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Autore: Iwazaru    25/09/2014    1 recensioni
Julia è stagista in uno studio fotografico.
Non è psicologicamente preparata al workshop che il suo studio ha preparato che prevede come modello: Jared Leto.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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New York, Spring 2012
 
Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato e stamattina la voglia con la quale sono venuta a lavoro era paragonabile allo zero, anche meno in effetti. Ma non voglio essere eccessivamente drastica!
Amo il mio lavoro, non ho nulla -beh quasi nulla- di cui lamentarmi. Ma avrei davvero, davvero voluto non assistere a questa cosa.
Lascio la mia borsa e il mio cappotto alla mia postazione e vado all’area relax per prepararmi il mio solito caffè doppio!
« Hey Julia! Sei venuta presto stamattina »
Quasi non faccio in tempo ad avvicinarmi alla macchinetta che il mio collega, James m’incalza con i suoi modi fin troppo energici per essere le otto del mattino.
« Già, ho del lavoro da fare e poi devo fare il mio solito giro, no? »
« Oppure vorresti avere la possibilità di incontrare quel tipo… »
« Sì beh, incontrarlo sarebbe interessante, ma preferisco tenermi impegnata oggi, molto impegnata »
Lui ridacchia.
Non lo capisce, so che non lo può minimamente capire.
Oggi Jared Leto verrà per offrirsi come modello in una speciale sessione fotografica offerta dallo studio. Lo chiamano ‘WorkShop Boss’ come se i riferimenti al fatto che Jared abbia fatto quella maledetta pubblicità ‘Red Means Go’ potesse indurre le persone a fare più di ciò che hanno fatto.
Solamente tre persone parteciperanno a questo workshop. Hanno pagato cifre da capogiro. 
Tutto ciò solamente perché la proprietaria dello studio è ‘amica’ -se poi così la vogliamo chiamare- con Terry Richardson, il quale ovviamente è molto amico di Jared. Credo sia una sorta di favore.
Questo studio fotografico certo ha ottimi ingaggi, ma non è uno dei migliori, quindi così facendo, forse otterrà qualche feedback positivo.
Ed io?
Echelon dagli albori. Ricordo ancora la prima volta che siamo andati io e il mio migliore amico a vedere i Thirty Seconds to Mars suonare in un locale. Ricordo ancora come fosse piacevole, facile e divertente ridere e scherzare con loro. Ho ancora la foto che avevamo fatto tutti insieme!
Ma il mio caro collega James sembra non volermi risparmiare ‘l’umiliazione’ di questa situazione, sì perché era stato chiesto anche a noi stagisti se avessimo voluto partecipare al workshop, con una cifra minore, ma io proprio non posso permettermelo!
« Hai intenzione di intrufolarti e spiare? »
« Ma, certo che no. Devo lavorare James. » Sospiro un po’ infastidita dalla sua insistenza.
Sento di essere già più nervosa del mio solito. In fin dei conti una delle persone che ammiro maggiormente al mondo e che trovo irresistibilmente bella, si troverà qui fino al primo pomeriggio!
« Qualunque altra ragazza con la tua fissazione per quel tipo, farebbe di tutto per incrociarlo »
« Non ho una fissazione per lui, James. É semplice ammirazione »
Mi sta davvero dando ai nervi adesso e il fatto che non se ne renda conto, lo rende ancora più irritante!
Quindi prendo il mio caffè e me ne torno alla mia postazione.
Jared Leto.
Certo, quale donna sana di mente non lo troverebbe attraente? Ancora me lo ricordo con quei capelli un po’ biondi e un po’ del suo colore. Quel visetto d’angelo e quegli occhi che quando incrociavano i tuoi ti facevano perdere un paio di colpi!
Era anche simpatico, matto e divertente, ricordo quando ci eravamo ubriacati tutti insieme e io e lui eravamo finiti a chiacchierare di arte e immagini. Ero una ragazzina, ma già adoravo quel genere di cose. Lui era quello più grande che credeva completamente nei propri sogni e non vedeva alcun limite se avesse dato tutto sé stesso.
Quel ragazzo, lo rivedo ancora negli stessi occhi azzurri.
Sospiro e mi accomodo sulla mia sedia in modo sgraziato. Indosso dei jeans, posso fare come mi pare. Sono nervosa perché lui arriverà a momenti e io non voglio davvero assistere a tutto questo. Scattare delle foto a Jared Leto in uno studio. Può esserci sogno più bello?
 
Dopo nemmeno venti minuti che sto leggendo email del capo, scremandole e dividendole tra quelle che lui può visionare e quelle che devono semplicemente finire nel cestino; sento urletti, risatine e tacchi.
Chiaro segno che la divah ha fatto il proprio ingresso nello studio.
Piantona la scrivania Julia, non ti muovere da qui. Non infliggerti più dolore di quanto tutta questa storia possa mai aver fatto!
Non mi muovo, lo vedo solo passare, ma il mio sguardo è basso, vedo solo le sue gambe, le sue scarpe e sento la sua risata. Un sorrisetto si dipinge sul mio viso.
Forse sono davvero fissata con quest’uomo. Ma in fin dei conti non è che io pensi a lui ventiquattro ore su ventiquattro.
Altra agitazione, i fortunati partecipanti al workshop, ricchi figli di papà, sono arrivati!
Due ragazze e un ragazzo. 
Lui, alto sul metro e settantacinque, occhi scuri, capelli lunghi legati in una sorta di crocchia. Sembra quasi leccato da una mucca. Le guance segnate da un’adolescenziale acne. Si veste come se fosse il nuovo e indiscusso talento dell’arte newyorkese. In sostanza come si vestono tutti i ragazzetti che si credono alternativi a saper imbracciare una macchina fotografica. Jeans neri, maglietta a maniche lunghe nera con tanto di gilet, che, voglio dire, non va di moda da una vita e mezza. Persino un cappello a bombetta, rigorosamente nero.
Sospiro e passo dal guardare lui a guardare le due fortunate donzelle.
Una che sembra scappata dal mondo di barbie. Un vestitino attillato con tanto di tacco da capogiro. Tutta ornata e curata. Ma come fa a fare fotografie in quella mise? Ha intenzione di sfruttare il workshop o di portarsi a letto Jared? Io sono più propensa sulla seconda. Certo la sua folta e laccata chioma bionda e quel visetto affogato nel fard potrebbero aiutarla, ma bisogna vedere se tutta quell’apparenza c’è anche della sostanza.
L’ultima, ma non meno importante, una ragazza con minigonna in tartan rossa con delle calze nere strappate, stivaloni da punk anni ’80. Capelli neri, pelle bianca e trucco pesante. Un top di qualche sconosciuta band punk. Probabilmente una ragazza che cerca di distinguersi dalla massa di barbie con cui deve avere a che fare ogni giorno ma che a mio parere vuole solo far imbestialire mamma e papà.
Wow, che soggetti i fortunati partecipanti a questo workshop! Tutti con le loro borse contenenti costose attrezzature che per lo meno mi auguro sappiano usare. Anche se sono quasi convinta che la barbie abbia prima pagato per il workshop e poi si sia andata a comprare una reflex. Ma tutto può essere!
Okay, oggi mi riscopro più indisponente del solito, ma lo ammetto, sono tremendamente invidiosa dell’opportunità che stanno per vivere.
« Julia! »
Come una doccia fredda, il trillo di uno dei miei superiori mi riporta alla realtà.
« Jane è occupata, accompagna tu i ragazzi nello studio per il workshop. É il numero uno »
Certo, il numero uno, quello più bello, il meglio attrezzato. Ovviamente lo fanno per fare bella figura con lui, non di certo con questi ragazzi.
Ancora mi chiedo il senso di tutto questo.
Ma l’idea che lui possa già essere in studio, un po’ mi paralizza.
« Julia! »
« Arrivo, certo » dico alzandomi di scatto.
Io, i miei jeans e la mia camicia, i miei capelli raccolti in una crocchia molto più femminile e ben fatta di quella del tizio con la bombetta! 
« Prego ragazzi, seguitemi » dico con un sorriso.
Oh, quanto mi sta costando questo sorriso. Sento i muscoli del mio viso cercare di ribellarsi, ma è lavoro e non posso mettermi nei guai per una questione ‘personale’.
Mentre do loro le spalle, inspiro profondamente, pregando con tutta me stessa che lui sia altrove, magari a parlare con la proprietaria. Che ne so!
Raggiungo lo studio ed apro la porta. Do una rapida occhiata e sembra non esserci nessuno.
Questo studio è un vero e proprio sogno! Lo amo profondamente!
« Prego ragazzi, sistematevi pure, l’insegnante arriverà a minuti. Nel frattempo state attenti a ciò che utilizzate »
Come se avessi parlato al vento, mi ignorano completamente e si guardano attorno. Mi sembrano un po’ troppo stupiti. Oh, poco male, fatemi andare via da qui il prima possibile!
Lascio la porta aperta, così che non siano liberi di combinare alcun guaio e torno dalla mia superiore per avvertirla che i ragazzi si stanno preparando e stanno prendendo confidenza con le attrezzature. Avrei pagato oro per lo sguardo che mi ha appena rivolto, come a volersi chiedere come è possibile che li abbia lasciati con migliaia di dollari di attrezzature, ma lei me ne ha regalata la visione gratuita.
Il workshop doveva iniziare dieci minuti fa ed io non sono nel progetto, quindi la vedo correre a passo svelto verso lo studio numero uno e chiudere la porta.
Con un sorrisetto trionfante  torno alla mia postazione, che la mia schifosa giornata abbia inizio!
 
Non ho nemmeno idea di che ore siano.
So solo che è da stamattina che piantono la mia postazione. Muso fisso al monitor cercando di rimanere in una bolla in cui non esiste nessun costosissimo workshop con Jared Leto!
Quando mi accorgo che l’ora di pranzo è passata, sospiro e mi decido ad andare nella zona relax. Prendo quel che c’è, di solito vado al bar qui sotto o al carretto degli hot dog. Ma oggi ero così distratta ed emotiva che mi sono dimenticata di scendere e allo stesso tempo non ho pensato a portarmi qualcosa da mangiare.
Entro e mi accorgo che c’è qualcuno. Che noia. Non ho proprio voglia di conversare, quindi facendo finta di nulla, guardo nei mobiletti alla disperata ricerca di qualche merendina, snack o altre diavolerie!
« Hai perso qualcosa? »
Oh, questa voce la riconoscerei praticamente ovunque e mi si raggela il sangue. Spalanco appena gli occhi e un sorrisetto ebete mi si dipinge sul viso.
« Nah, cercavo solamente qualcosa di abbandonato con cui pranzare »
« Pranzi alle tre del pomeriggio? »
« Mh, pranzo quando mi ricordo di farlo. Avevo del lavoro e… »
« Ti capisco. Capita spesso anche a me »
Non ho molta voglia di girarmi, ma non posso rimanere con la faccia nel mobiletto ancora a lungo.
« Finito il workshop? » Domando con noncuranza.
Non mi immagino nemmeno la sua espressione ma lui sbuffa una risatina.
« Se vogliamo chiamarlo così, sì, è finito dieci minuti fa e mi sto nascondendo qui, credo sia il mio secondo tè »
Finalmente richiudo il mobiletto e mi volto a guardarlo.
Bello, come sempre. Splendido. Semplice eppure così complicato e affascinante non solo per il suo aspetto.
« Ho visto i partecipanti, sono quasi convinta che la bionda tutta curve abbia comprato la sua reflex ieri » dico concludendo con una piccola linguaccia.
Lo so, sono diabolica alle volte.
Lui ridacchia appena.
« Oh,  lei mi ha fatto solamente primi piani » dice con un piccolo ghigno che lo rende… non trovo la parola, mi spiace!
« Come sprecare una grandiosa opportunità » dico forse con tono troppo amareggiato.
Mi appoggio al bancone e guardo altrove.
Lui non mi mette soggezione, forse perché ricordo ancora il nostro momento quando ero una ragazzina. Ma non me ne mette.
« Come mai non hai partecipato anche tu? »
« Sono una stagista e… »
« C’erano anche stagiste che ci osservavano » mi rincalza lui senza farmi concludere la frase.
« Già, ma io non amo farmi del male in questo modo » dico facendo spallucce.
Ora ho la sua attenzione, perché i suoi occhi hanno cambiato sguardo, mi fissano, curiosi e interessati.
« Hanno chiesto a noi stagisti se volessimo partecipare, la quota d’iscrizione sarebbe stata più bassa, ma per me era ugualmente eccessiva, per cui ho preferito concentrarmi sul mio lavoro e non soffrire troppo per l’occasione persa » dico con un sorrisino un po’ malinconico.
« Oh, fai fotografia anche tu? »
Io mi limito ad annuire « Per la precisione, adoro gli scatti emotivi, espressivi, quel giocare con gli sguardi, le smorfie… » sospiro nuovamente « con te sarebbero stati scatti splendidi »
Alzo lo sguardo su di lui e lo scopro sorridere dolcemente. Spalanco appena gli occhi, non capisco il perché della sua espressione.
« Cosa ti piace? Voglio dire, mentre scatti una foto, cosa ti piace? »
Non mi serve nemmeno il tempo di pensarci.
« Amo vedere le cose attraverso l’obiettivo. Amo quella sensazione di distacco ma allo stesso tempo di coinvolgimento. Quando sei tu a scegliere il momento migliore. Un secondo prima è troppo presto e un secondo dopo ti sei fatto sfuggire la perfezione. É come se guardando attraverso la lente, tutto acquisti una bellezza differente, una bellezza che puoi immortalare. Una bellezza che forse in quel momento hai colto solamente tu »
Lo so, mi rendo conto di avere una visione eccessivamente romantica di ciò che mi piace fare, ma non posso farci nulla.
Lui mi guarda, i suoi occhi fissi nei miei e mi viene quasi da arrossire. Insomma, si rende conto dell’effetto di quei fanali sulle persone? Secondo me no, non del tutto per lo meno!
Ecco che le sue labbra si tendono in un sorrisetto che dall’esterno appare tra il compiaciuto e l’estasiato.
« Aspettami qui un momento » dice prendendo il cellulare dalla tasca ed uscendo dalla saletta relax.
Che diavolo sta combinando?
Scuoto appena il capo. É anche ovvio che non si ricordi di me, che non abbia idea di chi io sia. Però è rimasto quel ragazzo semplice e con cui è piacevole parlare. La cosa da una parte mi stupisce, dall’altra mi rincuora.
La mia ricerca di cibo si conclude con un Twix abbandonato da chissà quanto tempo. Nulla di particolarmente buono o allettante, ma meglio dell’aria. 
Nel preciso momento in cui lo sto addentando, quell’attimo in cui la femminilità va a farsi friggere e, la fame e la gola la fanno da padrona. Ecco che Mr.Leto ritorna tutto gongolante con un sorrisetto beffardo sul viso. Mi guarda e con la stessa espressione con cui è tornato nella zona relax, inclina il capo e comincia a parlarmi…
« Hai da fare tra un’ora? Voglio dire, riesci ad uscire da qui? »
Io spalanco gli occhi, lo guardo piuttosto confusa e non ho davvero idea di cosa stia parlando. « Sì, potrei, ma cosa…dove dovrei andare? »
Lui prende il mio Twix e lo posa sul bancone, quindi mi prende per il polso e mi trascina verso la mia postazione.
« Prendi le tue cose e andiamo » si limita a dire.
Ma che cavolo? « Jared, non posso sparire senza dire qualcosa… »
« Dì loro che non ti senti bene, semplice, lo fanno tutti, no? »
« Non io…ma ho capito l’antifona. Dammi un attimo » sbuffo scuotendo il capo mentre lui sembra parecchio divertito.
Ma che diavolo sta succedendo? Voglio dire, Leto mi dice ‘andiamo’ e io da bravo cagnolino obbediente lo seguo? E soprattutto, perché ha deciso di portare ME chissà dove? Non mi ha nemmeno chiesto come mi chiamo o chi io sia. Mi ha chiesto solo che cosa significa per me fotografare.
Sospiro, mi siedo alla scrivania e compongo il numero. Devo avvisare no?
« Salve, sono Julia, sì Kane, esatto, non mi sento bene e preferisco tornare a casa per il pomeriggio. Sì, lo so. Lo so. Grazie. A domani »
Lui se ne stava lì, appoggiato alla mia scrivania a guardarmi mentre ero al telefono e continuava ad avere un’espressione composta ma compiaciuta.
« Tutto bene? »
« Sì, perché? » Domando mentre prendo il cappotto, la borsa e insieme a lui mi dirigo verso gli ascensori.
« Che cos’è che ‘sai’? »
« Scusami? »
« Mentre eri al telefono, continuavi a dire che lo sai… »
« Oh, nulla. Non ti preoccupare »
« Dimmelo… »
« Che non mi pagheranno la giornata »
« Cosa? »
« Funziona così, se esco prima è come se non fossi venuta a lavoro » dico semplicemente facendo spallucce.
« Ma è assurdo… »
« È il contratto che ho accettato. Non te ne preoccupare, okay? Spero solo che questo non sia un capriccio » sospiro.
Mi rendo conto che ho mandato al diavolo una giornata di lavoro senza sapere dove Jared mi stia portando! Mi acciglio un po’ pensando che io debba essere tanto matta quanto lui!
« Ehi, fidati di me, okay? Un tempo lo facevi »
Spalanco gli occhi alle sue parole. Alzo lo sguardo, allibita, lo trovo con un dolcissimo sorriso e l’ascensore con il suo consueto ‘dling’ ci avvisa che siamo arrivati al piano terra.
« Andiamo » dice semplicemente.
Una macchina, una berlina scura, ci aspetta fuori dall’edificio e lui apre la portiera e ci si infila dentro al volo. Lo seguo e in un attimo stiamo partendo.
« Dove stiamo andando Jared? » Domando un po’ titubante.
« Sorpresa » 
Alzo gli occhi al cielo ma sorrido all’idea. Che scemo.
L’auto si ferma solo dopo una ventina di minuti di fronte all’ennesimo palazzo imponente. Lo guardo sorpresa e lui mi fa semplicemente strada. Scendiamo dall’auto, entriamo, prendiamo l’ennesimo ascensore.
« Jared » sbuffo appena. 
Mi riscopro però divertita da tutto questo. Lui continua a starsene con quel suo sorrisetto impassibile e del tutto intenzionato a non scucire mezza sillaba sulla nostra ‘destinazione’.
Di nuovo, l’ascensore si apre ed un ampio, ampissimo spazio elegante, moderno e bianco ci si para davanti.
« Oh, Mr.Leto » miagola una signorina in un tubino nero che con i suoi tacchi correva con delle carte in mano.
« Julie » miagola lui.
« Terry è in studio » gli risponde lei.
Terry? Terry Richardson??? Ma che diavolo.
La mia espressione è sicuramente indecifrabile, ma lui per fortuna non si gira, continua a fare strada e guidarmi verso…uno studio.
« Bene, ecco la tua grandiosa occasione » mi dice mentre io riesco solo a sentire … nulla.
Mi guardo attorno a come tutto sia professionale, molto, molto di più che al nostro piccolo studio di vipere con i tacchi a spillo.
L’idea di avere questo posto a mia disposizione per poter scattare con Jared Leto.
Mi volto e lo guardo con gli occhi lucidi. Non perché sia triste o che. Ma solo perché sono così emozionata, così su di giri, troppo felice che sembra che tutto dentro di me sia sospeso, fermo. Non riesco ad esprimere nulla.
Ecco di nuovo sul suo volto quel sorriso tanto dolce. Mi si avvicina e mi asciuga una lacrima con l’indice.
« Mi ricordo di te. Quindi, abbiamo tutto il tempo che vogliamo per farti creare qualcosa di magnifico. Lo sai, amo le persone che sono così creative. Forza, sistema tutto, farò quello che vuoi »
Oh, eccolo ancora una volta. Quel ragazzo tanto socievole, buono e fantastico che conobbi da ragazzina. Disponibile e di buon cuore. Assurdo che abbia fatto questo per me.
« Okay, facciamolo » dico con un sorrisetto più risoluto.
Lui si fa da parte e mi lascia organizzare lo spazio per lavorare. 
Non è facile mettere insieme un concetto per delle foto in pochi attimi, eppure, con un modello come Jared, so che posso giocare su qualunque stile.
Devo decidere il fondale da utilizzare, come farlo sistemare in base anche a come è vestito.
Mi ci vuole un’oretta per sistemare tutto. Oretta in cui lo sento, dietro di me, parlare con Terry. Non so di cosa, non riesco a sentire ciò che si dicono. Riesco solo a sentirli parlare.
 
Quando ho finito, nella mia testa ci sono già figurate le fotografie. Devo solo metterle in atto e sono certa che farlo con Jared sarà uno spasso!
« Hey hey, un attimo. Prima che siate troppo stanchi, vi faccio qualche foto insieme » dice Terry con un sorrisetto. 
Io sorrido a mia volta e mi stringo nelle spalle guardando Jared.
« Certo! » Assicura. 
Scuoto appena il capo e ci mettiamo davanti al fondale bianco, tipici scatti alla Terry, un paio seri e gli altri altamente stupidi. Io e Jared ci esibiamo in una serie di smorfie e facce assolutamente stupide. Poi, così, di punto in bianco, mi abbraccia, mi stringe a sé e Terry scatta di nuovo. Mi ha preso così alla sprovvista che non ho idea di che espressione io potessi avere.
« Bene, io lavoro alle mie foto, voi fate le vostre. Vi lascio lavorare » dice andandosene.
Ho bisogno di qualche istante per riprendermi. Il corpo e il profumo di Jared mi hanno destabilizzata.
« Cominciamo? » Mi domanda.
Io alzo lo sguardo verso di lui ed annuisco.
Prendo la preziosissima macchina professionale che Terry mi ha messo a disposizione. Le luci sono sistemate, Jared è splendido e semplicemente comincio con scatti semplici. 
« Guarda in camera » gli dico mentre riesco a fargli una foto a dir poco sexy.
I suoi occhi di ghiaccio fissano l’obiettivo con intensità mentre si morde appena il labbro. Quest’uomo…è capace di uccidere qualunque fotografo!
Proseguiamo per quasi due ore a scattare insieme. Poi entrambi ci dichiariamo stanchi morti!
Alla fine della nostra sessione, gli ho fatto davvero una marea di foto. Ringrazio che negli studio le foto vengano scaricate direttamente sugli iMac!
« Me le manderai quando le avrai sistemate? » Mi domanda con un sorrisetto stampato sul volto.
« Certo »
« Dammi il telefono »
« Il telefono? »
« Sì, il tuo cellulare »
« Oh, okay » mormoro prendendo il mio povero iPhone e porgendoglielo.
Lui ci combina qualcosa e poi me lo restituisce. 
« La mia mail personale, così me le mandi subito »
« Oh, okay, grazie »
«  E di cosa, sei tu che me le devi mandare »
Io scuoto il capo « No, Jared, grazie. Davvero » mormoro.
Lui si stringe nelle spalle. 
« Non so di cosa stai parlando. Devo mantenere aggiornato il mio blog » miagola.
Rido e scuoto appena il capo.
« Certo, Notes from the outernet »
 
[…]
   
 
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