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Autore: virgilio66    25/09/2014    2 recensioni
Per le mie acque diventare onda è un po' come morire
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~L’onda che sapeva di essere un onda

Un giorno il vento disse al mare:
“Voglio creare dalle tue acque un’onda bellissima. La farò alta quanto non si è mai visto, la farò danzare con i raggi del sole, le darò una splendida criniera di schiuma e trarrò dalle sue acque i suoni più belli. La rincorrerò lungo tutta la tua distesa e la accompagnerò con passi di danza alla spiaggia dalla rena più soffice”.
Ma il mare rispose:
“Le mie acque non vogliono levarsi in alto sotto la tua spinta. Le onde sulla spiaggia vanno a morire e, per quanto siano scintillanti e maestose, non vogliono finire ad asciugarsi sulla spiaggia arroventata dal sole. Le mie acque vogliono vedere i pesci nuotare e i coralli distendere i loro reticoli colorati e giocare con i raggi del sole. Diventare un’onda per le mie acque è un po’ come morire”.
Ma una piccola increspatura di una baia solitaria e tranquilla aveva sentito il vento e disse:
“Io non voglio stare per sempre in questa baia solitaria. Voglio diventare un’onda altissima e bellissima, voglio cantare la canzone del mare e correre lungo tutta la sua distesa e vedere tutto quello che non potrò mai vedere qui, sempre tra gli stessi pesci e gli stessi coralli”.
Il vento si ricordò di quella piccola increspatura triste e solitaria e appena le nuvole si addensarono nel cielo e il sole andò a nascondersi dietro di loro, cominciò a soffiare forte, sempre più forte, e la piccola increspatura divenne un’onda e poi cominciò a orlarsi di spuma, i suoi colori divennero cangianti, dal blu al verde scuro screziato di alghe sollevate dal fondo, al bianco della sua cima. Uscì maestosa dalla baia e cominciò la sua corsa attraverso la distesa del mare.
Lunghissima rese la sua corsa il vento, come se non riuscisse a trovare una spiaggia dove condurla. La fece sollevare altissima, le sue cime si frangevano di continuo e di continuo si ricostituivano più belle e spumeggianti di prima.
Per giorni corse sulla distesa del mare e nessuna creatura poteva rinunciare a darle quanto di più bello avesse.
La videro i delfini e vollero giocare a lungo con lei, si tuffavano nel suo immenso cuore d’acqua e riuscivano saltando sulle sue cime. Mai con nessun’onda avevano volteggiato così in alto, con tanta grazia e tanta leggerezza. La piccola increspatura nascosta dentro l’onda non aveva mai visto i delfini e li chiamava di continuo a sé ma doveva continuare a correre, non poteva più fermarsi, incalzata dal vento. I delfini dopo un po’ si stancarono di inseguirla e si fermarono ad aspettare altre onde.
La vide il sole e volle uscire dalle nubi, per intrecciare con lei la più bella rete di scaglie luminose che si fosse mai vista su quel mare, una collana di perle luminescenti che si rompeva e si ricostituiva sempre diversa sulle sue cime scoscese.
La vide la luna nelle lunghe notti d’inverno e volle regalarle i suoi più morbidi colori d’argento per fare delle sue creste un unico, lungo nastro scintillante. 
La vide una scogliera e le offrì la sua fiancata rocciosa perché potesse frangersi in un ventaglio di spruzzi schiumosi con un fragore che divenne il possente respiro di una sinfonia. E nei suoi gorghi interni le permise di ricostituirsi più alta e bella di prima.
La vide un surfista e disse:
 “Questa è l’onda che aspettavo da tutta la vita, l’onda dopo la quale appenderò alla parete la mia tavola, l’onda con la quale voglio danzare come su seno di donna”.
E l’onda si aprì dolcemente per farlo montare lungo le sue pendici. E il surfista la scalò con morbido passo e danzò sulle sue creste come su seno di donna. Mai l’onda lo fece cadere dalla sua tavola e lo baciò con la sua spuma, avvolgendo il suo corpo senza mai sommergerlo e levandolo in alto sino a farlo baciare anche dal sole riflesso nelle sue acque. E il suo corpo d’oro, d’azzurro e di vento brillò a lungo su quel  dorso possente che si levava dal mare. Poi ne avvertì il respiro sempre più affannoso e dovette lasciarlo dopo averlo un’ultima volta lanciato lungo la sua enorme fiancata.
Da giorni ormai l’onda correva sul mare e non si era accorta che ormai era in vista la spiaggia.
E il vento allora le disse:
“Non so più dove portarti sulla vasta distesa del mare, siamo arrivati. Ti ho dato tutto quello che di più bello potevo offrirti, tutte le variazioni del mio respiro, e tu hai cantato la più bella canzone che questo mare abbia mai ascoltato. Ma adesso sono triste perché la tua canzone andrà a morire sulla soffice rena. Posso fermarmi d’improvviso e distendere su questo mare la più placida bonaccia che si sia mai vista. E tu ritornerai nel seno del tuo mare e vivrai per sempre come la piccola increspatura che eri ”.
Ma l’onda rispose:
“Non posso più fermarmi dopo quello che ho visto e dopo che tutta la vita della natura è entrata dentro di me. Non posso ritornare la piccola increspatura che ero. Vorrei ancora ridiventare un’onda ma non potrei più essere bella come  stavolta sono stata. E mi manca ancora l’ultima canzone che canterò sulla spiaggia dalla soffice rena quando la mia cresta si scheggerà in mille rivoli di schiuma. Stammi solo vicino e mitiga i raggi del sole finché io non salga nell’aria da cui discenderò di nuovo nel mio mare”.
E il vento frenò il suo impeto per accompagnarla dolcemente all’abbraccio con la soffice rena e poi sulla soffice rena continuò a soffiare e soffiò sulle nubi che piansero pioggia e così l’onda lentamente penetrò nella sabbia in attesa di salire tra le nubi.
E il vento ricordò sempre quella piccola increspatura che gli aveva chiesto di diventare un’onda per vivere tutta la vita del mondo nella sua corsa. E ad ogni bufera diceva:
 “Ho conosciuto solo un’onda che sapeva di essere un’onda e ha cantato la canzone più bella che abbia mai ascoltato e a tutte le creature della natura ha dato la pienezza della vita”.

   
 
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