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Autore: kike919    24/09/2014    0 recensioni
"Quell'antico vuoto bruciava. Partiva da un foro dell'anima e ne inceneriva sempre di più i contorni, fino ad espandersi. Quegli strappi incolmabili."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una sensazione di disagio mi paralizzò all'istante. Ragazzi, un conto era parlare di Jamie senza guardarla negli occhi, un conto è cercare di essere crudele con lei quando ti dice “Buon Natale” e senza rifletterci due volte, ti si lancia addosso abbracciandoti di cuore. A vederci per certi versi eravamo simili (escludendo il suo aspetto nettamente americano rispetto mio), ma lei aveva quel tocco in più che io non avrei mai avuto: quel modo di fissare una persona minando alle basi la sua volontà, quel riuscire perfettamente a far sentire uno schifo chiunque non l'avesse amata. Come se avesse una voracità d'affetto e non facesse nulla per nasconderla. Ma era più una pretesa orgogliosa, che una richiesta gentile. Ecco... lei in questo era una vera Molko; io mi accontentavo di essere semplicemente un Berg. Non sapevo ipnotizzare nessuno, né costringerlo a passare sopra ai miei sbagli con la sola forza di un sorriso. No, non avevo il carisma di mio padre... ma in Jamie era una luce lampante, innata, che nessuno avrebbe negato. Una bonaria furbizia che tornava sempre utile.
Io sapevo solo sperare di esistere per le persone che amavo, ma non brillavo affatto. Non attiravo l'attenzione di nessuno, semplicemente varcando la soglia di una stanza. Anzi, bastava fissarmi un po' per capire che sarebbe stato molto facile prendere la mia fiducia e ferirla.
Lei un felino; io un cane.
Bene, la scena fu la seguente: lei si sganciò dalla sua stessa stretta; io rimasi impalato come un cretino, senza nemmeno levare in alto un braccio. Dissi solamente “ciao”.
Mi scrutò dentro e storse il labbro tinto di rosso scuro, tremò nel cappottino bianco che ti veniva voglia di toccarlo e mise una mano in tasca.
-Ti prego, aprilo qui. Non mi va che lo scarti davanti a tutti.
Mi porse un pacchetto con quella manina delicata, laccata di smalto nero opaco.
Era un incarto piccolo e fragile come lei. Lo presi senza troppa convinzione; lo aprii ed emisi un verso strano, molto simile a una risatina.
-Lo so che sarai abituato a ben altri regali...
Oh no: ancora con la storia del ragazzo ricco che potrebbe comprare il mondo con lo schiocco delle dita. Mi faceva davvero così snob?
-Oh....ma è bellissima!
Era una penna usb a forma di violino, nera con le corde bianche. Qualcosa di così semplice e particolare nel contempo, da togliermi il fiato.
Che ci crediate o no, nessuno aveva mai pensato a farmi un regalo del genere. Qualcosa che colpisse così a fondo e mirasse ai miei interessi in modo tanto analitico.
Con la mia esclamazione si rasserenò: l'espressione tirata divenne un sorriso. Si ravviò quei capelli lunghissimi che avevano l'abitudine di sfuggire al suo controllo.
-Davvero ti piace? Mi sembrava che al meet & greet avessi detto che eri un amante degli archi.
L'ho detto? Nemmeno lo ricordavo. Fatto sta che aveva indubbiamente indovinato e mi fece sentire una persona infida e orribile per non averle fatto doni.
Sorrisi, impacciatissimo.
-Grazie mille: mi è piaciuta davvero tanto. Entra.
Fu così, che l'aroma dolciastro di vaniglia invase l'atrio di casa.


L'ora che seguì, fu a dir poco terribile per due motivi: era seduta vicino a me e non riuscivo a guardarla senza fare pensieri strani per cui cambiavo colore; sapeva ogni minima cosa sul lavoro di papà e dell'intera band... e sto parlando di ogni singola canzone, intervista, frase, aneddoto, curiosità. Non c'era praticamente niente che non conoscesse già ed era divenuta il perno della conversazione. Non mi sono permesso di chiederle dove Brian aveva i nei solo per non restare completamente traumatizzato dalla risposta. Forse qualche altro centimetro da fare in altezza, ce l'avevo ancora.
Ingoiavo bocconi di cibo senza fissarla, mi giravo spesso verso destra in cerca di Helena anche col pretesto di dire cose stupide. Lei sembrava divertita dalla situazione quanto il resto del gruppo, non si curava granché del mio senso opprimente di disagio e fastidio. Rispose sempre con tranquillità, senza permettermi di monopolizzare la sua attenzione.
Jamie era affascinante e intelligente, fin troppo... appunto per questo la volevo lontano e mi sentivo chiuso in una bolla.
E non ditemi anche voi che sto comportandomi come un bambino, vi prego.
Ah, già... dimenticavo il comportamento di suo, ehm nostro padre. Seduto alla sinistra di lei e alla destra di Stef, pendeva letteralmente dalle sue labbra. Li scrutavo solo gesticolare e sorridere in modo frenetico. Non facevano altro che esistere solo loro. La mia testa era così occupata da questi foschi pensieri, che si scoprì completamente vuota quando lui chiese la mia opinione.
-Cody? Cosa ti dico sempre in proposito?
Domandò, allegro come l'avevo visto rare volte in vita mia.
Sembravo Bambi prima che sparassero alla madre e la caricassero sul furgone. Il criceto che caricava le idee nel mio cervello, aveva smesso di correre.
-Ehm, scusa non mi sento un granché bene.
Mi alzai, e mi diressi verso la camera, lasciando gli altri un tantino perplessi.
Fu allora che zio Steve rimuginò una ventina di secondi. Poi lo vidi corrermi dietro.
Mi sedetti sul letto e lui mi fu al fianco.
-Tutto a posto, ragazzo?
-Sì, zio. Ho solo tanto mal di testa.
-Ma adesso ci scambiamo i regali. Sei sicuro di non voler venire di là?
Sbuffai sfinito.
-È fantastica, vero?
Commentai stizzito.
-Non dovrebbe esserlo?
-Nono, anzi...pensa se fosse stata anche antipatica. Sarebbe stato un dramma.
-E allora!
-Allora niente. Mi sento comunque giù.
-Vuoi che ti faccia il solletico come quando avevi quattro anni? Magari funziona ancora.
-No, ti prego...questo risparmiamelo.
Esclamai perplesso. Poi proseguii.
-Lei è così...così... non lo so descrivere. E io mi sento solo.
Steve inarcò un sopracciglio.
-Ok, qui ci vuole una ragazza!
Disse, ridacchiando da solo. Io lo fissai serio.
-Dai, come sei natalizio stasera! Ma spiegami un po': con quella ragazza che ti piace, ti senti ancora?
-Non l'ho sentita proprio.
Bofonchiai sconfortato.
-Ah.
-Tutto qui?
-Allora “B”.
-Che battuta pessima; sei sempre il solito!
Guardò alla svelta l'orologio e cambiò espressione: si fece più serio, più materno. La bocca inarcata all'insù per la soddisfazione; lo sguardo fermo, sereno. Paterno.
Ricevetti una pacca pesante sulla spalla.
-È mezzanotte: Buon Natale, piccolo Cody.
Le luci di là erano sparite. La sala era completamente affondata nel buio. Dal salone proveniva solo una voce tanto sottile quanto metallica e roca. Senza dubbio papà.
-Buon Natale a tutti. Grazie perché quest'anno, più che mai, siamo davvero una famiglia completa.
Camminammo a tentoni; io inciampai come un cretino e percorsi il corridoio saltellando su un piede solo. Lo zio rideva alle mie spalle così rumorosamente, che solo poi misi a fuoco un suono in lontananza.

Mi bastava giungere nella camera a fianco, per incontrare il canto strappalacrime del violino. Triste e depresso quasi quanto me.
-Zia Fiona?
Urlai, ma tutti rimasero in silenzio. Solo lo zio sussurrò qualcosa al mio orecchio.
-Che aspetti? Vai.
Restò appoggiato al muro, in attesa di una mia mossa.
Stetti al gioco ed evitai di mettere mano all'interruttore.
Inciampai altre tre volte, di cui una che mi portò quasi sul tavolo al posto del dessert.
Poggiai la mano sulla porta e l'aprii lentamente.


Crollai in ginocchio con le lacrime agli occhi; l'emozione era così violenta da non sapere come contenerla.
Il perimetro dello studio era totalmente invaso da una scia di candele rosse. Morbide fiammelle che galleggiavano e confondevano lo sguardo. Tanto che, per vederla impiegai una manciata di secondi.
La veste bianca le ondulava addosso, leggera come una nuvola. Le braccia esili, sottili, vibravano come corde: una delle due completamente coperta dalla manica bianca; l'altra, scoperta.
Ballava lentamente, come una foglia d'autunno che fa l'ultima danza prima dell'addio.
Era una dea: la mia dea.
Mi bastò cadere nei suoi occhi di smeraldo, per quietare ogni tipo d'angoscia e non aver più bisogno di niente. Avrei voluto solo affondare una mano in quelle ciocche castane, accarezzarla e chiudere quella giornata allacciato alle sue braccia.
Ora sì che è veramente Natale. Non poteva esserci regalo migliore.
Attesi per tutto il tempo che terminasse, come una preghiera. Mi alzai e avvicinai a quell'angelo, con la costante paura che, con un tocco, volasse via.
-Natalie! Ma che ci fai qui?
Ricambiò il mio sorriso con un'espressione felice, vera.
-Tu non venivi; così sono venuta io.
Arrossii, tremendamente imbarazzato e in difficoltà.
-Avrei tanto voluto esserci, ma è stata una faccenda anche difficile da spiegare...
-Non ti preoccupare: so già tutto...e Buon Natale.
Per un attimo mi chiesi cosa intendesse per “tutto”, poi decisi di fregarmene altamente e godermi il momento senza rovinarlo. Già ad averla vicino mi veniva la pelle d'oca; mi sentivo stupido anche solo ad aver pensato che mia sorella fosse bellissima. Natalie era capace di far sbiancare la notte con un sorriso.
Lentamente, posò le sue labbra sulla mia guancia e ciò mi diede lo slancio istintivo di baciarla dritta in bocca, ma mi bloccai al pensiero che c'era l'intera famiglia di là. Sarebbe stato terribile e volevo qualcosa di più magico per lei.
Fu da lì che capii che, probabilmente ero perfettamente ricambiato.
-Buon Natale.
Sussurrai roco.

La presi per mano e la portai a testa alta a conoscere una famiglia strana che a volte non capivo, a volte era disgregata e a volte non sembrava proprio una famiglia; ma era pur sempre composta da persone di cui potevo andare fiero.



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Il mio ringraziamento va ai Soulmates che si sono letti questa fanfiction fino alla fine (che poi con Jamie potrebbe non essere esattamente chiusa così; staremo a vedere). Se avete gradito lasciate una recensione, che mi fa sempre piacere e nutre la mia precaria autostima. 
Buonanotte!



   
 
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