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Autore: Alexiel Mihawk    28/09/2014    3 recensioni
Suki l’aveva spesso presa bonariamente in giro sull’argomento ricordandole quella famosa volta in cui, al passo del serpente, era finita in mare e l’aveva scambiata per Sokka: « Non vorrai mica ripetere un’esperienza simile » le diceva sempre « Guarda che la prossima volta ti lascio andare a fondo! »
[Breve raccolta di missing moments su Toph e Sokka | Tokka | presenza di molti degli altri personaggi | Collocazione temporale: tra la fine di ATLA e la morte di Sokka. ]
Genere: Angst, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti, Sokka, Toph
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cold and afraid
 
Hold me tonight
What happened to me
My head in the clouds
Fallen so deep
You came in soft
No shoes on my feet
Cold and afraid
It feels like I could break down
Right here on this shore
Or go astray
Dash Berlin – Earth meets Water
 

Il sorriso di Katara era caldo e rassicurante, ma era servito solo ad aumentare la sua irritazione. Scosse nervosamente il capo, mentre il suo cervello escluse automaticamente le parole di incoraggiamento che l’amica le andava rivolgendo. Razionalmente era consapevole che avrebbe dovuto ascoltarla, Katara stava per dare alla luce il suo terzo figlio, avrebbe saputo darle buoni consigli, sarebbe stata in grado di guidarla sulla giusta strada. Ma Toph non era mai stata tipo da seguire la strada, non era mai stata persona da regole, restrizioni o percorsi prestabiliti; Toph Beifong era uno spirito libero, un’anima inquieta incapace di rimanere ferma troppo a lungo o di legarsi in modo vincolante a qualcuno.
Nei suoi trentadue anni di vita non era mai stata in grado di creare una relazione stabile, di sopportare una presenza costante e influente della sua vita; aveva sempre avuto numerosi partner, compagni occasionali per lo più, spiriti liberi come lei che cercavano solo un po’ di calore e comprensione, rigorosamente per la durata di una notte, mai più a lungo. Una volta sola aveva rischiato di compromettere davvero la sua libertà, ma si era trattato di un pensiero fuggevole durante una notte senza luna; ricordava il sapore di quell’ultimo bacio a fior di labbra, la sensazione della barba ruvida sul suo viso, ma ricordava anche di avere scacciato a forza quel pensiero, di essersi silenziosamente alzata dopo avere aspettato che lui si fosse addormentato, ricordava di avergli passato una mano sul viso, di avere seguito la linea del codino e di avere lasciato a malincuore la presa andandosene silenziosamente. Non si erano rivisti per tre anni, non che lei lo avesse progettato, si era solo trattato della prima di una serie di circostanze impreviste nella sua vita.
La gravidanza, che poco ma sicuro non era stata voluta, era a parere della giovane dominatrice della terra la più seccate di queste circostanze impreviste, ma non sempre le cose nella vita vanno come ci aspettiamo e oramai Toph l’aveva imparato. L’aveva imparato nel momento in cui si era accorta di quel ciclo mancato, l’aveva compreso quando si era resa conto che le nausee mattutine erano ben più di un’allergia alimentare, e ne aveva avuto conferma quando Katara le si era avvicinata e con fare materno le aveva confermato che sì, era incinta, e a giudicare da ciò che poteva percepire doveva trattarsi di una bambina.
Ora che era al terzo mese, a distanza di sessanta giorni dalla sconvolgente scoperta che le aveva cambiato la vita per sempre, Toph si chiedeva se c’era qualcosa che avrebbe potuto fare per prevenire questa situazione. Certo avrebbe potuto comprarsi una cintura di castità e forse avrebbe dovuto tenere ben serrate le gambe e chiudersi in casa a chiave, ma non era troppo sicura che sarebbe stata in grado di resistere, era quel tipo di persona che i piaceri della vita preferiva goderseli piuttosto che fingere non esistessero.
Annuì distrattamente a Katara, guardandola allontanarsi, diretta verso il tavolo a cui Aang e Zuko erano seduti a parlare; quella era stata la serata dei grandi annunci o almeno di sicuro il suo era stato grande, non le era servita la vista per sapere che le mascelle di quelle teste vuote dei suoi amici si erano aperte a mezz’aria. La risata calda e cristallina di Iroh aveva invaso il salone del Jasmine Dragon, quella sera riservato solamente a loro, quindi le si era avvicinato e l’aveva abbracciata in un modo che a Toph aveva ricordato moltissimo sua madre, o meglio come sua madre l’abbracciava quando era solo una bambina. Poi era stato il momento delle congratulazioni, delle strette di mano, delle urla entusiaste di Aang che in quel momento era tornato ad avere dodici anni e si era messo a blaterare qualcosa a proposito del crescere tutti assieme un esercito di mostri domatori degli elementi.
« Che fortuna » era stato il laconico commento di Mai, che senza nemmeno alzarsi dalla sedia si era limitata a farle le sue congratulazioni sventolando una mano mentre con l’altra tentava di tenere ferma la sua irrequieta figlia.
Si era chiesta se avrebbe dovuto dirlo anche ai suoi genitori, ma nonostante fossero passati anni non era sicura di volerli affrontare, incontrare suo padre le causava ancora una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco, una volta Sokka l’aveva definita ansia, ma come al solito lei si era limitata a ignorarlo.
Mentre i festeggiamenti continuavano – più che festeggiamenti si trattava di inseguimenti senza sosta dietro i figli maggiori di Aang e Katara – Toph riuscì silenziosa a sgusciare fuori dalla sala da tè, cominciava a sentirsi soffocare e aveva bisogno d’aria. Con movenze cadenzate, quasi eleganti, si allontanò dall’edificio, dirigendosi verso quella che sapeva essere la residenza dei Beifong a Ba Sing Seh; non vi si sarebbe recata se non avesse avuto l’assoluta certezza di non trovarvi nessuno. Aveva bisogno di restare sola e sebbene il calore e la solidarietà che i suoi amici le avevano dimostrato le avesse scaldato il cuore, tutto quel parlare del futuro non aveva fatto altro che contribuire ad alterare il suo stato d’animo, già da qualche tempo soggetto a sbalzi d’umore.
 
Lo aveva sentito arrivare ancora prima che lui provasse, maldestramente, ad aprire la porta senza fare rumore; si chiese se davvero pensava che non se ne sarebbe accorta, era cieca, non sorda e a dirla tutta non è che ci vedesse poi così male, certo a modo suo.
« Che cosa vuoi, ragazzo boomerang? » lo sentì ridere sommessamente davanti a quel nomignolo con cui ancora ogni tanto si divertiva a chiamarlo. Sokka si sedette accanto a lei sulla terrazza del cortile, i piedi nel prato, le braccia distese dietro di sé.
« Scappare dalla festa che mia sorella ha organizzato con così tanto amore solo per te, tsk » le lanciò un’occhiata in tralice per vedere la sua reazione e quasi si morse le labbra nel constatare che qualcosa in Toph non andava « Cosa c’è, bandita cieca? Cosa succede? » domandò poggiandole delicatamente una mano sul capo.
La ragazza sorrise mestamente, continuando a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore, mentre batteva ritmicamente un piede a terra.
Il silenzio durò per svariati secondi.
Anche quella sera non c’era nessuna luna in cielo a illuminare i loro volti, se Sokka poteva vedere l’espressione mesta dell’amica era solo grazie alla pallida luce di una candela posta sul muretto del porticato.
« Non sono sicura di poterlo fare » sussurrò piano Toph, rompendo il silenzio « Non sono sicura di essere capace, Sokka ».
L’uomo – perché dopo tutti quegli anni di viaggi e progetti era questo che Sokka era diventato – l’avvicinò dolcemente a sé, stringendola contro la sua spalla con fare fraterno e protettivo.
« Nessuno nasce imparato, Toph, ricordi Katara alle prese con baby Bumi? Io e Aang abbiamo rinominato quei primi sei mesi “Il caos isterico”. Non sapeva nemmeno da dove partire; oh, e non hai mai visto Aang alle prese con un pannolino immagino! »
« Sokka, sono cieca… »
« Molto divertente, ma non fingere di non capire. So che sei spaventata, lo capisco, ma non sei sola. Ci siamo noi. Ci sono io. »
Sentì Toph rilassarsi contro la sua spalla, ma quando finalmente gli rispose la sua voce era poco più di un bisbiglio: « Non sono spaventata, Sokka, sono terrorizzata. Non sono la regina dello zucchero io, non sono mai stata dotata di istinto materno. E se non dovessi piacerle? E se non fossi in grado di crescere un figlio? Tutto quello che ricordo io della mia infanzia sono precettori, regole, cose che non potevo fare, non so niente di come si crescono i bambini ».
Sentì le mani di Sokka stringerle spalle e costringerla gentilmente a girarsi – questa mania di guardarsi in faccia parlando continuava a non capirla, lei comunque non poteva vederlo – le sentì scivolare lungo le sue braccia, accarezzandole dolcemente, per poi prenderle le mani e sollevarle.
« Toph, non abbiamo più diciotto anni oramai e il mondo è tutto diverso da come lo conoscevamo, anche noi siamo diversi in qualche modo, ma ti prego di non pensare, nemmeno per un istante, che ti lasceremo da sola ad affrontare questa… questa cosa. Siamo una squadra, tutti insieme, la squadra dell’Avatar, ricordi? »
Si sentì abbracciare e suo malgrado sorrise.
« Sono gravida, Sokka, non arteriosclerotica ».
« Che novità » mormorò lui posandole un bacio leggero sul capo « Una variazione sul tema ».
Erano passati anni da quella notte senza luna in cui le certezze di Toph erano vacillate per la prima volta; adesso, in una notte molto simile, solo un po’ più fredda, una giovane donna sentiva le stesse certezze vacillare di nuovo, ma ora non a causa di uomo – o forse non solo a causa di un uomo – bensì a causa di una nuova piccola vita che sentiva prendere forma dentro di sé e che per la prima volta sentiva di accettare.
Quello che Toph Beifong scoprì quella sera, stretta tra le braccia del suo migliore amico, fu una nuova forma di coraggio e, in qualche modo, un nuovo inizio.






Note: Questo è il secondo di quelli che credo saranno quattro capitoli. Diciamo che è venuto più Tokka di quanto avrei voluto, ma va bene così; questa storia è sempre parte della sfida una fic al giorno per sette giorni prima dell'uscita del Book 4.
Ho voluto rimarcare in più punti la cecità di Toph per evidenziare come lei non l'abbia mai vissuta come un handicap, mentre considera tale la condizione in cui si trova ora. Nel mio headcanon Toph e Sokka prima ancora di essere amanti sono migliori amici, poi da cosa nasce cosa, ma è tutto a libera interpretazione.

   
 
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