubo?
 
Quante volte puoi chiederti in un minuto se stai sognando, e pregare di svegliarti?
 
Quante volte in un minuto puoi domandarti se chi ami sia ancora vivo?
 
E quanto può essere lunga un'ora, quando sai che è l'ultima della tua vita?
 
Di una vita accanto alla persona che è causa dei tuoi sorrisi, che stuzzica il tuo orgoglio, che risponde alle tue domande?
 
"Sei salvo, Ranma, maledizione! Devi essere grato di questo!"
 
Dopo averlo liberato dalle catene, Ryoga l'aveva medicato alla meno peggio, e l'aveva spinto da un corridoio all'altro per fiondarsi in camera del ragazzo e raccogliere le poche cose che gli sarebbero state utili nel viaggio.
 
"Sono grato ai kami di saperla ancora in vita... Sei sicuro che stia bene? L'hai vista? Le hanno fatto qualcosa?"
 
Ryoga scosse la testa mestamente.
 
"Non lo so, Ranma... So solo che è in consegna di Kodachi Kuno... Nemmeno Ukyo l'ha vista, ma sono certo che suo padre non le farebbe mai del male..."
 
Non riusciva a pensare.
 
Si sentiva come una bestia in gabbia.
 
Sapeva solo che il tempo stava passando e lui non aveva altro da fare lì.
 
L'avrebbe mai rivista?
 
Afferrò l'amico per le spalle, occhi negli occhi.
 
"Proteggila. Proteggila per me. Sii la sua ombra"
 
La voce gli si stava pericolosamente incrinando.
 
Ryoga gli strinse fermamente una mano, sorridendo.
 
"Non hai bisogno di chiedermelo. Lo farei comunque"
 
"Grazie, amico"
 
"Accidenti a te, Ranma", Ryoga si stava sforzando di trattenere le lacrime, "vedi di non far passare un solo giorno senza scriverle! Spedirai le lettere a me e io gliele recapiterò... Hai capito?! Non dobbiamo disperare...!"
 
"Ranma!!"
 
La voce affannata di Ukyo interruppe quel momento.
 
"Ranma!! Oh kami, sei salvo!"
 
Piangeva e lo abbracciava, rideva e singhiozzava.
 
"Sta... sta arrivando la signora Kodachi... e con lei... con lei c'è Akane!"
 
"Akane?! Ma... sta bene? Ucchan, ti prego, dimmi che..."
 
"Sta bene, sta bene! Ma non ho idea di cosa voglia quella strega... Stai attento Ranma... Stai attento per tutto! Non fare pazzie... E scrivici!"
 
"Siete proprio fatti l'uno per l'altra, eh?"
 
Il momento non era dei migliori, ma arrossirono violentemente.
 
E ora che la sapeva sana e salva poteva anche osare fare una battuta.
 
"Andate adesso! Non dovete farvi trovare qui... Arrivederci, amici"
 
Un ultimo abbraccio e furono fuori dalla stanza....
 
Brandelli in meno nell'economia di un'ora.
 
Per qualche attimo non seppe cosa dire nè cosa fare.
 
Restò in attesa. E l’attesa non durò poi molto.
 
Ne percepì la presenza ancora prima di sentirla o vederla arrivare.
 
Gli si aprirono i polmoni, come quando sospiri di sollievo e ti rendi conto solo in quel momento che stavi trattenendo il fiato da un po'.
 
Alzò lo sguardo e quello che incrociò furono due occhi spauriti che lo scrutavano voracemente.
 
"Stai bene? Ranma... Dimmi che stai bene? Che ti hanno fatto?!"
 
Si scaraventò su di lui e cominciò a baciargli il volto sporco di sangue, a bagnarlo con le sue lacrime, a sorridergli a fior di labbra.
 
"Sei vivo...vivo...vivo!"
 
Solo in quel momento si accorse che il suo maschiaccio aveva le braccia legate.
 
E nonostante questo cercava goffamente di abbracciarlo.
 
Volle facilitarle il compito e la strinse a sè con quanto impeto avesse in corpo.
 
Quanto può essere lunga un'ora, quando per nulla al mondo  vuoi sciogliere un abbraccio?
 
Quando sei consapevole che stai inspirando per l'ultima volta un profumo che non vuoi dimenticare?
 
Lentamente fece capolino nella stanza il volto muto di Kodachi.
 
Erano così tante le cose che voleva dalla vita, che avrebbe potuto rinunciare a lui.
 
Almeno per il momento.
 
Osservò quella scena patetica e incrociò lo sguardo incerto di Ranma.
 
"Mia cara! Aspetta che ti sleghi... Vedi, ho la chiave e voglio farne buon uso", disse avvicinandosi con fare solerte.
 
Akane non disse nulla. Odiava quella donna con tutta l'anima. Ma aveva quella chiave tra le mani... e a malincuore si avvicinò supplice, desiderosa di farsi liberare.
 
La matrigna sembrava prendere tempo.
 
"L'amore merita sempre una seconda possibilità, figlioli miei, e io sono una donna e in quanto tale sarò sempre dalla parte dell'amore...  Ma sono anche la moglie di tuo padre, Akane, cara, e non posso espormi troppo apertamente... Ecco qui, sei libera! Quello che posso fare per voi ora è lasciarvi a un altro abbraccio... Guardo e piango... Ma fate presto, avete poco tempo!"
 
Uscì con passo felpato, come scivolando sull'olio e non vista prese la direzione della sala grande.
 
 
Soli.
 
Akane lo strinse a sè.
 
"Quella maledetta arpia! Fa tanto la santa donna, e invece..."
 
La zittì con un bacio.
 
"Non c'è tempo! Akane... devo lasciarti..."
 
Ma non la lasciava andare affatto.

"Lo so..."
 
"Non avrei mai dovuto spingerti a tanto..."
 
"Ma stai scherzando?! Tu mi avresti spinto a cosa?! Stupido! Vuoi dire che ti rimangeresti tutto?!"
 
"Non mi rimangerei proprio niente! Lo rifarei mille volte, se è per questo!"
 
Lo strinse più forte, le braccia intorno al collo, il seno pigiato contro il petto di lui.
 
Se avesse potuto l'avrebbe inglobato seduta stante.
 
"Lo vedi allora che sei solo un baka che dice scemenze?! La cosa più bella della mia vita è stata incontrarti, e anche se saremo lontani, ora siamo marito e moglie e nessuno può dividere questo legame. Ringrazio i kami per questo miracolo!"
 
Quanto può essere lunga un'ora quando la dividi in infiniti baci, lacrime, abbracci e sospiri?
 
"Akane, devo andare ora, il tempo è scaduto..."
 
"No, non ancora! Resta un altro po'..."
 
Nel disperato gesto di trattenerlo vide baluginare l'anello all'anulare.
 
E d'istinto se lo sfilò.
 
"Ecco, prendi! Questo era di mia madre... Voglio che lo tenga tu, per ricordarti di me"
 
Emozionato Ranma lasciò che le mani tremanti di Akane gli incastrassero l'anellino al mignolo.
 
"Come potrei scordarmi del mio maschiaccio?!"
 
Lei sorrise.
 
"Non farlo, mi raccomando... Dicono che le cinesi siano molto belle, eh?"
 
Lo guardò leggermente imbronciata e lui rise di gusto.
 
"Ma possibile che non sai essere carina neanche nel momento dell'addio?"
 
La risata si fece amara. Sentiva che anche gli ultimi granelli di tempo concessi stavano esaurendo.
 
Voleva ricambiare, lasciarle qualcosa di suo.
 
Abbassò lo sguardo imbarazzato e vide il magatama di Ryoga.
 
Senza neanche pensarci se lo strappò dal collo e lo legò intorno al polso di Akane, a mo' di bracciale.
 
"Per avere sempre con te questo baka"
 
Lei lo guardò per un attimo stupita e gli gettò le braccia al collo.
 
"Oh kami, scrivimi Ranma! Promettimi che mi scriverai anche se non è da te...!"
 
Ranma rise tra sè e sè.
 
Se per la terza volta in pochi minuti gli veniva chiesto di non scordarsi di scrivere, significava che davvero non era una cosa da lui.
 
"Lo sai che per te mi sforzerò di farlo! Ma anche tu non farmi mancare le tue parole…vedrò di farmele bastare…""
 
La baciava famelico.
 
La accarezzava, mai sazio.
 
Si stava perdendo in quell'abbraccio. Che venissero le guardie, che gli tagliassero la testa!
 
Non riusciva a lasciarla andare!
 
Ci pensò lei, un po’ brusca, a spingerlo via.
 
"Vai adesso, è tardi..."
 
"Akane..."
 
Lo osservò per qualche secondo e ricacciò un singhiozzo con un sorriso.
 
"Cos'è questo? Sale?", disse ironica tracciando col polpastrello la palpebra inferiore di quell'occhio blu tempesta.
 
Anche lui la osservò per qualche secondo, anche lui un filo di ironia nello sguardo, e anche lui finì per ricacciare un singhiozzo con un sorriso.
 
"Al diavolo, Akane! Se resto ancora finirò per assomigliare a quel frignone di Ryoga!"
 
 
Gli occhi offuscati di lacrime anche lei si sforzò di ridere.
 
E lo baciò. Lo baciò con l'estremo bisogno di gioire e disperarsi in quel bacio, di registrarne il sapore, la morbidezza, la veemenza e imprimerli nella mente e nel corpo.
 
La braccò in un abbraccio definitivo e per un attimo, solo per un attimo, decise che l'avrebbe portata via con sé.
 
“Oh Ranma, ci rivedremo presto, vero?”
 
Ma la risposta non arrivò mai.
 
Infuriato e imponente Soun Tendo aveva varcato la soglia della misera stanza e guardava con gli occhi di un dio il ragazzo che l’aveva tradito. Poco dietro di lui, in disparte, una afflitta Kodachi Kuno si godeva la scena.
 
“Sei ancora qui che appesti il mio palazzo?! Vattene ho detto! L’ora a tua disposizione è terminata… Tu osi sfidare la sorte!”
 
Stava per scagliarsi contro di lui, mano alla spada, ogni fibra tesa all’onore e alla vendetta.
 
Ma se pesante era il suo cuore, leggeri erano i movimenti di Ranma, che con uno scatto fu oltre la porta e senza dare tempo a Soun Tendo di voltarsi e almeno tentare di ribattere, lo salutò nell’unico modo che nonostante tutto sentiva fosse il più giusto: “Che i kami vi proteggano, mi signore!”
 
E l'ultimo sguardo rubato fu per lei.
 


Andato.
 
Andato via. Per sempre.
 
Il silenzio grave calato nella stanza venne disturbato dal pianto sommesso della principessa. Ma chi vantasse un orecchio davvero acuto, avrebbe forse potuto udire distintamente lo stridìo lungo le guance e il tonfo di ogni singola lacrima di Akane.
Una Akane improvvisamente distrutta, che non riusciva a darsi pace che un secondo prima lui fosse lì con lei e un secondo dopo fosse uscito dalla sua esistenza, dalle sue giornate, dalle sue notti. Una Akane sola come non mai, che guardava, senza vederla realmente, quella stanza così piccola e spoglia che era stata in grado di contenere emozioni tanto grandi.
 
 
Quella era la stanza dove poche ore prima era diventata donna e sposa… e adesso piangeva come una bambina.
 
“Sei un’ingrata”, sibilò Soun ingoiando una rabbia livida.
 
“Padre…”
 
“Smettila di piangere!"
 
"Padre mio, vi prego, mi avete tolto lui... non toglietemi le lacrime"
 
 "Dovevi andare in sposa al fratello della mia signora...!”
 
Le lacrime in effetti si arrestarono, ma solo per lasciare spazio a un incosciente tono temerario.
 
“Che bell’affare che avrei fatto, padre! Io ho scelto un uomo che mi ama, che mi rispetta, che mi ha sempre protetta! Quello è un idiota, un borioso arrogante…”
 
“Hai scelto un poveraccio! Un ragazzino che non è degno di te… hai preso la tua posizione e l’hai abbassata al suo livello!”
 
“Semmai l’ho innalzata! Lui è nobile, oh se è nobile, padre, voi lo conoscete, è la persona più ricca che abbia mai conosciuto…”
 
“Stai delirando!”
 
“Padre mio! La colpa è vostra se amo Ranma… L’avete messo accanto a me da sempre! Così, crescendo, a poco a poco ho visto quanto lui fosse meraviglioso… e giusto per me!”
 
"Questa è follia!"
 
Scosso dall'affanno e dalla sofferenza, aveva qualcosa di grottesco nella sua rabbia, quasi fosse un 'oni' gigantesco. Ma nessuno ebbe il tempo di fare quella considerazione.
 
"Si sono visti ancora?"
 
La domanda era per Kodachi. Un silenzio imbarazzato fu la risposta.
 
"Avete trasgredito al mio comando!"
 
Una mano d'acciaio stava calando violentemente sul volto candido e rassegnato della principessa, quando qualcosa bloccò il principe. Non fu il flebile gesto forzatamente intenerito della moglie, non furono gli occhi stretti, in attesa del colpo, della figlia. Fu qualcosa dentro di lui, che semplicemente lo fermò. Il braccio si era fatto molle, la voglia di combattere dispersa.
 
Solo dolore e stanchezza.
 
Inconsapevole della tensione tra loro, Ryoga irruppe nella stanzetta, inginocchiandosi davanti a Soun, ma dividendo lo sguardo tra lui,  Akane e Kodachi...
 
"Vostro cognato, mio signore! Vostro cognato ha sguainato la spada contro il mio padrone!"
 
"Oh kami!"
 
Un unico urlo femminile risuonò in simultanea. Akane terrorizzata per Ranma. Kodachi per chi?
 
La moglie di Soun Tendo si affrettò a indirizzare la sua preoccupazione: "Come sta mio fratello? E' ferito?"
 
"A una spalla, mia signora"
 
"Presto mia cara, avrà bisogno delle tue cure. Quel maledetto ragazzo è molto forte"
 
Sospingendo Kodachi, il principe si rivolse nuovamente a Ryoga: "Guidaci dove si sta svolgendo lo scontro"
 
"Certo mio signore", il ragazzo con la bandana cercò fulmineo gli occhi di Akane, scandendo bene le sue parole, mentre usciva al seguito degli altri due,"Stanno combattendo nel cortile principale, quello tra il palazzo e il portone di ingresso"
 
L'eco dei passi del padre ancora risuonava nelle sue orecchie. Insperatamente sola e libera, il cuore in gola, cominciò a correre. Non attraverso i corridoi che l'avrebbero portata al cortile incriminato, ma verso l'esterno, dove Akane raccolse le ultime forze residue per atterrare con un balzo sul tetto.
 
Di lì, la corsa di tegola in tegola fu breve, e si ritrovò appiattita nello stesso punto in cui poco tempo prima -  sembravano essere passati almeno dieci anni! - lei e Ranma spiavano gli assurdi duelli del torneo Kuno. Questo pensiero la fece sentire completamente e inesorabilmente sola.
 
Ora a combattere contro di lui era Ranma. Esattamente come avrebbe voluto.
 
Poteva vederlo perfettamente da dove si trovava. Riusciva a leggere in ogni suo calcio la disperazione, in ogni suo pugno la sete di vendetta.
 
Il fiato sospeso, guardava quella danza di colpi e schivate.
 
Kuno, rabbioso e urlante, sferzava l'aria con la katana affilata. Non certo quella spuntata che usava durante i duelli...
 
Ranma, preciso e leggero, saltava, colpiva a mani nude, direzionava la propria energia in colpi che andavano sempre a segno, fiaccando l'avversario senza finirlo.
 
Dimentica della sua condizione, dell'addio e del dolore, semplicemente si ritrovò a pensare che fosse bellissimo.
 
Accarezzò con lo sguardo il suo corpo in movimento e sorrise orgogliosa pensando che quel ragazzo agile, forte e capace fosse suo marito. Per un attimo scordò davvero tutto e si cullò nel solo piacere di sentirsi quella che era: una ragazza piena di vita e desiderio, appagata dall'amore del ragazzo che aveva sposato.
 
Ma nel vedere la katana di Kuno avvicinarsi pericolosamente al petto di lui,  ritornò in sè e la paura la investì con tutto il peso della realtà.
 
Sapeva bene cosa aveva in mente quel borioso: finirlo ora che era indebolito dalle ferite. Ranma non l'avrebbe mai sfidato se non sotto provocazione...
 
Ma non ebbe il tempo di domandarsi che piega avrebbe preso il combattimento, che a stento trattenne un urlo nel momento in cui Ranma, con una serie di colpi ben assestati, atterrò il nobilastro.
 
Sconfitto.
 
L'aveva sconfitto, anche se per le regole stabilite in precedenza non aveva alcun valore, dato che a vincere era stato un uomo di rango inferiore.
 
Ma poco importava.
 
"Ho vinto", sussurrò Ranma.
 
E alzò lo sguardo, sapendo che avrebbe incrociato quello di lei.
 
E lì dove se l'era immaginata, la trovò, ansante quasi quanto lui.
 
Quanto può essere lungo un attimo?
 
Mai abbastanza.
 
Le voci del principe e della sua signora si stavano facendo troppo vicine e prima che le due auguste figure si gettassero vicino a un intontito Kuno Tatewaki, lui si era dileguato.
 
Akane lo cercò con lo sguardo... come aveva potuto farselo sfuggire così?!
 
Ma poi lo vide, ormai al di là del portone di ferro.
 
*Voltati, ti prego... Voltati ancora...*
 
Lo vide incontrare un vecchio che evidentemente lo stava aspettando e capì che doveva trattarsi di Hachiro, il mercante amico di Happosai.
 
*Voltati... solo un attimo...voltati a guardarmi..."
 
Lo vide salire sul suo carro e prima che le lacrime le raggiungessero gli occhi lo vide alzarsi in piedi sul mezzo in movimento.
 
E voltarsi senza esitazione verso di lei.
 
E attraverso quegli sguardi che si intrecciavano nella distanza crescente si dissero tutte quelle cose a cui le sole parole non avrebbero saputo dare forma.
 
'Mi mancherai', 'Sii forte', 'Ti penserò'... sarebbero state frasi troppo banali e melense.
 
No, a loro due bastava uno sguardo. E un tetto, ovviamente, quello non poteva mancare.
 
E in quello sguardo Akane si sarebbe consumata se non si fosse resa conto di avere ancora le mani sporche del sangue di lui. E nel sentire l'odore improvviso di quel sangue, nel carezzarne le macchie scure, cominciò a piangere, a non vedere più nulla oltre al sale delle sue lacrime che si mescolava con quel rosso, annacquandolo.
 
E mentre Ukyo si arrampicava a fatica nel punto in cui era certa avrebbe trovato la sua padroncina, Akane, alzando lo sguardo, rubò a quel momento un'ultima immagine: Ranma che stava sorridendo. E poi lo vide sparire per sempre dietro la collina.
 
Fu in quel momento che sentì qualcosa morire dentro di lei.
 
E allora le braccia di Ukyo furono una salvezza per lei che finalmente si arrese a un pianto disperato, sapendo che la forza sarebbe tornata, certo, ma non prima di aver dato sfogo a tutto il suo dolore.
 
***
 
Era stato previsto, in fondo.
 
Quella mattinata era giunta al termine,  e lui si stava in effetti allontanando da palazzo su quel carro.
 
Ma non dentro un barile.
 
Non con Akane.
 
Non da fuggitivo verso una nuova vita, ma da esule in terra straniera.
 
In piedi su quel carro, mentre vedeva assottigliarsi la bella figura di lei, mentre la vedeva tentare di mostrarsi forte e di non cedere alle regole dell'addio, giurò a se stesso che avrebbe trovato un modo.
 
E anche se lei certamente non avrebbe potuto vederlo, le sorrise.
 
"Tornerò. Te lo giuro".
 
 
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Ciao a tutti!
 
Sono tornata! Chiedo scusa per il ritardo atroce… Non sono sparita… Le mie amate ‘ladies’ sanno che sto vivendo un periodo parecchio pieno che ruba il mio tempo e le mie energie. Ma troverò sempre uno spazio per portare avanti questa storia (messa così sembra una minaccia)!
 
Capitolo lungo un’eternità e probabilmente un po’ sconclusionato, chiedo venia… A mia parziale giustificazione posso dire che è figlio di frammentarie ore strappate al sonno! ;-))
 
Ringrazio infinitamente tutti coloro che continuano a leggere, seguire, preferire e soprattutto commentare!
 
E ringrazio davvero TANTO le meravigliose persone che sono entrate nella mia vita attraverso questo splendido fandom e che si confrontano con me sulla storia ma anche su questioni quotidiane semiserie ed esistenziali! ;-) 
 
Un abbraccio enorme!
 
InuAra
 
(Lady Shakespeare è tornata!)
 
 
  
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