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Autore: blue_flames    28/09/2014    2 recensioni
Stringi i denti mentre calde lacrime iniziano a scorrerti lungo il viso, ti abbassi e dal terreno macchiato di sangue raccogli quel pezzo di metallo, quella piastrina militare simile a quella che porti intorno al collo sotto alla maglietta. Passi il pollice sopra l’incisione che conosci a memoria e qualcosa dentro di te si rompe, qualcosa che non può essere aggiustato. FABRAY LUCY Q. 3422816 AB+ C. [...] Osservi quel liquido rosso che ti bagna le dita, è quello che fa battere il tuo cuore ma ormai è inutile perché il tuo cuore non batte più, non dopo oggi, non dopo lei. [...] Pronunci a voce alta un’ultima volta il suo nome mentre un’ultima lacrima ti bagna il viso “Quinn”. Non lo dirai più, non riuscirai a farlo lo sai e non piangerai più per lei o cosi credi.
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Dave Karofsky, Quinn Fabray, Sam Evans, Santana Lopez, Tina Cohen-Chang | Coppie: Quinn/Santana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ho visto una fanart su Tumblr (che non riesco neanche più a trovare) e non sono riuscita a pensare a nient'altro finchè non ho finito di scrivere questa OS che ci vuol coraggio a chiamare One-short, è più una One-long. Penso possa piacere, grazie della lettura e commenti.


5 Aprile 2018

Quinn si abbassa e ti bacia la fronte “Ti amo”dice prima di riprendere il fucile e cominciare a correre gridando per attirare l’attenzione di quei mostri che si stavano avvicinando troppo a te. La bionda urla e spara dei colpi di fucile mentre gli zombie le si accalcano attorno nascondendola alla tua vista. Vuoi gridare ma l’unica cosa che esce dalle tue labbra è un singhiozzo spezzato  che finisce con un grido silenzioso, disperato mentre le lacrime cominciano a offuscarti la vista e il mondo si fa più scuro. Quando ti risvegli, tutto è silenzioso, sei sola. Ignori il dolore che ti trafigge il corpo e ti alzi da terra, ti guardi intorno ma non c’è nessuno. Soprattutto non c’è lei, vuoi urlare il suo nome e correre a cercarla ma sai che non ti risponderebbe e non sei abbastanza forte per questo. Nella mano stringi ancora quella catenina d’oro che avevi afferrato nel disperato tentativo di trattenerla, di impedirgli di lasciarti. Ti odi per non esserci riuscita, ti odi per aver preso quella botta alla  testa che non ti ha permesso di essere al suo fianco. Mentre stringi la sua collana nel pugno qualcosa attira la tua attenzione, ti avvicini e quando capisci cos’è vorresti voltarti e scappare il più lontano possibile, ti dici che se non la vedi non può essere vera. Stringi i denti mentre calde lacrime iniziano a scorrerti lungo il viso, ti abbassi e dal terreno macchiato di sangue raccogli quel pezzo di metallo, quella piastrina militare simile a quella che porti intorno al collo sotto alla maglietta. Passi il pollice sopra l’incisione che conosci a memoria e qualcosa dentro di te si rompe, qualcosa che non può essere aggiustato. FABRAY LUCY Q. 3422816 AB+ C. Stai piangendo così tanto che non riesci a respirare, tutto il tuo mondo è finito. Cadi sulle ginocchia portandoti la piastrina al petto, continui a sussurrare il suo nome. Non capisci perché sia dovuto succedere, come se non avessi perso abbastanza, come se tutto non fosse già dannatamente ingiusto. Non sai per quanto tempo sei rimasta ferma a terra in quella posizione, hai finito le lacrime da un po’ e ti è rimasto solo tanto dolore. Finalmente ti alzi e inserisci il piccolo pezzo di metallo nella catenella che già regge il tuo. Le due piastrine si sovrappongono come se non fosse successo nulla, come se fossero solo abituate a farlo. Sei arrabbiata e il dolore preme per essere lasciato libero così ti avvicina a quel furgone malandato che è parcheggiato ormai da mesi sul ciglio della strada. Non ti rendi neanche conto che stai stringendo un’asse di legno tra le mani e che con tutta la forza te la stai prendendo con quel furgone. Ad ogni colpo ti vibrano le braccia e le schegge ti entrano nella pelle ma non ti importa, quel dolore non è niente rispetto a quello che senti nel petto, quello che senti nell’anima, anzi quel dolore ti serve. Ti serve a mantenerti vigile, ti serve per farti capire che puoi ancora provare qualcosa anche se non sarà più lo stesso senza di lei. Il finestrino va in frantumi e quel suono ti riscuote un attimo, lasci cadere a terra la trave e ti lasci cadere anche tu con le spalle appoggiate al veicolo in pezzi. Attorno a te è pieno di schegge di vetro, ne prendi una e senti già la pelle aprirsi al  contatto e sanguinare. Osservi quel liquido rosso che ti bagna le dita, è quello che fa battere il tuo cuore ma ormai è inutile perché il tuo cuore non batte più, non dopo oggi, non dopo lei. Fai scorrere un angolo del vetro sul dorso della mano destra, non sai neanche tu cosa stai facendo ma dopo poco una piccola Q spigolosa compare vivida di sangue e subito viene seguita da una F. E’ giusto che il suo passaggio si possa leggere anche all’esterno di te e non solo nella tua anima. Ormai non riesci più a distinguere le due lettere perché il sangue si è espanso rendendolo impossibile. Pronunci a voce alta un’ultima volta il suo nome mentre un’ultima lacrima ti bagna il viso “Quinn”. Non lo dirai più, non riuscirai a farlo lo sai e non piangerai più per lei o cosi credi.

27 Novembre 2018
Quando apri gli occhi ti rendi conto di dove sei realmente, sospiri e ti strofini gli occhi. Odi fare quel sogno, odi tornare indietro a quel giorno. Ti stiracchi e ti alzi da quel materasso sporco che già da due notti ti fa da letto, credi che questo sarà l’ultimo giorno che rimani in questa cantina. Sposti leggermente i cartoni che hai messo per coprire le finestrelle di quella provvisoria dimora per far entrare un po’di luce. Guardi fuori cercando di individuare qualche movimento ma tutto sembra tranquillo, è da una settimana ormai che gli zombie sono aumentati e sono diventati più intelligenti. Hanno scoperto il posto in cui ti rifugiavi e così ogni uno o due giorni cambi casa cercando di rimanere invisibile e facendone fuori il maggior numero possibile. Apri la mezza scatoletta di tonno che hai avanzato ieri sera, ti siedi al tavolo e ti metti a fare colazione mentre riprendi a leggere il libro da dove ti eri interrotta prima di crollare addormentata la notte scorsa. Odi essere costretta a mangiare lo stesso cibo per giorni e giorni soprattutto se è cibo in scatola, ogni tanto cerchi di andare a caccia per avere qualcosa di fresco ma diventa sempre più difficile, non vuoi sprecare proiettili e spesso dopo aver ucciso la tua preda ti viene portata via da quei mostri immondi attirati dall’odore del sangue. Un ritmico strusciare di piedi ti mette in allerta, chiudi il libro mettendoci un pezzo di carta per tenere il segno per poi avvicinarti alla finestra. Sono almeno tre, stanno vagando davanti al portico della casa a cui appartiene la cantina. Girano la testa da una parte all’altra annusando l’aria, imprechi tra i denti prima di coprire nuovamente la finestra e afferrare la pistola che tieni sul tavolo. Devono averti sentito, a quanto pare dovrai abbandonare questo rifugio prima del previsto. Raduni le tue cose e le metti velocemente nel tuo zaino prima di fare un giro nel locale per vedere se c’è qualcosa che potrebbe servirti. Ti ricordi di prendere quelle tre batterie che hai trovato e che avevi messo da parte poi mi infilarti lo zaino sulle spalle e stringendo la pistola in pugno ti avvicini un’ultima volta alla finestra scostando il cartone. Fai un balzo all’indietro quando al posto della vista sulla strada ti trovi davanti la faccia putrescente di uno zombie che dopo averti visto inizia a colpire il vetro. Il cuore ti batte a mille ti si sono paralizzate le gambe, i versi  che arrivano dall’esterno ti fanno ritrovare la capacità di muoverti così spari contro il corpo davanti alla finestra . Lo prendi dritto in faccia ma il colpo manda in frantumi il vetro così i suoi amichetti hanno un varco disponibile. Corri su per le scale che ti portano in casa ma è già stata presa d’assalto da altri sei, i passi per le scale ti avvisano che gli altri sono entrati nella cantina e ti raggiungeranno presto. Sei circondata, ti chiedi se sia arrivato anche il tuo giorno dopo tutto questo tempo a lottare. Gli zombie ti si stringono attorno e i loro versi e gemiti ti riempiono le orecchie mandandoti nel panico. Se questo deve essere il tuo giorno non ti farai certo prendere così facilmente, lotterai e porterai via con te il maggior numero di questi corpi infetti all’inferno. Unisci le mani attorno all’impugnatura della pistola e stendi le braccia davanti a te, cominci a fare fuoco mentre i corpi cadono a terra uno dopo l’altro. Attorno al tuo polso è avvolta una catenina d’oro da cui pende una picco la croce, ondeggia ogni volta che parte un colpo dall’arma che stringi in pugno. Si crea un varco tra il gruppo di zombie e cercando di non farti ferire ci corri in mezzo riuscendo a raggiungere la porta di ingresso o quello che ne rimane. Esci e la strada è piena di quelli che sono diventati la tua piaga da ormai troppo tempo, ti vedono e ti inseguono. L’unica cosa che riesci a fare e correre senza voltarti indietro, non sai dove andare, ogni volta che un non-morto ti si para davanti gli spari finché anche il secondo caricatore non si esaurisce. Scappi nel bosco che circonda il piccolo paesino, la vegetazione a preso il sopravvento in quasi un anno dall’epidemia. Speri di poterti nascondere da qualche parte e pensare a un piano, di solito gli zombie non vengono qui perché sono troppo lenti per riuscire a catturare qualche animale e hanno migliori speranze di nutrirsi in città dove possono prendere te o mangiarsi tra di loro.

Luglio 2013
E’ all’accademia che vi siete conosciute, vi siete arruolate perché non sarebbe importato a nessuno, perché non avevate niente, vi eravate smarrite ma lì avete trovato tutto. Una famiglia, uno scopo e vi siete trovate a vicenda. Una bionda diciottenne della Florida sempre con il naso immerso in qualche libro, che ogni volta che si ritrovava una penna e una superficie su cui poteva scrivere si metteva a ‘scarabocchiare’ come lo chiamava lei ma in realtà erano piccoli capolavori. Ti ricordi ancora il giorno in cui per curiosità avevi preso uno de suoi libri e all’interno della copertina avevi trovato un tuo ritratto e di come quando avevi chiesto spiegazioni lei si era arrabbiata accusandoti di aver invaso il suo spazio personale e ti aveva evitato per tre giorni finché tu non ti eri presentata davanti alla porta del suo dormitorio con un quaderno in mano. Avevi passato la notte a disegnarla, o almeno ci avevi provato. La testa era sproporzionata e forse avevi messo troppo in risalto le sue orecchie leggermente appunta e il suo sorriso, ti vergognavi a mostrarglielo ma non sapevi che altro fare. Dopo averlo esaminato la ragazza era scoppiata a ridere prima di colpirti su una spalla”Dimmi che non mi vedi così, sembro un goblin malefico e le tette non mi rendono affatto giustizia”. Anche tu avevi riso e ti eri scusata dicendo che secondo te era bellissima e che forse poteva insegnarti a disegnare. Nel giro di una settimana vi eravate scambiate il primo bacio e due settimane dopo eravate state chiamate per la vostra prima missione. Per la prima volta avevi sperimentato la paura, paura non per te stessa ma per lei, avevi paura che le succedesse qualcosa che ti venisse strappata via la prima cosa che ti aveva reso veramente felice, la cosa per cui valeva la pena sopravvivere. Fortunatamente non capitò mai niente di male a nessuna delle due, dopo che i quattro anni di contratto erano scaduti vi eravate ritirate e insieme avevate cercato un posto che sarebbe stato vostro. Tu l’amavi e avresti fatto di tutto per averla sempre con te, sempre al sicuro, sempre dove sarebbe dovuta stare, nel tuo cuore.

27 Novembre 2018
Ci hai pensato, la città in cui hai iniziato una nuova vita e in cui hai imparato a sopravvivere non riesci più a gestirla. Devi andartene e trovare un nuovo posto per vivere dove gli zombie sono di meno, dove la tua esistenza solitaria e inutile sarebbe potuta continuare per la sua strada. Sospiri, quella città ha tanti ricordi, non vuoi lasciarla. Ovunque ti giri qualcosa ti ricorda di lei, di quando ancora il tuo cuore batteva per qualcuno. Hai deciso, partirai e ti lascerai alle spalle ogni cosa ma prima c’è una cosa che devi fare. Devi chiudere, devi mettere un punto a tutto quello che è successo. Invisibile torni in quella via, quella che conosci bene, quella che usava essere la via di casa tua. Se chiudi gli occhi e ti concentri puoi sentire le risate dei bambini che giocavano per strada, l’abbaiare irritante del cane dei vicini e il rumore degli irrigatori. Ti prendi il tuo tempo e osservi tutto attentamente un’ultima volta, vuoi imprimerti nella memoria ogni particolare. Scavalchi la familiare staccionata bianca e ti ritrovi nel tuo giardino, il vostro. L’erba è alta ma riesci ancora a vedere i primi gradini del portico. Il dondolo nel portico è rimasto dove lo avevate lascito l’ultima volta, forse è un po’ ammuffito ma il colore è rimasto il solito. Ti avvicini e sorridi quando noti che dove ti sedevi di solito tu il bordo è tutto rovinato e ammaccato. Quinn ti sgridava sempre perché ci appoggiavi piedi con gli scarponi, tu allora alzavi le gambe e le stendevi sopra le sue mentre ti avvicinavi suadente verso di lei rendendo inefficace il suo cipiglio che si scioglieva una volta che le vostre labbra venivano il contatto. Con lo sguardo cerchi le rose che ti aveva fatto piantare a tutti i costi ma non riesci a trovarle così passeggi fino all’albero nell’angolo del giardino e passi una mano sulle vostre iniziali sbiadite. Tiri fuori dalla maglietta la catena che tieni al collo e senza pensarci troppo spezzi entrambe le piastrine, ti accucci per terra e cominci a scavare una piccola buca. Prima di depositare le metà inferiori nella buca rileggi un’ultima volta la sua incisione, vorresti dire qualcosa, fare una preghiera, a Quinn sarebbe piaciuto ma tu non ne conosci così ti porti la piastrina alle labbra e la baci prima di appoggiarle a terra e ricoprirle. Le hai seppellite insieme perché una parte di te è morta quel giorno, è morta con lei e hai voluto metterle dove eravate felice, dove eravate insieme.

9 Febbraio 2017
“Santana, invece di fare le smorfie a quel povero cane perché non guardi la casa?”ti dice dopo essersi allontanata dall’operatore immobiliare. Sei stanca, avete già guardato sei case oggi e nessuna vi era piaciuta o era alla vostra portata. Sospiri e le prendi la mano intrecciando le dita prima di lanciare un’ultima occhiataccia al cane che non ha ancora smesso di abbaiare un secondo da quando siete arrivati, già quello ti farebbe dire che non comprerete mai questa casa ma lei è raggiante e le brillano gli occhi, sembra che le piaccia proprio. La casa ha una camera da letto, una cucina, un salotto, un bagno, il garage e il giardino. E’ piccola ma a voi basta per vivere nel vostro piccolo mondo dove solo voi due siete le uniche abitanti. “Mi piace il giardino e anche la camera da letto”le dici con un sorrisetto malizioso. Quinn non sembra volerti dar corda e ti trascina vicino all’unico grosso albero che si trova nel giardinetto. “Mi piace davvero, davvero tanto. Non costa molto e il garage può diventare uno studio o qualcos’altro come una palestra” ti guarda negli occhi speranzosa e a te basta, indietreggi tenendole le mani finché la tua schiena non urta il tronco dell’albero. Sorridi e te la tiri addosso baciandola “La prendiamo”dici una volta che vi staccate. La bionda è incredula così chiede conferma “Davvero?”.”Si, è nostra”. Finisci a mal appena di parlare prima che ti trovi le sue braccia al collo e le sue labbra sulle tue. Venite interrotte poco dopo dal ragazzo dell’agenzia immobiliare che imbarazzato chiese cosa avete deciso per la casa. Non passano neanche 5 minuti che il ragazzo si ritrova fuori di casa con un contratto firmato e l’invito di girare all’argo e tu ti ritrovi di nuovo tra le braccia della tua ragazza. Quella stessa sera Quinn ti becca mentre incidi le vostre iniziali sulla corteccia di quello che è diventato il tuo albero preferito “E da quando ho visto quest’albero che volevo farlo”ti giustifichi prima di mettere via il coltello e raggiungerla in casa dove la bionda aveva già inaugurato la cucina facendoti trovare una fantastica cenetta sul tavolo.

28 Novembre 2018
Hai passato mezza giornata a camminare nel bosco, sai che c’è qualche fattoria fuori città, non sai quanto siano distanti e non sai se troverai qualcosa quando arrivi ma da qualche parte devi pur andare. Ti chiedi se sia il caso di tornare indietro e prendere una macchina, ma non sapresti dove guidare e ricordi bene che hai passato mesi a svuotare i serbatoi delle macchine in città per mettere la benzina nella geep che usavate. Vorresti esserti ricordata di recuperare una cartina da qualche parte, sai che avresti dovuto, non sei stata un buon militare. Ti passa per la mente il pensiero che stai diventando superficiale, ti chiedi se ti stai lasciando andare, se sei arrivata finalmente al limite. Sei stanca, sei sfinita, tutto questo ti sembra solo una tortura. Cammini fino a sera finché stretta nel tuo giaccone non sali su un albero per dormire un paio d’ore prima di rimetterti in cammino. Quando alle prime luci dell’alba ti svegli, sei disorientata per un momento ma poi scendi dall’albero e fai colazione con un scatoletta di qualcosa che non riesci a distinguere dal sapore. Cammini fino a che non comincia a scendere il sole e ti fermi , apri lo zaino e tiri fuori uno dei pochi libri che porti sempre con te. Guardi la copertina rigida, scura sopra cui sono stampate in bianco le lettere che compongono il titolo, ti serve prenderlo in mano e leggerlo anche se ormai potresti citarlo a memoria per tutte le volte che l’hai già fatto. Ti fa sentire vicino a lei e adesso hai bisogno di qualcosa che ti ricordi di non mollare e tenere duro, qualcosa che ti dia la forza di non lasciarti andare. Sfogli le pagine soffermandoti ogni volta che trovi un disegno aggiunto a mano fino a che non arrivi al pezzo di carta che hai inserito l’ultima volta. Nell’angolo in alto della pagina linee d’inchiostro si uniscono a formare una farfalla posata su un dito indice, il disegno a sconfinato nella sezione del testo scontrandosi con alcune parole che comunque rimangono leggibili. Accarezzi con la punta dei polpastrelli quel disegno con un leggero sorriso sulle labbra.

30 Luglio 2017
Sta leggendo stesa sul vostro letto indossando quegli occhiali dalla montatura fine, ti piace guardarla mentre legge perché sul suo viso passano tutte le emozioni che prova leggendo. Quando sei sazia di quella vista dalla soglia della vostra camera ti avvicini cercando di non fare rumore e ti stendi sul letto con la testa appoggiata sul suo grembo. Sorride senza spostare lo sguardo dalle sue amate pagine ma priva il libro di una mano che fa scendere per una carezza sul tuo viso, ringrazi con un soffice bacio sul dorso prima che la mano corra tra i tuoi capelli. Ti fai coccolare per un po’ finché decidi che vuoi più attenzioni così ti sposti rannicchiandoti accanto a lei cominciando a lascargli dei bacetti umidi sulla mascella. Come volevi non resiste molto prima di perdere la concentrazione, lo capisci dalle labbra strette per non far comparire il sorriso che tanto brami, dal piccolo solco che si forma tra le sopracciglia e dal fatto che tiene lo sguardo fisso su una riga. “San…”si lamenta senza troppa convinzione. Tu ridacchi soddisfatta e le chiedi cosa sta leggendo mentre la tua mano si infila subdolamente sotto la sua maglietta sfiorandole la pancia, le tue labbra si chiudo sulla pelle del suo collo. “Dottor… Jekyll e Mister Hyde”risponde con difficoltà ostinandosi a cercare di leggere il suo libro e rimanere indifferente al trattamento che le stai riservando. La tua mano sale leggera e le tue attenzioni sul suo collo si intensificano con successo, il suo respiro diventa corto e la sua presa sulla copertina meno salda. Finalmente la baci sulle labbra e il libro le cade scompostamente sullo stomaco, ghigni nel bacio sedendoti velocemente a cavalcioni su di lei e sentendo le sue mani stringersi saldamente sui tuoi  fianchi. Quinn poté riprendere la sua amata lettura solo tempo dopo e dopo una lunga doccia.

2 Dicembre 2018
Stai di nuovo scappando, è un cosa che fai spesso ultimamente. Precisamente da quasi otto mesi, da quando sei rimasta sola, da quando lei non c’è più. Scappi dalla vita e scappi per tenerti una vita che non vuoi più. Nelle fattorie hai trovato solo animali mezzi maciullati e ormai in una decomposizione più che avanzata, hai avuto il tempo di ispezionare una stalla prima che un piccolo gruppo di zombie ti ha fiutata e a cercato di farti diventare una loro simile. Ci sono andati veramente vicino questa volta, in realtà ci stanno ancora andando vicino visto che ti stanno alle calcagna. Ti giri di scatto e lanci la tua nuova conquista, un accetta che hai trovato conficcata in un ciocco nella fattoria, verso il ‘branco’. Sfortunatamente non hai avuto il tempo di prendere la mira e l’arma si è conficcata nel busto di quello più vicino, è inutile se non li prendi alla testa così quello non si ferma, procede solo più lentamente piegato in avanti per il perso dell’arma conficcata nel petto. E’ difficile correre nel bosco, devi schivare i grovigli di rovi a terra e i rami bassi degli alberi. Il fatto che i tuoi scarponi continuano a scivolare nel fango dovuto alla pioggia della notte passata ti rallenta e ogni volta che il terreno ti manca sotto i piedi il tuo cuore perde un battito, sai che se cadi a terra è finita, sai che non avrai il tempo di rialzarti. Non sai da quanto corri, ti manca il fiato e ti sei persa ma i continui rantoli affamati dietro di te ti obbligano a continuare a muovere le gambe anche se i muscoli bruciano terribilmente. Ti volti una frazione di secondo per controllare quant’è lo stacco tra te e quelli che vogliono mangiare al tuo ristorante e quando riporti la tua attenzione a dove stai andando ti rendi conto che è troppo tardi. Senti un dolore lancinante al fianco destro, vuoi fermarti ma ormai il danno è fatto così con lo slancio della corsa ti butti in avanti sentendo i vestiti e la carne lacerarsi. Sai che devi continuare a correre ma non ce la fai, non con quello che è appena successo, sai che il sangue farà muovere più velocemente le loro gambe rinsecchite. Fai ancora qualche passo traballante prima di cadere a terra. I passi sono così vicini, puoi già sentire le loro dita putrefatte stringersi attorno alle tue membra ma un sibilo si insinua nelle tue orecchie prima che un tonfo ti faccia intuire che qualcuno a colpito uno degli zombie. Altri tonfi preceduti da quei sibili familiari seguono il primo, credi di essere salva per ora, lo speri. In realtà non ti importa così tanto, il dolore ti intontisce e la mano intrappolata sotto al tuo corpo che stringe la ferita non sembra voler aiutare. Rimani stesa a terra tra il fango e i legnetti secchi, vedi il tuo respiro spasmodico creare quelle tipiche nuvolette che ti fanno capire che l’inverno è arrivato e la mano sinistra che davanti al tuo viso affonda nel terreno in cerca di qualcosa a cui aggrapparsi. Non è proprio l’ultima cosa che vedi prima di svenire, c’è qualcosa di vagamente luccicante attorno al tuo anulare, una promessa.

21 Marzo 2017
Quinn è inginocchiata nel vostro salotto, hai un anello stretto tra le dita e lo sguardo speranzoso. Potrebbe esserci un po’ di tensione sul suo viso ma non ne sei sicura perché hai la vista annebbiata dalle lacrime. Lei, bellissima come sempre è lì che aspetta una tua risposta, mandi al diavolo la tradizione e ti lanci tra le sue braccia stringendola forte prima di stamparle diversi baci sulle labbra per poi lasciarti andare ad uno più profondo. “Questo è un si?”ti chiede leggermente affannata. “E’ un si”confermi con gli occhi ancora lucidi e un sorriso che va da orecchio a orecchio. “Si?”ripete lasciandosi sfuggire una risatina liberatoria.”Si!”Allunghi una mano tremante nella sua direzione, lei la prende e infila la semplice fedina d’argento sul tuo anulare per poi alzarsi e porgerti la mano per seguirla. Quando siete entrambe in piedi le prometti un anello prima di trascinarla nella vostra auto e guidare appena fuori dalla città per una notte speciale sotto le stelle, per aiutare a rendere indimenticabile quella giornata.

Dicembre 2018
Quando riapri gli occhi non capisci dove ti trovi e hai la testa che ti scoppia, per non parlare del fianco che brucia e ti manda fitte dolorose ogni volta che fai respiri troppo profondi. Cerchi di tirarti a sedere ma come ti muovi un gemito scappa dalle tue labbra. “Non muoverti” ti ordina una voce maschile. Ti volti nella sua direzione e vedi un giovane uomo, ha i capelli biondi legati in un codino e la barba trasandata che nasconde due labbra piene. L’uomo ti si avvicina e ti posa una mano sulla fronte per sentirti la temperatura, si fa sfuggire un sorriso sollevato quando dichiara che non hai la febbre, quindi non ti è venuta un’infezione. Metti una mano sotto la camicia strappata che indossi e con la punta delle dita sfiori un leggero bendaggio che ti avvolge i fianco sotto cui puoi sentire i numerosi punti di sutura. “Mi hai salvato?” gli chiedi. Lui ti guarda dritto negli occhi con un mezzo sorriso “Si, sono io il fantastico arciere ma non sono io che ti ho ricucito come Frankenstein, per quello devi ringraziare Tina”. Sospiri ma te ne penti appena un'altra fitta ti trafigge il fianco, ci sono altri sopravvissuti nella zona quindi e hanno deciso di salvare te, tutto ti sembra così assurdo. “Aiutami ad alzarmi”gli chiedi appoggiandoti su un gomito e allungando l’altro braccio nella sua direzione. “Non credo che dovresti alzarti, è troppo presto e poi prima che tu vada da qualunque parte mi devi raccontare la tua storia Santana Lopez, se è così che ti chiami” ti dice continuando a guardarti con quei suoi occhi chiari che sembrano penetrarti. Sei sorpresa che sappia il tuo nome così ti lasci cadere di nuovo sulla schiena “Come sai il mio nome?”chiedi confusa. Lui abbassa lo sguardo sul tuo petto dove scintillano le due piastrine di metallo, abbassi lo sguardo anche tu mentre porti una mano alla catenina e le stringi. Ti sembra di veder comparire su suo volto ombroso qualcosa, qualcosa come realizzazione. “E’una storia lunga”. “Hai fino al tramonto per raccontarmela”risponde subito sedendosi ‘comodo’ su una sedia da pesca e incrociando le braccia al petto. Non sai perché hai solo fino al tramonto e soprattutto non sai quanto manca al tramonto, non sai neanche che giorno sia. Non vuoi parlare della tua vita, non hai più una vita da un po’ di tempo e non hai voglia di farti ricordare cosa hai perso. “Non è una bella storia”rispondi spostando lo sguardo verso quella che deve essere l’entrata di quella specie di baracca, non c’è molta luce fuori e il vento freddo di Dicembre entra dalla ‘porta’semiaperta . Rimani in silenzio finché non rabbrividisci per una ventata che penetra sotto la tua camicia, non passa inosservato e ti trovi subito il tuo giaccone appoggiato sulle spalle. Accenni un sorriso in direzione del giovane che non sembra voler lasciar perdere ma che neanche ti forza a parlare, ti da tutto il tempo che ti serve. “Posso sapere almeno il tuo nome?”. “Samuel ma puoi chiamarmi Sam”ti dice con quel suo sguardo gentile. Capisci che il suo aspetto è solo quello che è dovuto diventare per sopravvivere a questa pazzia, lo guardi meglio e vedi che la barba non nasconde solo i suoi tratti giovanili ma anche una sottile cicatrice che gli attraversa la guancia. Deve aver perso qualcosa anche lui come tutti, la famiglia forse o un amico. Prendi un grosso respiro prima di cominciare “Quando c’è stata l’epidemia avevo finito da poco meno di un anno il mio contratto con l’esercito. Ho avuto quella piccola pausa in cui credevo che avrei potuto vivere una vita felice e poi ci hanno richiamato alle armi, abbiamo fatto quello che abbiamo potuto finché ogni istituzione è andata al diavolo. Da quel momento ho lavorato per me stessa, abbiamo solo cercato di rimanere in vita…”faccio una pausa con lo sguardo perso nel vuoto mentre ripercorro gli eventi del ultimo anno e mezzo. “Abbiamo?”Sam ti chiede cauto. Non rispondi subito e lui non ti fa pressioni per avere una risposta. “Io e la mia fidanzata… ci siamo conosciute nell’esercito, abbiamo vissuto insieme, siamo sopravvissute insieme poi lei è morta…”siamo morte insieme. Il ragazzo sembra sorpreso, sembra che voglia dirti qualcosa ma tace e tu senza accorgertene cominci a giocherellare con la piccola croce d’oro che hai al polso “Era la mia metà,  so che sembra stupido, io sono la prima a pensare che queste cose siano solo una scusa per i deboli a cui serve un pretesto per vivere, per avere un qualche scopo ma lei lo era davvero.  I-io senza di…”non riesci a continuare perché un singhiozzo spezza la tua voce e le lacrime escono prepotenti dai tuoi occhi. Tieni gli occhi chiusi mentre i singhiozzi scuotono il tuo corpo “L’amavo, è-è stata tutta colpa mia.”. Sento una mano che si stringe contro la tua spalla “Non è stata colpa tua”ti dice, ha gli occhi lucidi anche lui “I mie genitori e la mia sorellina sono morti, sono dovuto essere forte per mio fratello, mi sono preso cura di lui. Non è stata colpa di nessuno questo macello, è tutto solo un gran casino a cui non si può scappare”. “Credi che ci sia qualcosa dopo questo mondo?”gli chiedi asciugandoti le lacrime. Lui annuisce solo, tornando sulla sua sedia. “E credi che se io… se smetto di combattere , se accelero solo il processo… mi manca così tanto. Ci ho pensato così tante volte ma non l’ho mai fatto, continuavo ha immaginarmi il suo sguardo deluso…”farnetichi, non sai neanche perché stai buttando la tua merda su questo povero ragazzo. “Quinn sarebbe stata molto più che delusa da te, l’avresti fatta soffrire così tanto. Non te l’avrebbe mai perdonato.” Ti risponde. Un po’ ti infastidisce che parli per lei, non sa di cosa parla ma sai che ha ragione. “Aspetta…”dici aggrottando la fronte colpita da un pensiero strano ma un ragazzo biondo su i sedici anni entra spingendo la lamiera che fa da porta alla baracca “Sammie, sono tornati.” Dice rivolto all’uomo prima di guardarmi curioso per qualche secondo ed uscire. Sam si alza e porgendoti una mano dice sorridendo “Dai, vieni”. Ti alzi con qualche difficoltà ed uscite insieme, ti guardi intorno e vedi che sei in un piccolo accampamento. Ci sono delle tede e due baracche, c’è addirittura un furgone nero  un po’ sporco. “Chi sta arrivando?”gli chiedi seguendolo tra le tende. “La famiglia”risponde solo mentre quattro persone compaiono nell’accampamento. E’ il tramonto quindi la luce non è delle migliori, vedi che il giovane di prima corre verso il gruppo e dopo aver detto qualcosa tutti ti guardano facendoti sentire un po’ scomoda. Quando sono abbastanza vicini vedi che sono due maschi e due ragazze. Una attira subito la tua attenzione, ha la testa bassa, sembra avere il peso del mondo sulle spalle. Non ti sta neanche guardando ma tu si invece, non puoi farne a meno. Ti dici che non è possibile e valuti l’ipotesi di essere morta, ti sembra l’unica risposta possibile. Lei era morta, è morta. La ragazza ha i capelli biondi corti fino alle spalle, lo vedi anche se indossa un berretto di lana. Un grosso macete pende dalla sua cintura e indossa degli anfibi neri uguali ai tuoi. Ti senti come se ti si bloccasse il cuore per un instante, non puoi crederci. Ti volti verso Sam che ti sta guardando con un sorriso stampato in faccia. Ti ripeti ancora una volta che tutto questo non è possibile. “Quinn”la chiami, lo fai ma non ti aspetti che lei alzi veramente la testa e ti guardi con gli occhi spalancati. Quegli occhi, i suoi occhi. Le vai incontro e lei fa lo stesso, come in un film scadente vi fermate a un passo l’una di fronte all’altra. Vi fissate per qualche istante poi tu fai un passo avanti e le sfiori una guancia con la mano, devi accertarti che sia reale e non soltanto un illusione. Lei sia appoggia nel contatto e le sfugge una lacrima. E’ lei, è veramente lei. Ti lanci tra le sue braccia e la stringi forte, hai paura che scompaia, ti è mancata così tanto. Ti è mancato stringerla a te, il suo profumo, il suo sorriso, ti è mancata lei. Senti che tra le lacrime sussurra il tuo nome e ti accorgi che anche quello ti è mancato terribilmente. Senti gli altri abitanti dell’accampamento parlare tra di loro e fissarvi così ti stacchi. Vuoi sapere come tutto questo sia possibile, vuoi sapere perché se era viva non è tornata da te ma prima che tu possa fare una qualsiasi domanda Quinn ti afferra il viso e ti bacia. E’ un bacio bisognoso, pensi che sia strano sentire ancora quella sensazione dopo che ti eri convinta che non sarebbe più potuto succedere, dopo tutto quel tempo. Non puoi dire che non ti è mancato anche questo, come la sua mano si infili fra i tuoi capelli aggrovigliati. Come hai fatto a farne a meno per così tanto tempo? Qualcuno batte le mani e fischia così finalmente vi separate ma lei subito intreccia le dita con le tue e ti tiene vicino al suo corpo.

“Tu devi essere Santana, non avrei mai creduto di incontrarti. Io sono Rachel Berry. Si, proprio chi stai pensando, sono io. E’ una fortuna che mi sia salvata” ti dice una giovane donna mora porgendoti la mano. Confusa la guardi non capendo di cosa parli e intontita da le sue molte parole le stringi la mano perplessa. “Oh smettila Rach, non sa chi sei. Non lo sa nessuno.”è una ragazza asiatica a parlare.”Certo che lo sa, tutti conoscono la stella nascente di Broadway“.”Ha ragione, non so chi sei. Non seguo molto il teatro, in realtà non lo seguo per niente. Preferisco il cinema”le rispondi, ti sei già fatta un idea del tipo di persona e non puoi dire che ti piaccia. “Ad ogni modo, loro sono Tina, Mike, Dave, Sam ma l’hai già conosciuto e suo fratello Trevis” continua un po’ abbattuta Rachel indicando quella che deve averti ricucito il fianco e ogni altra persona che nomina. Fai un cenno del capo a tutti prima di girare il viso verso Quinn che e rimasta silenziosa per tutto il tempo ma che ancora non ti ha lasciato la mano. “Iniziamo a preparare la cena, vi chiamiamo quando e pronto”dice Sam lanciando un occhiata eloquente alla bionda. Tutti cominciano ad allontanarsi e Quinn tenendoti per mano ti porta nel furgone, vi sedete nei posti davanti e accendete la luce sul soffitto. Per un momento cala il silenzio nell’abitacolo, vi studiate soltanto per vedere ogni cambiamento di quei mesi di lontananza, in quei mesi in cui tu la credevi morta, gli stessi mesi in cui hai sofferto giorno dopo giorno. Non resisti più e guardandola negli occhi le chiedi “Quinn, perché non sei tornata? Ti credevo morta, morta capisci? Mi ha distrutto. Cosa è successo, perché non sei tornata da me? Perché mi ha abbandonato?”la tua voce si incrina sempre di più ad ogni domanda fino a che una lacrima non scende sul tuo viso. La bionda tiene gli occhi bassi, tra i capelli e l’ombra non riesci a vederle il viso. “Mi dispiace, lo so…mi dispiace.”Ti fa imbestialire che dopo otto mesi l’unica cosa che riesca a dire è che le dispiace. Tiri una botta sulla portiera “Dannazione Q, mi dispiace è l’unica cosa che ottengo dopo otto mesi in cui avrei preferito morire ogni giorno più tosto che svegliarmi senza di te accanto è uno schifoso ‘mi dispiace’”. “Sarei voluta tornare, te lo giuro. Pensi che sia stato facile per me starti lontana, non sapere se eri viva o morta. Pensi che sia stato facile addormentarsi ogni notte con la consapevolezza di averti abbandonata quando io dormivo al sicuro in un sacco a pelo e tu eri da sola in quell’inferno?” Avete alzato la voce entrambe e adesso che Quinn a smesso di parlare sembra tutto troppo silenzioso e le parole che vi siete dette vi colpiscono affondo. “Vuoi raccontarmi cosa è successo?”chiedi dopo un attimo con una voce molto più soffice posando una mano sulla sua. Finalmente ti guarda e sembra che non sia passato un giorno dall’ultima volta che siete state insieme, dall’ultima volta che eravate felici.

5 Aprile 2018
Gli zombie vi stanno inseguendo, è stato stupido, lo sai bene. Ma lei voleva uscire così tanto e tu non sei riuscita a dirle di no. Doveva essere una semplice passeggiata mano nella mano, un giro al parco per poi tornare a casa ma siete incappate in un covo di zombie e l’unica cosa che siete riuscite a fare è stato correre via. Avete delle armi con voi ma dovete usarle solo se diventa estremamente necessario, le pallottole non sono infinite e per quanto ne sapete vi serviranno per sempre. I versi delle bestie che vi inseguono ne attirano altri quindi vedete sbucare fuori da ogni vicolo un non morto. Cominciate seriamente a temere il peggio, dopo tre mesi e mezzo dall’epidemia siete ancora vive ma questo non vuol dire che lo rimarrete. Mentre correte ti distrai per un momento, ti stai guardando alle spalle ed entrando in un fabbricato la tua testa sbatte violentemente contro una barra di metallo che non hai fatto in tempo ad evitare. Caschi a terra e per un momento non capisci più nulla, un forte ronzio ti rimbomba nelle orecchie e qualcosa di umido prende a bagnarti il viso. Quinn urla qualcosa e ti fa alzare, ti guarda preoccupata prima di ricordarsi da cosa state scappando e trascinarti fuori. Non riesci a stare diritta, sei disorientata e ti viene da vomitare. Quinn ti fa accucciare dietro una macchina e ti pulisce il sangue che ti esce dal naso con una manica. Ti dice di stare calma e di non addormentarti. Prende il fucile che tiene sulla schiena e si volta a guardare gli zombie che annusano l’odore del tuo sangue, è questione di poco prima che si accorgano dove vi state nascondendo. Nel tuo stordimento capisci cosa vuole fare e allunghi una mano per trattenerla, le tue dita si agganciano alla sua catenina d’oro. Tiri verso di te per impedirle di fare quella stupidaggine ma lei tira nella direzione opposta. La collana si rompe e ti rimane in mano, lei non se ne cura invece si china verso di te e ti bacia la fronte dicendoti che ti ama prima di sparire nell’orda di mostri.
La circondano ovunque, spara diversi colpi cercando di sfoltire il gruppo che allunga le mani famelico cercando di prenderla. Non può rischiare di essere uccisa, ma non può neanche permettere di essere ferita e contagiata. Non riesce a vederti con tutti quei corpi attorno, deve proteggerti, non devono trovarti. Non fa in tempo a sparare, sono troppi, la stanno assalendo. Comincia a colpirli con il calcio del fucile, una mano si allunga e si aggrappa alla sua maglietta tirando con violenza,il tessuto si lacera e viene sbilanciata in avanti. Un’altra mano senza un paio di dita  le afferra un braccio mentre cerca di dimenarsi per farsi un po’di spazio, sono ovunque e il suo cuore batte così forte come se sapesse che potrebbe fermarsi da un momento all’alto. Qualcosa di umido e appiccicoso è su i suoi vestiti. Per la seconda volta in poco tempo un’ultra catena gli viene strappata dal collo graffiandolo, urla dibattendosi per liberarsi e quando ci riesce quasi non ci crede. Corre verso il bosco, deve allontanarli da te e deve cercare di sopravvivere. La seguono ma non per molto, qualcosa gli ha distratti, è una carcassa di un cervo morto cosparso di sangue. E’ confusa, si guarda intorno chiedendosi chi può aver ucciso l’animale, siete rimaste le sole in città. Qualcosa la colpisce forte alla base della testa mandandola faccia a terra, prima di svenire sente la voce di una donna urlare contro qualcuno. “Cosa diamine fai? Sei impazzito?!”
Quando si risveglia ha il polsi e le caviglie legate, spaventata cerca di alzarsi dalla branda su cui è stesa ma è inutile perché una cinghia la tiene ancorata giù. Si agita e urla finché una donna bassa non entra nel suo campo visivo con una pistola stesa davanti a lei. “Se mi capisci sta ferma o ti sparo”dice con la voce tesa mentre la scruta affondo cercando di capre se la bionda davanti a lei si merita la sua sfiducia. Quinn smette di agitarsi spalancando gli occhi e tenendoli puntati sulla pistola che è puntata sul suo viso, dall’epidemia la gente è diventata pazza, si uccidevano a vicenda per paura di essere contagiati o solo per rubare una coperta o una tanica di benzina. Non crede che la mora davanti gli sparerà ma è meglio non dargli motivi per contraddirla. “O-Okay, sta calma. Calma”. La donna sembra sorpresa che tu sia capace di parlare così abbassa un po’ la pistola per poi urlare a un certo Dave di venire. Dopo un paio di secondi un uomo con delle spalle enormi entra trafelato con un fucile pronto a far fuoco, per un momento sembra disorientato poi rivolto all’altra dice un po’ arrabbiato “Dannazione Berry, pensavo stessi per morire. Non puoi urlare così capito?” dopo si volta verso Quinn guardandola attentamente. “Non credo sia infetta”.”Non possiamo saperlo, era ferita quando l’abbiamo salvata.”ribatte Dave. “Non sono infetta! Cos’è successo? Dov’è Santana?”chiede capendo le precauzione prese contro di lei ma adesso deve capire cosa ne è stato della sua fidanzata. “Questo lo vedremo”risponde piatto lui prima che la mora dica quello che non vorresti sentire. “Santana? Eri da sola quando ti abbiamo trovato… devono averla presa, mi dispiace”. “No, no, no. Lei non era con me, io gli stavo allontanando da lei. Dovete liberarmi, devo tornare, la devo trovare”farnetica strattonando la corda che le tiene imprigionati i polsi. La mora con un’espressione triste e dispiaciuta le si avvicina e comincia a sciogliere la cinghia che le intrappola la vita ma Dave veloce le afferra le braccia impedendole di continuare quello che sta facendo. “Cosa stai facendo! Non sappiamo se è stata contagiata, potrebbe salirle la febbre tra un paio d’ore e potrebbe andare male prima che riusciamo a fermarla”. “Andiamo Karofsky, è nel campo da più di dodici ore e i sintomi non si sono ancora manifestati. Liberiamola, ha delle ferite che vanno curate. Ha già perso abbastanza nel giro di un giorno no?”gli risponde guardandolo consapevole come se condividessero una storia triste, forse qualche amico in comune o qualche parente. Anche l’uomo posa la sua arma e le si avvicina estraendo un coltello e tagliando le corde dei polsi e delle caviglie mentre la Berry finisce quello che aveva iniziato.
Dopo che Tina le aveva pulito e fasciato i tagli Quinn aveva implorato gli altri di poter tornare indietro a prendere Santana e quando gli era stato negato per non rischiare la vita dei pochi sopravvissuti aveva provato a scappare ma era stata ripresa da Mike e Dave a un kilometro dalla base. Quando finalmente i due avevano ceduto e l’avevano riportata nel punto in cui l’avevano trovata non erano stata in grado di riconoscere la strada per tornare a casa e dopo aver passato diversi giorni nel bosco a cercare di trovare la via erano stati costretti a rinunciare ed erano tornati alla base. Quinn non sapeva se fossi viva o morta ma non ha mai smesso di sperare, era come se qualcosa le dicesse che eri ancora viva aspettandola, cercandola.

Dicembre 2018
Le asciughi una lacrima mentre lei passa il pollice sul dorso della tua mano, si ferma quando sente qualcosa che non c’era l’ultima volta. Porta la tua mano sotto la luce osservandola attentamente, la luce dell’auto illumina i pallidi segni un po’ in rilievo che ormai ti sei abituata a vedere ogni giorno. “San…” sussurra dispiaciuta passando un’altra volta il dito sulle due lettere prima che tu sottragga la mano dalla sua stretta. “E’ passato ormai. Ora ti ho ritrovata, ora siamo di nuovo insieme”dici guardandola negli occhi. Ti sorride prima di avvolgerti in un abbraccio impacciato e baciarti sulle labbra “Siamo insieme, non ti lascerò mai più”ti dice qualche momento dopo con le labbra ancora vicine alle tue. “Insieme per sempre”le rispondi. Insieme per sempre ti ripeti ancora nella testa. Dopo una decina di minuti Mike bussa sul finestrino dicendovi che è pronta la cena, lo seguite fino al falò dove sono radunati gli altri, ognuno con un contenitore in mano attendendo di ricevere la propria porzione. Sciogli l’intreccio delle vostre dita e ti avvicini all’uomo muscoloso che sta seduto su un barile “Grazie”. Ti guarda confuso e anche gli altri lo sono mentre seguono la scena in silenzio. “Grazie di averla trovata, grazie di averla salvata, non potrò mai sdebitarmi. Io… ha salvato anche me salvando lei. Solo…grazie”dici. “Te l’hanno detto vero che prima però l’ha colpita in testa con un fucile vero?”chiede ridendo Rachel. “L’ho fatto solo perché credevo che poteva essere infetta”si giustifica Dave lanciando un occhiataccia alla bassina. “Per quello ti ringrazio io”interviene Quinn dandole un colpo sulla spalla prima di prenderti per mano e trascinarti a sedere tra lei e Sam che ti rivolge un sorriso e ti fa un cenno del capo passandoti una gavetta con della zuppa. Forse hai trovato un nuovo inizio, forse hai trovato una nuova famiglia, di nuovo un motivo per sopravvive. Quello di cui sei sicura è che hai ritrovato di nuovo il tuo ‘insieme per sempre’ e questa volta non intendi rinunciarci.

Se hai letto fino in fondo hai vinto un biscotto, grazie *distribuisce biscotti*. Avevo fatto anche dei disegni da mettere insieme ma mi sono venuti abbastanza bruttini quindi ho evitato. 
So che dovrei fare altro ma ormai è andata, per l'ultimo capitolo di HBC mi manca solo una conclusione degna e poi è finito giuro.
Le recensioni sono più che gradite.
Alla prossima. 

https://twitter.com/firephoenix97
  
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