Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Hitsuki    28/09/2014    1 recensioni
{ Cersei/Jaime; Jaime Lannister centric; a sette, undici, diciannove anni e dopo ancora | introspettivo; malinconico; fluff/angst | ❝Amore, amore… quali atti si compiono in tuo nome❞. }
— ℭhe effetto faceva svegliarsi e vedere il proprio riflesso cristallizzato come su un placido specchio d'acqua, su una superficie trasparente ma leggermente opaca? Era peggiore alzarsi e non poter poggiare le labbra sulla fronte della sorella perché il loro amore era ritenuto peccato - quando il loro amore, puro sotto ogni sfaccettatura, doveva essere coronato da un matrimonio felice. ×
Tanti nomi dettati dal silenzio che, alla fin fine, portano lo stesso significato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cersei Lannister, Jaime Lannister
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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un angolo di Ghiaccio e Fuoco ;
Ammetto che, sebbene sia soddisfatta del mio lavoro, è la prima volta che pubblico nel fandom e non voglio far menate - voi non lo sapete quindi shhh, ma ho un sacco di imbarazzo perché GoT è una serie bellissima e non voglio scrivere cose stupide. Ma non si nasce imparati, no? Quindi mi son detta "tanto vale tentare" e puff, eccomi qui. X" Insomma, questa fanfiction m'ha fatto superare un blocco riguardo il mio stile di scrittura ed ero stufa di vederla far muffa nel mio PC (iPad, ad essere sincera) con tanto di HTML pronto.
Innanzitutto spero di non aver reso la fanfiction what if? perché ho visto solo la prima stagione e sto leggendo il primo libro (anzi, i primi due libri perché ho comprato una versione che raccoglie sia il Trono di Spade che il Grande Inverno, ma son dettagli), mi sono limitata solo a fare un salto su Wikipedia in italiano e un saltino (?) nella Wiki di GoT in inglese. Per quanto concerne la one-shot, tremila e passa parole di puro sclero. Doveva essere una raccolta, ma dalla "seconda parte" - quella in cui Jaime e Cersei hanno undici anni - è scaturito l'ammasso di cose qui sotto. Vorrei precisare che proprio la seconda parte è ambientata poco prima che Jaime se ne vada via dal Castello, non mi pare deducibile dal testo e non voglio porvi dubbi esistenziali. Ecco. Ah, e non succede nulla di p0rn, ma liberi di pensarla come volete. XD
Sinceramente non voglio dilungarmi troppo perché ho il brutto vizio di scrivere molto nell'angolo autrice quindi la finisco qui, vi faccio ciao ciao con la manina e me ne vado, sperando che il testo sia piuttosto comprensibile e non confusionario ma ehy, ho fatto del mio meglio per migliorare la one-shot e ho sudato tanto e boh. Basta. ~
Vi ringrazio se spenderete parte del vostro tempo a leggere la mia fanfiction basata sui due dei miei amorini (Cersei però è la migliore, scusami Jaime) (però, mi dispiace di aver trattato Eddard e Robert in questo modo—), sperando di darvi una gradevole lettura. ♥

 



 
Il nostro chiamarci ogni volta in modo diverso mi fa sorridere e soffrire al contempo, Cersei
( L'Uomo che è Fratello, Jaime Lannister, Nessuno e infine Amore )
 
 
 

~ sette anni, e tu mi chiami Fratello ;

 L'immenso giardino del Castello veniva in quel momento percorso da due bambini che si rincorrevano, giocavano e ridevano. Erano incuranti quando calpestavano rami spezzati - parevano bruciati - caduti dagli alberi come cenere o quando inciampavano sui nudi sassi e sulle dure pietre, o ancora scacciavano la sola idea di dover rientrare nel Castello - un ampio labirinto - e giocare al chiuso senza il caldo tocco del pomeriggio sulla pelle e il sudore che imperlava i loro corpi acerbi.
  «Sorellina, ti prendo!». Jaime continuava a toccare l'erba a piedi nudi, che intanto s'innalzava e s'attorcigliava attorno alle sue magre caviglie come per sporcarlo di peccato.
  «Non sono una "sorellina", sono più grande di te!». Cersei aveva una concezione tutta sua dell'età, riteneva "più grandi" coloro che già erano passati sotto l'esperta mano della maturità e perciò possedevano un'intelligenza e abilità superiore - sì, lei è già matura nonostante l'età, pensava spesso il fratello. Sbuffò, aumentando il passo e prendendo i lembi della gonna avorio fra le dita per correre più velocemente; i capelli parevano incastonarsi fra i fili di vento, seguendo il movimento dell'aria e dominandola al contempo - fin da piccola si comportava da fiera Regina Leonessa ed era riuscita anche a conquistare il cuore di Jaime. Vano però fu il suo tentativo di fuga, poiché il fratello da dietro le circondò il collo con le braccia e lei dovette fermarsi. Continuò a ridere nel suo tipico modo cristallino e Jaime tenne meno salda la presa affinché la sorella potesse voltarsi e osservarlo. Solo pochi secondi gli bastarono a fargli perdere un battito, per poi accelerare le pulsazioni.
  Era bellissima, ma era anche una parte di lui. La parte migliore. Trattenne un attimo il fiato sperando che questo gli potesse far comprendere il perché loro due erano gemelli, mentre le risate s'affievolivano e gli insetti - senza più l'accompagnamento delle risate di Jaime e Cersei - intonavano una melodia estiva. Una mano si andò a posare delicatamente sul capo della bambina, il fanciullo la osservò a lungo e finalmente comprese. Le dita intanto percorrevano le tempie, poi scendendo verso le guance e infine arrivando al mento un po' appuntito.
  «… Fratello?». Lo stava guardando in bilico fra curiosità e divertimento, mentre il sorriso era rimasto solo sulle labbra di Jaime. Si destò, togliendo di scatto la mano dalla testa della sorella e volgendo lo sguardo a Est là dove il sole sorgeva e la magia continuava ad essere praticata. Le dita ora erano sui suoi capelli - corti e che trattenevano un po' di sporcizia - e le sue gote arrossate denotarono il già chiaro imbarazzo; boccheggiò qualcosa con una leggera nota rauca nella voce che fece ritornare a sorridere Cersei.
  Due calde braccia lo strinsero a sé e il bambino comprese che la sorella lo aveva abbracciato, in un modo tra l'altro goffo ma nonostante tutto nobile e galante. Udì poi la risata di lei, ora ancora più radiosa di prima e la sua stretta si fece più forte - rimanendo delicata, senza fargli del male, la sua sorellina mai lo avrebbe fatto soffrire e lui mai avrebbe fatto soffrire lei. Ricambiò l'abbraccio ridacchiando anche lui, mentre le gote pur rimanendo purpuree divennero meno rosse e il suo imbarazzo, sostituito dalla spensieratezza, a poco a poco svanì completamente.
Stasera andrò a pregare per gli Déi, ringraziandoli per avermi dato una sorella gemella❞. In futuro si ricredette, la loro era stata una specie di punizione per aver amato troppo.
  Finalmente aveva capito, e ripeté mentalmente la sua ipotesi: erano stati separati per potersi amare veramente, per essere messi alla prova e riuscire a congiungersi, come in un gioco.
 
 

~ undici anni, e tu mi chiami Jaime ;

«Jaime, non ho sonno». 
  Cersei cominciò a chiamarlo per nome proprio ad undici anni, senza mai più utilizzare la parola "fratello", accantonandola cinicamente ma con calma dentro alla casa delle bambole nell'ala destra della sua camera, in un angolino buio mai illuminato dai raggi solari; l'avrebbe voluta riprendere, riutilizzarla, ma per loro due "fratello" aveva tutt'altro significato. Fratello significava carezze sulle morbide guance, fratello significava amore, fratello significava vita. E sorella per lui significava la medesima cosa, ma per gli altri indicava semplicemente un rapporto fra parenti che non si spingeva oltre la volta celeste dell'affetto. Quindi, si dissero, "fratello" non era poi un nome tanto adatto; così la parola sembrò imprigionata nella casetta delle bambole, il luogo ove Jaime venne chiamato in quel modo da Cersei per l'ultima volta. Certe volte si domandava se quella parola si fosse mai liberata dalla prigionia per ritornare nelle labbra della sorella. Sua sorella sapeva essere davvero cattiva, anche le bamboline di porcellana lo sapevano; anzi, molto probabilmente quei giocattoli ricoperti di stoffa rossa lo sapevano più di chiunque altro.
  «Dovresti, Cersei». Ormai chiamare l'altro per nome era diventato una specie di codice criptico - così lo definivano - solo di loro conoscenza e che significava baci sulle guance, amore, vita e fratello; col tempo però la sua essenza si disperse senza colmare i loro cuori che non potevano dare all'altro. Sì, "fratello" è molto meglio di "Jaime", pensava il ragazzino con rammarico.
  Che effetto faceva svegliarsi e vedere il proprio riflesso cristallizzato come su un placido specchio d'acqua, su una superficie trasparente ma leggermente opaca? Era peggiore alzarsi e non poter poggiare le labbra sulla fronte della sorella perché il loro amore era ritenuto peccato - quando il loro amore, puro sotto ogni sfaccettatura, doveva essere coronato da un matrimonio felice. 
    Cersei borbottò qualcosa che non s'espanse oltre la coperta e che perciò Jaime non poté comprendere - anche se non ci sarebbe stato molto bisogno. Il volto della fanciulla si liberò dalle pieghe del tessuto e fece capolino dal letto. Poggiò la testa sul guanciale fingendo di essere arrabbiata. Jaime non poté fare a meno di ammirarne i tratti delicati, le labbra chiare ma che al contempo spiccavano sulla pelle nivea e marmorea, un bassorilievo dai tasselli rosa antico; i capelli biondi che come ramificazioni frastagliavano il morbido cuscino e gli occhi verdi, profondi e ricchi di emozioni - a differenza dei suoi, verde stagnante e acquitrinosi. Per lui la sorella in quel momento pareva un albero, rigoglioso ma ancora non del tutto cresciuto, mentre lui si sentiva un bosco spoglio ed in particolar modo quando incrociava lo sguardo di lei - lo denudava, sia in positivo che in negativo, lo denudava da qualsiasi cosa. Tese l'angolo sinistro delle labbra all'insù, mostrando i denti bianchi e una piccola fessura vuota al posto del canino che presto sarebbe stata riempita da un dente del giudizio - nonostante tutto, non era poi tanto cresciuto. Parlò con una leggera nota canzonatoria, diventata ormai l'unica cosa assieme alla sorella che lo seguiva ovunque e che lo avrebbe accompagnato anche in età adulta. «Avvicinati».
  Cersei ricambiò il sorriso, donandogli dei denti splendidi e nessuna fessura, delle labbra che chiunque altro avrebbe sognato ma che gli impedirono di toccare. Si pentì di non poterle dare niente di tanto bello, ma ancora una volta si ripromise di fare quel poco che poteva per la sorella. Intanto lei s'era fatta vicina, l'imbarazzo si spezzò - ma alcune schegge rimasero sulle loro guance leggermente arrossate - e così le dita s'intrecciarono come radici di albero rigoglioso e di albero spoglio. Gli occhi brillavano di divertimento e lui continuava ad osservare la sorella, tentando di darle sicurezza quando invece lei possedeva già un'enorme dose di decisione. Poteva percepire sulla sua pelle il regolare respiro della sorella. Gemelli. Una cosa sola. Una cosa sola, ma separata dalla nascita per via dei pregiudizi. Gemelli.
  Entrambi non riuscirono a trattenere delle risatine compiaciute che poi esplosero sempre più; continuarono a non alzare troppo il tono della voce per non farsi sentire, perché la loro promessa di amarsi per sempre doveva rimanere segreta e tacita come la notte che porta insonnia, il silenzio loro unico e solo testimone. 
Anche se saremo lontani, io le starò sempre accanto❞. Non è certo semplice rendere i pensieri realtà.
  Una promessa da bambini, ragazzi e adulti, una promessa ove l'abisso che li separava si chiamava "Peccato". 
 

~ diciannove anni, e tu non mi chiami più  diciannove anni, e tu mi vorresti chiamare Amore ;

Certe volte, Jaime ironizzava sul fatto di voler essere un Targaryen.
  Sapeva che i Targaryen, per non macchiare d'impurità la loro razza, si sposavano fra fratelli e sapeva anche che nulla di più puro superava il legame fra fratelli. 
  Certe volte, si domandava anche se quel fanciullo di sette anni - quel "fratello" - vivesse ancora in lui; perché sì, dopotutto rimaneva ancora un bambino - ed era per questo che gli piaceva giocare con i troni -, ma il nome "fratello" non era ormai suo. Non era più un fratello, era stato privato dalla sorella stessa della sua carica più importante.
  Da un po' Cersei era andata in sposa al Re, un orrido Re che ancora il pregiudizio ostentava puro e innocente additando sua sorella di un Peccato che Peccato non era; ricordava perfettamente le risate sguaiate di Robert Baratheon e l'istinto animalesco trattenuto a stento di trafiggerlo come fece con il Re precedente. Rimembrava di come Cersei si sentì umiliata, delle lacrime che solo in sua presenza le solcarono il volto e che lui tentò invano di asciugare. Un giorno ucciderò Robert, le diceva mellifluo, ma lei continuava a piangere e le lacrime continuavano a scorrere. Allora il suo sorriso scompariva del tutto, le mani si ritraevano e una smorfia s'impossessava del suo viso; sì, presto o tardi l'avrebbe ucciso. Finché avrebbe macchiato lui stesso non ci sarebbe stato problema, l'importante era che sua sorella rimanesse pura.
  Certe volte - sempre -, Jaime avrebbe voluto ritornare indietro nel tempo e sentirsi nuovamente importante per Cersei - lo era anche in quel momento, ma lei non lo chiamava più. Anche sentire un "Jaime", per poter udire nuovamente la sua voce quando parlava solo ed esclusivamente con lui, l'avrebbe reso felice.
  Amore, amore. Cos'è l'Amore? "Amore" per loro era "fratello" o "sorella", amore per loro diventò "Jaime" o "Cersei", ma se in quel momento l'"Amore" non aveva nome, come potevano continuare a coltivare il loro sogno senza inquinarlo e chiazzarlo di pregiudizi? Amore, amore… avevano ormai diciannove anni, si disse Jaime, e ancora non sapevano l'esatta definizione di "Amore".
  Dopo un po', finalmente, Jaime comprese che l'"Amore" poteva possedere più di un nome, alla fin fine rimaneva sempre il medesimo. Per Robert Baratheon l'Amore era Lussuria, per Eddard Stark l'Amore era anche Onore, per altri l'Amore non esisteva o per altri ancora doveva veder la luce. Suo fratello Tyrion Lannister definiva l'Amore "Pregiudizio". Lui li aveva sempre ritenuti due cose diverse, ma gli parve - a diciannove anni, vecchio Re ucciso e nuovo Re sul Trono di Spade - che effettivamente la sua affermazione era veritiera. Un giorno lo dirò al mio Amore, a mia sorella, si disse.
  Intanto il loro Amore maturava sempre, come le pesche che nel loro giardino pendevano da un albero rigoglioso, senza però a differenza di esse mai marcire. Lui però non maturava, Tyrion da Folletto ebbe più esperienza di lui, ma lui no. Jaime era un uomo acerbo, dal corpo possente e abilità manuali ottime, l'arte della spada che delineò definitivamente la sua personalità; ma ancora, percepiva una nota di infantilità quando quei pensieri frastagliavano la sua mente. Che ne sa, l'Uomo, dell'Amore?
In seguito per lui l'Amore assunse il semplice significato di Amore - e gli parve banale, ma alla domanda "Cos'è l'Amore?" lui pensava immediatamente "l'Amore è l'Amore". L'Amore era tante cose disparate come rami e vicine come ciuffi d'erba, l'Amore non esisteva, l'Amore doveva ancora arrivare; Tyrion s'era sbagliato, lui s'era sbagliato, l'Amore è semplice e puro Amore. Molto probabilmente, la sua gemella lo capì da subito - "Quella donna ha portato via anche il mio buon senso!", diceva talvolta fra sé e sé, ridendo "ed è anche per questo che l'amo".
Sorella, Cersei, Amore, non riesco più a resistere e sopportare❞. Che stolto capriccio.
  E comprese il significato di quella parola solo quando sua sorella, in segreto, lo chiamò per la prima volta a quel modo.
 

~ altri anni e siamo sempre uno nei pensieri dell'altro, uno il riflesso dell'altro ;

Jaime non ricordava perfettamente quando l'etichetta stabilì che lui divenne uomo. Gli addestramenti erano sempre stati importanti per lui e dalla spada di legno da infante passò senza accorgersene a brandire l'elsa dorata di una fine lama. Non dimenticò però che fin dagli inizi ebbe una capacità rara nel fendere l'aria con un deciso movimento del polso, né tantomeno il debole rumore che provocava il metallo gelido a contatto con la carne e il sangue che macchiava lui e la sua spada.
  Venne un giorno in cui uccise il Re Aerys II Targaryen detto "Il Folle" e secondo lui la pazzia aleggiava ancora nelle mura dei Castelli sospinta da intrighi, tradimenti e cospirazioni. Dopotutto anche lui non si riteneva del tutto lucido o sano mentalmente, neppure la sorella, tant'è che certe volte dubitarono veramente di amare in modo puro - ma subito il pensiero venne scacciato dalle calunnie della vita terrena. 
  Folle o meno, comunque, a Jaime non importava particolarmente; finché riusciva a proteggere la sorella sapeva di essere nel giusto, accecato da una veridicità che offuscava la ragione. 
  Passò la lingua sui denti, con lo sguardo vacuo che guardava disinteressato il cielo d'estate, sperando che il suo sogno di ritornare bambino fosse stato ascoltato dagli Déi; ma ormai possedeva tutti i denti del giuidizio, nessuna fessura vuota e nessun dente da latte voglioso di staccarsi dalla gengiva. Buffo di come da bambino sognava di non avere alcun dente da latte, mentre adesso desiderava l'esatto contrario. Abbassò lo sguardo e poté così notare la sua armatura d'acciaio che risplendeva sotto i saccenti raggi solari, tanto luminosa che pareva brillare luce propria, con un meraviglioso leone rampante simbolo dei Lannister anch'esso invaso dalla luce. Passò le dita sull'armatura. Scottava come fuoco di drago e magma; chissà mai se la sua armatura si fosse fusa e con essa lui, fuoco divampante acquietato dal Re - forse posso realmente essere un Targaryen, pensò con sarcasmo. Intanto gli alberi da frutto sotto la collina s'innalzavano - fieri, maestosi, orgogliosi - e sembrarono volerlo toccare, trasportarlo in boschi misteriosi assediati da meta-lupi d'inverno e segreti del passato, teste mozzate e impiccati senza nome.
  Silenzio attorno a lui, ma poté percepire la presenza della gemella.
  Si voltò di scatto, rimproverandosi nei suoi pensieri di essersi mosso in modo tanto brusco e meschino, per poi sorridere con i suoi denti del giudizio puri e bianchi. Cersei continuava imperterrita a camminare; il tessuto che la ricopriva era di seta e i capelli erano raccolti in un'elaborata acconciatura che faceva risaltare il viso incastonato fra ciuffi di capelli ribelli, ma l'uomo invece si soffermò per l'ennesima volta sul suo sguardo da fiera Leonessa e Regina. Quando si fece vicina anche lei ricambiò il sorriso, dapprima timido ma poi sempre più compiaciuto, e come se fossero ritornati bambini studiarono l'altro senza far rumore - non volevano spezzare quel loro magico, raro, prezioso momento. 
  «Finalmente siamo soli» azzardò Jaime, frantumando la lastra di ghiaccio che li divideva come la Barriera, e il silenzio se ne andò giù nel bosco sottostante.
  Cersei rispose a tono, alzando il mento e socchiudendo gli occhi per canzonarlo affettuosamente. «Stai per caso insinuando di non amarmi quando non siamo da soli, Messer Jaime Lannister?».
  "Sto insinuando che mi fa soffrire il fatto che tu sia obbligata ad andare a letto ogni giorno con quel lurido del Re". Anzi, forse Robert non dormiva con Cersei ma si consumava con cortigiane e prostitute, bisognoso e avido di avere delle mani pronto a palparlo e dei corpi sodi da penetrare - ma nonostante le sue frenetiche avventure notturne, il grasso rimaneva ostinato facendolo sembrare una botte di lardo. I suoi pensieri si fermarono sulle labbra, esitando, ma subito dopo vennero ricacciate da Jaime per via di un altro pensiero: non voleva far soffrire Cersei, perché sebbene a lei non importasse di suo marito e della sua conformazione data dal continuo sfogarsi sul cibo si sentiva sempre sottomessa a tante oscenità ogni volta. Per loro due gemelli ormai le stagioni avevano sempre il solito odore di sconfitta e d'estate non udivano più concitati i concerti all'aperto delle cicale, in primavera i fiori che sbocciavano non li estasiavano e nemmeno il loro dolce e fresco profumo, l'autunno li era indifferente con le sue foglie secche dai pigmenti bruni e il vento glaciale dell'inverno non scalfiva i loro sentimenti. E ancora una volta, Jaime pensò che ritornare piccoli sarebbe stata l'unica soluzione per poter studiare attentamente il ciclo della vita e quei piccoli dettagli che solo i bambini sanno vedere: il frinire delle cicale, i petali che si dischiudono disperdendo nell'aria il profumo della gioventù, le foglie secche che scricchiolano sotto il peso di una persona, il vento che investe i corpi sono tutti dettagli per gli adulti irrilevanti, ma per i bambini importanti essendo sia loro stessi che ciò che osservano di poco conto agli occhi dei più grandi.
  «… Fratello?». La sua voce per un attimo gli parve quella di una bambina di sette anni non ancora Regina ma già Leonessa.
  «Ti ascolto! Stavo solo pensando a qualcosa… comunque, no di certo mia Signora; io la amo da quando il sole non era ancora sorto la prima volta e la amerò oltre a quando esso tramonterà per l'ultima». Il suo essere lusinghiero si dimostrò proficuo, anche perché ciò che disse fu realmente pronunciato dal profondo del cuore e utilizzò la voce solo per trasmettere i suoi sentimenti alla sorella - non ce n'era però bisogno, bastava poco e comprendevano già i bisogni dell'altro.
  «E a cosa stavi pensando?». Jaime lo sapeva, sebbene sua sorella avesse compreso immediatamente ciò che s'era insediato nella sua mente stendendo un sottile filo di ansia lei voleva sentirlo dire "Robert è un odioso bastardo, voglio ritornare bambino e sentire nuovamente le mie dita intrecciate alle tue anche solo per un giorno". 
  Così fece, ma aggiunse con una punta d'ironia: «Sai, certe volte mi domando chi sia la mia amante. Sei tu o la solitudine?».
  Cersei sospirò e il fratello non comprese se fosse davvero irata oppure stesse solo scherzando. Molto probabilmente, era sia arrabbiata che divertita. «La solitudine è nostra compagna e alleata, non tua amante».
  «Hai ragione». Ripensò alla notte in cui lui ancora undicenne riuscì senza farsi notare ad andare nella stanza della sorella, dalla parte opposta rispetto alla sua camera, mentre il buio lo avvolgeva maliziosamente e il silenzio affievoliva la paura. Poi riudì le loro risate, quella di lei limpida e la sua un po' grave, simbolo che entrambi stavano crescendo e avrebbero dovuto realmente separarsi l'uno dall'altra. «Cersei, non ce la faccio più. E neppure tu riesci ormai a trattenerti».
  «Lo so». Con una nota di crudeltà nella voce, pur rimanendo aggraziata, la Regina abbassò lo sguardo contemplando il placido movimento dei ciuffi d'erba che seguivano ammaliati lo scirocco. Jaime invece non poté fare a meno di puntare le sue iridi - acque smeraldine ma dall'abisso scuro come una pozza d'inchiostro - sui capelli ancora più chiari di un tempo - quasi pallidi - di Cersei, messi alla prova assieme al resto del corpo dall'alcool che ella beveva per sfogarsi. Mentre il Re mangiava per placarsi, lei invece quasi s'ubriacava. E il sorriso di Jaime scomparve, ma forse fu meglio così, essendo esso irritante a detta di molti e ipocrita secondo Eddard Stark. Eddard Stark, cosa ne sapeva lui? Aveva mai provato tanto amore per una persona, senza poterla amare? Lui, tanto diffidente nei suoi confronti e che non lo riteneva un vero Cavaliere quando invece lui tradì l'onore per andare a letto con il Peccato, con una persona che diede luce a un figlio bastardo? Socchiuse gli occhi, strinse i pugni - le nocche sbiancarono, i palmi si fecero di pietra, le unghie sfiorarono minacciosamente la carne - e ancora una volta comprese che Cersei aveva percepito i suoi sentimenti. S'aspettò un commento, perciò disse tutto ciò che aveva sempre trattenuto, dall'odiare gli Stark all'aver pensato per un attimo di voler essere Targaryen come il Re cui aveva usurpato il Trono di Spade dandolo a un Peccatore di gola e lussuria avente come amante i vizi. Tentò di fare una risata forzata, ma riuscì a esalare solamente un suono amaro e afflitto. 
  La sorella riprese a sorridere un poco, lo abbracciò per un istante sussurrandogli all'orecchio "Amore" e la parola superò il timpano di Jaime solo dopo qualche secondo. Lui stirò le labbra sulle gengive, compiaciuto, gonfiando leggermente il petto come un pavone soddisfatto di aver ottenuto attenzione. Lo stemma dei Lannister risaltò maggiormente sulla corazza, in particolare la criniera del leone divenne per un breve istante dorata e il sole illuminò le sue fauci d'acciaio. Si trattenne dallo stringerla forte a sé, bisbigliare anche lui parole dal retrogusto dolce e poter nuovamente avere quella perla d'estate unita a lui.
Alla fin fine, dopo anni e stagioni, rimango sempre il solito Peccatore❞. Nel suo cuore ci fu silenzio perché il silenzio è sempre portatore di consiglio, non solo nel cuore ma anche nella mente e nell'anima.
  Forse erano davvero ritornati bambini.
  
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