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Autore: GretaHorses    28/09/2014    14 recensioni
""Leon ascoltami: non ho detto che devi amare me, devi amare lui!". Indicai tremante il mio ventre. No Vilu, non piangere. Non in quel momento, non davanti a lui. "Non sarei di troppo?". Assunse un'espressione sarcastica e ridacchiò. "Ma cosa stai dicendo? Lui ha bisogno di te". "Ce la può fare benissimo senza di me, un padre ce l'ha già!". Mi urlò contro con una rabbia tale che quasi mi fece paura. "Hai ragione, lui non ha bisogno di te. Diego mi è stato vicino in tutti questi mesi e di certo lo ama più di te che non ci sei mai stato. Amare per te è un optional, giusto? E' sempre stato così, non capirai mai". Decisi di andarmene e mi voltai, non volevo più sentire un'altra parola uscire dalla sua bocca. Erano passati quasi due anni dal nostro ultimo addio, quattro mesi da quella maledetta sera. Ma se non me ne doveva importare più nulla, perché faceva così male?".
Questo è il sequel di "Indovina perché ti odio", vi consiglio di leggere la fanfiction precedente se non l'avete ancora fatto.
Enjoy.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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CAPITOLO 4

 

 

 

Sistemai gli ultimi dettagli e sorrisi soddisfatta di fronte a ciò che avevo preparato. Okay, non era propriamente il massimo però era il pensiero che contava. Attaccai al muro con del nastro adesivo un cartellone che avevo fatto appositamente per l'occasione. ' 25. 01. 2014 - 25. 01. 2015. Un anno di noi, ti amo'. Tagliai già a fette la torta al cioccolato, la sua preferita, cucinata con molti sacrifici ed altrettanti tentativi. Non ero di certo una cuoca, infatti nelle ciotole avevo versato caramelle gommose, patatine e stuzzichini vari ed avevo ordinato delle pizze le quali erano arrivate poco prima. La caratteristica dominante non era il romanticismo, ma era da tutto il pomeriggio che ci lavoravo. Posai sopra al tavolino la lettera scritta per lui ed un pacchetto. Ecco, forse il regalo era la cosa più 'seria' perché avevo speso la maggior parte dei miei risparmi per poterlo comprare. Ogni mattina passavo davanti ad una gioielleria ed ero rimasta particolarmente colpita da quei tipi di gioielli che si completano fra loro, ma sono staccati ed una parte la devi donare alla persona amata. Finalmente, dopo aver messo da parte un bel po' di soldi, ero riuscita a prenderne uno. Al collo, infatti, stavo portando la parte del cuore con su scritto 'For' e nella confezione era racchiusa l'altra con 'Ever' sotto forma di ciondolo che poteva applicare dovunque volesse. La cosa che più mi aveva affascinata era la parola fatta coi diamanti, mi piaceva da matti e quindi doveva essere mio. O meglio, nostro. Ero agitata, sarebbe arrivato di lì a poco. Per fortuna Lucia mi aveva prestato le chiavi di casa così da poter preparare la sorpresa per suo figlio. Niente più musi lunghi, con questo mi avrebbe di sicuro perdonata. Mi sedetti sul divano impaziente, non vedevo l'ora che arrivasse così avrei avuto modo di risolvere il casino che avevo combinato. Odiavo litigare con lui, ma nell'ultimo periodo le liti erano sempre più frequenti. Colpa del mio nervosismo costante dovuto alla gelosia ed al suo carattere irascibile alla minima provocazione, ma il massimo di tempo che riuscivamo a stare l'uno senza l'altro era di poche ore. Erano passati due giorni dal nostro anniversario. La mia mancanza di fiducia era una cosa che lo faceva imbestialire, ma di lui mi fidavo! Era delle tipe che gli ronzavano attorno che non ci riuscivo, perché non mancavano di certo le gatte morte che lo trattavano come fosse Dio sceso in Terra. Però lui non dava loro molta corda, con Raquel era diverso: aveva preso a cuore quella ragazza per motivi a me ignoti e sembrava veramente divertirsi in sua compagnia. Non capivo cos'avessero in comune quei due, sinceramente. Ma poco m'importava, ero là per lui e per festeggiare il nostro amore. Non dovevo lasciarmi distrarre da fattori esterni: solo io e lui, il resto non doveva contare. Un rumore proveniente dall'esterno, presi un profondo respiro lasciandomi sfuggire un sorriso. “...le avevo chiesto solo se potessi andare i bagno, ma quella prof. crede di sicuro che vada a bucarmi o a fumare chiuso nei cessi. Oppure mi ha preso per il pusher della scuola, opzione che non escludo!”. Una risata femminile e cristallina. Sentii la chiave nella serratura girarsi e la porta si aprì scoprendo il mio ragazzo e lei. “Vilu, che ci fai qui?”. Si guardò attorno squadrando ogni angolo della stanza decorata con il cartellone, il cibo ed un festone sgualcito. L'espressione di Raquel si tinse d'imbarazzo ed io diventai paonazza. Che ci faceva qua lei? Perché l'aveva portata a casa sua? La rabbia m'investì e raccolsi rapidamente la mia borsa e mi diressi verso l'uscita a falcate, mi fermò per un braccio e mi dimenai. “Lasciami!”, urlai quasi in un lamento. Con uno strattone mi liberai e corsi rapidamente nel corridoio per poi prendere le scale, dai passi frenetici che sentivo dietro di me dedussi che mi stava inseguendo. Raggiunsi un pianerottolo e feci per continuare a scendere, ma mi raggiunse bloccandomi per i polsi. “Non è come sembra!”, disse col fiato corto. “Non è come sembra? Mi stai prendendo per il culo, Leon?”. Scosse il capo. “Dobbiamo lavorare in coppia ad un progetto per modellistica”. Scoppiai a ridere amaramente. “Perché ridi?”, chiese confuso. Il mio volto tornò serio e serrai la mascella. “Il progetto di modellistica, l'uscita con la compagnia, il cinema, le feste studentesche. Hai sempre qualcosa di meglio da fare, vero? E guarda caso, lei c'è sempre”. Allentò per un secondo la presa, ne approfittai per svincolarmi. “Goditelo da solo...”. Lanciai un'occhiata alle scale, dopodiché riposai lo sguardo su di lui. “...anche se non lo sei”. Lo schivai per andarmene, quando raggiunsi il piano terra sentii la sua voce gridarmi dall'alto di tornare indietro. Per un secondo mi fermai ad ascoltare i suoi implori esitante, poi posai la mano sulla maniglia e me ne andai.

 

 

Osservo la fiumana di studenti uscire dall'ingresso della scuola, finalmente liberi da una pesante mattinata. Io no, devo fermarmi per le prove per la 'Battaglia di band' questo pomeriggio. Sono veramente stanca ed ho paura di vederlo. Per i corridoi gireranno alcuni dei partecipanti e non è che siamo in molti, per cui ho più probabilità di incrociarlo. Se non lo vedo, soffro. Se lo vedo, sto peggio. Sono la contraddizione che cammina. Rabbrividisco nonostante sia ben coperta da uno spesso strato di indumenti invernali, mi sento una scema per quello che sto per fare perché mi sto comportando per l'ennesima volta da egoista. Voglio il bene di qualcuno, ma allo stesso tempo voglio il mio anche a costo di farlo star male. Mi faccio schifo. Ecco, lo vedo spuntare fra la folla e gli faccio segno. Aggrotta la fronte e mi viene incontro, oggi non mi ha parlato come previsto. “Che ci fai qui? Non hai le prove?”. Mi sfrego le mani contro le braccia battendo i denti. “Io...io volevo parlare con te”. Mi osserva perplesso, poi sospira. “Senti, se è per ieri...”. “No, Diego, non è per ieri”. “Allora cosa vuoi dirmi?”, chiede. Esito, sono una brutta persona. “Non riesco a fare a meno di te”. Il suo viso s'illumina. “Frena, non in quel senso. E' un momento difficile e chi, meglio di te, lo sa? Le persone che ho al mio fianco non sono molte, ma sono al contempo quelle più importanti a livello umano e fra queste ci sei tu. Mi fai sentire bene, sei una botta di positività ed ho bisogno di rimanere forte o altrimenti crollerò ancora”. Mi fissa in silenzio per secondi che mi paiono ore, deglutisco in attesa di una risposta. “Non permetterò che tu crolli a pezzi perché se mai accadrà, chi potrà rimetterti in sesto? Anche se volessi, non ci riuscirei”. “Perché dici questo?”, domando allibita dal suo strano responso. “Noi tutti stiamo cercando di non farti cadere e rompere in mille pezzi anche se è difficile”. Fa una breve pausa. “Lo sappiamo benissimo che c'è solo una persona che potrebbe aiutarti e che quella non sono io”. Lo stomaco si chiude, perché lo tira in ballo? Si è forse reso conto che non sono realmente depressa? “Ma...”. “Forse è meglio che manteniamo le distanze, che dici?”. Abbasso lo sguardo tristemente, vorrei solo sparire e volatilizzarmi in questo preciso istante. Mi sto comportando da incoerente ed a quanto pare pure lui vuole starmi lontano per evitare altre, inevitabili delusioni. Sono una delusione. La sua mano si posa sulla mia guancia ed alzo il capo incrociando i suoi occhi tristi quasi come i miei, il bagliore malinconico dietro alle sue iridi. Riesco a vedere il vero Diego. Appoggio la mia mano sopra la sua ed alzo un angolo della bocca, fatica a lasciarmi sola. Mi lascia un bacio sul cappello di lana e chiudo le palpebre, godendomi uno dei pochi gesti fisici d'affetto che ricevo. Si stacca e si morde il labbro inferiore pensieroso. “A che ora ti passo a prendere domani?”. Butto fuori tutta l'aria in eccesso sollevata e toglie il palmo dalla mia gote. “La visita è a meno un quarto le quattro del pomeriggio”, rispondo flebilmente. “Quindi dobbiamo partire mezz'oretta prima come minimo, sarò puntuale”. Gli sorrido riconoscente, non capisco come abbia potuto essere in grado di perdonarmi. Come riesca a lasciar passare ogni mio sbaglio. “Adesso è meglio che torni dentro, qua fuori ti gelerai e basta”. Annuisco e lo avvolgo fra le mie braccia, mi stringe forte e quasi mi manca il respiro. Però è tutto ciò che mi serve, un po' di forza altrui perché contando solo sulla mia sarebbe impossibile andare avanti. “Grazie”, sussurro. Quando sciolgo l'abbraccio, ricambia finalmente il sorriso e mi dice: “Ora devo andare. A domani, Vilu”. “A domani”. Ci diamo un bacio sulla guancia a vicenda e lo osservo dirigersi verso la sua auto grigia, poi il mio sguardo cade sull'ingresso. La sua figura immobile a braccia conserte, i suoi occhi s'incastonano coi miei. Si volta all'indietro ed entra sbattendo la porta. Cosa gli prende?

 

 

La brezza calda s'infrangeva forte contro il mio esile corpo mentre correvo, seppur con qualche limite, sulla sabbia. La distesa marittima brillava sotto la luna piena sempre più alta. Che stavo facendo? Una pazzia. Ma infondo che avevo da perdere? Nulla. Mi arrestai e mi girai all'indietro, la festa era sempre più distante fino a ridursi ad un ammasso di luci dal quale proveniva la musica ammortizzata. Poi proseguii ed eccola là: una figura nera ed accovacciata appena sopra una dunetta, proprio quella dunetta. Dove ci eravamo baciati e promessi di stare l'uno accanto all'altro al tramonto, esattamente il giorno in cui ci siamo detti che ci amavamo. Il rumore delle onde nascondeva quello dei miei passi, più mi avvicinavo e più nitida diveniva l'immagine. Era seduto con le ginocchia al petto mentre fissava il mare di fronte a sé con lo sguardo verso l'orizzonte, chissà a cosa stava pensando. Lo raggiunsi mantenendomi sempre a debita lontananza, mi fermai ad osservarlo per alcuni secondi indecisa dopodiché mi sedetti accanto. “Sapevo saresti stata l'unica che avrebbe potuto trovarmi”. Mi voltai per guardarlo, gli occhi intenti a scrutare altrove. “Questo perché sapevo saresti venuto qui”. Abbassò il capo, perché si stava comportando in modo così strano? Fino a poco fa era tutta un'altra persona. “Senti: è da un po' che voglio dirti una cosa, ma forse è troppo tardi o sono troppo cretino ad illudermi di potertela dire”. “Dimmi”, risposi decisa. Congiunse le mani e, finalmente, mi guardò in volto. Le labbra tese, gli occhi lucidi. Deglutii ansiosa, una parte di me voleva il responso, l'altra lo temeva. “Mi manchi”. Mi si mozzò il respiro. “E no, non come Natale. Mi manca tutto di te: il tuo sorriso, la tua risata, le tue brutte figure, i tuoi baci. Non riesco a smettere di pensarti neanche un secondo”. Volevo rispondere seppur senza parole, ma non feci in tempo. La sua bocca premette contro la mia facendomi leggermente indietreggiare, allacciai le braccia attorno al suo collo e mi stendetti sulla sabbia. Lui sopra, intento a baciarmi con una tenacia che solo poche volte aveva usato. Anche a me mancava, troppo. E quello che stava accadendo mi stava mandando in estasi, ogni volta che lo vedevo morivo dalla voglia di baciarlo, toccarlo, sentirlo ancora mio. Posai le mani sulle sue larghe spalle facendole scivolare lungo le clavicole arrivando al petto e, presa dalla foga, iniziai a sbottonargli la camicia. Si staccò e si specchiò nelle mie iridi nocciola e dopo molto tempo sentii quella connessione che mi faceva rabbrividire. “Sicura di volerlo fare?”, domandò ridendo. La sua risata: non c'era nulla di più bello al mondo. Annuii e ripresi a baciarlo con passione, l'adrenalina mi scorreva lungo le vene facendole quasi bruciare. Mai mi ero sentita così viva. Insinuai le dita nei suoi capelli ormai spettinati, ma a lui non sembrava importare. Avvolse le sue braccia attorno al mio busto e si alzò in piedi tenendomi stretta a lui senza dividere le sue labbra dalle mie, con un balzetto attorcigliai quindi le gambe attorno alla sua vita. Mi sembrava di essere tornata bambina, ero avvolta a lui come facevo con papà. Tolse la sua bocca, senza fiato, e disse: “Saresti disposta a fare una follia?”. Posai la mia fronte sulla sua e sorrisi come non facevo da mesi. “Con te? Sempre”. “Mi spiace chiederti di scendere, bimba”. Mi lasciò un leggero bacio sulla punta del naso e tornai coi piedi per terra, mi strinse la mano ed arrossii. Quanto mi era mancato quel soprannome. “Seguimi”. Si mise a correre e lo seguii, pur faticando a stargli dietro. Scoppiammo a ridere mentre correvamo nella spiaggia, sembravamo una coppia di quei film fiabeschi. Improvvisamente si arrestò facendomi fermare, eravamo di fronte a delle cabine lignee. “Che hai intenzione di fare?”, chiesi confusa. “Aspetta e vedrai”. Mi lasciò ed andò verso di una e cominciò a prenderla a spallate. “Sei pazzo?”. Diede l'ultima, la più forte, e la porta si aprì. “Dovresti saperlo”. Mi afferrò per un braccio e mi attirò a sé, il cuore rischiava di perforarmi il petto da quanto forte batteva. Indietreggiò ed io avanzai guidata da lui, sarei stata disposta a fare tutto ciò che voleva. Entrammo dentro la cabina e chiuse la porta, il buio era diventato sovrano. Rapidamente si staccò lasciandomi disorientata, che gioco stava giocando? Girai su me stessa cercandolo, quando sentii le sue mani posarsi sui miei fianchi facendomi fare dei passi all'indietro. La schiena contro la parete, ero intrappolata dal suo corpo. Strinse i lembi della mia canottiera e me la tolse con un rapido gesto, rabbrividii. Il suo respiro caldo contro il mio viso, le sue labbra s'impossessarono ancora delle mie prepotentemente. Posai le mani sul suo petto e continuai a sbottonargli la camicia lentamente, non era di certo facile non vedendo. Scese dalla bocca al collo gradualmente, lasciandomi baci ovunque. Gemetti e rimossi il suo indumento del tutto lasciandolo a torso nudo. Spostò le mani dietro la mia schiena e slacciò il gancetto del reggiseno, abbassò le spalline delicatamente e lo rimosse. “E' brutto il fatto che non riesca a vederti”, sussurrai. Avvicinò le sue labbra al mio orecchio. “Non serve che ti veda per sapere che sei perfetta”. I suoi palmi mi accarezzarono dolcemente le spalle, il seno, il ventre. Feci scendere i miei ed agguantai il bordo dei suoi bermuda abbassandoglieli, tutto ad un tratto mi prese il viso. “Ti amo, non ti biasimo se ora come ora non provi lo stesso perché sono una brutta persona”. Scossi il capo. “No, non lo sei. Sono io quella che ha commesso più sbagli fra me e te, non ho mai smesso di amarti”. Mi lasciò un bacio a fior di labbra e sorrisi anche se non poteva vederlo, ma ero sicura che lo sapesse. Passò ai miei shorts che fecero la stessa fine dei suoi pantaloni, sentii il suo membro premere contro la mia coscia. “Sai? Mi è più facile dirti le cose al buio, i tuoi occhi mi hanno bloccato un milione di volte”. Diedi una carezza sulla sua guancia e dissi: “Per me vale la stessa cosa”. “Non immagino la mia vita senza di te”. “Io nemmeno”. Senza neanche il tempo di rendermene conto mi sfilò gli slip. “Hey, ma così non vale!”, urlai ridendo. “Potevi essere più veloce, cara”. Rapidamente levai anche i suoi boxer, quasi per orgoglio, ridacchiando, nel buio non era stato facile. Mi baciò ancora una volta, un bacio più tenero del precedente. Fino a qualche ora prima non avrei creduto fosse possibile ed invece ero qui: io, lui e del resto non m'interessava. Con un balzo allacciai le gambe attorno alla sua vita e le braccia al suo collo, mi schiacciò ancor di più contro il legno. Ero pronta ad amarlo dopo troppo tempo separata da lui, dal suo corpo, dal suo profumo. Improvvisamente lo sentii entrare in me e rimasi senza fiato, avevo dimenticato cosa si provasse ormai. Feci scivolare le mani sulla sua schiena, un'altra spinta e vi conficcai le unghie. I movimenti divennero sempre più rapidi ed iniziai a tremare, come sempre del resto quand'ero in preda all'eccitazione. Il respiro era affannoso e mi uscivano dei gemiti, anche lui faceva dei versi gutturali. Mi lasciava baci ovunque ed io inarcavo il capo all'indietro per permetterglielo, andammo avanti per chissà quanto tempo. Forse minuti, ore. Perdevo sempre il senso del tempo assieme a lui e mi sentivo finalmente colma di vita. Ad un certo punto, dopo essersi insinuato in modo sempre più debole, si fermò e si accasciò al mio corpo quasi accoccolandovisi. Aveva il fiatone e sentivo il suo cuore battere all'impazzata come il mio, la sua testa poggiata nel mio incavo. I ruoli si erano invertiti. Uscì da dentro me e tornai a posare i piedi a terra, ma rimanemmo comunque abbracciati in silenzio. “Non capisco come tu faccia ad amarmi ancora nonostante tutto”. Sorrisi fra me e me e lo strinsi ancora di più. “Perché potrebbe capitarmi davanti chiunque, ma io sceglierei sempre te”.

 

 

Le prove mie e di Maxi sono finite da circa un'oretta e mezza, eravamo i quarti e penultimi ad usufruire della stanza. La sua band era l'ultima. La scuola ha dato a disposizione questa sala un'ora a testa, che poi sarebbe l'aula magna, a massimo cinque concorrenti in gara che non avessero già un luogo in cui provare. Per fortuna siamo stati scelti perché né io né Maxi abbiamo un garage o qualsiasi altro posto da sfruttare. Papà esce adesso da lavoro, per cui passerà a prendermi fra circa venti minuti. Non vedo l'ora di andarmene di qui, la scuola è vuota. Le esercitazioni sono terminate per tutti ed ognuno è tornato a casa propria, tranne me ovviamente. Sprizzo gioia da tutti i pori. E per fortuna che la bidella ha visto che ci sono ancora, sennò mi avrebbe chiusa dentro. Seduta nella panchina, sto ripassando alcune materie di studio per il giorno dopo. Annoiata, chiudo il libro di filosofia e sbuffo. Potrei lavorare un po' alla canzone dal momento che ha fatto praticamente tutto il mio amico, devo mettere del mio oltre alla voce. Rovisto all'interno dello zaino in cerca del quadernetto che uso per scrivere e comporre, ormai inutilizzato da mesi se non fosse per questa 'Battaglia di band'. Cerco scrupolosamente, ma non sembra essere da nessuna parte. Mi sbatto una mano sulla fronte, l'aula magna! L'ho dimenticato nelle sedie infondo, ricordo di averlo poggiato 'per un attimo' e che dopo parlando con Maxi me ne sono totalmente scordata. Rimetto il libro nello zaino, lo chiudo e me lo metto in spalla. Ultimamente ho la testa fra le nuvole, ho poca memoria per le piccole cose. Finisco il corridoio, svolto a destra e proseguo fino ad arrivare in atrio. Lo attraverso fino a raggiungere la porta spalancata della stanza prove e vi entro silenziosamente. E' strano vedere la scuola così quieta. Individuo subito il quaderno e raggiungo la sedia dove è posato per poi afferrarlo quasi trionfante. Un rumore di corda pizzicata. Mi volto di scatto di fronte a me: lui è ancora qui. Spalanco gli occhi in preda all'ansia, non si è accorto della mia presenza perché è posizionato di profilo rispetto a me. Lo stomaco mi si attorciglia anche se tento di mettere a freno questa maledetta sensazione. Perché mi fa quest'effetto? Inizia a fare alcuni accordi con la chitarra, non voglio andarmene. Masochismo puro. Mi tolgo lo zaino, lo poso delicatamente a terra e mi siedo abbassandomi più che posso in modo che non mi veda. Ricomincia a suonare perché sbaglia, la frustrazione nel suo viso. La melodia è familiare. Improvvisamente suona un cellulare, sobbalzo e per fortuna non è il mio. Sbuffa, lo afferra e guarda lo schermo. Rimane alcuni secondi fermo a fissarlo senza rispondere, dopodiché riattacca e lo lancia sopra al ripiano dov'era poggiato. “Perché non mi lasciano stare?”. Si lamenta con tono aspro e scocciato. Riprende a suonare e, finalmente, la prima parte gli viene. Io questa canzone la conosco. Rimango incantata nel vederlo incurvato ed intento a suonare con passione, sarà una valvola di sfogo? Sembra nervoso. Il suo ciuffo castano, la sua barbetta incolta che da un anno a questa parte è caratteristica nel suo volto, le palpebre chiuse immaginando mondi a me sconosciuti.

I dreamed I was missing (Ho sognato che mi stavo perdendo)
You were so scared (Tu eri così spaventata)
But no one would listen (Ma nessuno riusciva a sentire)
Cause no one else cared (Perché non importava a nessun altro)
Ecco dove l'avevo sentita! E' 'Leave out all the rest' dei Linkin Park.
After my dreaming (Dopo il mio sogno)
I woke with this fear (Mi sono svegliato con questa paura:)
What am I leaving (Cosa sto lasciando)
when I'm done here? (quando avrò finito qui?)
Sento la pelle d'oca e mi sfrego le mani contro le braccia anche se sono conscia che qui dentro non fa freddo. Il magone s'insinua nella parte bassa della gola torturandomi. Che ci faccio ancora qui?
So if you're asking me (Quindi se me lo stai chiedendo)
I want you to know... (Voglio che tu sappia...)

When my time comes (Quando arriverà il mio tempo)
Forget the wrong that I've done (Dimentica tutti gli sbagli che ho fatto)
Help me leave behind some (Aiutami a lasciare dietro alcune)
Reasons to be missed (Ragioni che potrebbero mancarmi)
And don't resent me (E non avercela con me)
And when you're feeling empty (E quando ti sentirai vuota)
Keep me in your memory (Mantienimi fra i tuoi ricordi)
Leave out all the rest (Lascia fuori tutto il resto)
Leave out all the rest (Lascia fuori tutto il resto)
Gli occhi mi si velano di lacrime, il respiro affannoso. Perché sta cantando tutto questo? Mi fa stare tremendamente male.
Don't be afraid (Non avere paura)
I've taking my beating (Ho preso i miei battiti)
I've shared what I' made (Ho condiviso quello che ho fatto)

I'm strong on the surface (Sono forte in superficie)
Not all the way through (Non lo sono dentro di me)
I've never been perfect (Non so mai stato perfetto)
But neither have you (Ma nemmeno tu)
Stringo forte il quaderno. Non ho un appiglio, sono impotente. Ha ancora le palpebre serrate, non ha visto che sono qui. Che lo sto ascoltando.
So if you're asking me (Quindi se me lo stai chiedendo)
I want you to know... (Voglio che tu sappia...)

When my time comes (Quando arriverà il mio tempo)
Forget the wrong that ive done (Dimentica tutti gli sbagli che ho fatto)
Help me leave behind some (Aiutami a lasciare indietro alcune)
Reasons to be missed (Ragioni che potrebbero mancarmi)
And don't resent me (E non avercela con me)
And when you're feeling empty (E quando ti sentirai vuota)
Keep me in your memory (Mantienimi fra i tuoi ricordi)
Leave out all the rest (Lascia fuori tutto il resto)
Leave out all the rest (Lascia fuori tutto il resto)
Chissà a cosa sta pensando, a chi sta pensando. Una piccola parte di me spera che sia io quella a cui si sta riferendo, ma forse sta solamente cantando questa canzone perché gli va.
Forgetting (Dimenticando)
All the hurt inside (Tutto il dolore dentro)
You've learned to hide so well (Che hai imparato a nascondere così bene)
Pretending (Fingendo)
Someone else can come and save me from myself (Che qualcun altro possa venire e salvarmi da me stesso)
I can't be who you are (Non posso essere ciò che sei tu)
Eppure un po' sembra...
When my time comes (Quando arriverà il mio tempo)
Forget the wrong that I've done (Dimentica tutti gli sbagli che ho fatto)
Help me leave behind some (Aiutami a lasciare dietro alcune)
Reasons to be missed (Ragioni che potrebbero mancarmi)
And don't resent me (E non avercela con me)
And when you're feeling empty (E quando ti sentirai vuota)
Keep me in your memory (Mantienimi fra i tuoi ricordi)
Leave out all the rest (Lascia fuori tutto il resto)
Leave out all the rest (Lascia fuori tutto il resto)

Forgetting (Dimenticando)
All the hurt inside (Tutto il dolore dentro)
You've learned to hide so well (Che hai imparato a nascondere così bene)
Pretending (Fingendo)
Someone else can come and save me from myself (Che qualcun altro possa venire e salvarmi da me stesso)
I can't be who you are (Non posso essere ciò che sei tu)

I can't be who you are (Non posso essere ciò che sei tu)

Le sue ultime note riecheggiano nella stanza vuota fatta eccezione per la mia presenza. Ho gli occhi gonfi e la bocca dello stomaco chiusa, devo andarmene di qui. Mi alzo di fretta, faccio per raccogliere lo zaino, ma cade rovinosamente a terra assieme al quaderno facendo un fracasso. Mi volto verso di lui, guarda in mia direzione confuso. Mi ha scoperta. Raccolgo il tutto più velocemente che posso e mi precipito, seppur con non poche difficoltà dovute al pancione, fuori dall'aula magna. Perché l'ho fatto?

 

 

Sono così stanca stasera, a cena non ho praticamente fiatato. A parte il fatto che raramente parlo con loro durante i pasti, ma hanno capito che questa volta era perché ero stanca e non per il mio essere indisponente. E poi c'è la storia delle prove e di lui a rendermi pensierosa, per non parlare poi del ricordo che mi ha torturata mentre ero seduta nelle panchine e tentavo di ripassare. Devastante. Se possibile i ricordi belli sono peggiori di quelli brutti, ti sbattono in faccia com'eri felice un tempo facendoti sentire uno schifo. Esco da un blog di aforismi depressi che proprio non aiutano ed annoiata entro su Facebook. Da quando ho visto la foto della gita non ho più osato entrarci, ma ora lo faccio di nuova presa, forse, da un'altra botta di masochismo. Da quel giorno ho: una richiesta di amicizia, zero messaggi e cinque notifiche. Molto bene, almeno non sono molte. Apro le notifiche: tutti inviti a giochi inutili che mi fanno salire il crimine ogni volta che li vedo. Non voglio giocare a Farmville, basta! Dopodiché sposto il cursore sulle richieste e clicco. Un brivido mi attraversa il corpo e strizzo gli occhi per realizzare se è tutto vero. 'Leon Vargas vuole stringere amicizia con te'. Osservo attonita lo schermo, è incredibile come una cosa così futile possa mandarti in tilt completamente. Che faccio? Accetto o rifiuto? Potrei rifiutare per ripicca, infondo se sono stata di merda in questi mesi è in gran parte causa sua per quanto mi ostini ad affermare il contrario con gli altri. Se accetto, invece, potrei vedere cosa condivide il che avrebbe dei pro e dei contro: pro, potrei sapere cosa combina senza chiederlo agli altri e sembrare ancora in fissa con lui; contro, sarei costretta a vedere la faccia di Raquel. Infondo, però, la sua faccia la vedo sempre anche a scuola per cui non trovo la differenza se ci sto male comunque. Accetto. 'Amici. Scrivi nel diario di Leon!'. Senti Facebook, vai a cagare! Però, ora che ci penso, sono tentata di guardarlo. Clicco sul suo nome e mi si apre il suo profilo: immagine di copertina lui in moto, del profilo...lui e Raquel. Partiamo già bene. Scorro giù, l'ultima cosa che ha pubblicato risale a due ore fa. E' una canzone, per la precisione 'Hurricane' dei Thirty Seconds to Mars. La mia canzone preferita. Come didascalia ha messo 'The love we had, the love we had, we hade to let it go' ossia 'L'amore che avevamo, l'amore che avevamo, abbiamo dovuto lasciarlo andare'. Ci sono dei commenti e, sono proprio una curiosona del cavolo, decido di leggerli. E' Andrès: “Amico, che succede?”. “Niente, è solo una canzone che mi piace”. “Mmh”. “Lascia stare...”. “E' ancora per tu sai chi?”. “Ti scrivo in chat”. Aggrotto la fronte, 'tu sai chi'. 'Ti scrivo in chat'. Ho sempre detestato quando la gente stronca il tutto, insomma fate vedere anche a me. Che strano, però. Vado in giù,c'è la sua nuova immagine di copertina con lui in moto e manco a dirlo supera il centinaio di likes. Ora la sua immagine del profilo con Raquel, sono nella sua auto: lui sorridente con la mano sul volante e gli inseparabili Ray Ban a goccia, lei con la bocca a papera ed il braccio attorno alle sue spalle. Sento l'istinto di prenderla per i capelli e sbatterle il volto sul cruscotto. In quella macchina ci sono salita io per prima, l'ho scelta assieme a lui e abbiamo avuto mille avventure là dentro. Espiro dell'aria per non prendere a pugni lo schermo. Leggo i commenti e trattengo i conati di vomito, tutti che dicono cose come “Bellissimi”, “Cuccioli” o “La coppia perfetta”. Lei ringrazia tutti dispensando cuori a manetta, lui si limita a mettere 'mi piace'. Continuo credendo di trovare cose meno irritanti ed ecco che trovo un post di lei: “Ti amo scemo” con un cuore. Serro le palpebre, poi le riapro per guardare la sua risposta: “Ahahah” con una faccina che manda un bacio. Sarà da stronzi, ma trattengo una risata pure io. Un'altra foto di lei, inizia a stancarmi. “Un motivo in più per andare in palestra” e la foto di lui seduto su un materassino con lei avvinghiata da dietro. Non resisto a non vedere cosa le commenta: “Ahahah” con un cuore. Okay, ho capito che ad ogni cosa risponde con una risata. Scendo ancora di più, lui non pubblica molto. Principalmente viene taggato in eventi o in foto delle studentesche oppure dai suoi amici. Senza rendermene conto sono arrivata ai post di gennaio, un mese fa, e in questo periodo ha scritto diversi stati. “Non ce la faccio più”. Non stava più con Raquel, sarà per quello. Un altro ancora: “L'amore è una merda”. Scorro in basso: “A certe persone quando le vedo vorrei solo spaccargli il muso”. Mmh, l'indole irascibile rimane sempre. “Se non piango non significa che non ci stia male”. Scriveva cose decisamente molto ambigue, ovviamente collego il tutto alla sua attuale ragazza. “Basta! Domani mi rovino il fegato, tanto peggio di così”. Certo che si lamentano del mio pessimismo, ma lui non è che sia tanto meglio. “Vorrei solo smettere di pensare”. Ma ci stava veramente così per la rottu...improvvisamente rimango bloccata. La bocca semiaperta e gli occhi sgranati di fronte ad una frase che mi s'imprime in modo indelebile nella mente: “Perché potrebbe capitarmi davanti chiunque, ma io sceglierei sempre te”.

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE

Hola chiquitos! Mi scuso per l'imperdonabile ritardo, ma chi mi segue al di fuori della storia sa che ho avuto problemi col salvataggio ed ho perso una gran parte del capitolo in settimana. E dopo bestemmie ed imprecazioni varie eccomi qua. Beh, adesso non potete darmi della cattiva eh? Perché vi ho dato materiale su cui sclerare. Ah, stavo dimenticando! Se volete essere partecipi al dolore eccovi le due canzoni 'importanti' per il capitolo: https://www.youtube.com/watch?v=MoHm3CIoClE&hd=1 ('Leave out all the rest' dei Linkin Park, questa però è una cover acustica che si adattava perfettamente) e https://www.youtube.com/watch?v=mdJDPepGOAM&hd=1 ('Hurricane' dei Mars, mia canzone preferita forevva). Ora passiamo al capitolo: pareri? Cosa ne pensate ora di Leon? L'episodio è cominciato male e dopo è stato tutto un crescendo. Uhm...la scena hot *coff coff* è descritta bene? Ho sempre paura di fare questo tipo di descrizioni perché temo che vengano fuori uno schifo. Insomma, sappiatemi dire! u.u Credete che lui ami veramente Raquel? Scusate, ma morivo dal ridere nello scrivere i suoi commenti! “Ahahah” ad un 'Ti amo' la trovo una cosa epica :') E comunque è 'tratto' da una storia vera (della sottoscritta), 'Sei bellissima' risposta: 'Ahahah'. A proposito, consiglio: non fatelo mai LOL Ho risposto alla maggior parte delle recensioni *si massaggia le mani* dopocena risponderò a tutte le altre (ho lasciato indietro quelle più lunghe perché voglio rispondervi per bene e accuratamente u.u). Bene, ringrazio chi commenta la storia, chi la mette fra i preferiti e le seguite!

Un bacione enorme e stay tuned (novità, molte novità in arrivo),

Gre :3

  
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