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Autore: iride verde    25/09/2014    0 recensioni
"Avevi ragione. Le persone vanno accettate come sono. Tu l’hai fatto, e lo so che ti è costato tanto. Con te mi sono sempre sentita libera di essere me stessa, ed è qualcosa che non sono mai riuscita a provare con nessun’altra persona."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MIGLIORI AMICHE

Lucrezia se ne sta lì, con la schiena poggiata a un albero, proprio davanti al “Magnolia”, il bar gelateria più alla moda della città. La sua amica Melissa le ha dato appuntamento lì, però è in ritardo. Normale, pensa Lucrezia. Prima di lei Melissa doveva vedere il suo ragazzo, si sarà trattenuta con lui. Eppure  non può impedirsi di provare una leggera punta di fastidio.
Non ha voglia di entrare nel locale da sola, però neppure stare impalata lì fuori è il massimo. Tira fuori il cellulare per controllare l’ora. Le quattro. è quasi tentata di chiamarla, quando la voce di Melissa la raggiunge, un po’ attutita dal rumore del traffico : solleva il capo e sorride di sollievo, vedendo la sua amica che si sbraccia per salutarla dall’altra parte della strada, mentre aspetta di attraversare. Finalmente scatta il verde e Melissa si affretta a percorrere i pochi metri che la separano da Lucrezia, un sorriso di scusa già pronto sulle labbra.
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Ciao Lu!- la saluta baciandola su entrambe le guance, un’abitudine che ha preso solo negli ultimi tempi- scusa il ritardo, ma sai… Roberto quando ci si mette…- alza gli occhi al cielo e poi le strizza l’occhio con espressione complice - comunque, me ne sono liberata anche per questa volta!- e liquidata tutta la faccenda con una risata, varca decisa la soglia del bar. E Lucrezia la segue.
Sarà la seconda volta che entra in quel posto così elegante in tutta la sua vita. Melissa, invece, è una cliente abituale, a giudicare dal sorriso con cui la accoglie il ragazzo dietro il bancone.
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Ciao Melissa!- la saluta infatti- il solito frullato?
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No! - risponde lei ridendo- oggi è un giorno speciale. Devo festeggiare e perciò la dieta va a farsi benedire!
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Senti senti - commenta il giovane barista - questo sì che è un evento. E posso sapere cos’è successo di così eclatante?
Anche Lucrezia, che finora si è tenuta in disparte, drizza le orecchie. Melissa, al telefono, non le ha accennato nulla di tutta questa storia.
La ragazza, però, non sembra disposta a rivelare il suo segreto:- Voglio una coppetta con cioccolato, amarena e… tiramisù!
Il giovane assume un’espressione scioccata:- Ma allora è davvero grave!- ride, prende una coppetta e inizia a riempirla con i gusti richiesti.
Dopo averci infilato in cima una cialda di biscotto a forma di fiore, la depone tra le mani di Melissa con espressione esageratamente scettica, poi si volta verso Lucrezia e le chiede affabilmente:- E per te?
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Per me liquirizia e mirtillo, grazie - risponde lei.
Mentre le due si allontanano per sedersi a un tavolino, il ragazzo le fa l’occhiolino, indicando contemporaneamente Melissa con la spatola: - Mi raccomando, controlla che la mangi tutta!
Lucrezia sorride imbarazzata, senza sapere bene cosa rispondere.
Ed eccole lì, sedute una di fronte all’altra, a gustare in silenzio le prime cucchiaiate di gelato.
A un certo punto, però, Lucrezia non resiste più:- Insomma, si può sapere cosa festeggiamo? Io non ne so nulla…
Melissa sorride, ed è come se il suo sguardo volasse via, molto lontano da quel tavolino, fuori dalle finestre del bar:- Quest’estate, subito dopo la maturità… vado via, vado a Milano con Roberto!!
Lucrezia sobbalza. Prima che se ne renda conto, il cucchiaino le scivola di mano e si abbatte tristemente sui suoi pantaloni.
Melissa neppure se ne accorge, presa come è ora dalla foga di parlare. Continua a gesticolare fissando un punto al di là della sua spalla, mentre il gelato nella coppetta inizia a sciogliersi.
-… capisci? Finalmente vivrò in una città vera… uscirò da questo buco.- sospira soddisfatta.
Se a Lucrezia restava ancora qualche dubbio sul fatto che sarebbe mancata alla sua amica, queste ultime parole servono a toglierlo.
E dire che la settimana prima, quando ha avvisato Melissa che lei e gli altri ragazzi del paese stanno organizzando un campeggio di ritrovo in cima alla montagna, lei, incredibilmente, ha accettato. Lucrezia non se lo aspettava affatto, e non ha nascosto la sua gioia. Ma si era solo illusa. Ora Melissa sembra essersene completamente dimenticata. Certo, il loro stupido campeggio non può competere con un viaggio a Milano, completo di stage, però si aspettava almeno un “mi dispiace”, “salutami tutti”. Niente di tutto questo. Anzi, si è anche dovuta prendere, come al solito, una bella dose di sottile disprezzo gratuito, lei che vive ancora in un “buco”, e che in quel buco si trova benissimo.
Mentre cerca di pulire i pantaloni da quella stupida macchia rossa, pensa che in fondo gli altri glielo ripetono da anni. “E’ cambiata” “E’ inutile che la consideri ancora la tua migliore amica.” “Sei solo un ricordo, per lei.” Queste le frasi che le hanno detto fino alla nausea, e che lei ha sempre ignorato, pensando che fossero solo giudizi, giudizi, giudizi. Invece, erano la verità.
E ora è qui, seduta in questo bar che non le è mai piaciuto e che trova ridicolo, con la musica da discoteca in sottofondo in pieno pomeriggio, sentendosi una cretina per essersi macchiata i pantaloni, ma soprattutto, per essere stata presa in giro. Ascolta appena Melissa che continua riempire l’aria attorno a loro di parole, forse per impedire che parli lei; ma Lucrezia non ha, sinceramente, nulla da dire.
A un certo punto si alza di scatto:- Scusa Mel, ma io adesso devo andare…
Melissa interrompe il suo chiacchiericcio come una radio che si spegne di colpo e la fissa lievemente sorpresa:- Ma come? Non torniamo a casa insieme?
-     
No ecco io… devo andare via prima perché… mia nonna mi ha chiesto di farle la spesa… lo sai che non sta bene in questo periodo, te l’ho detto, no?  - Lucrezia pronuncia l’ultima frase con un tono quasi di sfida, mentre studia la reazione sul volto di Melissa.
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Ah sì… certo.- mormora lei, abbassando leggermente gli occhi. - va bene, allora ci sentiamo…
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Certo.- Lucrezia si china a baciarla sulla guancia, le rivolge un freddo sorriso di circostanza, e la lascia lì al tavolino del bar. Si allontana come se non gliene fregasse niente, mentre invece si sente schiacciare da quella sensazione di abbandono a cui pensava di essere abituata ormai.

Eppure, lei e Melissa non erano sempre state così diverse. Per anni erano state così unite da sembrare sorelle, e molti guardavano quasi con invidia a quell’amicizia così forte, che sembrava impossibile da scalfire.
Si erano conosciute alle scuole elementari del loro piccolo paese di montagna. Erano capitate per caso vicine di banco, e subito si erano trovate bene insieme perché entrambe erano brave a scuola e appassionate di disegno. Ben presto avevano cominciato ad andare ciascuna l’una a casa dell’altra e poi, quando erano diventate più grandi, era un evento raro vedere una delle due scorrazzare per le stradine, o in piazza, senza l’altra. Lucrezia ricordava benissimo i pomeriggi passati a casa di Melissa, sedute al tavolo grande della cucina, ricoperto da un allegro disordine di fogli e matite, a farsi il ritratto a vicenda. Alle medie si trovavano a casa della nonna, che aveva un terrazzo con una bellissima vista sulle montagne circostanti, con i loro cavalletti: cercavano di riprodurre i boschi con tutti i verdi possibili e immaginabili , di catturare i riflessi che il sole creava sull’acqua del lago, là sull’orizzonte, e dipingevano delicatamente le nuvole, alcune dense come panna montata, altre appena visibili nell’azzurro del cielo. All’ora di merenda scendevano sempre con un bel po’ di colore sulle dita, a volte anche sulla faccia o- peggio- sui vestiti. La nonna fingeva di arrabbiarsi ed esclamava:- Andate subito a lavarvi, altrimenti non vi do da mangiare!
Erano stati anni bellissimi. Melissa era allegra, spiritosa, con lei non ci si annoiava mai. A quei tempi, Lucrezia ne era sicura, a Melissa non dispiaceva affatto la sua vita, la compagnia di amici che frequentavano, le gite e i giochi nel torrente, le strade tortuose del suo paese.
Era con il liceo che tutto era cambiato.
Lucrezia aveva deciso di frequentare il Liceo artistico, mentre Melissa aveva optato per un istituto di design. Entrambe le scuole si trovavano però in città, a parecchie fermate di pullman da casa loro. Non che le due non fossero mai state fuori del loro paese; ma un conto è fare una puntatina ogni tanto, magari per qualche gita scolastica, e un conto è dover affrontare una realtà simile ogni giorno, così diversa da quella a cui erano abituate.
A Lucrezia la città non piaceva molto. Troppa confusione, troppo caos. Lei invece amava così tanto il silenzio, tanto che da piccola a volte la madre si preoccupava, perché parlava molto poco rispetto alle bambine della sua età.
Aveva accettato semplicemente il fatto di doverci andare; si era adattata, sì, ma nel profondo non era cambiata affatto. Era come una roccia, lei, aveva delle abitudini che erano difficili da scalfire. Inoltre, in classe aveva trovato parecchi compagni che provenivano da piccoli paesi, insomma, era in mezzo a persone che erano cresciute come lei.
Per Melissa era stato diverso. Inizialmente, la nuova scuola era stata un trauma. Era finita in  una classe composta quasi interamente di “cittadini”, che avevano sentito nominare solo un paio di volte il paese dal quale veniva lei, e che la guardavano con aria di sufficienza.
“Mi considerano una specie di Heidi” si lamentava i primi tempi con Lucrezia. Si era chiusa  in se stessa, ma poi, a poco a poco, venne fuori il lato caparbio del suo carattere. Smise di commiserarsi e decise di farsi valere, di primeggiare, per dimostrare che anche lei valeva qualcosa, che non era seconda a nessuno. Voleva fargliela vedere, a quel mucchio di snob. Almeno, questo era quello che diceva lei. Ma Lucrezia aveva capito che, semplicemente, Melissa voleva essere accettata da quei compagni che fingeva di odiare tanto.
Si gettò a studiare come una pazza, e ben presto divenne la prima della classe. Lei non aveva mai dato grande importanza ai voti: era sempre stata brava, sì, ma era quel genere di persona a cui piace studiare di per sé, e non le aveva mai fatto differenza prendere un otto piuttosto che un nove.
Ma i “cittadini” presero a vederla con occhi diversi. Si accorsero che anche lei era una persona intelligente. E, man mano che si avvicinarono a lei, scoprirono che aveva anche un bel carattere, che era spiritosa, solare, non era la montanara scontrosa che si aspettavano.
Così, presero ad invitarla ad uscire con loro. Quando ne parlava con Lucrezia, Melissa cercava di nascondere il suo entusiasmo; fingeva di doverci andare per forza, a quegli appuntamenti: erano i suoi compagni di classe, mica poteva fare l’asociale…
Pian piano, però, aveva smesso di mentire a se stessa e alla sua migliore amica. Tanto, oramai, la sua trasformazione era diventata evidente.
Si vestiva in modo diverso. Prima lo faceva solo per andare a scuola, “per non attirare l’attenzione”. Parlava in un altro modo, usava atteggiamenti che ai suoi vecchi amici erano sconosciuti. Cambiò interessi: nulla di quanto le piaceva prima sembrava più degno della sua attenzione. Lucrezia non ricordava più l’ultima volta che fossero andate a dipingere insieme da qualche parte. Con gli altri andava anche peggio: ormai Melissa declinava quasi sempre gli inviti dei suoi vecchi amici, con giustificazioni che sapevano un po’ di scusa: “Devo studiare”. “dobbiamo fare una ricerca”, “Giulia non ce la fa proprio con questo argomento, ho promesso di aiutarla…”
Lucrezia sapeva perfettamente che Melissa non usciva certo di casa solo per andare a fare ricerche. Agli altri non raccontava quasi più nulla, era diventata estranea e silenziosa. Ma sul pullman verso casa, tra una fermata e l’altra, nell’unico momento che ancora loro due condividevano insieme, parlava quasi sempre lei. Le parlava di negozi, di locali, di pomeriggi in piscina con una ricchezza di particolari che una volta dedicava alla sua vecchia vita. Era sempre stata brava, Melissa, ad affascinare l’uditorio, ma questa volta Lucrezia non riusciva a lasciarsi contagiare dal suo entusiasmo. Provava a simulare un po’ di ammirazione per quel mondo, ma non le riusciva bene fingere, e comunque non ci vedeva proprio nulla: solo apparenza, finzione. A volte avrebbe voluto dire la sua opinione a Melissa, ma poi aveva paura di passare per acida; si sentiva anche un po’ in colpa, e pensava che forse il suo giudizio così duro era dettato dalla gelosia: in fondo, le stavano portando via la sua migliore amica…
A dire la verità, un paio di volte Melissa aveva invitato Lucrezia a uscire con i suoi nuovi amici. Lucrezia aveva accettato, per vedere se i suoi pregiudizi erano proprio infondati. Ma già dai primi cinque minuti aveva capito che non ce l’avrebbe mai fatta: si sentiva così esclusa, così fuori dai loro discorsi. Era come se ci fosse una linea sottile, una barriera non esplicita, che però stava innegabilmente tra lei e gli altri; e Melissa era dall’altra parte. Aveva provato a parlare un po’ con loro della sua passione per la pittura, per le arrampicate, ma come rimando aveva avuto sguardi vacui, dei “Sìì? Belloo” che trasudavano indifferenza. Dopo qualche minuto si era trincerata nel suo silenzio, ma nessuno pareva accorgersene: gli altri continuavano a parlare tra loro, senza chiederle un commento, un parere, perché avevano capito che lei con loro non c’entrava nulla.
Al ritorno, però, Melissa l’aveva rimproverata duramente:- Sei sempre la solita, Lu! Mai una volta che ti apra a nuove amicizie. Mi sembravi una mummia, lì in un angolo del tavolino, zitta e muta…
-     
Io ho provato a parlare di qualcosa, ma poi… - si era difesa lei, ma l’amica l’aveva interrotta:- Sì certo! Le arrampicate! E perché non la festa della polenta? Cavolo Lu, quelle cose interessano soltanto a voi… noi del paese. Per il resto del mondo non significano niente!
L’ espressione di Lucrezia si indurì, mentre dentro si sentiva andare in pezzi.:- Sono una sfigata che fa cose per sfigati? E’ questa la tua opinione di me?
Melissa alzò gli occhi e sbuffò, poi si rivolse a lei col tono paziente che usano gli adulti per far capire qualcosa a un bambino capriccioso:- Non sto dicendo questo. Ma forse dovresti allargare un po’ i tuoi orizzonti…- di colpo aveva cambiato espressione, le aveva lanciato un’occhiata quasi d’accusa:- Lo so che cosa pensate voi, invece. Pensate che siano tutti dei bambini viziati, superficiali, modaioli. Ma non è così.
Lucrezia si era messa a guardare fuori dal finestrino. Fuori era buio, e il suo viso galleggiava riflesso nel vetro. Non riusciva a riconoscersi, in quella ragazza che si era truccata maldestramente prima di uscire; si accorse solo in quel momento che la matita sotto gli occhi era sbavata. Chissà se gli amici di Melissa lo avevano notato, chissà se avevano capito che era la prima volta che la metteva. O magari non ci avevano neppure fatto caso, ed era inutile farsi tante paranoie.
Si voltò verso Melissa e le sorrise debolmente:- Sai, hai ragione. E’ per questo che vorrei che tu mi accettassi così come sono. Non siamo tutti uguali, Mel. Io sto bene così, mi capisci? Non devo cambiare per forza per restare tua amica. O no?

 

Lucrezia scende dal pullman. La fermata, a quest’ora del pomeriggio, è praticamente deserta, e il mezzo riparte lasciandola lì da sola. La ragazza si issa la borsa sulla spalla e si incammina verso il paese, anche se la sua meta non è quella. Non ha voglia di tornare subito a casa e neppure di andare dalla nonna. Improvvisamente, proprio quando mancheranno circa duecento metri alle prime case, scarta a destra e scompare nel folto del bosco che costeggia la strada.
Il sentiero, che si snoda accanto a un ruscello, è appena segnato tra l’erba alta, e parecchi arbusti protendono i loro rami. La ragazza però cammina sicura, senza preoccuparsi troppo delle scarpe che affondano un po’ nel terreno umido. Di solito ama percorrere questo sentiero lentamente, guardandosi attorno, anche se lo ha fatto mille volte: c’è sempre qualche fiore strano che è spuntato nella notte, c’è sempre qualche angolo verde a cui il giorno prima ha dato solo un’occhiata distratta, e che quello dopo le sembra buono per un dipinto.
E poi, questo posto è soltanto suo. Non sa se è l’unica ormai a conoscere ancora l’esistenza di questo sentiero, ma, pur venendoci quasi ogni giorno, non ha mai incontrato nessuno…
Stavolta però è diverso. Neppure il silenzio e la calma del bosco oggi riescono a tranquillizzarla. Continua a camminare in fretta, senza pensare a niente in particolare, ma con un peso nel petto che non riesce a mandare giù. Calpesta il terreno con furia, e i suoi piedi affondano nel fango. Non può fare a meno di rievocare un ricordo buffo: per un certo periodo, quando erano ancora piccole, Melissa aveva il terrore di schiacciare le formiche: si sentiva un’assassina, così quando andava in giro teneva sempre lo sguardo fisso a terra, attenta a non pestare nessuna forma di vita.
Lucrezia non ha svelato questo posto neppure a lei; è l’unico luogo che ha scelto di non condividere. Non sa perché non ci abbia mai portato la sua migliore amica, ma comunque le sembra un segreto piuttosto stupido, il suo, confrontato a tutte le cose che Melissa ha taciuto negli ultimi tempi. Compreso questo viaggio a Milano: non crede affatto che Roberto gliel’abbia detto solo oggi, probabilmente lo sapeva già almeno da un mese…
La ragazza rallenta un po’, fino ad arrivare ad una zona in cui il ruscello forma una specie di ansa. Qui, sul ciglio del sentiero, c’è uno di quei sassi di montagna, che, magicamente, sono dotati di quella conchetta speciale, perfetta per sedersi. Lucrezia si siede, tira su i piedi e circonda le gambe con le braccia, appoggia il mento sulle ginocchia e resta lì, finchè non viene buio.

 
Erano rimaste a quel punto. Dopo quella piccola discussione, niente sembrava essere davvero cambiato , ma in realtà si allontanarono ancora di più: Lucrezia non manifestò più nessun desiderio di usicre con i “cittadini”, e Melissa dal canto suo non glielo propose neppure. Continuavano a sedersi vicine in pullman e a chiacchierare del più e del meno, ma avevano sempre meno argomenti da condividere.
Lucrezia provava a raccontare qualche vicenda che era accaduta nella compagnia: fidanzamenti, piccoli pettegolezzi… ma per Melissa era come parlare di sconosciuti: gli altri ragazzi infatti l’avevano lasciata perdere già da tempo. Avevano smesso di invitarla alle feste di compleanno e alle gite, per non sentirsi dire sempre di no. Non sopportavano l’aria di superiorità con cui lei li trattava; o perlomeno, questo era quello che dicevano loro. Era stata lei ad allontanarli per prima, e loro non avevano certo bisogno di mendicare le sue attenzioni.
Lucrezia soffriva quando in compagnia l’argomento cadeva sulla sua migliore amica e subito fioccavano commenti maligni; anche se a volte condivideva certe opinioni, pensava che gli altri non avessero diritto di giudicarla così  e si lanciava subito a difenderla a spada tratta. I suoi compagni la prendevano bonariamente in giro, cercando di farle aprire gli occhi, ma lei ormai si era ostinata a trascinare quell’amicizia sempre più inconsistente, e se qualcuno le chiedeva chi fosse la sua migliore amica, lei rispondeva Melissa Barberini. Nessun’altra ragazza della sua compagnia era riuscita a sostituirla.
Quando, la settimana prima, Flora l’aveva chiamata per avvisarla del campeggio di ritrovo, Lucrezia le aveva chiesto:- Hai chiamato anche Melissa?
C’era stato un attimo di silenzio.
-     
La Barberini?- aveva risposto Flora titubante- veramente no…insomma, sono secoli che non la sento, non saprei… magari glielo potresti chiedere tu.
-     
Perché no?- era stata la risposta, inaspettata, dell' amica - è tanto che non faccio qualcosa del genere. Però forse non ho più il sacco a pelo, cioè, non so più dove posso averlo messo…
- Te ne presto uno io!- si era subito offerta Lucrezia. Se avesse saputo che quella risposta affermativa era nata solo per farle piacere, magari dettata un po’ anche dalla compassione, e già pronta per essere cancellata da una plausibilissima scusa, si sarebbe risparmiata il costo della telefonata.

 
Lucrezia alza la testa e si guarda attorno: ha perso il senso del tempo, e adesso è quasi buio.  Si alza di scatto e si avvia in fretta verso il paese, attraverso una scorciatoia che porta proprio al prato dietro casa sua. Finalmente, gli alberi si diradano, per lasciare il posto a una distesa di erba verde, alta quasi mezzo metro e punteggiata di piccoli fiori gialli. In fondo, le luci di alcune case sembrano lucciole giganti.
Un rumore che somiglia a una vibrazione rompe il silenzio: è il telefono, che in mezzo al bosco non prendeva. Senza smettere di camminare,  lo tira fuori per controllare i messaggi. 
E qualcosa la fa fermare di colpo: sullo schermo campeggia il nome di Melissa. Cinque messaggi, e sono tutti suoi. Prima che possa decidere di cancellarli senza leggerli, Lucrezia ha già aperto il primo.

 Grazie di tutto Lu. Per tutti questi anni, intendo. Sei stata l’unica che ha accettato il mio cambiamento e ti ringrazio. Sei stata l’unica che ha continuato a considerarmi , che non mi ha voltato le spalle. Hai dimostrato di tenerci veramente a me e devo ammettere che io non ho sempre fatto lo stesso.

 Però una cosa ci tengo a dirtela: io ti ho sempre stimata. Ho sempre pensato che sei una persona fantastica, sensibile, intelligente. Conosco i tuoi difetti, ma mai, mai ti ho mai vista come una sfigata. Se ti ho dato questa impressione, mi dispiace tantissimo.

In verità, comunque, non vado affatto a Milano, e con Alberto ho rotto da settimane. La verità è che ho trovato lavoro qui, in città intendo, e forse mi trasferirò,anche se ancora non c’è nulla di definito.

 Mi vergogno per averti mentito, per aver inventato questa storia stupida per non venire al campeggio. Non me la sento, ma il motivo non sei tu. Il fatto è che so come mi giudicano gli altri. So che mi reputano tutti stupida, antipatica, che mi sentirei fuori posto in mezzo a loro. A te, quando me l’hai chiesto, ho detto di sì perché con te ci sarei venuta Lu, ti giuro.

 Avevi ragione. Le persone vanno accettate come sono. Tu l’hai fatto, e lo so che ti è costato tanto. Con te mi sono sempre sentita libera di essere me stessa, ed è qualcosa che non sono mai riuscita a provare con nessun’altra persona.
Scusami.
Grazie.
La tua migliore amica, Mel.

 

 

 

 

   
 
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