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Autore: Kim NaNa    26/09/2014    4 recensioni
Gabriella quella mattina aveva perduto una cosa, un'alba, ma qualcun altro accanto a lei cercava qualcosa perso tanto tempo prima, qualcosa di inesplicabile, di inafferrabile... come il tempo.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla ricerca del tempo

 
«Sto cercando il tempo che ho perduto.»
Gabriella fissò il vecchio accanto a lei. La situazione le era apparsa stramba sin dall’inizio, quando l’aveva visto frugare tra i cespugli del parco. Non aveva l’aria di un barbone né di certo poteva dare l’impressione di essere pericoloso. Il suo viso incavato svettava su un collo esile, tenuto su da una struttura ossea visibilmente piegata e martoriata dal tempo. Eppure il degrado fisico non era nulla in confronto alla quieta tristezza che emanava dai suoi occhi scuri. Se le sabbie del tempo avessero potuto scavare tunnel sotterranei e oscuri, non avrebbero mai raggiunto la profondità di quegli occhi. La rassegnazione, tuttavia, non faceva il paio con la tristezza. Il fatto stesso che non avesse abbandonato la sua ricerca ne era un segno. Non si sarebbe arreso facilmente.
In un primo momento, Gabriella gli aveva lanciato un’occhiata perplessa, prima di sedersi come se niente fosse sulla sua panchina preferita, quella che guardava verso il sorgere del sole. Quest’oggi era in ritardo, l’aveva mancato. Si disse che avrebbe avuto tempo per vedere altre albe. A questo punto niente le impediva di tornare a casa per qualche altra ora di sonno. Il lavoro poteva attendere ancora un po’.
Il fruscio dei cespugli dietro di lei, però, continuava a tenerla bloccata lì. Si aspettava di vedere il vecchio sbucar fuori con un urlo di trionfo, brandendo un orologio, un portafoglio, un qualcosa. Senza saperne il motivo, voleva assicurarsi che trovasse quello che stava cercando. Perché era evidente che fosse alla ricerca di qualcosa.
Rimase seduta per un bel po’, in ascolto. Quanto tempo poteva metterci quell’uomo ad ispezionare il terreno là dietro? Le venne in mente che forse cercava un posto per espletare una funzione fisiologica. Ma un attimo dopo dovette ricredersi, perché lo sentì parlare.
«Eh no. Non è neanche qui.»
Nel silenzio del primo mattino la sua voce risuonò chiara. Aveva il tono del presentimento, del celebre “Te l’avevo detto”.
Fu colpita da quelle poche parole. Si voltò di tre quarti verso i cespugli alle sue spalle. Il vecchio era in piedi tra un gruppetto folto di pini striscianti, come un gigante in territorio lillipuziano. Mani sui fianchi, aveva storto la bocca in una smorfia pensierosa. Sussultò quando, inaspettatamente, lui si girò a guardarla. Sembrava incuriosito, quasi sorpreso che qualcuno si stesse interessando a lui. Gabriella si disse che sarebbe stato educato scusarsi e andare via; o quantomeno smettere di fissarlo.
«Le serve una mano?»
Non si era quasi resa conto di aver formulato la domanda. Ma di una cosa al momento era certa: doveva sapere. Il giorno era già iniziato con una sorta di languida lentezza. Non avrebbe perso troppo tempo.
«Lei potrebbe aiutarmi?»
Quel tono stupito la spiazzò. Si lasciò sfuggire un sorriso.
«Lo dice come se fosse strano.»
Il vecchio sbatté le palpebre, incerto.
«Lo è, suppongo.»
«Le persone gentili esistono ancora» gli fece notare Gabriella. Aveva l’impressione che non parlassero della stessa cosa, ma proseguì ugualmente. «Se sta cercando qualcosa lì, magari posso aiutarla.»
Lui si guardò intorno come se non sapesse dove si trovava e si strinse nelle spalle.
«Sarebbe molto gentile da parte sua. Ma qui non c’è niente.»
«Mi dispiace.» Era interdetta. La voce del vecchio non esprimeva preoccupazione, ansia o ira, quanto una dolce amarezza, quasi avesse perso un ricordo a lungo chiuso in un cassetto. «Era una cosa importante?»
Non era sua intenzione essere inopportuna ma, dentro di sé, sperava che lui rispondesse alla domanda inespressa, che le spiegasse di cosa si trattava senza dover chiedere direttamente.
«Eh sì» sospirò. «Avrei dovuto fare più attenzione.»
«Mi dispiace.» Distolse lo sguardo per poter fare mente locale. «Non ricorda dove è passato nelle ultime ore?» Le sovvenne il pensiero improvviso che erano le cinque del mattino. «O ieri sera, non so…»
«Se ricordo?» Sembrava quasi divertito. «A tratti ricordo ancora, sì. Ricordo quando l’ho perduto. Ma anche il ricordo sta sbiadendo.»
«Ma quanto tempo fa ha perso… insomma, quello che sta cercando?»
Insisteva a non voler porre l’importuna domanda. Con sua somma sorpresa, però, il vecchio rise. Una risata chiara, flebile, mai irritante.
«Non si può rispondere ad un paradosso, anche se sarebbe interessante. Posso?»
Gabriella annuì col capo e lo guardò mentre si sedeva accanto a lei sulla panchina. Notò che puntava lo sguardo verso il punto in cui era sorto il sole, assottigliando gli occhi, come sperasse di catturare qualche raggio ritardatario non ancora emerso dal cielo.
«É un paradosso perché lei non ricorda quando l’ha perso?» Ora le aveva messo curiosità. Il vago sospetto che potesse avere qualche rotella fuori posto non la convinse a lasciar perdere. «Senta, mi scusi. Ma cos’è che sta cercando?»
Il suo interlocutore distolse lo sguardo dall’orizzonte. Le sue labbra si mossero a formare un lieve sorriso.
«Sto cercando il tempo che ho perduto.»
E così era arrivato il momento più assurdo di quell’altrettanto assurda conversazione. Lo fissò con un misto di incredulità e inquietudine. Provò l’istinto di chiedergli se la stesse prendendo in giro, ma la serietà e la convinzione in fondo ai suoi occhi la fecero indugiare.
«Non le è mai capitato…» riprese lui, scegliendo le parole con estrema cura, quasi fosse una lezione da spiegare ad un bambino. «… di sentire il rumore del tempo che scorre?»
Gabriella aveva già aperto la bocca per replicare un secco ‘No’. Ma il suo capo che annuiva la prese in contropiede, sembrava essersi mosso a livello incosciente senza attendere istruzioni dal cervello.
«Io vi ho prestato attenzione troppo tardi.» Il vecchio annuì a sua volta con un sorriso indulgente. «Ho fatto come la maggior parte della gente. Ad un certo punto mi sono voltato indietro e…» I suoi occhi assunsero un’espressione di curiosa sorpresa. «Eccolo lì, buona parte del tempo era alle mie spalle. Perduto.»
«E capire quando l’ha perduto non l’aiuterà a ritrovarlo.»
Quello che le stava dicendo le suonava fin troppo familiare, come se fosse qualcosa che aveva sempre saputo e mai avuto il coraggio di dire ad alta voce.
«Immagino che non mi aiuterà, no.»
«Ha mai pensato di smettere di cercare il tempo perduto e dedicarsi a quello ritrovato?»
Quella soluzione, così semplice e allo stesso tempo così assurda da sentire, galleggiò nell’aria per un po’. Gabriella sentiva il bisogno immediato di trovare una via di uscita, per lui ma anche per se stessa.
«Non credo di averne ancora molto.»
«Non molto è meglio di niente.»
«Lei mi sta suggerendo di usare questo non molto.» Per un attimo si perse a riflettere su quelle parole. «Io lo sto già usando. Altrimenti non saremmo qui a parlare in un parco deserto, non crede?»
La stranezza di quella situazione si era trasformata in un quasi impossibile tentativo di afferrare qualcosa di simile al fumo. E questo la confortò e deluse contemporaneamente. Il pensiero del fumo, però, la portò a fare una strana associazione di idee. Le parole le si formarono sulle labbra prima che lei potesse formularle per bene nella mente.
«La sa una cosa? Forse non ha tutti i torti a voler cercare il tempo perduto.»
Le guance del vecchio si sollevarono in un sorriso soddisfatto, simile a quello di un maestro superato dal suo allievo. Inclinò appena il capo per segnalarle che la stava ascoltando.
«In fondo il tempo passato non è mai perduto. Non se ne conserviamo una traccia, un…»
«Un ricordo?»
«Un ricordo.» Gabriella annuì, sempre più convinta. «Ha detto che i suoi ricordi stanno sbiadendo, ma ci sono molti modi per impedire che scompaiano del tutto.»
«Come tradurre i ricordi in parole?» le suggerì. Sembrava arrivato al termine della lezione, stanco ma fiero dei risultati raggiunti.
«Esatto. Lei li traduce in parole ed io faccio sì che queste parole restino vive. Le metterò per iscritto.»
Gli occhi dell’uomo si inumidirono al sentire la sua idea.
«Aveva proprio ragione. Lei può aiutarmi.»
Il cuore di Gabriella si dilatò come mai le era capitato prima di allora. L’orgoglio per poter anche solo in parte afferrare quel fumo era talmente grande da batterle contro le costole.
Il vecchio accennò all’orizzonte. I raggi di sole del primo mattino sembravano creare canali di luce sul suo volto e all’interno dei suoi occhi.
«Le albe sembrano tutte uguali, ma bisognerebbe guardarle ogni giorno per poterlo affermare con certezza.»
«Ha ragione» ammise Gabriella. «Oggi sono arrivata troppo tardi e l’ho persa.»
«Può succedere» la consolò lui. «Ma ha ancora tempo per vederne altre.»
«Adesso anche lei. Le prossime potremmo vederle insieme. E lei potrebbe raccontarmi i suoi ricordi.» Si rilassò contro lo schienale della panchina. «Ritrovare il tempo che ha perduto.»


 
Fine
   
 
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