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Autore: RandomWriter    27/09/2014    3 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
Erin si risveglia senza avere alcun ricordo di quanto accaduto dopo aver saputo della partenza di Castiel per la Germania. È molto triste e non se la sente di affrontare il ragazzo, né tantomeno complimentarsi con lui.
Nel pomeriggio la zia inaugura con successo la boutique, accordandosi con Rosalya circa la possibilità di vendere dei capi creati dall’aspirante stilista.
Nel frattempo Castiel incontra Lysandre e gli confessa di aver realizzato i suoi sentimenti per Erin, con la consapevolezza che lei non potrà mai ricambiarli, dal momento che ha scelto Nathaniel.
La ragazza nel frattempo parte con la zia alla volta di Allentown e durante il viaggio in macchina riflette sul quanto sia stato infantile il suo comportamento, decidendo così di organizzare una festa a sorpresa per l’amico.
Appena arrivata a casa, si affretta a contattare Lysandre ma il ragazzo frena il suo entusiasmo: Castiel è già partito.

 


 
CAPITOLO 32:
CHI NON MUORE SI RIVEDE

 
“c-come sarebbe a dire?” balbettò Erin sconvolta, stritolando il primo oggetto che le era capitato a tiro: il suo povero coniglietto di peluche.
Dall’altro capo del telefono, sentì Lysandre sospirare:
“mi ha chiamato dopo aver passato il controllo bagagli. Ha detto che odia gli addii e quindi-”
“come ha fatto a trovare un biglietto per l’Europa in così poco tempo?!” lo interruppe Erin montando su tutte le furie.
“avrà approfittato di uno di quei voli last minute” ipotizzò il ragazzo, massaggiandosi il collo.
La ragazza rimase in silenzio, cercando di capacitarsi di quello che le stava dicendo l’amico.
Castiel era già partito. Il concetto era molto semplice da capire ma impossibile da accettare.
“come ha potuto andarsene così? Senza salutare nessuno?” mormorò ferita.
Anche se Lysandre non poteva vederla, percepì dall’incrinatura del tono di voce della ragazza, tutta la sua delusione e cercò di attenuarne lo sconforto:
“si farà sentire quando atterrerà a Berlino”
Appena aveva pronunciato l’ultima parola, il poeta si morse il labbro contrariato: detestava regalare illusioni alle persone. Sapeva perfettamente che Castiel non l’avrebbe fatto.
Il rosso infatti l’aveva salutato al telefono, annunciandogli la sua ferma intenzione di non farsi vivo per un po’ con Erin e di fatto, affinchè lei non la prendesse sul personale, anche con il resto degli amici.
Aveva bisogno di stare da solo e concentrarsi sulla musica per non deludere le aspettative di chi l’aveva ingaggiato.
“ma non ha nessun senso che sia partito Lys!” protestò Erin “avrebbe dovuto cominciare a lavorare lì a gennaio!”
“che vuoi che ti dica Erin?” sospirò Lysandre, a cui sorse spontanea la risposta “la verità” ma non formulò a voce alta quel suo pensiero.
Castiel non lo avrebbe mai perdonato se si fosse azzardato a dire ad Erin con quali sentimenti il loro amico fosse partito. D’altronde il rosso era stato molto risoluto quando aveva annunciato che l’avrebbe dimenticata.
Ormai non aveva più nessun senso fare pressioni ai due, specie su Erin la cui storia con Nathaniel proseguiva senza intoppi.
Tuttavia, in cuor suo, Lysandre era convinto delle proprie idee, sin da quando aveva fatto la conoscenza con quella ragazza sul tetto della scuola. All’epoca Erin stava cercando un pallone che il rosso aveva nascosto e in quella circostanza, al poeta aveva ricordato Debrah.
Diversamente da quest’ultima però, la nuova arrivata emanava un’aurea di ingenuità e tenerezza, quasi fosse stata la controparte angelica della vipera che aveva circuito Castile e Nathaniel.
“vorrei solo che gliene fregasse qualcosa dei suoi amici!” esclamò irata “guarda, mi sei da testimone: giuro che non gli scriverò finchè non sarà lui a farlo e si sarà scusato come si deve! Questa proprio non doveva farmela! Lo odio!” e dopo aver continuato a stordire un altro po’ il povero orecchio di Lysandre, che in fondo non aveva nessuna colpa del carattere impulsivo dell’amico, Erin riattaccò.
Si distese pesantemente sul letto, guardando il soffitto con aria imbronciata.
“maledetta testa di pomodoro!” imprecò, sbuffando sonoramente.
Portò un braccio sul viso, nascondendo gli occhi con il polso della mano e rimase per un po’ in silenzio.
Era partito davvero.
All’improvviso, senza dirle nulla, come aveva fatto Sophia.
Perché le persone a cui voleva più bene la escludevano dalle loro scelte? Contava così poco per loro?
Si mise seduta, inspirando profondamente.
Era stanca di commiserare se stessa. Era finito il momento delle lacrime: che andassero tutti dove cavolo volevano, lei non sarebbe più rimasta lì ad aspettare il loro ritorno, piangendosi addosso.
 
Durante il pranzo, quando Pam annunciò il suo fidanzamento con Jason, per poco Peter non si strozzò con il cibo. Abbassò il volume troppo alto del telegiornale e squadrò la sorella:
“ti sei messa con quello?” ringhiò appena la sua trachea si liberò dall’ostruzione.
Pam lo fulminò con lo sguardo e gli abbaiò contro:
“non ti permettere di fare alcun commento offensivo nei suoi confronti: punto primo, non lo conosci, punto secondo, non esiste uomo migliore di lui”
Prima che il padrone di casa avesse il tempo per ribattere, si intromise sua figlia, informando entrambi i genitori sul ruolo giocato da Jason nell’apertura della boutique:
“come vedi papà, la zia non poteva trovare una persona migliore” concluse conciliante.
“sono d’accordo” convenne Amanda, alzandosi a sparecchiare.
“questo è tutto da vedere Erin” borbottò l’unico uomo di casa che tuttavia, dopo la narrazione della figlia, si era visto costretto a ritrattare la sua opinione.
“se vuoi invitarlo da noi uno di questi giorni, mi farebbe piacere conoscerlo Pam” dichiarò Amanda con un sorriso accondiscendente, mentre la donna la aiutava, sistemando i piatti nell’acquaio.
Sconfitto sul fronte Jason, Peter tentò un attacco sulla linea Nathaniel:
“e con il piccolo lord come va?” indagò.
“si chiama Nathaniel, inutile che ti inventi soprannomi… sembri Castiel” masticò con stizza la figlia.
non me lo nominare neanche quello! Il giorno in cui permetterò a quel ragazzo di entrare in casa mia, giuro che andrò a giocare a canasta con tua nonna!”
“non vedo perché dovresti invitarlo qui” borbottò Erin inacidita.
“e poi smettila di usare mia madre per le tue pessime battute!” lo richiamò la moglie dalla cucina.
“a proposito, dille che passiamo il Natale a Morristown, non voglio sorbirmi un altro dei suoi pasticci di salsiccia e melanzane” replicò l’uomo a sua volta. Il solo pensiero della pesantezza di quella prelibatezza culinaria gli fece venire un senso di nausea.
Dopo qualche secondo, comparve Amanda sulla soglia della sala da pranzo: aveva un paio di guanti di gomma arancioni, ricoperti di schiuma sulle dita. In sottofondo si sentiva il rumore dell’acqua corrente:
“senta un po’ signor Peter Travis” lo riprese minacciosa “le ricordo che nemmeno sua madre è infallibile” lo ammonì, agitando un cucchiaio in legno a cui era precariamente attaccata della schiuma del detersivo per piatti.
“mia madre fa sempre la cosa giusta” la difese Peter risoluto.
“basta vedere che capolavoro di figlio ha cresciuto” sbottò la moglie, dapprima seria, poi sorridendo lei stessa.
Anche il marito si rabbonì, intenerito dal sorriso di quella donna di cui, a distanza di tanti anni da quando l’aveva conosciuta, era ancora innamorato come un ragazzino.
Ad Erin erano mancati i loro battibecchi pseudo-seri, specie dopo essere stata ospite dai Daniels.
Tra i suoi genitori c’era un rapporto di complicità e comprensione reciproca: si divertivano a stuzzicarsi a vicenda ma solo in poche occasioni litigavano seriamente. In casa si respirava sempre un clima sereno, talvolta frizzante, soprattutto quando ci pensava l’esuberanza di Sophia ad agitare le acque.
Erin aiutò la madre e la zia a liberare il tavolo, mentre suo padre si spaparanzava sul divano, in attesa della partita di basket.
“allora tesoro, la prima partita dove sarà?” chiese, rivolgendosi alla figlia.
“ce lo diranno quando torneremo a scuola”
“vuoi che chieda anche alle nonne di venire?” si informò Amanda, mentre apriva una finestra per liberare all’esterno un insetto sgradito.
La mora sgranò gli occhi, incredula:
“mamma ti prego! È fin troppo imbarazzante! E poi nonna Sophia è”
Il figlio della donna in questione si voltò minaccioso: intercettando l’occhiataccia del padre, Erin corresse il tiro:
“…una carissima nonnina. Ma vi prego, le nonne lasciatele a casa… anzi no, non potete restare anche voi a casa? Verranno la zia e Jason” patteggiò, cercando di risultare il meno sgarbata possibile.
Prima che Peter protestasse, lo precedette la moglie:
“non preoccuparti Erin, ci metteremo in un angolino in alto sugli spalti e faremo finta di non conoscerti”
Erin sospirò rassegnata, rimandando quell’angosciosa questione.
“vieni a fare un giro in città con noi?” le chiese d’un tratto la madre, indicando se stessa e la cognata.
Pam però anticipò la risposta della nipote:
“meglio di no. Devo ancora comprarle il regalo”
La ragazza si sorprese per quell’obiezione, dal momento che la zia pensava ai regali di Natale quando Halloween non era ancora passato:
“non è da te prenderti all’ultimo” puntualizzò per l’appunto il fratello che la conosceva meglio di chiunque altro. Sullo schermo della TV troneggiava ancora la pubblicità e questa giustificava la loquacità dell’uomo che altrimenti non avrebbe permesso alle chiacchiere delle sue donne di interferire con la voce del telecronista.
“ho avuto molto da fare per via della boutique in quest’ultimo periodo” si difese la donna.
Erin nel frattempo si guardò attorno e commentò:
“noto che non avete ancora fatto l’albero di Natale”
“di solito ti piace occupartene tu e…” si giustificò Amanda, tentennando sulla conclusione della frase.
“Sophia” concluse Erin “puoi anche pronunciare il suo nome davanti a me, non è mica Voldemort” sdrammatizzò la mora, mentre Peter si interrogava sull’identità dell’oscuro signore che era stato nominato.
La psicologa rimase un po’ sorpresa da quell’affermazione ma poi sorrise sollevata.
Sua figlia era davvero cambiata rispetto a tre mesi prima.
 
Nel pomeriggio, Erin si trovò da sola in casa: le due donne erano uscite a fare shopping mentre il padre era andato in piscina. Salì le scale e si avventurò in soffitta, dove recuperò uno scatolone alto e stretto, al cui interno era contenuto l’albero di Natale.
Con qualche difficoltà, riuscì a portarlo al piano di sotto e posizionare il finto pino in salotto, in un angolo ben visibile. Dovette fare altri tre giri per rimediare agli scatoloni con le palline e le varie decorazioni.
Quando finalmente aveva recuperato tutto il materiale, sentì suonare il campanello.
Sbuffò contrariata, augurandosi che si trattasse della zia che, sbadata com’era, poteva aver dimenticato qualcosa.
Cercò di liberarsi dei residui di polvere che si erano depositati sulla sua vecchia felpa  e andò ad aprire.
Davanti ai suoi occhi, sorridendo come dei folletti, erano apparsi Iris e Nathaniel:
“buongiorno” aveva esordito il biondo, lasciandola a bocca aperta.
Anche l’amica era allegra, vedendo l’espressione di Erin che era rimasta senza parole.
“e voi che ci fate qui?” li accolse poco elegantemente la padrona di casa, tale era il suo sbigottimento.
Si trovò costretta a valutare la sua penosa mise, rappresentata da un paio di vecchi pantaloni in pile e una felpa bucata e impolverata. Lo sforzo fatto per recuperare albero e annessi le era costato una fronte sudata e dei capelli in disordine.
“sono impresentabile! Potevate avvertirmi” mormorò a disagio.
e che sorpresa era scusa? E poi sei sempre bellissima” le disse Nathaniel, baciandola sul naso mentre Iris si schiariva la gola, come a voler ribadire la sua scomoda presenza.
“a-accomodatevi” balbettò Erin, cercando di sistemare alla bell’e meglio almeno i capelli.
Nathaniel ed Iris entrarono in salotto guardandosi attorno ammirati.
Il soggiorno era tinteggiato con un caldo color crema, che ben si sposava con il mobilio in legno chiaro. Una credenza in stile classico era posta in una rientranza della parete e sulle sue mensole erano sistemati con cura vasi e barattoli di marmellata fatta in casa.
Il pavimento era in legno di noce e si stagliava contro il tessuto chiaro dei divani, disposti in modo da circondare la TV al plasma, unico elemento moderno all’interno di un contesto rustico e classico.
“hai una casa molto accogliente Erin… prima di arrivare qui ero convinta che vivessi in appartamento”
“come avete fatto ad avere l’indirizzo?”
Iris sorrise furbescamente:
“l’ho chiesto ieri a tua zia” le confessò, facendole l’occhiolino “l’idea comunque è di Nath”
Erin si voltò verso il ragazzo.
“tu con quell’aria da santerellino…” ridacchiò, puntandogli il dito contro.
“beh, non ti fa piacere vederci?” mediò.
“fin troppo. Mi ci voleva oggi” sorrise amaramente, spostandosi verso il centro del soggiorno.
“perché?” chiese Iris accomodandosi sul divano accanto alla padrona di casa, mentre Nathaniel prendeva posto sulla poltrona di Peter.
“Castiel… Lo sapevate che è già partito?”
“che cosa?” ripeterono quasi in coro i due ospiti, mentre Erin annuiva.
“ma non doveva partire a gennaio? E poi scusa, è partito così, di punto in bianco?” sbottò Iris.
“non so cosa dirti. Io l’ho saputo da Lysandre qualche ora fa che a sua volta ha ricevuto la chiamata da Ariel quando aveva già passato il controllo bagagli”
“forse c’è stato un imprevisto, ed è dovuto partire in fretta e furia” ragionò Nathaniel.
Erin lo guardò sorpresa:
“eh no caro mio! Mi fa piacere che vi siate riappacificati, non sai quanto, però non azzardarti a giustificarlo!” lo ammonì severamente.
“beh se ci fossimo davvero riappacificati, non sarebbe partito così, senza salutarmi, non ti pare?” commentò amaro il biondo.
“non ha salutato nessuno Nathaniel” gli ricordò Iris ma il ragazzo non sembrava convinto.
Il Castiel che conosceva lui non sarebbe partito così, di punto in bianco, senza  guardarsi indietro. Ci doveva essere qualcosa che l’aveva frenato dal congedarsi da tutti.
Erin nel frattempo si era spostata in cucina, per offrire qualcosa ai suoi ospiti.
Tornò con un vassoio pieno di biscotti, tre bicchieri e una bottiglia di Coca-Cola.
“parliamo d’altro ragazzi. Castiel è solo un idiota e non voglio più parlare di lui, almeno finchè non si farà vivo per scusarsi” tagliò corto.
Iris la squadrò con perplessità, poi commentò:
“vedo che ti sei ripresa”
Sia Erin che Nathaniel ricambiarono l’occhiata interdetta, rivolgendola alla rossa.
“a che ti riferisci?” le chiese l’amica.
“ieri eri così depressa per la sua partenza … oggi mi sembri molto più combattiva”
“ti eri depressa per questo?” indagò Nathaniel.
Il ragazzo non riuscì ad impedire al suo tono di voce di assumere una sfumatura leggermente irritata che scombussolò la mora.
“no, sì… cioè… mi aveva un po’ spiazzato, tutto qui” borbottò Erin in difficoltà, mentre Iris si chiedeva perché la sua osservazione potesse aver scatenato tutta quella tensione nella coppia.
“vorrei vedere la tua stanza Erin!” la supplicò, per stemperare il disagio dell’amica.
La padrona di casa accolse ben volentieri quella richiesta, sorridendo sollevata e invitò i due ragazzi a seguirla. Cercava di non guardare Nathaniel ma sentiva su di sé gli occhi ambrati del ragazzo.
La sua reazione dopo aver saputo che lei si era intristita per la partenza di Castiel l’aveva confusa al punto da non sapere come comportarsi.
“forse Nathaniel è più sveglio di te Erin, e sta sospettando cose che tu non ti azzardi neanche a considerare” malignò una vocina nella sua testa, ma la ragazza la scacciò, come fosse una zanzara in una sera d’estate.
Si posizionò davanti alla porta della sua stanza voltandosi verso i due ospiti. Tuttavia i ragazzi non erano al suo seguito: erano rimasti indietro di una decina di passi, impalati davanti ad un’altra porta.
Quella che, appesa all’esterno, aveva una targhetta in legno con inciso il nome Sophia.
Erin sentì il cuore accelerarle, come se sbattesse contro la gabbia toracica.
Si era completamente dimenticata di considerare che i suoi ospiti sarebbero passati davanti a quella scritta.
“chi è Sophia?” chiese Iris dubbiosa.
Non avrebbe voluto che lo scoprissero così, per caso. Doveva essere lei a dirglielo di sua iniziativa.
“mia sorella”
L’amica incassò quella notizia senza scomporsi più di tanto e commentò in tono neutro:
“non mi avevi mai detto di avere una sorella”
“neanche a me”
La voce di Nathaniel risuonò come una piatta accusa.
Nelle loro voci non c’era sorpresa o sconcerto e questo la spiazzò. Si stavano sforzando di non dare a vedere quanto quella notizia li avesse lasciati perplessi.
Erin stava per replicare, quando suonò il campanello e fu costretta a correre dabbasso per aprire alla zia:
“oh, vedo che sono arrivati” commentò con un sorriso allegro osservando i due ospiti mentre scendevano le scale del piano di sopra.
“Erin ci stava raccontando di Sophia” la aggiornò Iris. Aveva un’espressione incerta, da un lato indurita a causa di un’amica che le aveva nascosto quel legame, dall’altro, cordiale verso Pam che con lei era sempre stata molto gentile.
“Sophia? Beh, era anche ora Erin che lo dicessi a qualcun altro!” commentò ingenuamente la zia con evidente sollievo.
Il corpo della nipote si irrigidì mentre la donna, ignara delle conseguenze della sua frase, recuperava il portafoglio dimenticato a casa:
“scappo, tua madre mi sta aspettando in macchina. Mi sono accorta solo ora di averlo lasciato qui” spiegò recuperando l’oggetto appoggiato sulla credenza “ragazzi vi saluto, spero di rivedervi al ritorno, ciao!” e con la stessa rapidità con cui si era presentata, Pam sparì, lasciando dietro di sé fuoco e distruzione.
Non aveva la minima idea della bomba che aveva sganciato.
Erin si voltò verso i due ragazzi.
“avevi già parlato a qualcuno dell’esistenza di Sophia?”
Questa volta a parlare era stato Nathaniel. La voce gli era uscita talmente dura da spaventare Erin.
“sì” ammise sentendosi colpevole.
a chi?”
“a Castiel… e ad Ambra..”
Iris sgranò gli occhi quando sentì il secondo nome, mentre Nathaniel aveva socchiuso gli occhi udendo il primo. Rimase in silenzio poi mormorò:
“perché tutto questo mistero dietro questa sorella?”
Erin era sempre più nervosa. Non le piaceva affatto il modo in cui le si stava rivolgendo il ragazzo ma, consapevole di essere lei ad aver sbagliato, non riusciva a biasimarlo:
“Sophia è scappata di casa e ho preferito non dire a nessuno di lei perché non volevo parlare di questa storia” rispose, cercando di usare al meglio la sua capacità di sintesi.
“a nessuno tranne a Castiel” puntualizzò Nathaniel, sempre più offeso “ti rendi conto Erin? Mi hai tenuto all’oscuro dell’esistenza di una sorella, ma non ti sei fatta problemi a dirlo a Castiel! Come credi che mi sarei sentito ad essere escluso in questo modo?”
La ragazza non sapeva come replicare e anche Iris era rimasta spiazzata dalla reazione del biondo.
Aveva già sentito dire che Nathaniel era un tipo un po’ permaloso, ma non immaginava che, quando si arrabbiava, potesse risultare addirittura spaventoso.
Fissava la sua amica con rabbia e risentimento, come se il torto che gli era stato fatto andasse ben oltre la semplice omissione di verità. C’era qualcosa che gli rodeva dall’interno e la rossa, solo a quel punto, capì che Nathaniel non poteva accettare il fatto che la sua ragazza avesse preferito confidarsi con Castiel anziché con lui.
 “Iris” la chiamò il biondo, facendola sobbalzare “lasciaci soli”
La ragazza guardò incerta l’amica, poi annuì in silenzio. Abbandonò la stanza e si sedette sui gradini della veranda.
La situazione era degenerata troppo rapidamente, prendendo una piega assurda.
 
In soggiorno un silenzio che sembrava gravare sulle piccole spalle di Erin.
Si sentiva dalla parte del torto e non riusciva a trovare giustificazioni all’accusa che le era stata rivolta: qualsiasi spiegazione avrebbe solo aumentato la rabbia del biondo: semplicemente le era venuto spontaneo aprirsi con Castiel. Quel lontano sabato mattina l’amico le aveva rivelato tutta la propria fragilità, confidandole ciò che si portava dentro da mesi e lei aveva avvertito una sorta di empatia, che l’aveva spinta a parlargli della sorella.
Con lui c’era sempre stato quello strano feeling, una sorta di sincronia che non aveva con nessun’altro. Era qualcosa di diverso dal rapporto con il resto dei suoi amici; quella con il rosso era un’amicizia speciale, forse talmente speciale che sbagliava a considerarla una semplice amicizia.
“allora?” incalzò Nathaniel, disturbando le riflessioni di Erin.
Era in piedi, davanti a lei, inchiodandola con quegli occhi arrabbiati e feriti.
Quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: anche se solo in poche occasioni aveva visto la sua ragazza in compagnia del rosso, quando capitava, percepiva tra di loro uno strano legame, diverso da quello con il resto della compagnia.
Più volte Nathaniel aveva fatto finta di non vedere i sorrisi dolci di Erin rivolti all’amico, la sua tendenza ad incentrare molte loro conversazioni sul rosso, attribuendo quelle osservazioni ad un atteggiamento paranoico da parte sua; ora invece aveva ricevuto la conferma di quell’inquietante sospetto.
“perché non ammetti Erin che ti stai innamorando di Castiel?”
Sputò quell’accusa con una tale rabbia da pietrificare l’imputata.
 Erin sgranò gli occhi e sentì il suono delle sue certezze che andavano in frantumi.
 
La voce di Nathaniel era talmente alta, che persino Iris all’esterno aveva seguito quella discussione.
Erin innamorata di Castiel.
A quell’insinuazione non era seguita alcuna protesta da parte dell’amica e fu questa passività a sconvolgere Iris; non capiva perché Erin non rispondesse dal momento che Castiel era solo un caro amico.
Quel silenzio però si perpetuava e la rossa cominciò a riconsiderare tutte le volte che aveva visto i due insieme, i loro scambi di battute, i sorrisi sereni dell’amica quando era con il rosso… e solo quel giorno, seduta su quei gradini, Iris si sentì improvvisamente un’idiota, poiché era chiaro come il sole che aveva spinto Erin tra le braccia della persona sbagliata.
 
“è avvilente che sia proprio io a dirtelo non ti pare?” proruppe Nathaniel frustrato, massaggiandosi il collo, teso fino allo spasmo. La sua ragazza continuava a non parlare e lui non sapeva più come interagire con lei.
Era da un po’ che nella testa le frullavano mille pensieri su Castiel, ma si ripeteva che non era possibile che provasse qualcosa di speciale per lui: era già sorprendente il fatto che fossero diventati così amici, loro due, così diversi e incompatibili caratterialmente.
Sin dal primo giorno, il rosso era stato sgarbato nei suoi confronti, si era divertito a tormentarla, umiliandola con sfide assurde come quella del pallone da ritrovare.
Con Nathaniel invece si era creato un rapporto diverso: lui era il ragazzo perfetto, il principe azzurro che sognava da bambina.
“io ho scelto te Nathaniel” mormorò insicura.
“non significa nulla se poi è un altro ad essere al centro dei tuoi pensieri Erin!” sbottò spazientito, sollevando gli occhi al cielo “e non guardarmi in quel modo…”
Pronunciò quell’ultima frase, quasi supplicandola. Non avrebbe permesso a quegli occhi dolci di ammorbidire la sua collera.
Si sedette sul divano mentre la ragazza rimaneva in piedi. Nathaniel teneva lo sguardo chino per non doverla guardare in faccia. Cercò di calmarsi per poter fare mente locale e finalmente si decise a tornare ad affrontarla:
“davvero non ci arrivi?” sondò esasperato “questa è solo l’ennesima conferma, una delle tante dimostrazioni di qualcosa che finora ho avuto sotto gli occhi ma che non volevo vedere! È stato un comportamento immaturo da parte mia, lo so, ma credevo davvero che tu fossi quella giusta… la ragazza che mi avrebbe fatto dimenticare…”
A quel punto il biondo si interruppe, cercando ancora una volta di darsi un contegno, mentre Erin deglutiva a fatica. A mala pena era riuscita a seguire il discorso del ragazzo, essendo rimasta imprigionata da quella profetica dichiarazione: lei innamorata di Castiel.
Nathaniel espirò pesantemente, per poi cominciare a torturarsi le mani, muovendo freneticamente le dita:
“sai penso di aver insistito affinché facessimo quel grande passo come coppia perché, stupidamente, credevo che questo ci avrebbe uniti in qualche modo… ho aspettato che tu fossi pronta ma ormai ho capito che non lo sarai mai perché io non sono lui
Per quanto ci provasse, quelle amare parole non gli uscivano in forma più attenuata di quella che si presentava nella sua testa. Le stava vomitando addosso tutto il suo risentimento, frutto di cattivi pensieri che avevano arrovellato la sua mente in silenzio per poi esplodere davanti a lei.
Non si era neanche reso conto di quanto fosse stanco di far fina di nulla. Aveva creduto in un’illusione che lui stesso aveva creato.
 
Iris, seduta al freddo e in solitudine, maledì la sua amica Rosalya per non essersi aggregata a lei e a Nathaniel, dopo che loro l’avevano invitata. La rossa era convinta che sarebbe bastata la sua presenza per convincerla, invece la ragazza si era rifiutata categoricamente di accompagnarli ad Allentown.
Dei tre, probabilmente proprio la stilista era la più curiosa di vedere casa Travis eppure aveva declinato l’offerta del biondo in malo modo.
Mentre salivano in macchina, alla volta di Allentown, Iris aveva osservato che il ragazzo aveva cambiato il suo umore, irrigidendosi. Solo dopo una mezz’oretta, la rossa era riuscita a stemperare un po’ la tensione e appena il navigatore aveva segnalato la presenza della loro destinazione, Nathaniel si era rasserenato completamente.
Iris si chiese come l’amica avrebbe preso la notizia dell’esistenza della sorella di Erin. Per quanto la riguardava, ci era rimasta malissimo.
 
In quella stanza, la discussione tra i due ragazzi era diventata ormai un monologo: Erin non riusciva a replicare, come era già accaduto la prima e unica volta in cui lei e il ragazzo avevano litigato.
“la verità è che non c’è mai stato posto per me, perché quel posto è sempre stato occupato da un altro”
Nathaniel non riusciva neanche più a pronunciare il nome del suo migliore amico. Era la prima volta che provava per lui un sentimento di tale rancore.
I loro ruoli si erano invertiti: in passato era Castiel quello che doveva rassegnarsi al fatto che le ragazze preferissero Nathaniel, ma si trattava di banali infatuazioni, cose di poco conto, per le quali nessuno dei due avrebbe sacrificato la loro amicizia.
Erin era diversa: anche se in circostanze differenti, la storia si stava ripetendo e, a causa di una ragazza, il ragazzo vedeva vacillare quel rapporto così importante che sperava di aver ricucito.
Lei non parlava, quasi non avesse voce in capitolo:
“allora?” la incalzò sempre più frustrato “davvero non hai nulla da dirmi?”
Osservandone il viso, quel viso così dolce di cui si era innamorato, notò che sui suoi occhi cominciavano a fare capolino delle lacrime. Distolse lo sguardo, a disagio, poiché sapeva che quell’arma silenziosa lo avrebbero ferito più di ogni altra.
“…mi dispiace…” sussurrò Erin abbassando il volto.
Oltre a scusarsi, non sapeva come altro replicare.
Era come se negli ultimi tre mesi avesse vissuto in una bolla di sapone che era improvvisamente esplosa, facendola precipitare in un abisso buio.
Fino a pochi minuti prima, lei era la ragazza di Nathaniel mentre Castiel il suo migliore amico mentre ora non era sicura né dell’uno né dell’altro.
Il suo ragazzo le aveva rinfacciato di essere innamorato di un altro mentre il rosso se ne era andato senza preoccuparsi di salutarla.
In un lampo, le sue certezze erano state disintegrate.
“quindi finisce così?” mormorò Nathaniel ferito, alzandosi dal divano.
Una piccola parte di lui, quella più irrazionale, sperava che lei smentisse tutto ciò che le aveva detto, affermando di amarlo e, forse, sarebbe stato disposto a credere a quella bugia pur di non perderla per sempre.
Tuttavia solo allora Nathaniel si rese conto che lei non gli aveva mai detto “ti amo” e, per quanto fosse convinto dei suoi sentimenti, nemmeno lui le aveva mai rivolto quelle parole.
Il mutismo della ragazza non mostrava segni di cedimenti, così il ragazzo si rassegnò ad uscire dalla stanza in silenzio. Sentiva di aver liberato tutto ciò che si portava dentro e a quel punto non aveva altro da aggiungere.
Erin però era ancora stordita e disorientata. Era successo tutto troppo in fretta, senza darle il tempo di capire.
“Iris, andiamo”
Udì la voce del ragazzo all’esterno e la consapevolezza che con lui ci fosse l’amica, la destò. Si era dimenticata di lei.
Corse in giardino, riuscendo a vedere appena in tempo Nathaniel che saliva al lato del guidatore.
Iris si era alzata in piedi e aveva spostato lo sguardo sulla padrona di casa:
“Iris io…” cominciò con le lacrime agli occhi.
“non dire che ti dispiace Erin” la interruppe l’amica alzando una mano quasi potesse fermare le parole con quel gesto.
“non ti biasimo per averlo detto a Castiel, anzi lo capisco… quello che non riesco a mandar giù è che, se per te era un segreto così importante, tu possa averlo detto ad Ambra… bel quadretto al karaoke… quand’è che siete diventate così amichette voi due?”
“Iris andiamo?” la chiamò la voce di Nathaniel dall’abitacolo, ma la rossa non si mosse.
“non è così Iris” mormorò Erin con la voce incrinata dal pianto.
“e allora com’è?” sbottò piatta “te lo dico io: io ti consideravo una persona seria e affidabile, un’amica alla quale confidare cose che non direi a nessun altro, fidandomi ciecamente della tua comprensione e sensibilità… tu invece vedi nel nostro rapporto solo un’amicizia superficiale, fatta di chiacchiere frivole, uscite serali e complicità per scherzi idioti”
Erin non ebbe il tempo di spiegare poiché Iris, ormai spazientita dall’insistenza del suo tassista, si era voltata e l’aveva raggiunto nella vettura.
La ragazza non riuscì a muoversi dalla veranda. Vide la Subaru indietreggiare per poi, con una sgommata, partire in direzione Ovest, sollevando una nube di terra polverosa.
Il rombo del motore si attenuava sempre di più mentre in Erin aumentava il rumore dei suoi disperati singhiozzi.
 
Quella sera Erin si rifiutò di cenare, nonostante le preoccupanti insistenze dei familiari.
Si chiuse in camera sua e a nulla valsero le minacce del padre o le suppliche di Amanda.
Rassegnati, si riunirono a tavola e Pam spiegò che quel pomeriggio Iris e Nathaniel erano stati da lei:
“se è per colpa di quel damerino che ora è così giuro che-“
Amanda lo zittì, posandogli una mano sul braccio mentre Pam giocherellava sovrappensiero con un angolo del tovagliolo.
 
Erin aveva sprofondato la testa nel cuscino, inondandola con pesanti lacrime salate.
Tra lei e Nathaniel era finita.
Per sempre.
Non avrebbe mai potuto fargli cambiare idea dal momento che non era più così sicura dei suoi sentimenti.
Il motivo principale allora per cui non riusciva a smettere piangere, era il torto che gli aveva fatto: non poteva perdonare se stessa per averlo ferito in quel modo. Lui era sempre stato così gentile con lei.
 
“[…]ho l’impressione che tu abbia confuso la gentilezza di Nathaniel con l’amore”
 
Quella frase, che svettò in cima ai suoi ricordi, la spiazzò per la seconda volta, ma in quel momento si trattò di acquisire la consapevolezza che, quella volta, Violet avesse centrato il punto.
Erin non ne sapeva nulla dell’amore, si era sempre limitata a guardarlo con gli occhi di una bambina; nella sua infantile visione, l’amore doveva essere fatto di sorrisi e baci rivolti ad un ragazzo premuroso e affascinante. A Nathaniel mancava solo un drago da uccidere per poter incarnare lo stereotipo del principe ma questo non significava necessariamente che fosse il suo.
Il ragazzo, sin dal primo giorno che l’aveva conosciuto, si era dimostrato talmente disponibile e carino con lei che, lusingata per quelle attenzioni, aveva finito per infatuarsi di lui, deliziarsi di quelle attenzioni che la facevano sentire speciale… ma non era amore, o per lo meno non si trattava di un sentimento sul quale edificare una storia.
Come poteva essere stata così stupida da confondersi? E da non capirlo in seguito?
Eppure, seduta nella sua stanza, lasciando che i pensieri a lungo trattenuti, fluissero senza interruzione, le sembrava tutto così logico: gli voleva bene, lo ammirava ma non lo amava.
Non lo aveva mai amato anche perché se quello era il suo modo di amare un uomo, allora si poteva considerare capace di sentimenti piuttosto tiepidi.
L’amore narrato nei libri, recitato nei film, era fatto di passione, desiderio, bisogno dell’altro: quali di questi aspetti descrivevano il suo rapporto con il biondo?
Bisogno dell’altro. Castiel.
Ancora non poteva credere a quello che aveva sostenuto Nathaniel.
Se da un lato quella sera, Erin era finalmente giunta alla conclusione di aver chiamato amore quello che in realtà era affetto, ora non riusciva a capire se l’affetto per l’amico fosse invece amore.
 
Aveva già sbagliato una volta, non poteva correre il rischio di rovinare quella preziosa amicizia per un errore frutto della sua ingenua stupidità.
 
Inoltre se anche, come sosteneva Nathaniel, lei fosse stata davvero innamorata di Castiel, il rosso non avrebbe mai potuto ricambiarla: lui pensava ancora alla sua ex, Debrah.
Sospirò rassegnata e tornò a stendersi sul letto, cercando di asciugarsi le lacrime.
Doveva far ordine nella sua testa.
Aveva ferito quello che ormai era diventato il suo ex ragazzo e con lui anche Iris.
Era stato un duro colpo per lei sentire che la sua amica aveva preferito raccontare ad Ambra qualcosa che invece a lei aveva tenuto nascosto. Alla bionda poi, che Iris considerava ancora un’arpia senza cuore.
Presto anche Rosalya e gli altri avrebbero saputo la verità e sarebbe valsa a poco come giustificazione sostenere che era nelle sue intenzioni parlare anche a loro di Sophia.
Erin immaginava che il problema non sarebbero stati i ragazzi: avrebbero certamente manifestato la loro perplessità, ma non si sarebbero offesi particolarmente e anche Violet sarebbe rimasta neutrale.
La reazione che la mora temeva era quella dell’irascibile Rosalya. L’avrebbe preso come un affronto personale.
Sentì bussare alla porta e dopo un po’ la voce di sua zia le sussurrò dolcemente:
“tesoro, posso entrare?”
Per qualche motivo, ad Erin stessa inspiegabile, Pam era una delle poche persone che riuscivano a penetrare nella sua corazza nei momenti come quello. In fondo era proprio per questo dono della zia che la nipote aveva accettato di trasferirsi da lei a Morristown.
Non le serbava rancore anche se era stata proprio la frase di Pam a scatenare quel litigio tra lei e gli altri.
Erin sapeva che doveva prendersela solo con se stessa per aver tanto temporeggiato a parlar loro della sorella.
Si alzò e sbloccò la serratura, tornando a sedersi sul letto.
La zia entrò in silenzio e si chiuse la porta alle spalle.
“ti ho portato la Ritter Sport alle nocciole” esordì allungando una tavoletta del cioccolato preferito della nipote.
Erin la accolse tra le mani e la appoggiò sul comodino.
“tra me e Nathaniel è finita” tagliò corto, nascondendo alla vista ciò che rimaneva delle lacrime che aveva versato.
Pam non rispose e si limitò ad accarezzarle la schiena. La ragazza però rifuggì a quel gesto, spostandosi leggermente così la zia rinunciò a quella consolazione.
“non capisco: mi sembrava che andasse tutto bene tra di voi”
“lo pensavo anche io” mormorò Erin e sentì nuovamente il bisogno di piangere.
Detestava farlo davanti alla zia, quella stessa persona di cui lei in passato aveva biasimato la vulnerabilità, pur tuttavia era proprio quell’aspetto a renderle così simili.
La ragazza si morse il labbro, sperando che il dolore la distraesse dal pianto.
Pam non si lasciò sfuggire quel tentativo e le sussurrò dolcemente:
“non avere paura delle lacrime Erin, è solo acqua: servono a lavare via tutto quello che ci rimane dentro e che ancora ci fa soffrire”
Le cinse le spalle, tirando a sé quella nipote che in poco tempo era diventata così forte eppure così fragile.
 
Erano da poco passate le tre del mattino quando la famiglia Travis venne svegliata dalla suoneria del telefono. L’apparecchio suonò cinque volte prima che Peter si decidesse ad allungare il braccio per recuperare il cordless che teneva nella stanza da letto.
“pronto?” biascicò con la voce ancora impastata dal sonno, con la minacciosa intenzione di insultare chi si azzardava a disturbarlo a quell’ora.
Amanda si voltò, sbadigliando vistosamente. Nonostante il sonno, era curiosa di scoprire chi potesse mai telefonare in un orario così inopportuno.
Vide il volto del marito deformarsi in una smorfia di panico, socchiudendo le labbra e spalancando gli occhi.
“CHE COSA!? DOVE?” urlò, spaventando la moglie.
Dall’altro capo il suo interlocutore aggiunse qualcos’altro e l’uomo replicò:
“arriviamo subito!”
Riagganciò con foga, balzando in piedi.
Amanda accese l’abat-jour e una tenue luce giallognola illuminò il profilo del marito mentre si toglieva il pigiama.
“P-Peter che ti prende? Chi era?” domandò in preda all’ansia, incrementata dai gesti frenetici dell’uomo:
“hanno chiamato dall’ospedale di Fogelsville… Sophia è lì da loro… ha avuto un incidente”
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE:
Gente ci siamo: finalmente è arrivato il momento di presentarvi Sophia :D
Scusate, pessimo smile, stride parecchio con la conclusione del capitolo :S
 
Diciamo che, in attesa dell’inaugurazione “sad section” della mia storia, qui vi ho presentato un capitolo “fatto di rabbia” soprattutto da parte di Nathaniel che, checché ne dica Castiel, ha realizzato che la sua ragazza non lo amava.
Erin però fatica a credere di poter essere innamorata nel rosso, specie dopo il granchio che ha preso con il biondo… senza contare che, come potete facilmente intuire, il ritorno di Sophia metterà un po’ da parte le sue riflessioni… specie a causa di questo incidente: nel prossimo capitolo scopriremo se è grave oppure no…
 
Nel capitolo precedente ho allegato sotto il riassunto il secondo disegno che mi aveva spedito _Nuvola Rossa 95_ su quello che è stato il protagonista, suo malgrado, di questo capitolo: Nathaniel.
Grazie alla mia disegnatrice ^^)
 
Ok, io non aggiungo altro per ora, lascio che siate voi, se volete (spero di sì), a dirmi cosa ne pensate di questo capitolo… credo che il prossimo si intitolerà “ESITO INELUTTABILE” dal momento che l’ho abbozzato e questo titolo mi sembra azzeccato… lascio a voi le conclusioni -.-‘’…
 
Grazie per aver letto fin qui e alla prossima ^^)

 
  
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