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Autore: kiara_star    28/09/2014    10 recensioni
[Thorki brotherhood] [kid!Thor]
...
"Loki sarebbe stato un abile stratega e un infallibile seiðmaðr, Thor avrebbe indossato la pelle di un grande guerriero e avrebbe guidato interi eserciti.
Insieme si sarebbero completati, e la sagacia dell'uno avrebbe guidato la forza dell'altro.
Questo era divenuto il sogno di Odino: un regno guidato da due Re.
Ma i sogni, come sempre, rischiano di restare tali.
[...]
Dal viso di Thor sfumò ogni testardaggine, ogni voglia di ribellione e sorse un'altra emozione, silenziosa, che però urlava nelle orecchie di Loki.
«Perché mi odi tanto?» chiese. «Cosa ti ho fatto di male? Io... io sono tuo fratello... non dovresti volermi bene?»
Loki lo guardò a lungo.
«Dovrei» rispose. «Ma non voglio.»"
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Thor, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cap9
“Mio amato fratello”



Capitolo 9
[Ali d'oro e argento]






Loki camminò con passo veloce attraverso il lungo corridoio che lo avrebbe condotto nello studio di Odino.
Bussò alla porta con pochi colpi di nocca e attese che gli fosse permesso di entrare.
«Mi hai fatto chiamare, padre?» chiese varcando la soglia.
Odino sedeva al suo scrittoio con una moltitudine di carte e documenti; la fronte aggrottata e qualche piccola macchia di inchiostro nero sulle dita.
«Sì, sì, entra.» Gli fece un gesto con la mano per invitarlo a chiudere la porta.
Loki eseguì l'ordine e raggiunse la scrivania da cui suo padre non aveva ancora sollevato lo sguardo.
Attese che parlasse.
«Vorrei che andassi su Vanaheim, da Freyja» disse infine Odino, poggiando la penna sul foglio e sollevando finalmente lo sguardo in quello del figlio.
«Il motivo, se è lecito chiederlo?» domandò Loki.
Una smorfia stanca piegò il viso di suo padre.
«Andrai in semplice rappresentanza del Regno per rendere omaggio a Freyr per la nascita di suo figlio» spiegò. «Io non posso allontanarmi da Asgard e, come sai, tua madre non prova molta simpatia per la nostra regina Vanr. Sarà una buona occasione per salutare la tua amata mentore.»
Loki si umettò le labbra e annuì.
«Allora sono stato fortunato» sospirò.
Odino lasciò trapelare il non aver compreso la sua espressione, ma soprattutto il non averla apprezzata.
«Cosa intendi dire?» gli chiese.
Loki sorrise accarezzando con le dita la superficie della scrivania.
«Nulla, pensavo solo che se invece di Vanaheim avessi acquisito la mia istruzione altrove, questi viaggi diplomatici sarebbero stati meno piacevoli.»
Odino sbatté il pugnò sul legno ma Loki non fece sfumare il sorriso che piegava le sue labbra.
Erano trascorsi sei mesi. Era ormai estate inoltrata ad Asgard. Su Jotunheim era ancora inverno, sarebbe stato sempre inverno, a dispetto delle stagioni, dei giorni, dei mesi... degli anni.
«Per quanto ancora vuoi continuare con questa storia? Perfino tua madre ha accettato e tu ti ostini a tartassarmi con la tua fastidiosa lagna?!» sbraitò suo padre ma Loki non provò nulla a parte quella brace mai spentasi di rabbia e dubbio.
«Potrebbe già essere morto, di freddo se non di spada» affermò atono.
«Non lo è.»
«Come puoi esserne sicuro?»
«Lo sono e basta.»
«E se ti sbagliassi?»
Odino colpì ancora la scrivania prima di alzarsi con sguardo furente.
«È tempo di piantarla, Loki. Smettila con questa storia prima che la mia pazienza si esaurisca» sibilò il re con gelida calma. «Sono passato oltre le tue insinuazioni, le tue mai velate accuse, perché comprendevo il tuo sentimento di fratello, ma adesso ti ordino di non proferire più parola in merito a tale questione. Agirò come re e non come padre e ti pentirai di aver messo ancora in discussione le mie scelte. Hai capito? Tu non hai il diritto di contraddirmi così come non puoi rivendicare alcun diritto su quel bambino. È mio figlio e come tale subordinato alle mie decisioni.»
Loki si ritrovò a irrigidire la mascella fino a sentirla dolere. Le unghie quasi graffiarono il legno dello scrittoio.
«Lo hai condannato alla morte nelle mani di quel mostro. Nessun buon padre avrebbe osato tanto.»
Sapeva che con quelle parole avrebbe solo fomentato la sua rabbia ma Odino sospirò tornando a sedere, poggiando stancamente il capo contro lo schienale della sua seduta e passandosi le dita sulla fronte.
«Quando decisi di inviarti su Vanaheim, tua madre mi ingiuriò come non avrei mai pensato di udirle fare. “Mio figlio non crescerà alla corte di una sgualdrina Vanr”, diceva. “Lo irretirà e violerà la sua innocenza”... così, così diceva.»
Loki abbassò lo sguardo e poi lo rialzò negli occhi di suo padre.
«Adesso, Loki, io ti chiedo: Freyja ha mai fatto nulla di tutto ciò? Ti ha mai violato o ha mai usato le sue arti seduttrici per indurti in situazioni disdicevoli per un fanciullo?»
Loki si bagnò le labbra senza rispondere e palesando quella che era ovviamente una risposta negativa. No, Freyja non aveva mai fatto nulla a parte essere una maestra severa che aveva preteso da lui il massimo che potesse dare.
Odino sorrise debolmente.
«Io ti concedo di dubitare, te lo concedo perché conosco il tuo animo testardo e ostinato e non ti costringerò a credere alla mia buona fede, perché so che non lo farai. Ciò che ti chiedo è di serbare per te i dubbi e le accuse e di lasciare Asgard libera dalla patina di miscredenza che avvolge la tua mente. E quando giungerà quel dì in cui Thor farà ritorno, voglio che tu venga da me, e in ginocchio mi chieda perdono per la tua totale mancanza di fiducia nel tuo re e soprattutto in tuo padre.»
Loki osservò l'espressione di rigore di suo padre con una domanda nella gola.
«E se non tornerà?»
«Allora dichiarerò guerra a Jotunheim e schiaccerò sotto i piedi ogni singolo Jotun, fino all'ultimo bambino, finché non sterminerò la loro intera razza e lascerò a te l'onore di prendere la vita del loro re Laufey.» E con queste parole Odino tornò ai suoi doveri, come non avesse pronunziato il più forte di ogni giuramento. Riprese la sua penna e tracciò altre scritte sulla pergamena.
Da quel dì Loki non riaprì più il discorso.



*
*
*



Frigga stava tessendo, guardando al di là della balconata il tramonto che divorava il cielo di Asgard.
Passò le dita sulla tela, sui ricami, sentendo una morsa afferrarle il cuore e stringere.
Scorse all'angolo destro della tessitura un piccolo difetto di cui non si era resa conto. Lo guardò con attenzione, lo sfiorò e la morsa si intensificò fino a rubarle il respiro.
Si accasciò alla seggiola portando una mano al petto.
«Mia regina!» La sostenne la sua ancella tenendola per un braccio. Ma sul viso di Frigga non c'era l'espressione di dolore che la giovane si aspettava di trovare. C'era una lacrima lucente e un sorriso a piegarle le labbra; gli occhi fissi su un angolo della tela che l'ancella, confusa, guardò a sua volta.
Sulla pallida stoffa, fra fili rosa e arancio, una macchia nera, quasi un graffio: il contorno perfetto di una saetta.



*



Il sole era sorto da qualche ora, ma Loki non si era ancora sollevato dal letto. Fu il lungo suono di un corno a svegliarlo. Aprì le palpebre e si coprì con la mano gli occhi feriti dalla luce.
Sentì un peso sul petto e scoprì la testa castana della giovane che aveva incontrato la sera precedente.
Si alzò non preoccupandosi che la ragazza fosse ridestata dal suo gesto brusco e si avvicinò alla finestra.
«Cosa succede, mio principe?» Si sentì chiedere dalla sua voce assonnata.
Loki scrutò l'orizzonte immerso nel giorno e udì ancora il corno, poi i soldati in fermento. Ma non era un suono di guerra, no, era un suono che aveva già udito prima, sette lunghi anni prima.
Sentì la gola stringersi come se una mano l'avvolgesse.
Sette anni...
Era oggi? Era quello il giorno in cui avrebbe rivisto un bambino ormai uomo?
L'avrebbe riconosciuto?
Avrebbe ritrovato quel sentimento che aveva serbato nel petto per tutti quegli anni?
Ripensava spesso alle parole di Sigyn, ai suoi occhi, adesso che non li vedeva più da tempo.
Conserva sempre nel cuore la luce bellissima di questo affetto, Loki. Nei giorni più bui sarà la più cara delle compagnie.
E lo era stata, in tutte quelle notti di solitudini, nella malinconia e nella nostalgia, mentre in un letto troppo grande e silenzioso, cercava di ritrovare la sagoma addormentata al suo fianco di un fratello non voluto ma che aveva imparato ad amare. Un fratello che gli era mancato e che spesso si chiedeva se fosse mai realmente esistito o fosse stata solo una proiezione della sua mente. Ma negli occhi di Frigga, nei silenzi di Odino, in quel nome poche volte pronunciato ad alta voce, lui c'era sempre.
Thor era sempre stato lì, e niente e nessuno erano riusciti a tenerlo lontano dal cuore di suo fratello.
Loki si era rimproverato quella debolezza, quella patetica affezione, ma non aveva potuto farne a meno.
Camminò lentamente verso la sedia su cui sostavano le vesti che aveva tolto la sera precedente e prese a vestirsi con gesti meccanici. La ragazza gli chiese ancora cosa stesse succedendo ma Loki non le rispose, perso com'era nei suoi pensieri; troppo occupato a far rallentare il battito del cuore.
Non la invitò neanche, come di prassi, a lasciare la stanza prima del suo ritorno. Semplicemente in quel momento neanche gli importava della sua stessa esistenza.
Tirò indietro i lunghi capelli neri e si avviò alla porta che aprì senza neanche preoccuparsi di chiuderla alle spalle.
Camminò, quasi marciò, come se le gambe non obbedissero più alla sua volontà ma solo a un incontrollato bisogno a cui neanche lui sapeva dare nome.
Attraversò i corridoi, le sale, discese con passo pesante le scale fino a giungere al grande portone.
Si fermò sollevando le spalle in un profondo respiro.
Ciò che ti ho insegnato...
Lo ricorderò sempre, fratello.
Si era chiesto tante volte se aveva tenuto fede alla sua parola.
Sette anni erano stati lunghi, incredibilmente lunghi, eppure adesso, se si voltava poteva vedere un bambino correre per quei gradini a perdifiato, con una spada di legno in pugno e una determinazione senza eguali negli occhi.
Un bambino era ciò che ricordava, era chi ricordava.
Sette anni insieme e sette distanti, quasi le Norne avessero voluto porre tutti i suoi sentimenti su di una bilancia in perfetto equilibrio.
Si avvicinò a passo lento verso la luce del portone e scorse in breve la figura di sua madre: i suoi capelli accuratamente acconciati, il suo vestito più bello in dosso.
L'affiancò e si sistemò alla meglio quei ciuffi ribelli che gli ricadevano sul viso.
«Di buonora, figliolo» lo salutò sarcastica Frigga, notando subito la sua insolita scompostezza.
«È stata una serata movimentata» rispose Loki rinunciando a domare la sua chioma.
Frigga sorrise e si scambiarono un lungo sguardo.
«È lui?» le chiese e la regina annuì.
«Thor mi fece la stessa domanda quando tornasti tu» ricordò a voce alta risvegliando nella memoria di Loki quei giorni e quelle emozioni ora così lontane.
Poi entrambi si volsero a guardare il lungo sentiero ancora privo di ombre, in attesa.
«Non ricordo che tu sia venuta ad accogliermi» mormorò Loki con fare malizioso.
Frigga sorrise nuovamente.
«Non ricordo che tu ti sia fatto annunciare.»
Loki lasciò andare una risata colpevole e Frigga gli carezzò il dorso della mano.
Poi ci fu ancora il suono di un corno mentre un soldato risaliva la lunga strada fino al piazzale.
«Mia regina! Mio principe!» salutò l'uomo con un cenno del capo tenendo le briglie del suo cavallo. «Annuncio il ritorno del principe Thor Odinson che giunge da nord in sella a un bianco destriero.»
«Grazie, soldato. Che le Norne ti benedicano per questa felice notizia.» Fu Frigga a dover rispondere al soldato, dal momento che Loki sentiva ogni parola morire nella gola.
Non voleva mostrare quella sua incontrollata ansia, quella debolezza. Voleva essere distaccato e moderato, voleva essere il fratello che aveva lasciato.
Si comandò di domare battito e affanno e prese un lungo respiro.
Gli occhi fissi dinanzi, le labbra strette in una linea rigida.
Odino, suo padre, attendeva nella Sala del Trono, come era suo compito. Loki non aveva dimenticato il suo giuramento, la promessa che mai pronunziò ma che lo aveva comunque legato.
Quando giungerà quel dì in cui Thor farà ritorno, voglio che tu venga da me, e in ginocchio mi chieda perdono per la tua totale mancanza di fiducia nel tuo re e soprattutto in tuo padre.
Ognuna di quelle parole batté nelle sue orecchie con la stessa cadenza degli zoccoli del bianco cavallo che attraversava adesso di lontano i cancelli.
A ogni manciata di metri che divorava scorgeva più nitidamente la chioma bionda, lunga e mossa, come la criniera di una fiera. In sella un giovane uomo, con il corpo coperto da una pesante pelliccia bruna da cui si intravedevano il petto possente e le braccia scolpite; massici stivali di cuoio maltrattato dal tempo e le intemperie, e le gambe, coperte da pantaloni di pelle nerissima, sembravano dipinte ai fianchi del cavallo, mentre con andatura lenta e sinuosa faceva il suo ingresso nello spiazzale.
Frigga si portò le mani alla bocca per far tacere un gemito di sollievo e Loki ancora una volta non riusciva a dire nulla, mentre guardava quegli occhi azzurri, più azzurri di quel che ricordava, e quel sorriso che invece era rimasto lo stesso impresso nei suoi ricordi.
Il cavaliere fermò il passo e ancora un corno suonò.
Saltò poi giù dal cavallo e lasciò cadere a terra la pelliccia che lo aveva coperto fino ad allora. La pelle ambrata del dorso sembrò illuminarsi sotto i raggi del sole di primavera, rendendo il giovane che si avvicinava, una statua d'oro in movimento.
«Madre...»
Il tono infantile era svanito per sempre per dar vita a una voce degna del rombo di un tuono.
Loki guardò il suo profilo, il viso che solo adesso che era vicino vedeva coperto da una leggera barba dorata.
«Thor... figlio mio.»
Frigga lo abbracciò come aveva abbracciato lui al tempo, con la stessa forza, la stessa intensità, con lo stesso amore. Ma Thor la sollevò e ridendo la tenne stretta mentre volteggiava su se stesso facendo volteggiare anche la lunga veste di Frigga.
Loki li guardò, così simili, così belli, così perfetti.
Un petalo di malinconia cadde nella sua anima senza fare rumore.
«Thor, il mio Thor, il mio piccolo Thor» sospirava Frigga cospargendo il suo viso di baci, e Thor le baciò le mani e le guance e disse che l'amava.
Frigga non trattenne una lacrima che suo figlio portò via con un altro bacio.
E poi guardò lui.
Loki si perse nell'azzurro del suo sguardo e sembrava riuscire a scorgere le vette innevate di Jotunheim, il blu cobalto dei suoi cieli, il riflesso argenteo delle nevi che ne governavano le terre.
Non si chiese cosa mostrassero i suoi, cosa Thor stesse leggendo nel verde delle sue iridi.
«Fratello» disse Thor dolcemente, quasi con la stessa incertezza del bambino che era stato, con lo stesso timore che aveva vestito le sue parole un tempo.
Loki lo osservò ancora, in silenzio, cercando l'eco di quel fanciullo che era stato difficile amare ma impossibile odiare.
Adesso aveva un uomo di fronte, così diverso eppure che rifletteva quel bambino in ogni più piccolo dettaglio.
Allungò la mano e piegò le labbra in un piccolo sorriso che non aveva facoltà di ostentare le sue vere emozioni.
Attese che l'altro l'afferrasse, come due uomini che adesso erano, con il bagaglio culturale e di esperienza che aveva inevitabilmente cambiato entrambi.
E niente di ciò che fu avrebbe potuto ancora essere.
Ma Thor guardò quella mano tesa con un piglio incerto, poi sollevò ancora lo sguardo nel suo e sorrise.
Loki si ritrovò stretto fra le sue braccia, forti come una morsa, mentre affondava il viso fra i suoi lunghi capelli biondi che profumavano d'inverno.
«Fratello mio» sospirò Thor al suo orecchio facendo battere forte il cuore contro il petto di Loki che si chiese quale dei due battiti fosse il suo. «Mio amato fratello» disse ancora Thor affondando le dita fra le nere ciocche e respirando contro il suo collo. «Mio amatissimo fratello...»
E Loki non seppe se fosse più caldo il suo abbraccio o la sua voce, o il riverbero di quell'affetto che urlava in ogni denso respiro che sentiva contro la pelle.
Sollevò a sua volta le braccia avvolgendole attorno a quel corpo e sentendo sotto le mani le sottili linee delle cicatrici che disegnavano la sua schiena nuda: il racconto silenzioso di una storia lunga sette anni.
Bentornato, fratello... Mi sei mancato.
Non lo disse ma lo strinse più forte.



*



La sera fu grande festa, solo Asgard era presente perché così voleva Odino: il principe doveva ritrovare la sua gente prima, poi sarebbe venuto il resto.
Loki sedeva al fianco di Frigga e guardava Thor fra la folla che brindava con quelli che un tempo erano stati i suoi compagni di giochi. E li abbracciava, li baciava, come se non fossero stati divisi un solo giorno.
«A Thor!» urlava Volstagg, con la sua lunga barba rossa e la sua pancia imponente.
«A Thor!» rispondeva Fandral, sorridente, carezzandosi la folta chioma bionda.
Sif non rispose, gettò solo le braccia attorno al collo di suo fratello e gli baciò le guance.
Thor sorrise e le tenne la mano.
Sif, adesso bella come una valchiria e altrettanto letale. Sif, degna di sedere accanto a un principe.
Loki si accarezzò il mento studiando la scena e chiedendosi se lo stesso pensiero avesse adesso attraversato anche la mente di Thor.
Non avevano parlato molto. Odino aveva preteso la completa presenza di suo figlio ed erano stati da soli nel suo studio per tutto il pomeriggio.
Quando erano usciti Loki non aveva chiesto a nessuno dei due i discorsi affrontati ma aveva seguito il padre nel suo studio, si era chiuso la porta alle spalle e aveva chinato il capo, in silenzio.
Odino aveva riso divertito, dicendo di ricordare una promessa diversa. Loki aveva ribattuto che lui non ricordava neanche di averla fatta quella promessa e suo padre aveva sospirato congedandolo.
Loki era uscito con un sorriso vittorioso dipinto sulle labbra.
«Non vai a brindare con tuo fratello?» gli chiese Frigga.
«Lascia che i bambini giochino fra di loro, madre» mormorò facendola ridere.
Tornò poi con lo sguardo al gruppo di giovani. Thor rideva fino alle lacrime con indosso una sottile maglia priva di maniche. Diceva di non sopportare molto la temperatura così elevata, diceva che doveva abituarsi, abituarsi nuovamente alla sua casa.
Volstagg aveva bevuto un sorso di vino e rotto il calice a terra. Aveva poi invitato Thor a fare lo stesso e suo fratello lo aveva imitato, ma il calice rompendosi aveva bagnato la lunga veste di una nobildonna che li aveva guardati con rimprovero.
«Mi scusi, Milady» si era scusato Thor senza nascondere un sorriso colpevole.
Fandral, guardando la donna, aveva bisbigliato qualcosa all'orecchio di Thor che sembrava essere arrossito d'improvviso.
Loki mandò giù del vino e attese che suo padre richiamasse tutti all'attenzione.
Invocò un brindisi in onore di Thor, del suo ritorno, augurandogli di brillare come la stella più sfavillante per ogni anno a venire.
Tutti avevano urlato il suo nome alzando alto il bicchiere.
Loki ritrovò gli occhi di suo fratello e alzò un angolo delle labbra sollevando appena il suo boccale.
Thor gli sorrise.



*



La festa era stata stancante. Loki baciò ancora la giovane dama ma non aveva interesse a proseguire quell'incontro.
La lasciò nei corridoi con un ultimo bacio sul dorso della mano e raggiunse le sue camere mentre la donna gli chiedeva se l'avrebbe rincontrata la sera successiva.
«Ovviamente, mia adorata» rispose Loki mentendo.
Aprì la porta della sua camera massaggiandosi il collo indolenzito e se la chiuse alle spalle.
Una figura sedeva sul suo letto.
Una memoria lontana che ritornava a galleggiare nella sua mente.
«Cosa ci fai qui?» gli chiese volendo risultare atono ma non potendo impedire alle labbra di piegarsi all'insù.
Thor sollevò le spalle e si gettò sul letto tenendo le gambe a penzoloni.
«Ti aspettavo» mormorò in risposta mentre Loki raggiungeva a sua volta il letto. Si sedette e guardò il viso di Thor, i suoi occhi chiusi, il braccio piegato dietro la nuca. «Non hai brindato con me, Loki» disse poi suo fratello aprendo le palpebre stanche.
«Beh, mi sembra che tu abbia brindato abbastanza con i tuoi compagni. Mi sbaglio?» ribatté Loki e Thor sospirò.
«Sì, ma loro non sono te...» affermò richiudendo nuovamente le palpebre. Poi, in un gesto rapido, si mise a sedere e lo guardò intensamente. «Fratello, l'hai ancora con te?» gli chiese con tono solenne, come stesse parlando di qualcosa di elevata importanza.
Loki aggrottò la fonte credendo che il vino avesse vinto la sua lucidità.
«La mia farfalla» disse ancora Thor, chiarendo la sua confusione, e Loki per poco non gli scoppiò a ridere in pieno viso.
Scosse il capo ma non trattenne un sorriso divertito.
«Ma guardati» disse. «Grande e grosso e sei ancora la fanciulla con le lentiggini che inseguiva le farfalle.» E picchiò l'indice sulla punta del suo naso.
Thor scacciò la sua mano mostrando fastidio per quel commento.
«Non prendermi in giro, Loki» brontolò con tono troppo infantile per quella voce roca. «Avevi detto che non l'avresti fatta morire.»
Loki ricordò quelle parole, ricordò lo sguardo negli occhi di Thor, la sua fiducia. Ricordò anche di non avergli risposto.
«Non era reale, Thor» confessò. «Era un'illusione. Lo erano tutte.»
Thor sbatté le palpebre e abbassò lo sguardo mordendosi il labbro come un tempo.
«Sei deluso?» gli chiese Loki ma suo fratello scosse il capo.
«No, credo di averlo sempre saputo ma speravo di sbagliarmi» rispose. «Sai, su Jotunheim, alle volte, la notte era talmente buia che neppure le stelle davano luce, allora pensavo a quella piccola farfalla e mi sembrava di vederla volare nella tua stanza. La vedevo posarsi sulle tue mani, fra i tuoi capelli. Ti vedevo ridere in sua compagnia mentre te ne prendevi cura per me... E la notte sembrava meno buia.»
Loki ascoltò le sue parole velate di tristezza e altri sentimenti che tanto ricordavano i suoi. E gli sembrava a sua volta di vederlo, quel piccolo bambino che fissava un cielo nero pensando alla sua casa, a suo fratello, mentre si stringeva nelle pellicce per combattere il freddo e la solitudine.
«Dammi la mano» gli disse e gli porse la sua. Thor lo guardò confuso e poi gli allungò la destra.
Loki la prese e la chiuse in un pugno mormorando un piccolo incantesimo.
«Adesso aprila» lo invitò e quando Thor lo fece dal suo palmo volò via una farfalla d'oro e argento, la stessa che gli aveva donato per il suo ultimo compleanno.
Thor rimase a bocca aperta mentre la creatura volava attorno a lui, si posava sulle dita della sua mano e fra i suoi capelli biondi.
Rise incantato, con la stessa innocenza di un bambino seppure conscio che non fosse realtà.
«È bellissima, fratello» disse felice, inseguendo con lo sguardo la farfalla che librava leggiadra nella stanza.
Loki piegò le labbra in un sorriso intenerito e divertito.
«Ah, la mia piccola fanciulla...» mormorò con tono falsamente sognante. «Potrei intrecciare i tuoi capelli con tanti boccioli di rose. Ti donerebbero.»
Thor lo guardò truce e lo spintonò sul petto.
«Sono più grosso e forte adesso, fratello. Dovresti badare a cosa esce dalla tua bocca» gli rimproverò e Loki continuò a sorridere afferrando fra le dita una ciocca di lunghi capelli color grano.
«O magari potrei adornarli con nastri di raso e fermagli di gemme e-»
Il pugno che gli arrivò dritto sul braccio gli fece smorzare fiato e parole.
«Va bene, va bene, rettifico: non sei una fanciulla, sei un troll» mormorò massaggiandosi la zona colpita.
Thor sedeva sul suo fianco e lo guardava con un sorriso divertito che avrebbe voluto fargli sparire all'istante ma...
«Mi sei mancato tanto, Loki» gli disse con tono dolce. «Più di chiunque altro.»
Loki si tastò ancora il braccio con espressione dolente.
«A madre non farebbe piacere sentirtelo dire.»
Thor rise.
«Lo so, perciò ti chiedo di non dirle nulla.»
«Lo prenderò in considerazione» sospirò cercando di non badare al calore che aveva attraversato il suo petto nell'udirgli fare quella confessione. «Era così terribile?» gli chiese poi, quando l'ilarità era passata lasciando il posto al silenzio della notte.
La farfalla ancora volava aggraziata fra di loro.

Thor guardò dinanzi a sé un punto che non c'era realmente.
«No, Laufey è stato buono, molto severo, ma buono» rispose. «Mi ha insegnato tanto.»
«Ad esempio?» chiese ancora Loki cercando di leggere nel suo sguardo perso.
«A combattere e cacciare a mani nude, perfino a governare bestie più antiche di qualunque civiltà. Mi ha insegnato a organizzare un esercito e un'offensiva, ad affrontare una rivolta... A uccidere...»
Sull'ultima parola lo sguardo di Thor si fece più buio e così quello di Loki mentre si chiedeva ancora una volta quali immagini quegli occhi di zaffiro fossero stati costretti a vedere.
Ma Thor lo guardò e mostrò un sorriso, tirato, non sentito, che voleva soltanto essere una preghiera per non approfondire quel discorso.
Loki accettò quella richiesta e gliene fece un'altra.
«Dormi con me, testa di paglia?» Thor sembrò illuminarsi e annuì più volte prima di abbracciarlo. «Così mi racconterai delle donne Jotun.»
Lo udì ridere mentre gettava via la sua maglia e si sistemava sul cuscino.
«Sono fredde anche lì?» chiese ancora Loki liberandosi della lunga veste.
Thor si bagnò le labbra arrossendo appena.
«Non direi proprio...» rispose con un certo imbarazzo che divertì Loki.
«Uh, qualcuno ha imparato qualcosa senza l'aiuto di suo fratello» bisbigliò allungandosi sul lato opposto del letto e piegando il gomito per poggiare la guancia nel palmo della mano.
«Sai, mi chiedo come sia farlo con un'asgardiana» disse Thor sinceramente curioso.
«Direi che l'unico modo per scoprirlo sia provarlo» suggerì Loki sorridendogli malizioso. «E penso che Sif sarebbe lieta di fare da volontaria.»
Thor rise e gli assestò una pacca sulla spalla.
«Tu dici? Io non avrei nulla in contrario.»
«Oh, non ne avevo dubbi.»
Ci furono altre risate, altre confidenze, altri momenti da fratelli.




*
*
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*
*
*
*
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Il vento fischiava nelle orecchie con forza, quasi fosse il lamento di un animale morente.
Odino affondò un passo dopo l'altro nella fredda coltre di neve mentre, nudo di scorta e armi, giungeva in solitudine dinanzi ai gelidi cancelli di Laufey.
Il re lo ricevette e i due sedettero l'uno di fronte all'altro, alla luce di decine di candele.
«Giungo qui per ringraziarti» disse Odino guardando gli occhi rossi di chi un tempo fu un nemico.
Laufey sorrise, con bianchi denti affilati come lame.
«Tuo figlio è stata una bestia difficile da domare» disse il re Jotun e fu Odino a sorridere.
«Non ti illuderai di esserci riuscito?» chiese e Laufey scosse il capo.
«Non l'ho mai davvero sperato, Odino. Tuo figlio è la tua carne e il tuo sangue: siine orgoglioso o disperati, perché sarà la sua maledizione.»
Il Padre degli Dèi guardò il fondo rosso del calice che stringeva fra le mani, scorgendo il suo riflesso sulla superficie liquida.
«Loki-»
«Sai che non mi interessa» lo interruppe Laufey senza lasciarlo continuare. «Fu una tua scelta salvargli la vita, e tua è la responsabilità della sua esistenza.»
«E perché mi facesti quella richiesta tanti anni fa? Perché volesti mio figlio se non per bilanciare il destino?»
Laufey rise di quelle domande accarezzando con l'indice il bordo del suo calice e facendolo sibilare lamentoso.
«Volevo solo avere lo stesso trattamento riservato alla bella Freyja, Borson. Affinché tu potessi dire di trattare equamente tutti i tuoi alleati.»
Odino non credette, il suo cuore di padre non volle credere.
Svuotò il suo bicchiere e lo poggiò poi vuoto sul tavolo.
«Non vuoi sapere quindi nulla di lui?»
Laufey sospirò.
«Giungono voci anche qui, sulla Lingua d'Argento di Asgard...» mormorò con parole che ne celavano altre.
Il Grande Padre studiò il suo viso e lo sguardo scarlatto.
«Per cui?» chiese e Laufey guardò a sua volta il fondo del suo bicchiere.
Lo avvicinò alle labbra e prima di bere disse: «Avresti fatto meglio a lasciarlo morire.»



*
*
*
*
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*
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La notte era alta, la luna bianca e le stelle a milioni, come lacrime piante nel cielo.
Loki guardava Thor dormire al suo fianco, in quel posto che era sembrato troppo freddo fino a quel momento e si chiese ancora chi fosse questa creatura che era entrata senza permesso nella sua vita fino a stravolgerla, si chiese come ci fosse riuscita, come dopo sette lunghi anni di assenza ancora possedeva così intensamente ogni battito del suo cuore.
Loki si chiese se per sempre avrebbe provato quel sentimento di affetto e tenerezza, quel senso di protezione verso di lui, verso un fratello di cui non poteva più fare a meno.
Loki si chiese se avrebbe avuto ancora qualcosa da insegnargli o sarebbe stato il contrario.
Loki si chiese quante altre notti avrebbero dormito insieme, abbracciati, se ci sarebbero state notti in cui avrebbero combattuto, litigato, in cui avrebbero desiderato l'uno il male dell'altro.
Thor era una creatura di sole e neve, luminoso e limpido: non l'avrebbe mai potuto fare. Su di sé, Loki non osava premonire nulla, il suo animo tortuoso non gli permetteva di farlo.
Loki si chiese se avrebbe sempre considerato Thor il suo piccolo fastidioso fratellino, o se mai, un giorno, sarebbe stato una minaccia e lo avrebbe temuto.
Loki si chiese se quell'odio, che aveva falsamente professato per anni, sarebbe mai un giorno divenuto verità.
Gli accarezzò i capelli e gli baciò la fronte, con una dolcezza che neanche a quel bambino aveva mai riservato.
Poggiò la guancia sul cuscino e chiuse gli occhi.
Non si diede una sola risposta quella notte, mentre dormivano l'uno contro il capo dell'altro, intrecciando capelli e sogni, intrecciando i loro stessi destini.
Loki e Thor.
Thor e Loki.
Il sigillo di un arcaico incantesimo da pronunziare a voce bassa.
E intanto in alto volava una farfalla con ali d'oro e argento, figlia di un'illusione che si sarebbe dissolta al sorgere del sole, come un fiocco di pallida neve.












Fine






  
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