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Autore: Yutsu Tsuki    28/09/2014    7 recensioni
Dal primo capitolo:
“Osservando il suo volto, si accorse di una cosa. Tutti quegli anni passati dietro a due spesse lenti rotonde gli avevano fatto dimenticare di quanto belli fossero i suoi occhi. Erano di un verdeacqua chiaro, ma intenso, quasi luminoso. Si avvicinò ancora allo specchio e allungò la mano, come per poter afferrare quel colore che era un misto fra il cielo azzurro senza una nuvola ed un prato fresco d'estate.
Voleva toccarli, sfiorare quella luce e immergersi in essa, ma venne bruscamente interrotto dalle urla di sua sorella: — Keeeen! Vieni a cena, è prontooo!
Si allontanò in fretta dalla sua immagine riflessa. Per un attimo restò senza parole. Era rimasto affascinato dal suo stesso volto. Poi scoppiò a ridere, rendendosi conto dell'assurdità della cosa.
Aprì la porta della stanza gridando: — Mi chiamo Kentin!! — e corse in cucina.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Kentin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19


Sonno







Kentin sospettò che lo scopo di Ambra fosse sempre stato quello di impedire a Candy di andare in gita. Ne ebbe la conferma una mattina a scuola, quando Nathaniel gli spiegò che la sorella aveva confessato tutto ai loro genitori. — Ha detto che non poteva permettere a Candy d’interporsi tra lei e Castiel. Era sicura che in gita sarebbe successo qualcosa fra di loro, e perciò ha tentato di toglierla di mezzo. Valle a capire, le donne.
— Ma quindi ora che fine ha fatto? — gli domandò Kentin.
— Mio padre l’ha mandata in un istituto femminile fuori città. Stiamo cercando di farle mettere la testa a posto, ma non so a quanto possa servire...
Intanto il giorno della partenza si avvicinava. L’ultimo venerdì in cui Kentin poté vedere Candy prima della gita, le chiese di chiamarlo appena avesse saputo se fosse venuta o meno, mentre il giorno seguente venne a casa suo padre per salutarlo in vista del viaggio. Il lunedì del 2 Marzo Candy non venne a scuola, perché doveva togliere il gesso. Quel giorno fu molto difficile far lezione, poiché tutti gli studenti erano in fibrillazione per la gita che avrebbe avuto inizio il giorno successivo. Tutti tranne Kentin, il quale temeva per quello che le avrebbe detto l’amica. Una volta a casa si limitò a controllare che tutti i bagagli fossero pronti e ad attendere la sua telefonata. Aspettò per ore, ma, arrivata la mezzanotte, capì che non sarebbe mai arrivata. “Spero si sia solo dimenticata...”. Pensò di chiamarla lui, ma ormai era troppo tardi e sicuramente Candy era già a letto. Decise allora di rassegnarsi: avrebbe saputo la verità direttamente a scuola il giorno dopo.
Quella notte ci mise molto per addormentarsi. L’indomani si sarebbe dovuto svegliare presto, ma non aveva per niente sonno. Siccome la sua vita non era mai stata rose e fiori, era facile per lui temere il peggio; che cosa avrebbe fatto, se Candy non fosse venuta? Non avrebbe avuto senso andare in gita senza di lei: anche se con gli altri andava ormai d’accordo, sarebbe stato noioso. Però sua madre non gli avrebbe permesso di restare a casa; a quanto pare, non c’era una soluzione. È inutile struggersi con questi pensieri: tanto lo so che finisce male. Mi è sempre andata così. Stanco di doversi sempre deprimere, cercò qualcos’altro su cui meditare, così da distogliere la sua mente da Candy.
Pensò a chi sarebbe venuto a Londra. Le classi erano in totale tre: due di terza e una di quarta; di quest’ultima conosceva solo Nathaniel e Castiel, mentre nell’altra terza c’erano i gemelli, Karla e Peggy; complessivamente erano una quarantina di studenti. L’appuntamento era stato fissato per le 7:00 in cortile e ovviamente non erano ammessi ritardi.
Continuò per una buona mezz’oretta a fantasticare sul volo in aereo, l’atterraggio in Inghilterra e i luoghi da visitare, finché, abbandonato all’abbraccio di Morfeo, si addormentò.
Il gran giorno cominciò alle sei in punto. Dopo essere stato schiodato a forza dal letto dalla madre, con grande fatica si vestì e raccolse tutti i bagagli, dopodiché si diresse verso la scuola insieme a lei e ad Annette, che aveva insistito per venire a salutare il fratello prima della partenza.
La stanchezza dovuta alle poche ore di sonno si fece sentire, tanto che quando uscì di casa mancavano solo dieci minuti alle sette. Presero a camminare tutti e tre velocemente, ma questo lo fece diventare solo più nervoso. Inoltre, di lì a poco, avrebbe potuto constatare con amarezza che Candy non sarebbe stata al suo fianco in gita. L’ansia crescente gli fece desiderare di scappare. Sì, ecco la soluzione che cercava: poteva fuggire. Ma no, che razza di idea. Ormai il liceo era dietro l’angolo, il punto di ritrovo già gremito di studenti, il cancello a pochi passi... Si fece coraggio ed entrò in cortile.
In un primo momento il gran vociare della folla lo mise in agitazione, ma poi partì a scandagliare tutti i presenti. Molti ragazzi che conosceva solo di vista, qualche professore, sulla destra Violet insieme a suo padre, altri studenti, i gemelli, Nathaniel e sua madre, poco più distante Castiel che veniva abbracciato contro la sua volontà da una donna coi capelli rossi, Iris e Melody, altri insegnanti che parlavano con la preside, Rosalya che chiacchierava con Kim.
Controllò una seconda volta, poi una terza, ma come c’era da aspettarsi, nessuna traccia di Candy. Guardò l’orologio: erano già le sette. Se Candy fosse venuta, di certo non sarebbe arrivata in ritardo.
Quindi ciò che aveva temuto si era realizzato.
Quindi alla fine Ambra aveva vinto.
Sentì il sangue ribollire di rabbia. Possibile che dopo così tanta fatica, quella strega l’avesse davvero spuntata? Ormai non ne poteva più di tutta quella storia. La delusione era talmente grande, che non trovò nemmeno la forza di protestare.
Con le gambe che sembravano di cemento, si girò verso sua madre per salutarla. — Mi raccomando, portati sempre dietro il k-way quando sei fuori: sai bene che in Inghilterra può mettersi a piovere anche quando è bel tempo — lo avvisò la donna, sistemandogli il colletto della camicia.
— Sì, mamma...
— E ricordati di lavare i denti almeno la sera.
— Mamma!
Terminate le esortazioni della madre, fu il turno di Annette, la quale, appendendosi al collo del fratello, lo pregò di pensare a lei ogni giorno.
— Va bene Annette, ma adesso mollami.
— Non voglio che te ne vada!
— Annette, per favore. — Non era in vena di scherzi.
Alcuni studenti che erano attorno si girarono per assistere alla scena, ridacchiando divertiti. Kentin fece di tutto per scollarsela di dosso, ma non ci fu verso di smuoverla.
— Beh, intanto io vado a salutare i genitori dei tuoi compagni — riferì la madre, prima di allontanarsi verso la folla.
— Ti prego, non te ne andare! — gridò la sorellina, stringendolo ancora più forte.
— Annette, lo capisci che devi lasciarmi? — insistette lui, cercando di dividere le due piccole mani, unite saldamente sotto la sua nuca.
— Hai bisogno di aiuto? — Una voce alle sue spalle lo distrasse dalla presa ferrea della bambina. L’avrebbe riconosciuta in mezzo ad altre cento.
Kentin, che fino a quel momento era stato costretto a rimanere chino e agganciato alla sorella, in un attimo si raddrizzò, facendola rimanere appesa a lui, con i piedi a mezz’aria.
Si voltò velocemente: c’era Candy proprio lì davanti, in carne ed ossa. Non riuscì a parlare, tanto era stupito e allo stesso tempo contento di vederla.
— Aspetta, ci penso io — disse lei. Dopodiché si avvicinò e cominciò a fare il solletico sotto le ascelle di Annette, la quale immediatamente mollò la presa e saltò giù, ridendo.
— Alla fine ce l’hai fatta — riuscì a dire Kentin, senza staccarle gli occhi di dosso.
— Già.
— Ma la tua gamba è guarita?
— Sì, riesco a muoverla benissimo — rispose Candy, mostrando che poteva piegarla senza problemi.
— Sono davvero felice! — esclamò Kentin, rivolgendole un grande sorriso. — Allora, sei pronta per il viaggio?
Prima che la ragazza fosse in grado di rispondere, Annette si fece avanti e prese la parola.
— Tu sei Candy, vero? — domandò, guardandola dall’alto in basso. Lei annuì, quindi riprese: — Sai, il mio fratellone parla sempre di te: dice che sei b... — ma Kentin si precipitò prontamente a tappare la bocca della sorellina, che emise solo un mugolio indistinto, provocando le risa di Candy.
Colto dall’imbarazzo, cercò di allontanarla, prima che avesse potuto rivelare tutto quello che sapeva. — Annette, va’ dalla mamma — le intimò, pronunciando l’ordine a denti stretti e spingendola in un’altra direzione.
Dopo che la bambina se ne fu finalmente andata, Kentin fece per aprir bocca, ma alcune persone alle sue spalle cominciarono ad urlare il nome di Candy, impedendogli di parlarle per l’ennesima volta. Poco più tardi arrivarono Rosalya, i gemelli e tutti gli altri compagni di classe, che circondarono la ragazza, chiedendole come stesse ed esprimendole tutta la loro gioia nel vederla.
La conversazione non durò però molto, perché tutti gli studenti furono chiamati dai professori Faraize, Moreau e Stikonski per l’appello; dopo aver raccolto tutte le presenze, li fecero salire sull’autobus che li avrebbe condotti in aeroporto. Salutata per l’ultima volta la sua famiglia, Kentin andò a caricare la propria valigia sul veicolo e vi salì insieme ai suoi compagni.
Cercò con lo sguardo Candy, con l’intenzione di proporle di sedersi vicini, ma la vide quasi subito in coppia con Melody, perciò cercò altri due sedili liberi e si posizionò vicino al finestrino.
Ancora non riusciva a credere che Candy sarebbe venuta in gita. Nell’istante in cui aveva sentito la sua voce si era sentito letteralmente rinascere, quasi come un viandante che trova l’acqua nel deserto.
Mentre stava vaneggiando con questi pensieri, avvertì una presenza alla sua sinistra. Prima che potesse girarsi per vedere chi fosse, qualcuno gli chiese: — Ciao, è libero questo posto? — Di fianco a lui c’era Karla che gli sorrideva gentilmente.
— Certo, siediti pure — le rispose. La ragazza prese posto sul sedile accanto e appoggiò per terra davanti ai suoi piedi lo zainetto.
Kentin non la conosceva ancora bene, però sembrava simpatica. Aveva sempre un atteggiamento composto ed educato, ma quegli occhi verdi come i suoi celavano un’aria furba e sveglia.
— Allora, sei emozionato per il viaggio? — domandò voltandosi verso di lui.
— Sì, molto, però sono distrutto perché ho dormito pochissimo — ribatté Kentin, stropicciandosi gli occhi con le dita della mano.
— Puoi sempre dormire in aereo — osservò Karla.
Non gli era venuto in mente, ma gli sembrò un’ottima idea. — Caspita, — le disse — sei un genio a risolvere i problemi! — e ripensò a quando lo aveva aiutato ad incastrare Ambra.
La ragazza sorrise e arrossì piano.


Verso le otto il pullman arrivò all’aeroporto di Nizza. Professori e alunni si diressero al check-in con le valige in mano e, dopo che tutti ebbero ricevuto la propria carta d’imbarco, si avviarono verso il loro gate, attraversando i vari controlli di polizia.
Il metal detector suonò per alcuni studenti, tra cui Nathaniel, che dovette venire perquisito da un’agente. Kentin e Candy si divertirono nel vedere le occhiate gelose di Melody e Alexy, mentre la signora passava le sue mani sul corpo imbarazzato del delegato.
Dopo aver superato tutti i controlli, raggiunsero velocemente l’area d’imbarco. Mentre la maggior parte dei ragazzi era in giro per i negozi dell’aeroporto, Kentin decise di approfittare dell’attesa per schiacciare un pisolino, perciò scelse una sedia e vi si rannicchiò sopra.
Stava già assopendosi, quando venne svegliato dall’arrivo di Candy.
— Ciao! Che posto hai? — gli chiese, tirando fuori la propria carta d’imbarco.
Kentin estrasse la sua dalla valigia e controllò il numero. — Il 23D — rispose.
— Ti va di sederti vicino a me? Sono capitata di fianco a Peggy e non credo che potrei sopportare la sua parlantina per tutto il viaggio. Se le chiedo di cambiare posto, sicuramente accetterà.
Lui rimase un attimo a pensare. Sorrise all’idea che la prima scelta di Candy fosse ricaduta su di lui.
— D’accordo — disse.
— Va bene, vado a dirlo a Peggy — esclamò sorridendo. Dopodiché tornò da dove era venuta.
Dopo un’ora e mezza circa, la porta del loro gate venne aperta. Il gruppo entrò nel panico, quando, dovendo mostrare per l'ultima volta i loro documenti agli addetti, il professor Stikonski annunciò di aver smarrito la sua carta d'identità. Pochi minuti dopo, però, arrivò Faraize, il quale gli ricordò di averla affidata a lui nell'ora precedente.
Sistemato ogni inconveniente, alunni e professori poterono finalmente salire sull’aereo. Una volta dentro, Kentin e Candy si sedettero sui loro posti ed attesero il decollo.
Il viaggio fu piuttosto tranquillo, a parte un paio di turbolenze, durante le quali alla mano sinistra di Candy capitò involontariamente di stringere quella destra di Kentin.
Quando le ultime casette francesi cominciavano a scomparire sotto le nuvole, lei gli chiese con una certa indifferenza: — Come è andato il viaggio in pullman?
— Bene — fece Kentin. — Perché?
— Ho visto che Karla si è seduta accanto a te. Spero non ti abbia dato fastidio.
— No, affatto! È una bravissima persona.
A quelle parole le guance di Candy assunsero varie tonalità di rosso. — Perché dici così? — insistette Kentin.
— No, niente. È che era pur sempre un’amica di Ambra — rispose. — Di cosa avete parlato? — chiese poi, sorridendo quasi forzatamente. Kentin aspettò a rispondere, per cercare di capire dove Candy volesse andare a parare. — Di niente, mi sono addormentato quasi subito — affermò, rendendosi conto che la stanchezza non l’aveva ancora abbandonato.
— Hai dormito poco stanotte?
— Sì, stavo aspettando la tua telefonata — disse sbadigliando profondamente.
— Hai ragione, scusa. Ho passato tutto il weekend a persuadere i miei a farmi venire in gita, perché loro non volevano. Fino a ieri sera pensavo che non sarei potuta partire, ma proprio stamattina, senza che io gli dicessi niente, hanno cambiato idea e mi hanno permesso di venire! Per questo sono arrivata un po’ in ritardo a scuola.
Kentin guardava Candy teneramente, soffermandosi più sui suoi lineamenti e sulla sua dolce voce, che sul significato delle sue parole. Poté solo rispondere: — Sono contento che ci sia anche tu — prima di chiudere lentamente gli occhi e sprofondare nel sonno.
L’ultima cosa che ricordò, prima di addormentarsi, fu il delicato volto di Candy sorridergli amabilmente.





✤✤✤




Buonasera a tutti :)
Se devo essere sincera, questo capitolo l'ho odiato. A metà strada ho avuto un ennesimo blocco, che ha compromesso tutta la scena dell'aeroporto. Ma non solo per il contenuto: penso che ci siano più ripetizioni, che non ho avuto la forza di evitare. Ho cercato in tutti i modi di sistemarlo...spero che almeno a voi sia piaciuto xD
Volevo ringraziare ancora una volta tutti coloro che hanno recensito: Grazie!
Dal prossimo capitolo vi assicuro che la storia sarà più interessante.
Ciao a tutti!
   
 
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