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Autore: Cyanide_Camelia    06/10/2008    3 recensioni
In una cittadina americana, trasposizione dei personaggi di Naruto e delle loro patologie psichiche che verranno esaminate in un centro di riabilitazione. In particolare, l'attenzione e' dedicata alle giovani ragazze di Naruto, che nascondono piu' segreti di quanto si possa pensare...
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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.:.Parte Seconda.:.

 

I adore you

 

R.H.C.C. Stanza 137

 

Sakura era arrivata quel mattino stesso nel centro di riabilitazione.

Si guardava attorno, spaesata, nella sua stanza, inspiegabilmente felice di trovarsi lì.

 

“Signorina Haruno?” la porta si era aperta, facendo entrare una donna in camice bianco, con una fluente chioma bionda ed occhi nocciola, dal corpo formoso.

 

“Sì?” aveva chiesto, accennando un sorriso.

 

“Buongiorno, sono la dottoressa Tsunade, direttrice del centro. Volevo darti il benvenuto personalmente e dirti che, per qualsiasi necessità, io sono disponibile. Il mio ufficio è al secondo piano, vieni quando vuoi. Stanza 202.”

 

“G-grazie…”

 

Non sapeva perché, ma aveva tanta voglia di piangere. Non aveva nemmeno visto sua madre, e ne sentiva talmente tanto il bisogno.

Sakura era sola.

Sola, sola, sola.

“Nel mobiletto del bagno troverai tutto ciò di cui necessiterai per l’igiene personale. C’è un sacchetto nel quale potrai sistemare la biancheria e gli indumenti da mandare in lavanderia. L’infermiere cui farai riferimento è Sai, riceverai le visite familiari- a Sakura sfuggì un singhiozzo –tre volte a settimana secondo una tabella oraria ben precisa. Abbiamo già comunicato alla tua famiglia l’accaduto, perciò ora puoi semplicemente accomodarti nella stanza e prenderti il tuo tempo per adattarti.”

 

La donna aveva rivolto alla ragazza un sorriso benevolo, poi si era avvicinata alle sue valigie ed aveva iniziato, ordinatamente, a riporre gli effetti personali della sua giovane spettatrice.

Si era accasciata sul letto, i grandi occhi verdi rivolti alla lampada al neon sul soffitto.

Il pensiero tornava a Sasuke, tanto, troppo lontano da lei.

 

“Posso fare una telefonata?” aveva chiesto, a bruciapelo.

 

E ora mi dirà di no, si era risposta.

 

“Sì, troverai dei telefoni pubblici nella sala ricreativa. Si trova al piano inferiore, quinta porta sul corridoio di sinistra. Non puoi sbagliare.”La dottoressa si era gettata di nuovo a capofitto nel suo lavoro.

 

“Allora…io…andrei a chiamare.”aveva sentenziato Sakura, prendendo la chiave magnetica della stanza e chiudendo la porta dietro di sé.

 

Scendeva i gradini lentamente, lasciando che l’eco dei suoi passi si perdesse nella penombra delle scale. Le piaceva il suono dei tacchi sottili contro il marmo, le ricordava quello che sentiva, da bambina, quando sua madre era in casa e camminava velocemente per le varie stanze svolgendo le faccende di casa una volta uscita dal lavoro. A Sakura piaceva sentirsi un po’ come sua madre, avere delle caratteristiche che le accomunassero.

Cercava freneticamente in sé stessa degli indizi che le permettessero di costruire una sua identità, e nei momenti di maggiore sconforto emulava suoni, profumi, gesti tramite i quali rispecchiarsi in una persona che stimava ed amava. Sua madre.

Aveva aperto timidamente la porta della stanza indicatale dalla dottoressa Tsunade, e si era piazzata davanti ad un telefono.

Ne aveva sollevata la cornetta ed aveva inserito qualche spicciolo recuperato rovistando nelle tasche nella fessura per le monete.

Poi, le sue dita avevano percorso velocemente i freddi tasti, componendo il numero di casa di Sasuke.

 

Ed ora non le restava che attendere che lui rispondesse.

 

“Pronto?” la voce intensa di Sasuke l’aveva sommersa con la sua bellezza.

 

“…” non aveva avuto la forza di rispondere.

 

“Pronto…?”

 

“S…Sasuke-kun?” aveva mormorato.

 

“Oh Cristo” aveva esclamato sottovoce “Sakura, ma dove sei?”

 

“Sono a casa.”mentì lei.

 

“Non raccontarmi cazzate. Dove sei?”Si era immobilizzata, la presa improvvisamente tremolante intorno alla cornetta.

 

“Sono in centro di riabilitazione.”Silenzio, imbarazzo, gelo.

 

“Come stai?”

 

“Bene.”mentì di nuovo. I punti stringevano e tiravano sui lembi dei tagli sulle braccia, sotto le garze, e le crosticine che cicatrizzavano le prudevano in maniera pazzesca. “E tu?” gli chiese.

 

“Sakura…sono stato con Karin. Abbiamo fatto sesso.” Secco e diretto al cuore della ragazza, Sasuke aveva pronunciato la dolorosa verità ed ora attendeva impazientemente una reazione.

 

“E’ stato bello?” la domanda lo aveva travolto, senza lasciargli il tempo di inventare una dolce, ovattata bugia.

 

“Molto. E poi mi sei mancata.”

 

“Vi siete addormentati abbracciandovi?”

 

“Sì. E le ho detto che la amavo. E l’ho pensato davvero in quel momento.”

 

Sakura aveva sorriso amaramente.

 

“Sakura, perché, perché non è rimasta con me dopo? Perché se n’è andata via, lasciandomi solo?”

 

La ragazza aveva sentito tutto il dolore di Sasuke, e si era accorta di amarlo ancora di più.

 

“Sei troppo sincero, Sasuke-kun, e ciò fa paura. E’ difficile amare una persona come te, ci vuole tanto coraggio. Non puoi né meravigliarti né fargliene una colpa se lei non ce l’ha fatta. Ma io…io sì. E voglio che tu lo sappia: in ogni circostanza, ricambiata o meno, io continuerò ad amarti e a volerti altrettanto bene. Puoi contare su di me, Sasuke-kun.” Aveva filosofato lei, materna.

 

“Sakura-chan io…”

 

La comunicazione era caduta, lei aveva terminato le monetine, così si era voltata ed aveva ripercorso i  suoi passi al contrario, in un triste rewind che la lasciava, tuttavia, soddisfatta della sua ennesima vittoria nel cuore di Sasuke.

Alla fin fine, lui aveva scelto di nuovo lei, e questo le bastava.

Era entrata nella stanzetta fredda, e a tastoni, cercando sul muro l’interruttore, aveva acceso la luce.

Le cose erano state tutte disposte in un perfetto ordine dalla dottoressa, e c’era un delicato odore di deodorante per ambienti.

Si era seduta sul bordo del letto ed aveva fatto cadere a terra con fragore le scarpe con i tacchi vertiginosi, poi aveva sbottonato il vestitino di seta rosso cupo, che si era accasciato intorno alle sue caviglie snelle.

Aveva aperto due o tre cassetti prima di trovare la sua camicia da notte, che aveva indossato provando la strana sensazione di essere a casa, e si era gettata sotto le coperte di lana. La pioggia cadeva silenziosa sul vetro della finestra, ma Sakura era addormentata profondamente, troppo per potersene accorgere.

 

Il mattino seguente era stata svegliata da un tuono fragoroso.

Aveva guardato la sveglia, erano le sei.

Si era voltata dall’altro lato ma non era riuscita a riprendere sonno, era semplicemente rimasta ad occhi chiusi, ed aveva aspettato.

Alle sette e mezza era entrata nella camera una ragazza castana.

 

“Buongiorno, signorina Haruno! Mi spiace informarla che è proprio una pessima giornata di pioggia, ma nulla è negativo quando c’è l’amore, non trova?” Le aveva sorriso, cinguettante, mentre Sakura continuava a fissarla assonnata e sbalordita.

 

“Mi scusi, ma credo di non capire…” aveva ammesso umilmente.

 

“Oh, mi scusi lei, intanto mi presento: io sono Matsuri, reparto rosso*. Le devo consegnare un presente del signor…hmmm- aveva sbirciato su un bigliettino che aveva estratto dalla tasca –Uchiha, Sasuke Uchiha, che mi ha pregata di consegnarle questo regalo e di dirle che la adora…sì, proprio così.” Matsuri aveva sorriso soddisfatta di aver svolto bene il suo compito di galeotta, ed aveva allungato a Sakura una scatola piccola, in velluto blu.

 

La paziente aveva guardato l’infermiera indugiando prima di prendere l’oggetto dalle sue mani.

Mordendosi un angolo del labbro inferiore, Sakura aveva aperto la scatola raffinata, ed aveva scampato un infarto per un pelo vedendo il contenuto.

Un anello d’argento con un rubino tagliato secondo la forma di un cuore ed incastonato nella montatura, che riproduceva due mani che lo sorreggevano idealmente.

Aveva aperto il bigliettino, al centro del quale campeggiava la grafia ordinata di Sasuke. Inchiostro rosso vinaccia.

 

Il mio cuore,

lo consacro a te.

 

 

 

 

 

***

 

 

R.H.C.C. Stanza n°302

 

Gaara si era appena svegliato, secondo la solita routine: Matsuri era arrivata alle sette e quarantacinque, gli aveva servito la colazione a letto, aveva aspettato che terminasse di mangiare, aveva riposto il vassoio sul carrello e lo aveva accompagnato in bagno per lavarlo.

Aveva notato che la sua infermiera era felice, quella mattina.

 

“Oh Gaara lascia che ti racconti di una cosa bellissima accadutami oggi! Sai, ieri pomeriggio è arrivata una nuova paziente, reparto suicidi, si chiama Sakura Haruno, ha più o meno la tua età ed è davvero carina. Beh, senti qui: stamattina sono stata convocata alle sei precise nell’ufficio della dottoressa Godaime, dove ho trovato un ragazzo molto molto affascinante –aveva sospirato sognante- un tale Sasuke Uchiha, che mi ha consegnato una scatolina di velluto ed un bigliettino da dare a questa Sakura, e che si è raccomandato che io le dicessi che lui la adora. Insomma, per fartela breve, alle sette e mezza sono andata nella camera di Sakura e le ho dato quella scatolina…non sai che meraviglia quando l’ha aperta! C’era l’anello più bello del mondo, con un rubino a forma di cuore e due mani intrecciate. E’ stato davvero fantastico vedere quanto fosse contenta quella povera ragazza. Adesso da lei c’è Sai, che la sta assistendo. Vedessi che tagli che si è fatta sugli avambracci nel tentativo di suicidarsi, fanno così paura.”

 

Matsuri si era interrotta per darsi da fare sfregando più energicamente sulla schiena sudata dalla notte del ragazzo.

 

“L’amore vi fa tanto belle, a voi ragazzine.” Aveva sentenziato lui.

 

“L’amore fa tutti belli, perché è la più grande benedizione.” Gli aveva risposto Matsuri, avvicinando il suo viso a quello di Gaara.

 

E lui aveva sentito scattare un impulso irrefrenabile, perdendo il controllo di sé e della sua stessa mente.

 

“No, Matsuri, tu sei la più grande benedizione.”

 

L’aveva baciata, trascinandola nella vasca che andava via via raffreddandosi, ed avevano finito per fare l’amore con una passione, un coinvolgimento, una disperazione, una potenza incredibile, arrivando alla fine sfiniti, esausti, e magicamente appagati da quella follia.

Perché è vero, l’amore è la più grande benedizione.

 

“Sei così bella per me…” aveva sospirato, Gaara, brandendo i fianchi gracili della ragazza.

 

Studiava  attentamente il corpo di lei, osservandolo attraverso l’acqua e la schiuma, era incuriosito dalla carnosità soda delle sue curve appena accentuate, i seni piccoli ed alti, le cosce lisce, armoniose, morbide. Era così curiosa: magra, ma non nervosa, né asciutta come una modella, ma burrosa e seducente.

Sarebbe stato ad accarezzare la sua pelle liscia per sempre, a baciarle il petto candido, a serrare le dita sulle sue cosce per ore ancora, ed avrebbe voluto continuare a trattenerla stretta a sé.

Ma ciò non era stato possibile.

Presto, troppo presto per loro due, Matsuri aveva dovuto sgattaiolare via, nascondendo in un sacco gli indumenti bagnati e correndo nella sua stanza per cambiarsi con solo una maglia di Gaara addosso, prima di riprendere il servizio di routine.

Era letteralmente galvanizzata, ed al tempo stesso dispiaciuta per averlo dovuto abbandonare così repentinamente, così alla prima opportunità era sgattaiolata da Gaara.

Ne voleva sentire di nuovo la forza, il calore, la voce.

 

“Gaara!” gli si era buttata al collo, baciandolo delicatamente.

 

“Non sai avere mezze misure, vero?” la aveva rimproverata lui, guardandola altezzoso.

 

Matsuri aveva sostenuto un poco quello sguardo gelido con espressione leggermente imbronciata, prima di aprirsi ad un ampio sorriso pacificatore.

 

“Avanti, non fingere indifferenza.” Aveva detto gentilmente lei.

 

Erano rimasti nella stanza per ore, stesi sul letto a fantasticare, finché lei non aveva ripreso il servizio, alle otto di sera, e lui non era andato a ricevere la visita dei fratelli.

Ma nessuno dei due pensava realmente a quello che gli stava accadendo.

Erano entrambi rimasti col pensiero aggrappati agli avvenimenti di quella giornata stupefacente, e li ripercorrevano, a volte più velocemente, a volte con maniacale lentezza, assicurandosi di non dimenticare nessun particolare.

Perché è vero, l’amore lo fanno i dettagli, e non si può restare indifferenti.

 

 

 

 

 

.:Spazio Cos:.

 

Mini-capitolo, con solo due storie che procedono.

Volevo avvertire tutti i lettori ed i recensori che da questo momento in poi si apre una nuova parte della storia, ovvero quella che si ambienta nella clinica e che vedrà come protagonisti più i ricoverati che gli altri personaggi (che tuttavia compariranno ugualmente).

Spero che gradiate tutti il capitolo, oggi mi ci sono davvero impegnata nella produzione per offrirvi il meglio!

 

Un bacione forte forte carissimi!!!

 

Cos <3 che vi vuole tanto bene.

  
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