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Autore: Bidirezione    25/09/2014    4 recensioni
Almeno una volta a settimana si presentava da me sbronzo da morire, ciondolando nel giardino e piombandomi addosso sui primi gradini di casa; avevo preso l'abitudine di lasciare il cancelletto aperto e a volte pure la porta d'ingresso, se per caso mi trovavo impossibilitato a raggiungerlo in tempo.
Non era uno sbronzo felice, Sasuke. O almeno, non quando beveva davvero troppo.

Sasuke si presenta sbronzo quasi ogni sabato notte a casa di Naruto, in questa Raccolta Naruto vi parlerà di questi sabati notte e di altri, dettati dai desideri, capricci, tristezze, dolori ma anche risate e sproloqui di un Sasuke sofferente e ambiguo e assieme forse scopriremo cosa sta dietro a tutto questo dolore, che genere di vita conducano entrambi, che genere di epilogo li attenda.
[NaruSasu, SasuNaru, angst, tragicomico.]
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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...salve, gente! Ehm, sono un peletto (okay tanto) in ritardo, ma...ma...eh, sigh, non posso dare giustificazioni valide mi sa, e se vi dico che il capitolo era già pronto ma mi sono venute manie ipercorrettive e tre milioni di dubbi mi uccidereste. Con questo aggiornamento torniamo alle tinte scure che caratterizzano questa strana raccolta, Vi avviso già, torniamo ai mattoni insomma! Ringraziate l'umore della sera in cui scrissi questa cosa qui, e all'idea di un mio amico. Spero che Vi possa piacere e possa farmi così perdonare per il ritardo. ci sentiamo nelle recensioni, ci conto! Oh, prima di lasciarvi alla lettura, ci tengo a ringraziare tutti coloro che seguono – anche silenziosamente – la storia, siete inaspettatamente non pochi. Abbraccio.


11 - Sabati notte in cui facevo il coglione.


La risata roca di Sakura, la mia collega carina, mi risuonava ancora nelle orecchie e il mio sorriso doveva ancora essere ben stampato sulle mie labbra quando scesi dalla macchina che avevo parcheggiato davanti al cancelletto di casa.
Avevamo cenato assieme dopo il lavoro e ci eravamo divertiti parecchio, complici anche dei bicchieri di troppo per entrambi e l'alchimia che avevamo a pelle, quella che tre quarti delle volte ci faceva litigare e per il restante quarto ci faceva stare assieme come due amici d'infanzia.
Finalmente avevo saputo del suo amore impossibile per qualcuno di cui non aveva voluto dirmi le credenziali, della sua storia di infatuazione infantile fin dai teneri tempi dell'infanzia per uno che non l'aveva mai degnata di attenzione, del suo non riuscire a vivere che amori ideali. Insomma: Sakura non concretizzava quasi mai con un uomo, se lo faceva la relazione poi durava pochissimo; non concretizzava mai con chi amava – almeno platonicamente -.
Non ci somigliavamo se non per il fatto che io concretizzavo solo con chi amavo come lei. Però lei viveva al condizionale e attraverso questo sognava e si disilludeva, io vivevo al presente e avevo il passato e potevo - seppur con sofferenza
visto tutto - propormi un futuro sempre di concretezza.
Avevamo parlato di sesso, lo avrete capito. Senza alcun imbarazzo, come due amici maschi o due amiche femmine, dipende dal punto di vista con cui un individuo ci può guardare. Per quanto mi riguarda, pensandoci ora mi sentivo così a mio agio perchè forse era come starsene a chiacchierare con un lei e un lui in una stessa persona. Qualcosa che non avevo mai provato.
Sasuke era un uomo: al cento per cento. Okay alcune sfumature più femminili ce le aveva, ma come tutti. Non una propensione verso un genere più che un altro. Non c'entrava un cazzo con il fatto che gli piacessero gli uomini. Era forse uno dei pochi ad essere davvero facilmente catalogabile in una qualche categoria, almeno di genere
.
Apparentemente.
In realtà tutta la sua matassa di pensieri mentali non era solo propria del maschio, anzi. Interiormente Sasuke era una ragazza a volte isterica, umorale, capricciosa, viziata, che riusciva a pensare tremila cose in contemporanea, sensuale,
fatale.


« Porca puttana se non la smettono quei cani li ammazzo. Dio li ammazzo giuro. »
Sasuke.
Mi immobilizzai con una mano sul cancelletto mezzo aperto.
Sasuke era seduto al centro del minuscolo giardino, accanto al vialetto in ghiaia che ci aveva assestato la vecchia che come manualità dava cento a zero ad ogni pseudo maschio, le ginocchia rannicchiate fino al mento.
...Sasuke.
Mi sentii gelare il sangue nelle vene perchè quel sabato notte non me lo aspettavo lì. Quel giorno avevo lavorato tutto il pomeriggio a causa degli straordinari per prendere qualcosa in più a fine mese ed ero partito in quarta quando Sakura mi aveva invitato a cena fuori. Sakura non dava mai preavvisi, non era una da cerimonie, per nulla. Non mi ero fatto alcun problema a dire di sì, sebbene l'immagine di Sasuke mi fosse arrivata a galla insieme a mille pensieri, ma non mi ci ero focalizzato.
L'avevo visto la notte della discoteca e poi era sparito per tre settimane, neanche un messaggio, niente di niente mi era stato mandato, detto. Non ci avevo dormito le notti alla ricerca del perchè tardasse tanto, sapevo essere andato nel suo paese di nascita col fratello per il quindicesimo anniversario della morte dei suoi genitori e per “il tour delle tombe”, ma non avrei mai detto potesse occupare tutti quei giorni. Di certo c'era qualcos'altro sotto e con chissà quale scusa Itachi l'aveva tenuto o mollato lì nei soffocanti posti di origine, ma, anche se ero giunto a ipotizzare ciò, mi ero detto che era inutile continuare a ragionare inutilmente e dopo alcuni disperanti giorni ero tornato a
vivere respirando per bene l'aria a pieni polmoni, curandomi di più del mio aspetto fisico, ritardando di più il rientro a casa per stare in compagnia della mia squadra. Ed ecco che quel sabato sera avevo accettato in bomba l'invito della mia collega carina.
Ci misi quella che mi parve un'eternità ad entrare dal cancelletto; mi tremarono le gambe mentre avanzavo verso Sasuke. Quando gli andai di fronte non alzò la testa.
« Cane di merda. » disse.
Me la meritavo tutta tale frase, mi meritavo anche peggio. Ricordo che pensai ad una macchina del tempo e immaginai ossessivamente quanto sarebbe stato bello poter tornare indietro solamente di qualche ora, per declinare l'invito di Sakura –
sono troppo stanco oggi – e avere salva la pelle. Anzi, la coscienza.
Mi sentii tremendamente in colpa. Rimasi senza parole se non uno “scusa” detto tra i denti, vergognandomi proprio come un cane.
Era la prima volta in un anno e mezzo che non
volevo un sabato notte, che mi rendevo conto di essere letteralmente scappato da Sasuke.
Poi invece pensai al fatto che era terribilmente ingiusto che io non potessi prendermi le mie libertà, mai una serata fuori, che io
non potessi non volere, ma mi sentii subito uno sciocco ed uno stronzo: Sasuke si sentiva così sempre a causa di Itachi.
Probabilmente, ma questo lo dico oggi
con l'occhio della lontananza, stavo ereditando qualche suo modo di fare e vedere, qualche comportamento distorto e pensiero malato; ma mi fermai subito.
Presi un profondo respiro e cercai di fare piazza pulita nella mia mente, di visualizzare un foglio bianco, come anni prima mi aveva insegnato la mia amica Hinata, la ragazza che gestiva il bar a pochi metri da dove abitavo.
Coraggio, Naruto.
« Andiamo.»
Afferrai Sasuke per un braccio, non incontrai alcuna resistenza. Ma neanche alcun segno di vita.
Ormai avevo fatto la cazzata. Mi domandai per quanto a lungo mi avrebbe considerato pari al nulla. Quando si offendeva davvero con me di solito Sasuke mi guardava senza alcun broncio ma con fare di sufficienza, si vedeva lontano un miglio che non voleva darmi soddisfazioni. Era la mossa giusta con me, perchè io ci morivo e rodevo dentro da paura. Fino a implorarlo tacitamente di smetterla.
Aveva bevuto, lo notai dal fatto che le sue gambe non lo ressero dritto in piedi che qualche secondo, per poi ondeggiare pericolosamente. Sarebbe caduto a terra non lo avessi tirato a me forte forte.
Fui lì lì per approfittare del momento ed abbracciarlo, ma desistetti considerando quanto poco avrebbe
sentito il mio abbraccio. Lo condussi in casa passetto dopo passetto come una badante con la sua vecchia, portandolo direttamente in camera, esaudendo in questo una sua richiesta non espressa.
Si raggomitolò subito sul letto, senza neanche degnarmi di un'occhiata.
Non entrò sotto alle lenzuola, rimase a lungo immobile su di un fianco ad occhi spalancati. Probabilmente gli girava la testa, sicuramente non stava focalizzando alcunchè della mia camera infantile, con la gigantografia di alcune delle foto più belle di me e il nonno appese alle pareti.
Una foto in cui sorridevo all'obiettivo con tutta l'allegria di cui ero capace, sotto ad un'ascella del nonno, era proprio davanti a Sasuke. Sembrava che il me appena adolescente gli stesso sorridendo dolce. Ora che ci penso: almeno lui, visto che io non riuscivo neanche a sorridere un poco quella sera.
« Scusami. » ripetei prima di coricarmi sull'altra parte del letto, distante quanto possibile da lui. Sapevo che non voleva che nemmeno lo sfiorassi.
Non seppi mai cosa aveva fatto e che era successo durante le ore precedenti al suo arrivo da me, ma dedussi che doveva aver litigato di brutto con suo fratello per tutto il giorno. Talmente tanto che dopo aver fatto tappa in quel bar infernale e non avermi trovato a casa, si era sedut0 sul prato umido e mi aveva aspettato. In trance, forse. Forse con la sete matta di bere ancora, con la voglia matta di farmi del male.
Pianse nel sonno quel sabato notte.
Non fu la prima volta che lo vidi piangere mentre dormiva, ma comunque fu un ascolto doloroso. Non riuscii a svegliarlo.
L'indomani mattina tardi lo accompagnai a casa nel più rigido silenzio. Come volevasi dimostrare non se ne era andato prima che mi svegliassi (alla fine ero rimasto sveglio tutto il resto della notte ma feci finta di dormire), voleva
vedermi, beccarmi, farmi capire che che non aveva problemi. Però fu un pezzo di ghiaccio, mi mise uno sconforto addosso enorme.
Così si comportava Itachi.
Quella domenica mattina mi resi conto che forse era troppo tardi.
Il seme malato si era naturalmente instaurato anche in Sasuke.
Se solo avesse voluto andare da uno psicologo senza fare storie per i soldi, quante volte gli avevo detto che lo pagavo io intanto!
Ma alla fine mi rendo conto bene ora che lo psicologo non c'entrava un cazzo in quei momenti. Era un appigliarsi a qualcuno di esterno che risolvesse la sua, la nostra situazione, quando né io né lui avremmo mosso un dito.
Sasuke non avrebbe mosso un dito, quantunque ci avrebbe provato con tutto se stesso ad uscire da quella vita di merda.
Avrebbe anche seguito tutti i consigli del mondo, da lucido.
Fa' quello, di' questo e vedrai, piano piano andrà meglio.
Ma la merda sarebbe rimasta: di questo ero sicuro all'epoca; ma ero a un passo da realizzare dell'altro: la merda sarebbe rimasta continuando a rimanere lì.
Sasuke, in quell'appartamento col fratello, in quella città col fratello, avrebbe potuto andare dal migliore psicologo di tutto il mondo, seguire i migliori consigli, ma sarebbe durata poco
la vita normale.
Dopotutto viveva lì.
Nella merda.
Mi ci sarebbe voluta proprio l'aiuto della mia collega carina per fare questa importantissima constatazione, così apparentemente
banale, a pensarci adesso.
Ci parlammo in un'altra delle nostre uscite, questa volta a casa mia. E arrivammo dritti al punto di svolta, dopo che io le avevo parlato senza remore e a lungo d
i un mio amico.
“Deve andare via.”
Vi avevo detto, no, che Sakura sarebbe stata la chiave di svolta?
Mi ci vollero parecchi giorni per definire il mio pensiero, ma ben presto mi convinsi fortemente di quel fatto.
“E come, Sakura? Come?”
Sakura aveva sorriso mentre si voltava piano a fissare gli occhi nei miei: “Lo puoi portare via tu.” aveva detto col tono più calmo del mondo. Più definitivo, eppure.
Avrei dovuto portarlo via da lì.

   
 
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