Capitolo
due
Sei
titoli nazionali consecutivi, cinque europei, tre mondiali.
Era
più che comprensibile che non la conoscesse. Uno come
Sei-punto-zero non doveva
mai aver gettato uno sguardo in fondo alla classifica. Forse non sapeva
neppure
che esistevano altri piazzamenti oltre al primo gradino del podio. Emma
nutriva
il fondato sospetto che Ivan Rostov non lo avesse mai messo al corrente.
Come avrebbe mai potuto
indovinare che la
ragazza con cui si era scontrato praticasse il suo stesso mestiere?
Ormai quasi
tutte le ragazze erano magre. E pur praticando questo sport da quando
era alle
elementari, Emma non era mai diventata troppo sottile: la sua
costituzione era
solida ed aveva dovuto lottare molto per conferire ai suoi movimenti
quella
grazia che è l’elemento più
caratteristico del pattinaggio.
Paradossalmente
le era sempre stato più facile eseguire un triplo toeloop,
piuttosto che
imitare le movenze del cigno.
«Carino
lo scherzetto di stamattina!»
La
voce irritata di Tobias la distolse dai suoi pensieri. Il suo
allenatore era
furioso. E ne aveva ben donde. Non aveva preso bene il suo telegramma
via
post-it. Dopo essere tornata in hotel, Emma era andata subito a
cercarlo, per
iniziare al più presto i suoi allenamenti.
Non
che qualche sforzo dell’ultima ora potesse migliorare di
colpo le sue
prestazioni e compiere il miracolo, ma quanto era successo con lo Zar
le aveva
messo una gran voglia di tentare l’impossibile. Con la
precisa intenzione di
recarsi immediatamente in pista insieme a Tobias, era andata a cercarlo
in
camera sua, ma invece dell’uomo aveva trovato un messaggio
scritto sulla carta
igienica e appiccicato alla porta con una gomma da masticare.
Avvisami
quando ti “torna” la voglia di
lavorare.
Il
suo allenatore era rimasto irreperibile per tutto il resto della
mattinata,
facendole pagare caro l’affronto aurorale.
Quando,
poco prima dell’ora di pranzo,
Emma e
Tobias raggiunsero la pista all’interno del Palaghiaccio, la
trovarono già
occupata dalle altre atlete che, per quel pomeriggio, avrebbero
condiviso con
l’italiana l’ora di allenamento. Tobias, si
guardò in giro sospettoso, mentre
la ragazza infilava i pattini.
«Stai
attenta alle spalle...» le sussurrò subito,
fingendo di chinarsi a raccogliere
qualcosa, così da esserle vicino.
«Cosa
hai detto?» domandò Emma, sollevandosi
immediatamente. I modi da perseguitato
che talora assumeva il suo allenatore l’avevano sempre
infastidita.
«Non
lasciarti toccare da nessuna di quelle piccole arpie» le
ripeté, muovendo
appena le labbra. «Non bere nulla di quello che ti
offriranno!»
«Per
l’amor del cielo, Tobias!» esplose infine Emma,
esasperata. «Ho ventidue anni!
Ho imparato tanto tempo fa a non accettare caramelle dagli
sconosciuti!»
«Fa’
come ti dico!» tuonò quello di rimando,
considerando chiusa la questione.
Sarebbe
superfluo specificare lo stato d’animo con cui la
pattinatrice scese in pista.
Pur senza volerlo si diede una rapida occhiata attorno, per verificare
l’identità delle sue compagne di allenamento.
Valery Marabou e Sarah
Meistermann avevano già concluso il loro riscaldamento ed
erano passate ai
salti, con una concentrazione che mai prima di allora Emma aveva scorto
sui
loro volti. Sylvie Martin, invece, era ancora vicina alla balaustra,
colta
all’improvviso da un vero e proprio attacco di panico, che la
faceva tremare
dalla punta delle lame fino a quella dei capelli.
Tu
non hai il diritto di essere
spaventata,
rimuginò Emma, superandola. Questo
non è il tuo primo mondiale! Ciascuna di voi ha almeno un
titolo nel suo palmarés...
solo io sono una totale nullità...
Mentre
si torceva per riscaldare i muscoli del dorso, la ragazza scorse la sua
guida
mattutina, accolta dal boato del pubblico: il Palazzetto era tutto per
lei. In
base al dossier preparatole con cura maniacale da Tobias, la piccola
Sadako non
era quella che si dice una campionessa: il suo miglior risultato
consisteva in
un terzo posto, riportato agli ultimi nazionali.
Dunque
aveva fatto appena meglio di lei, eppure era osannata come una
fuoriclasse. Ma
si sa che, per gli atleti di casa, il pubblico mostra sempre un occhio
di
riguardo. Quello stesso occhio che di tanto in tanto si posava incerto
su di
lei, atleta che evidentemente ciascuno spettatore stentava a
riconoscere.
Per
la gara vedrò di scrivermi il nome
sulla schiena,
brontolò Emma a mezza voce, come i
calciatori.
Sorrise
ad una bimba in prima fila che aveva rivolto lo sguardo verso di lei ma
quella,
sorpresa da tanta confidenza, si rifugiò subito tra le
braccia della madre.
Adesso
faccio più paura dell’Uomo nero.
Quella
sessione di prove non le stava piacendo per niente. I muscoli, pur
appartenendole anatomicamente parlando, si rifiutavano di obbedirle ed
il suo
stomaco continuava a contrarsi ogni qual volta prendeva la decisione di
tentare
un salto.
Così
non va.
Si
soffermò ad osservare la trottola della Marabou, come sempre
perfetta.
Così
proprio non va.
Si
fece coraggio ed arrischiò un triplo flip, che
però non andò a buon fine e le
procurò invece una dolorosa pacca al fondoschiena.
Emma
si rialzò rapidamente, rivolgendo un imbarazzato
ringraziamento al pubblico
che, correttamente, aveva ritenuto opportuno sostenerla in quel momento
difficile
con un lungo applauso.
Non
fa niente Emma,
si disse,
incrociando rapidamente le lame per riguadagnare velocità. Anche Midori di tanto in tanto cadeva...pensa alle
Olimpiadi del ’92...
La
ragazza era ben conscia che, neanche dopo secoli di allenamento,
avrebbe mai
potuto eguagliare colei che era stata, negli anni in cui si era
avvicinata al pattinaggio,
il suo primo grande idolo.
La
classe non è acqua,
si è soliti
affermare.
Tuttavia
vi era qualcosa nelle sue movenze che le sembrava di replicare quando
scendeva
sul ghiaccio. Vi era una piccola parte dell’immenso stile
della campionessa che
lei sentiva di far rivivere, ogni qual volta gareggiava. Non sapeva che
cosa
fosse di preciso, ma sin da quando aveva iniziato, aveva sentito una
particolare sintonia con l’incredibile Midori Ito.
Inutile
dire che quando aveva provato a comunicare le sue impressioni a Tobias,
questo
aveva ricambiato le sue timide confessioni con una fragorosa risata di
scherno,
replicando che anche dopo dieci anni di lavoro la balaustra sarebbe
ancora
stata in grado di assomigliare alla giapponese molto più di
lei.
Eppure
Emma sapeva di essere nel giusto. E di colpo realizzò la
situazione: era in
Giappone, a casa del suo idolo. Non poteva permettere che le cose
andassero
male. Per una volta se ne sarebbe infischiata di tutto il resto e
avrebbe
pensato solo a fare bene.
Fu
con la grinta dei suoi momenti migliori che prese la rincorsa per il
flip. Ci
voleva riprovare, sì, ma questa volta l’esecuzione
sarebbe stata leggermente
diversa.
Concentrandosi,
Emma si posizionò in linea retta per il tre.
Scivolò
all’indietro sul filo interno del piede sinistro.
Lasciò
scorrere la lama finché le sembrò di aver trovato
il giusto equilibrio.
Puntò
sul ghiaccio con il piede destro.
Contò
una, due, tre rotazioni, avendo cura di attorcigliare attentamente una
gamba
sull’altra.
Quindi
atterrò di nuovo sul filo esterno indietro del piede destro,
mentre il pubblico
attonito si lasciava sfuggire un ammirato «Ohhhh...».
Sì,
quello era decisamente lo stile di Midori.
Mentre
sempre più spettatori si decidevano a seguire le sue mosse,
Emma sorrise tra sé
e sé pensando che, qualora fosse riuscita a divertirli con
qualche omaggio alla
loro grande campionessa, forse si sarebbero finalmente ricordati di lei.
E
così, presa dall’entusiasmo che quel pubblico
pieno di aspettative ora sembrava
desideroso di trasmetterle, si lanciò
nell’esecuzione di lutz, toeloop e
salchow, facendo sempre attenzione, quando era in aria, a piegare le
gambe in
quella originale posizione che era divenuta il tratto distintivo della
Ito,
nonostante i giudici non lo avessero mai visto di buon occhio.
Mentre gli spettatori
continuavano ad
applaudire e ad indicarla con le braccia ai vicini, perché
nessuno si perdesse
lo show che quella modesta atleta italiana aveva deciso di mettere in
scena,
Emma decise di stupirli tutti con il suo pezzo forte, ma prima di poter
mettere
in atto il suo proposito fu aspramente richiamata da Tobias.
«Vuoi
smetterla di fare il pagliaccio?!»
le
gridò dietro l’uomo, mentre la pattinatrice
francese nascondeva una risatina.
Tobias
aveva ragione. Stava perdendo tempo prezioso. Le sue compagne avevano
già
ripassato la loro coreografia, mentre lei aveva pensato solo a soddisfare il suo ego. Una vera
stupidata.
Recuperata
la calma, cercò di concentrarsi unicamente sul suo programma
che iniziò ad
eseguire nei suoi punti nodali. Arrivata al triplo axel,
sentì un leggero
brivido di eccitazione correrle lungo la spina dorsale mentre caricava
il salto
con tutta la forza di cui disponeva.
Le
tre rotazioni e mezza in aria le apparvero interminabili, ma questa
volta
agganciò saldamente la mente ai muscoli, impedendole di
divagare su gesta che
non le appartenevano. Quando atterrò con precisione sul filo
esterno destro
indietro sorrise con calore in direzione di Tobias.
Questa
volta le sue gambe erano rimaste distese, come i suoi pensieri.
Perché lei non
era Midori ed il suo mondiale era appena incominciato.
T T
T
Menestrella’s corner:
Eccovi
un
capitolo nuovonuovo... Spero vi sia piaciuto!
Grazie
di
cuore a chi continua a leggere e soprattutto a Lady_me (sono
contentissima che tu continui a seguire la mia storia!!!) e a Kaoru
(felicissima di aver acquistato una nuova lettrice gentile come te!!!).
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