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Autore: Kerri    26/09/2014    1 recensioni
"Perché forse, in un certo senso, non ci eravamo lasciati alle spalle quello che ritenevamo di aver abbandonato. Perché, sotto sotto, una parte di noi rimase sempre così: timorosa del mondo intorno e- non importa quanto ci disprezzassimo per questo- incapaci di staccarci l’uno dall’altra".
Killian è scomparso misteriosamente. Da poco, Emma aveva finalmente ammesso di provare qualcosa per lui, di non essergli del tutto indifferente e Killian è felice, felice come non lo era stato da tempo. Tuttavia qualcosa o qualcuno, è deciso ad immischiarsi e cancellare i suoi piani. Non vuole rivelare ad Emma la verità, non può metterla in pericolo. Decide di mentirle e anche se la donna se ne accorge, non lo blocca. Subito dopo però se ne pente. Ma si arrenderà e lo lascerà andare? O vorrà scoprire la verità? Perchè Killian l'ha lasciata? E' in pericolo?
E' una storia d'amore, d'amicizia, di rimpianto e di perdono. Emma dovrà confrontarsi con sentimenti nuovi e con nuove avventure per raggiungere il tanto meritato lieto fine.
Il tutto è ambientato subito dopo la fine della terza stagione.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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All’epoca erano entrambi due bambini molti vivaci. Abitavano nello stesso villaggio e si conoscevano sin da piccoli. Uno figlio del più potente capitano dei sette mari, l’altro di un ricco mercante. Facile indovinare chi fosse figlio del primo e chi del secondo. Entrambi uniti dal desiderio di vivere nuove avventure, pericoli, duelli e scoprire nuove terre.
E adesso eccoli lì, su un isola deserta, il primo un pirata, il più potente, il più forte e il più crudele del mondo. Il secondo un ladro, il più furbo.
Forse, tutti e due, sarebbero voluti diventare qualcos’altro ma si sa, la vita non è mai facile, non è mai come ci si aspetta che sia. Non si può programmare, la vita. Ci sono delle scelte che mirano a cambiare interamente il nostro percorso, scelte che bisogna affrontare. Senza di esse non saremmo chi siamo e Killian e Flynn lo sapevano bene.
Da piccoli, si erano promessi che non importava cosa sarebbe successo o chi sarebbero diventati, sarebbero stati amici. E quando qualcuno aveva bisogno di aiuto, l’altro sarebbe stato sempre pronto ad offrirgli il suo. Un pirata non poteva rompere una promessa. Quando divennero più grandi, Killian raccontò a Flynn delle numerose avventure che suo fratello viveva sul suo vascello. Nuove mete, nuovi metodi di navigare, bussole, sestanti, il profumo del mare, le onde, le tempeste, il canto ammaliatore delle sirene, le stelle. Tutto ai loro occhi sembrava meraviglioso e decisero che un giorno, sarebbero partiti anche loro alla volta del Nuovo Mondo.
Quando entrambi compirono diciassette anni, si dissero pronti a partire. Tuttavia prima di imbarcarsi, Flynn fu accusato di aver derubato tutti gli averi di suo padre. Ovviamente Killian sapeva che non era vero. In realtà era stato il padre stesso ad accusarlo perché egli si era rifiutato di portare avanti l’attività di famiglia, troppo desideroso di solcare i sette mari con quel buono a nulla del suo migliore amico. Gli fu quindi impedito di imbarcarsi prima del processo che avrebbe deciso la sua colpevolezza o la sua innocenza. Ma si sa, a quell’età i giovani sono abbastanza testardi e quei due lo erano veramente troppo. Niente avrebbe potuto rompere i loro sogni, neanche un futile processo. Così Killian propose a Flynn di nascondersi nella stiva e poi, durante il viaggio, sarebbe ricomparso con un nuovo nome. Purtroppo però, non valutarono bene le conseguenze e furono scoperti dopo soli tre giorni di viaggio. Volevano far salire Flynn sulla passerella per darlo in pasto agli squali ma Killian, essendo il figlio del potente capitano Jones riuscì ad impedirlo. Lo lasciarono a terra alla prima occasione. Prima di salutarsi Killian gli ricordò della promessa.
« Ricorda amico, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno fammi un fischio. Ti basta regalare il tuo messaggio al mare. Lui sa sempre dove trovarmi » e gli fece l’occhiolino. Flynn annuì. Si abbracciarono e quella fu l’ultima volta che si videro.
Almeno fino ad oggi.
Killian ci rifletté su.
« Aspetta, tu come fai a sapere di Milah? »
« Oh, sai le voci corrono… Capitan Uncino » marcò quell’ultima parola, sorridendo sotto i baffi. Killian provò l’impulso di tirargli un altro pugno in faccia, ma si trattenne. Avvicinò pericolosamente la sua arma agli occhi dell’amico, provocandogli ancora più terrore. Sorrise tra sé.
« Allora… se le voci corrono, saprai di sicuro cos’è successo negli ultimi trent’anni… »
« Stai parlando del sortilegio e di tutto il resto? Sì ne ho sentito parlare… ma non so precisamente cosa sia successo. Forse potresti parlarmene tu! »
« Non sono qui per parlare di questo. Ho abbastanza fretta e vorrei sapere a cosa ti servono i miei servigi »
Flynn fece una smorfia. Per un attimo si era quasi dimenticato del guaio in cui si era cacciato.
« Grazie per essere venuto, amico. Hai ragione, il mare ti trova sempre. »
« Che vuoi farci, ci siamo piaciuti fin da subito noi due… »
“Puoi giurarci” pensò Flynn. Gli tornò in mente quella volta in cui cadde per sbaglio in mare. Era agitato e le onde altissime. Killian si era subito tuffato e l’aveva portato in salvo. Gli aveva salvato la vita, di nuovo. Non riusciva più a contarle le volte in cui era accorso in suo aiuto. Non riusciva proprio a conciliare la figura del suo migliore amico, con quella del famigerato pirata. 
« Allora vuoi raccontarmi o no che diavolo hai combinato? »
« Sei sempre stato un tipo impaziente sai? Non vedi il tuo migliore amico da quasi trecento anni e lo tratti così… »
Killian sorrise.
Il solito, vecchio Flynn era tornato.
Ma era davvero sicuro di aver trovato lo stesso Killian di sempre?
 
Emma si era appena tolta il ciondolo e adesso camminava febbrilmente avanti e indietro, cercando di capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Gli unici indizi che aveva erano una spiaggia, un castello e uno sconosciuto dai capelli castani e lo sguardo furbo.
Fantastico.
Cercò di concentrarsi su Killian ma persino la magia si rifiutò di aiutarla. Cercò di urlare a gran voce il suo nome ma ottenne in risposta soltanto l’eco della sua voce.
Disperata si accasciò a terra e prese la sacca che era ricomparsa assieme alle sue gambe e ai suoi vestiti. Tirò fuori la spada di Neal, la riaggiustò e se la sistemò sulle spalle, proprio come aveva fatto molto tempo prima a Neverland. Poi prese la borraccia e bevve un po’ d’acqua dolce, dopo tanta acqua salata. Infine si ritrovò tra le mani il libro. In pochi secondi ritornò alle sue dimensioni normali ed Emma cominciò a sfogliarlo.
La storia dei suoi genitori, di Regina, di Ruby… tutte si susseguivano, una dietro l’altra, intrecciate da fili invisibili. Tutte avevano come sfondo quella foresta, la stessa dove adesso si trovava lei.
Sono tornata nel libro, dopotutto. Solo a causa sua, sempre a causa sua. Le pagine scivolarono una dopo l’altra ed Emma si ritrovò a fissare la principessa Laila e il principe Charles mentre ballavano un valzer. Riuscì perfino a ridere, ricordando quella sera, a come lui l’aveva guidata in quell’insieme di giri, passi e pirouette. Poi però le ritornarono in mente la prigione, il rogo e tutte le altre conseguenze del suo viaggio e voltò in fretta le pagine. Era meglio dimenticare.
Sussultò.
Si ritrovò a fissare un disegno: rappresentava lo stesso castello che aveva visto nella sfera da Gold.
Adesso sapeva qual’era la prossima mossa.
Andare da Raperonzolo.
Il castello era il suo.
 
 
Stavano camminando da tempo ormai e Killian assaporava l’idea di mettere qualcosa sotto i denti. Sognava un bell’hamburger da Granny’s, magari in compagnia di Emma che si divertiva a far sparire…come si chiamavano? Ah si, le patatine fritte.
Il suo amico gli aveva raccontato, per sommi capi, il problema in cui si era cacciato e doveva ammettere, era un gran bel problema. La sua vita era in pericolo e lui era lì, con il suo sguardo da eterno ragazzino, che lo scrutava in cerca di risposte.
« A cosa stai pensando amico? » gli chiese curioso.
« Agli hamburger, amico » disse sarcastico.
« A che?! Che sono Killian? Possono aiutarci a risolvere il problema? »
Killian rise, incanalando in quella risata tutta la frustrazione e la nostalgia di quei giorni. Più che una risata sembrava un urlo, una tacita voglia di mollare tutto e ritornare a casa, a Storybrooke, da lei.
« No, Flynn. Gli hamburger si mangiano, a Storybrooke… »
Anche pronunciare il nome della cittadina era come ricevere un pugno al petto.
« Oh » commentò pensieroso Flynn, cercando di immaginare se assomigliasse più ad una chimera arrosto o ad un dolce di zucca. Alla fine si arrese e decise di chiedere.
« Bè, è difficile da spiegare… è un panino tondo, con qualche strano seme sopra e dentro della carne di non so quale animale e pomodori… puoi metterci anche delle salse, tipo il ketchup »
« Ketchup? Pomodori? Che diavolo…? »
« O lascia perdere! Descrivertelo contribuirebbe solo ad aumentare il mio appetito! »
« Quindi hai solo fame! Potevi dirlo prima! Ecco tieni… »
Flynn gli porse della carne essiccata che conservava nella sua borsa. L’amico la prese senza troppe cerimonie, la masticò e la ingoiò.
« Avevo dimenticato quanto facesse schifo la cucina della Foresta Incantata! »
Ripresero a camminare, senza sapere bene dove andare o chi cercare. Il loro obiettivo era astuto, sapeva come giocare, come nascondersi. Ma Killian Jones l’avrebbe trovato e poi, finalmente, sarebbe ritornato a Storybrooke, sarebbe ritornato dal suo cigno.
 
 
 
Il castello si trovava nel bel mezzo della Foresta. Non fu facile trovarlo perché era nascosto da una grande quantità di alberi e cespugli. Sembrava quasi che Raperonzolo non volesse essere trovata. Vagò per la Foresta, guidata dal libro. Nelle ultime pagine lesse di come suo padre avesse salvato la vita alla giovane principessa. Non si stupì più di tanto. Loro salvavano sempre tutti, dimenticando, a volte, perfino, loro stessi. I Charmings erano le persone più buone e generose che avesse mai conosciuto. Erano sempre pronti ad aiutare, a sacrificarsi per chiunque, a perdonare. A volte non si sentiva all’altezza, non riusciva ad essere la loro figlia. Non si sentiva la principessina, buona e altruista, degna erede dei suoi genitori. No. Lei era egoista, calcolatrice. In cuor suo, sapeva che aveva ereditato buona parte del suo carattere dalla sua famiglia, ma era convinta di avere solo gli aspetti negativi. Perché quando credeva di aver fatto finalmente la cosa giusta, qualcosa andava storto e tutto crollava di nuovo.
Poco prima di arrivare al castello si imbatté in un cartello appeso ad un albero. Sopra vi era un volto, proprio come tanti anni prima c’era quello di sua madre. Aveva qualcosa di familiare.
“RICERCATO”
Non c’era scritto nient’altro. Emma lo guardò di sfuggita e lo oltrepassò. Non sapeva che, se si fosse fermata, avrebbe evitato gran parte della fatica.
 
 
Killian e Flynn passarono di lì quando ormai Emma era giunta ai piedi del castello. Flynn si fermò a guardare il cartello che lo ritraeva.
« Non riescono a disegnare il mio naso » commentò pensieroso « Guarda qua, mica è così grosso! »
Killian lo guardava divertito. Era davvero incredibile! Davanti ad un cartello da ricercato, non riusciva a pensare ad altro che al suo naso. Poi era lui quello egocentrico… Emma avrebbe dovuto conoscere il suo amico e poi non si sarebbe lamentata di lui. Emma. Di nuovo. Non riusciva pensare ad altro, persino lì, in quella foresta sperduta e isolata da tutto e da tutti, sentiva il suo odore. Impossibile. Basta non pensarci.
« Flynn smettila di fissare quel dannato cartello e continuiamo a cercare! Qualcuno deve pur sapere qualcosa! » rispose infastidito.
L’uomo annuì, strappò il foglio dal tronco dell’albero e se lo mise nella borsa. Poi seguì in silenzio il suo amico.
Non aveva ancora trovato il coraggio di chiedergli di lei. Perché era sicuro che c’era qualcuno. L’aveva capito dal suo sguardo, dal suo voler affrettare le cose, dal suo umore. Rivedeva in lui un chiaro specchio di sé stesso. Anche lui amava qualcuno. Ma la domanda si insinuava in lui prepotente e vorace.
Lei mi ama ancora?
 
 
Il castello di Raperonzolo era così diverso da quelli in cui era stata. Era più sfarzoso, più sontuoso, quasi fino all’eccesso. Tutto era decorato con dell’oro e per tutte le sale, correvano dei lunghi panneggi rossi. E poi in ogni angolo c’erano delle piante verdi e rigogliose, alcune piene di fiori profumati. Alle pareti grandi arazzi, finemente intrecciati, raccontavano la storia della famiglia della regina. Se si prestava attenzione si poteva udire lo scroscio dell’acqua, appartenente probabilmente alle numerose fontane che ornavano il castello.
Non fu difficile entrare. Appena arrivata davanti al grosso portone d’oro, due enormi guardie mascherate l’avevano trascinata dentro con la forza. Credevano fosse una minaccia ma Emma riuscì a convincerli della sua identità e fu portata presso la sala delle udienze.
Questa era la seconda sala del trono che visitava in due giorni. Se continuava così, le avrebbero dato un record. La giovane donna era seduta su un sontuoso trono d’oro, finemente decorato con rubini. Aveva i capelli lunghissimi, tenuti insieme in una folta treccia che le arrivava ai piedi. Indossava un abito di velluto rosso e giallo che le sfiorava le caviglie. I suoi occhi neri sembravano tristi, si posarono per un po’ in quelli di Emma.
« Buongiorno Maestà » disse Emma, cercando di usare il tono più cordiale che aveva.
La regina sospirò.
« Mi dica, cosa volete ancora? Non ho intenzione di sposarmi, almeno non adesso! »
Emma guardò stranita la donna. Sposarsi?
« Mi scusi, maestà…deve aver frainteso. Io non… »
« Per favore, basta! » disse la donna, quasi con le lacrime agli occhi. « Ne ho abbastanza! »
Emma la fissò quasi come se fosse un alieno, poi sbottò.
« Mi ascolti! » disse spazientita. Quel comportamento da bambina viziata aveva disintegrato tutti i buoni propositi che aveva. Il tono cordiale era sparito, lasciando il posto a quello autoritario. Non aveva tempo da perdere, non ammetteva repliche.
« Io non sono qui per farle sposare nessuno! Mi chiamo Emma Swan, sono la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro e sto cercando una persona che è stata avvistata nelle vicinanze di questo castello! Sono qui, per chiederle gentilmente, se avesse qualche sua notizia! » disse d’un fiato, arrabbiata.
La donna non si mosse, la sua espressione non cambiò. Emma le risultava sempre un fastidio, qualsiasi cosa fosse venuta a fare. Tuttavia quel po’ di vita e di curiosità che erano ancora in lei, la spinsero a chiedere chi stesse cercando.
« Il suo nome è Killian Jones. È il capitano della Jolly Roger. L’ho visto su una spiaggia, in compagnia di un uomo…»
« Mi dispiace, non lo conosco. Adesso, se non le dispiace può uscire. Ah e porti i miei saluti ai suoi genitori… dica a suo padre che adesso so governare, da sola »
Disse freddamente la donna. Stava per alzarsi, ma Emma la bloccò.
« Dice di non conoscere Killian, ma forse può conoscere l’altro uomo… Se mi permetteste di utilizzare la magia, potrei mostrarvelo. Vi prego, aiutatemi. Fatelo per mio padre, lui è stato pronto ad aiutare voi, anche non conoscendovi. Adesso, aiutate me. »
La regina sospirò ma acconsentì.
« Avrei bisogno di uno specchio, maestà » chiese Emma, cercando di riprendere il tono gentile di poco prima.
Tutti si erano radunati intorno ad Emma e allo specchio. La regina se ne stava dietro di lei con fare annoiato, pronta a scappare non appena avesse potuto.
Emma si concentrò di nuovo su Killian. Le risultava più facile e poi sapeva che l’uomo misterioso sarebbe stato con lui. I suoi capelli corvini, gli occhi blu mare, i denti bianchi e perfetti, l’uncino, i vestiti di pelle nera…
Quando riaprì gli occhi, l’immagine era lì, nitida. Killian sembrava stesse bene e l’uomo era accanto a lui, proprio come aveva immaginato. Si voltò trionfante e speranzosa verso la regina. Aveva gli occhi sbarrati, la mano sulla bocca. Tutti cominciarono a mormorare scandalizzati.
« Per favore, tutti fuori. Ho bisogno di parlare da sola con la forestiera » disse Raperonzolo, dopo essersi riscossa un po’. Tutti si persero in inchini e riverenze e corsero letteralmente fuori dalla sala, continuando a mormorare.
“È un traditore! Un traditore! Deve essere esiliato! Deve morire!”
La regina barcollò fino al trono, quasi tremante. Si lasciò cadere e chiuse di nuovo gli occhi, quasi volesse fermare le lacrime.
Emma la fissava stupefatta. Non riusciva a capire cosa fosse appena successo e soprattutto perché tutti avevano reagito così.
« Non capisco, cos’è questa storia? »
« L’uomo che il tuo amico sta aiutando è un traditore » disse la regina cercando di utilizzare un tono duro, sprezzante ma tradendo tutta la sua tristezza.
« Di conseguenza, se aiuta il traditore, anch’egli sarà considerato tale e per questo sarà ordinato un mandato di cattura per entrambi. Dopo, decideremo cosa farne di loro… »
Emma, improvvisamente, si ricordò del cartello. Era lui. Era lui l’uomo che aveva visto con Killian. Ma perché lui era con quel traditore? Cosa aveva fatto poi quell’uomo di tanto grave da essere ricercato in tutto il regno?
Emma voleva delle risposte. Odiava non sapere, odiava essere tenuta all’oscuro.
« Senta, Killian è innocente! Posso assicurarglielo! Io non mi muovo di qui, finché non mi raccontate, per filo e per segno, cosa è successo tra voi e quell’uomo! Devo capire perché Killian è con lui! Devo capire perché mi ha lasciato! » gridò.
Questa volta, la donna non riuscì a trattenere le lacrime che corsero lungo il suo viso. Emma non poteva crederci.
Raperonzolo stava piangendo.
Si guardò intorno, non sapendo cosa fare, cercando qualcuno che potesse aiutarla ma tutti erano usciti. Così si avvicinò alla donna, titubante. Schioccò le dita e apparve un fazzoletto di seta, che Emma donò alla ragazza.
« Su, non faccia così. Si calmi e mi spieghi per bene cosa è successo. Io posso aiutarla. » la consolò Emma nello stesso modo in cui consolava Henry, quando tornava a casa distrutto per aver litigato con Grace o con qualche altro bambino a scuola.
« Io non… lui… »
Era ancora scossa dai singhiozzi e non riusciva a parlare. Emma pazientò, aspettò che si calmasse e attese che si riordinasse le idee. Non poteva fare altro. Aveva bisogno di risposte e al momento la regina era l’unica in grado di dargliele. 
   
 
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