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Autore: Damon Salvatore_Cit    28/09/2014    0 recensioni
[Justin Timberlake]
Questa storia tratta di una giovane ragazza che sogna di diventare la ballerina numero uno al mondo, e nel tentativo di esaudire questo suo sogno maturerà e crescerà anche grazie alle avventure e alle dure prove a cui la metterà davanti la vita. Come la perdita di persone care, l'amore vero, l'inganno, il tradimento, le difficoltà familiari e tanto altro.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 50 Cent, Altri, Justin Timberlake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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È scientificamente provato, che quando parte della tua vita comincia ad andare per il verso giusto, l’altra parte va a rotoli, e questo era il caso di Francis.

Dopo che l’after-party per il concerto al Madison Square Garden, ebbe fine, la ragazza non riuscì più a parlare con Justin, né riuscì più a vederlo.
Notò invece che i suoi fratelli si comportarono in modo strano, e avevano una certa urgenza di parlarle.
Quando ancora erano nella struttura, e stavano per andarsene, Luigi le si avvicinò assieme ad Edoardo:
- Forse è meglio non tornare in albergo.
Francis non capiva perché tutto quel mistero e quell’agitazione che cominciavano a trasmetterle i fratelli, così visibilmente preoccupata e con sguardo accigliato, si rivolse verso Luigi:
- Si può sapere che succede? E’ da un po’ che vi comportate in modo curioso…
Intanto si avvicinò a loro anche Edoardo, che lanciò uno sguardo a Luigi, e Francis colse quella strana intesa tra i due fratelli e impaziente attendeva una risposta, che non tardò ad arrivare:
- Ci… 
Il ragazzo sospirò diventando serio, e portandosi le mani nelle tasche dei pantaloni:
- …sono dei problemi in Italia, che richiedono la tua presenza…
Francis stupita, continuava a non capire a cosa si stesse riferendo il fratello:
- Intendi… che il governo ha bisogno di me?
Esclamò con ironia la ragazza, con un mezzo sorrisetto nervoso stampato sul volto, mentre Edoardo prese parola, cercando di aiutare il fratello nel darle la notizia:
- Intende dire che sei nei guai con la giustizia Italiana…
Edo, lanciò uno sguardo timido alla sorella, temendo una sua pessima reazione:
Intanto Francis fu congelata da quelle parole, e non ci mise molto a collegare quelle dichiarazioni, col casino che aveva commesso a Parma col locale di Lucas. 
La ragazza diventò seria in volto, e cominciò a preoccuparsi:
- Che cosa?
Guardava i due, cercando di capire se ne sapessero di più:
- Non volevamo dirtelo proprio oggi, ma meglio saperlo da noi che da loro…
- Dobbiamo rientrare in Italia entro domani, o scatta automaticamente l’arresto.
Francis si sentì morire, credeva di star vivendo un incubo, ma tardava a svegliarsi, dunque cominciò a credere che stessero dicendo sul serio:
- A-Arresto? Per quale reato?!
Edoardo timoroso, guardò Luigi, il quale continuava a guardare la sorella con sommo dispiacere, ma anche con un filo di rabbia:
- Sei tornata in Italia senza dircelo, negli ultimi 4 mesi?
Avevano capito, era in trappola, loro sapevano.
- Cosa?
- Dicci la verità, Francis!
Urlò Luigi, impaziente, trovando insopportabile il modo in cui la sorella tentava di nascondergli la verità:
- Sta calmo, Luigi… Fran… ci sono pesanti accuse che ti incolpano di incendio doloso nei pressi di Parma… e ci sono dei filmati che lo dimostrano…
Un magone si formò in gola alla ragazza, tanto da darle difficoltà nell’ingoiare.
Era chiaramente nei guai, guai grossi a cui difficilmente sarebbe potuta sfuggire.
Ma il guaio più grosso, adesso sembrava essere la reazione di suo fratello maggiore, senza immaginare quella di suo padre...
I tre ragazzi si trovavano all’esterno dell’edificio, in quel giardino che poco fa era stato testimone del bacio tra Francis e Justin, e che ora si era trasformato in un luogo tremendo da cui Francis avrebbe voluto fuggire.
Lo scenario si era bruscamente capovolto, ed ora il peggio sembrava essere vicino:
Luigi si avvicinò di un passo alla sorella, la quale lo guardò accigliata e spaventata, mentre lui cominciò a dirle:
- Hai davvero dato fuoco al locale di quel Lucas, perché anni fa non ti ha più dato i soldi di un prestito? Sei uscita fuori di testa?
Luigi deluso e sconcertato, cominciò a scaldarsi, mentre Edoardo tentava di tenerlo calmo:
- Non qui, Luigi, avanti … c’è gente…
Luigi purtroppo, conosceva soltanto parte della verità, e quella parte era tutta una menzogna inventata all’epoca da Marco ed Emma. 
Il ragazzo non sapeva nulla della sua storia con Fabio, non conosceva i veri motivi di Francis, anche se non sarebbero comunque stati sufficienti per permetterle di compiere un gesto simile.
Francis non sapeva cosa dire per discolparsi, ma a quello avrebbe pensato più tardi in aula di tribunale. 
La ragazza distolse lo sguardo dai fratelli, e visibilmente scossa e confusa si allontanò da loro:
- Saluto gli altri e vi raggiungo…
Luigi ed Edoardo si voltarono a guardarla allontanarsi, il più piccolo dei fratelli era visibilmente dispiaciuto e volenteroso di poter abbracciare la sorella e dirle che sarebbe andato tutto per il meglio, ma purtroppo non aveva quella certezza; Luigi invece, appariva arrabbiato e deluso, come un padre che scopriva che la propria figlia avesse cominciato a fumare erba. 
[…]
- Come sarebbe a dire che devi partire?
- Sì, Chenille… devo rientrare in Italia il prima possibile.
- Bella, che ti succede? Vuoi sederti?
Francis aveva raggiunto Chenille nella sala del locale, la quale era in procinto di prendere i copri abiti assieme a Mama Su e gli altri, per poter andar via; quando Francis si portò una mano tra i capelli, cominciando ad essere colpita da attacchi di panico, mentre pensava a tutto quello che l’avrebbe aspettata da lì a poche ore. 
Chenille l’afferrò per un braccio, e preoccupata la guardava, cercando di capire cosa fosse successo; intanto si avvicinarono a loro anche Mama Su che aveva in braccio la piccola Anaya che dormiva, seguita da Nina che corse in direzione dell’amica che era sul punto di avere un mancamento. 
- Fran!!! Cosa è successo?
Nina cercava risposte da parte di Chenille, ma anche lei era allo scuro di tutto. 
- Scusate, ragazze….
Diceva Fran, mentre le allontanava e provava a tornare in piedi facendo profondi respiri, tentando di calmarsi.
- Va tutto bene, è che… devo rientrare prima di finire nei guai più seri…
- Bella, smettila di parlare con mezze frasi… dimmi che diavolo sta succedendo!
Mama Su, si avvicinò alla figlia, e le diede la piccola Anaya in braccio, e si avvicinò a Francis, la quale fu rapita dallo sguardo della donna, che tentava di leggerle dentro per capire cos’avesse:
- La tua famiglia sta bene, bambina? E’ successo per caso qualcosa a tuo padre? A tua madre?
Francis si calmò per qualche secondo, grazie a quella donna.
- No… No, Mama Su…
Abbozzò un sorriso, poi disse:
- Loro stanno bene…
- Allora, cos’è successo?
Chiese con impazienza Chenille, rischiando di far svegliare la piccola che portava tra le braccia, mentre Nina le era accanto e ansiosa guardava Francis:
- Mi hanno accusato di reato…
A quelle parole, le tre donne sbarrarono gli occhi sconvolte:
- …ma ne so quanto voi, quindi non so dirvi di più. Posso solo chiedervi di non preoccuparvi, e che vi telefonerà appena potrò, ma devo rientrare immediatamente in Italia, o le cose per me si complicano ancor di più…
Vi furono svariati secondi di silenzio, in cui le donne tentarono di metabolizzare quella brutta notizia, poi il silenzio si ruppe:
- Vengo con te!
Esclamò sorprendentemente Nina, mentre si avvicinava a Francis.
- Che cosa?
- Sì, vengo con te. Non ti lascio sola in una situazione simile.
- Non esiste, Nina, tu…
- Questi Italiani… sono impazziti o cosa? Accusarti di reato? Ma se…
Improvvisamente, Chenille, mentre perdeva le staffe, ricordò del viaggio in Italia di Francis di qualche mese fa, e si pietrificò. 
Fran capì che l’amica avesse collegato le due cose, e se ne accorse dal modo in cui la guardò poco dopo. 
Al che Mama Su, si avvicinò a Fran e a Nina dicendo:
- Bambina, portala con te, hai bisogno di qualcuno che ti stia accanto. Sono sicura che i tuoi fratelli non verranno meno, ma fa sempre bene avere un’amica che ti sostiene. Verrei anch’io… ma non voglio intromettermi con la tua famiglia, che potrebbe non gradire la mia presenza. L’importante è che tu, Nina, mi chiama ogni sera per raccontarmi tutto, è chiaro?
Nina sollevata dalle parole della donna, la guardò sorridendo appena, felice del suo appoggio, poi disse:
- Ma… il fuso orario… 
- Fanculo il fuso orario, bella! Chiamaci anche di notte!
Chenille, tornò in sé dopo attimi trascorsi tra i suoi pensieri, e si avvicinò a Fran, che non sapeva più come comportarsi, era visibilmente sconvolta:
- Andrà tutto bene, bella. Sono certa che nel giro di due giorni, sarai tornata…
Chenille tentava di trasmettere positività all’amica, intanto che la piccola Anaya si svegliò. 
Francis rivolse un dolce sorriso alla ragazza, grata delle sue parole, poi spostò il suo sguardo verso la bambina, che assonnata, riapriva i suoi occhietti e confusa si guardava intorno, mentre succhiava il suo ciucciotto teneramente.
Francis le accarezzò le guanciotte teneramente, tentando di trattenere le lacrime, dopodiché salutò le due donne e si allontanò assieme a Nina.
[…]
- Mi pago il biglietto da sola…
- Che?
Domandò Francis, mentre si allontanava assieme a lei, voltandosi a guardarla accigliata, non capendo perché le avesse detto una cosa simile:
- Sì, non voglio pesare le spese di viaggio, se vengo è perché voglio esserci e non voglio crearti problemi… non più di quanto tu non ne abbia già. Hai fatto tanto per me, in così poco tempo, non voglio lasciarti sola…
Francis le sorrise appena, trovandola molto tenera, poi disse:
- Grazie, Nina… sei davve…
Lo sguardo di Fran, in quell’istante incontrò la visione di Justin, che camminava accanto a Jessica Biel, all’uscita dell’after-party.
Francis prese tra le mani il braccio dell’amica, fermando il loro cammino, e ancora assorta in quella visione, le disse:
- Torno subito, scusami…
La ragazza si avvicinò ai due, credendo doveroso il fatto che dovesse essere lei in persona ad avvisare Justin della sua assenza da lì in avanti; anche se avrebbe preferito parlargli da sola, e non in presenza di Jessica.
I due sembravano tenere una conversazione molto intima, tanto da infastidirla per un attimo, ormai non nascondeva più i suoi sentimenti per il ragazzo, né a sé stessa, né agli altri. 
- Scusatemi… 
Justin si voltò alle sue spalle, e incontrando il suo sguardo, le sorrise appena, ancora un po’ “timido” ripensando al loro ultimo incontro:
- Hey…
Il ragazzo quasi dimenticò la presenza di Jessica, alla sua sinistra, a differenza di Fran che guardò prima lei, poi il ragazzo.
- Non volevo disturbarvi, ma…
- Figurati, non c’è problema.
Disse sorridendo cordialmente l’attrice, guardandola con curiosità:
- Devo andar via…
Justin sorrise guardandola, sorprendendosi che la ragazza fosse venuta a salutarlo prima di andarsene, di solito si dileguava senza neppure rivolgergli uno sguardo… ma non c’era da sorprendersene, perché erano soliti litigare in continuazione.
Quella sera… beh forse quella sera era davvero cambiato qualcosa tra loro, e stava cominciando a notarlo con piacere:
- Oh… 
- E’ stato uno spettacolo favoloso, anche grazie a te, Fran. Complimenti! Sono sicura che ci rivedremo domani sera al barbecue di Justin…
Francis sorridendo, trovando la cosa nuova, si voltò a guardare Justin, che probabilmente si era scordato di invitarla, pensò ironicamente tra sé e sé, ma poi la ragazza, nel vedere che Justin era sul punto di dir qualcosa, lo interruppe:
- In realtà… intendevo dire che devo andar via… dagli stati uniti…
Justin sbarrò gli occhi sorpreso da quelle inaspettate parole della ragazza. 
Jessica accigliò lo sguardo, e continuò a fissarla, restando ad assistere a quella scena che non comprendeva in alcun modo la sua presenza:
- C-come sarebbe dagli stati uniti?
Justin, fece un passo verso di lei, mentre Fran lanciò un rapido sguardo a Jessica, quasi desiderando che se ne andasse, ma notando che non si muovesse da lì, guardò Justin e disse:
- Ho delle faccende burocratiche da sbrigare, e non posso rimandare la partenza, purtroppo…
- Ma come? I tuoi fratelli erano qui, come può…
- Purtroppo è un’urgenza a cui non posso causare ulteriori ritardi.
Lo interruppe lei con tono formale, poi aggiunse:
- Manderò il mio agente domani a spiegarti la situazione, al momento anch’io ne so molto poco…
Quello non era il modo in cui sperava di parlargli, dopo quel bel momento trascorso insieme, ma non voleva sbilanciarsi troppo in presenza di Jessica, soprattutto perché notava che anche Justin non mutava comportamento nei suoi confronti dopo quel bacio.
Il cantante restò in silenzio per qualche secondo, e Francis ne approfittò per condurre quell’incontro verso la fine:
- Ho controllato le date del tour che hai fissato… la prossima è a Buffalo il 18 febbraio, oggi è 7, conto di tornare per quel giorno…o anche prima se tutto va bene…
- Francis??!
La voce di Edoardo, interruppe quel momento. La ragazza si voltò in direzione del fratello che la incitava a sbrigarsi, perché il taxi era arrivato. 
La ragazza tornò a guardare Justin, che a sua volta guardava ancora Edoardo:
- Adesso devo andare, domani ti mando il mio agente. 
Francis stessa non sapeva come congedarsi da lui dopo tutto, ma poi tagliò a corto e cominciò ad indietreggiare a piccoli passi:
- Spettacolo fantastico, boss… ci teniamo in contatto!
Diceva un po’ in imbarazzo la ragazza, mimando un cellulare all’orecchio, mentre si affrettava ad andar via, sotto lo sguardo vigile di Jessica, che sorrideva verso la sua direzione, trovandola molto buffa.
Justin avrebbe voluto fermarla, ma come al solito, fu più veloce lei, e sparì dalla sua vista prima ancora che potesse solo pensare di bloccare la sua fuga.
[…]
I De Laurentiis, assieme a Nina, viaggiarono su un volo privato, quella stessa notte, diretti in Italia; Nina non ebbe bisogno di pagarsi alcun viaggio. 
Francis trascorse la notte insonne, fissando suo fratello Luigi, dall’altro lato del jet, che continuava a rigirarsi su quei sediolini, comodi ma non abbastanza da permettergli di dormire, mentre Edoardo, che era accanto a lui, dormiva pacificamente, assieme a Nina che invece era alla destra di Fran. 
Avrebbe voluto avvicinarsi al fratello per dirgli tutta la verità, ma temeva che anche se l’avesse fatto, non avrebbe giustificato il suo gesto; e poi… beh… non poteva dirgli che era stata col fratello di Paolo, il calciatore della squadra di calcio che la loro famiglia possedeva, e con cui erano in ottimi rapporti. 
[…]
Il ritorno in Italia non fu dei migliori. 
All’aeroporto di Fiumicino, a Roma, c’era ad attenderli la polizia, neanche stessero scortando un capo mafia espatriato chissà dove e che ora faceva ritorno nel loro paese. 
Francis, però, risultava calma e concentrata sul processo che l’avrebbe vista protagonista di lì a breve, per i fatti commessi a Parma. 
Furono scortati a via san Vitale di Roma, alla questura, dove ad attenderli, oltre ad un mandato d’arresto, vi era anche suo padre Aurelio. 
Nina seguì Francis, assieme ad Edoardo e Luigi, camminava accanto all’amica a passo svelto. 
- Quello lì è tuo padre?
Francis guardò in direzione del padre, mentre era scortata da quegli agenti, e un nodo in gola cominciò a formarsi, fu avvolta da una vergogna infinita mentre lo guardava parlare col questore. 
L’uomo era sempre impeccabile, col suo smoking nero, e i capelli ormai bianchi, ben curati a riporto, che gli donavano un’aria molto affascinante ed autoritaria. 
L’uomo si voltò in direzione della figlia, e non badò alla presenza di nessun’altro, guardò soltanto lei, e quello sguardo fu come un pugno allo stomaco per la ragazza, che vedendo nei suoi occhi tutta quell’amarezza e delusione, distolse lo sguardo da lui, e rispose a Nina con tono basso:
- Sì… è proprio lui…
Nina passò qualche secondo a guardare quell’uomo, anche lei catturata dal suo charme, poi le disse:
- Che uomo affascinante… sembra il re d’Italia… sono sicura che questa storia finirà entro oggi, grazie a lui…
Francis avrebbe tanto voluto sorridere a quelle parole, ma era troppo incazzata, incazzata con sé stessa, con quella situazione, con chiunque in quel momento: e soprattutto avrebbe voluto crederle, ma temeva che le cose non sarebbero andate così bene, date le circostanze.
[…]
Francis fu interrogata sui fatti dagli agenti, quello stesso pomeriggio. 
Si trovava in quella camera videosorvegliata, con due agenti della polizia, e un generale delle forze armate della capitale, che si occupava degli esteri.
La ragazza indossava un Jeans scuro, una camicia bianca, e un giubbino di raso color blu elettrico, ai piedi indossava delle scarpette dell’Adidas dello stesso colore del giubbino. 
Quel giorno a Roma faceva molto freddo, ma l’ansia e il nervosismo che aveva, non glielo fecero notare, quindi stava bene anche vestita così leggera.
Era seduta davanti ad un tavolo lungo, avente dinnanzi a sé il commissario della polizia, che continuava ad interrogarla:
- Come può aver visto lei stessa, dai filmati posti fuori dal locale in località di Parma, abbiamo prove che la ritraggono in prossimità dei fatti. Ha diritto ad un legale, se non può permetterselo, le verrà affidato un avvocato d’ufficio.
- Non ne ho bisogno, signore. Sarò io stessa il mio legale. 
- Come, scusi?
Domandò perplesso il commissario, tenendo poggiate le mani sul tavolo, senza indossare la giacca.
- Sono un avvocato, sono in grado di difendermi anche da sola. Questo mi è concesso, non è vero?
- Certamente. Il processo avrà luogo domani mattina alle ore nove al tribunale di Roma a piazzale Clodio. 
[…]
Francis era intenzionata a cavarsela da sola in quella situazione, era determinata a farcela con le proprie forze, come aveva sempre fatto sin da quando era nata. 
La famiglia si oppose a quella sua scelta di auto-difendersi in tribunale, in maniera particolare, Luigi, che temeva per le sorti della sorella, ritenendola poco esperta in quel campo. 
Suo padre non le rivolse mai parola, ma era fin troppo chiaro che anche lui riteneva la scelta della ragazza un’incoscienza. 
Francis però non volle farsi condizionare da quei pareri negativi, così costretta a passare la notte in cella, salutò i suoi cari.
Edoardo fu il primo ad abbracciarla e a darle coraggio, poi seguì Nina, la quale preferì alloggiare in un hotel, piuttosto che recare fastidi alla famiglia di Fran, e anche lei rassicurò l’amica che tutto si sarebbe risolto per il meglio. 
Luigi fu l’ultimo a salutarla, quella sera, dato che suo padre era andato via, senza volerla vedere. 
- Non temere, gli passerà…
Il ragazzo sapeva benissimo che la tristezza nel cuore della sorella, era maggiormente causatale dal padre, che dalla situazione in sé e per sé.
Le teneva la mano destra, e le parlava guardandola negli occhi, stendando a credere che sua sorella avesse realmente commesso quel reato. 
- La pena per chi causa incendi volontariamente, qui in Italia è..:
- Dai 4 ai 10 anni di reclusione, lo so Luigi… I libri che mi inviavi in caserma, li studiavo.
Gli disse, abbozzando un sorriso per quella frase che conteneva un ricordo.
Luigi spaventato all’idea, afferrò la sorella e l’abbracciò forte, quasi desiderando di poterla proteggerla, tenendola stretta al suo petto. 
Fran chiuse gli occhi e ricambiò quell’abbraccio di cui ne aveva un maledetto bisogno. 
[…]
La notte passata in cella, sembrò non finire mai, la ragazza era sola, con una guardia che la teneva d’occhio fuori dalle sbarre. 
Era seduta su quel letto, poggiata con le spalle al muro e il capo rivolto verso il soffitto. 
Si domandava semmai un giorno sarebbe finalmente stata in pace, senza avere sempre qualche problema pronto a spuntare ogni volta che cominciava ad essere appena felice. 
Pensava a come la sua vita fosse cambiata, a come tutto aveva cominciato a sorriderle proprio poche ore prima di finire in quella cella. 
Pensava ai successi che stava ottenendo nell’inseguire il suo sogno da ballerina, alle sue nuove amicizie che cominciavano a diventare sempre più importanti e salde, assieme a quelle amicizie che invece cominciavano a rivelarsi qualcosa di più profondo.
Solo Dio sapeva quanto desiderasse poter parlare con Justin in quel brutto momento, anche solo vederlo, l’avrebbe fatta star meglio. 
Ripensò a quanto il loro rapporto fosse cambiato nel tempo, prima era soltanto professionale, poi cominciarono ad essere amici, anche se non facevano altro che litigare e avere discussioni su ogni cosa.
Doveva ammettere, però, che i ricordi migliori che aveva, dopo i quattro anni di buio trascorsi dalla morte di Emma, erano quasi tutti legati a lui, e al suo splendido carattere che le strappava sempre una risata nonostante i disguidi che riuscivano a superare e dimenticare. 
Si rendeva sempre più conto che quel giovane artista, quel ragazzo che si nascondeva dietro quel nome così illustre, l’aveva salvata da quell’inferno che credeva senza via d’uscita.
Si sarebbe venduta l’anima al diavolo in persona, pur di averlo lì in quel momento, per dirgli quanto le fosse grata, per tutto quello che facesse per lei a sua insaputa, che l’aiutava ad andare avanti in una vita difficile come la sua. 
Avrebbe richiesto di fare una telefonata, e chiamarlo all’istante, ma sapeva bene che non l’era concesso. 
[…]
Finalmente il momento del processo arrivò, e alle ore nove del giorno 9 Febbraio 2007, era in tribunale a Roma, dinnanzi al giudice. 
C’era anche Lucas, il proprietario del locale danneggiato, e il suo legale.
I due si rivolsero uno sguardo fugace, prima di cominciare l’udienza, e Francis non abbassò neppure per un attimo lo sguardo da quel traditore, dimostrandogli con una sola occhiata di non aver paura delle conseguenze, e che se potesse rifarebbe ancora quello che aveva fatto. 
[…]
- Signor giudice, le riprese video delle telecamere di sorveglianza parlano chiaro. L’imputata è colpevole, e io chiedo una pena pari a dieci anni di reclusione, più il risarcimento danni da parte sua per il mio imputato, dato che ha perso la sua attività.
Francis sedeva ad un bancone accanto a quello in cui sedeva l’avvocato di Lucas, e lo stesso Lucas, entrambi vestiti con smoking. 
Francis era seduta da sola, dato che si era nominata il suo legale, e addosso ai vestiti che indossava il giorno precedente, indossava la tunica nera degli avvocati e sorrideva nervosamente alle parole dell’avvocato, il quale non gradì quel suo atteggiamento:
- Signor giudice, richiedo maggior rispetto da parte dell’imputata. Trovo fuori luogo quel suo atteggiamento, nonché inadatto ad una persona nella sua posizione. 
Francis cominciava ad averne abbastanza del parlottare continuo di quell’uomo, che anche se di bell’aspetto (era un giovane uomo sulla quarantina, con pizzetto e capelli brizzolati, e occhi scuri, fisico asciutto e portamento elegante)
così, la ragazza si alzò e si schiarì la voce con un leggero colpo di tosse.
- Mi scusi signor giudice, ma ritengo la richiesta di pena del mio collega eccessiva. Insomma, dieci anni di prigione per aver incendiato un luogo di perdizione? Sono sicura che se questo processo si fosse svolto in città del vaticano, a quest’ora sarei già una donna libera… Senz’offesa…
- OBIEZIONE VOSTRO ONORE! 
La giuria restò indignata alle parole della ragazza, e cominciarono a parlottare tra loro, mentre l’avvocato di Lucas andava su tutte le furie. 
Francis non nascose la sua soddisfazione, senza mostrare alcun segno di pentimento, alle sue ultime affermazioni. 
- Signorina De Laurentiis, la invito a moderare i toni dinnanzi a questa giuria, e a mostrare rispetto per le tonache. 
Francis alzò una mano in segno di colpa, e disse:
- Chiedo scusa, signor giudice, se le ho recato offesa, non era mia intenzione farlo. Ero semplicemente divertita dalle accuse eclatanti dell’avvocato difensore del signor Berzotti. 
- Obiezione!
- Obiezione respinta!
Disse il giudice, mettendo a tacere l’avvocato, e rivolgendosi unicamente a Francis.
- Signor Avvocato De Laurentiis, lei si rende conto della gravità dei suoi atti? Secondo i test psicofisici a cui è stata sottoposta, anche in caserma, lei risulta essere una persona sana e senza alcun problema né fisico, né psichico. Eppure… ha commesso comunque quella pazzia, ha considerato l’ipotesi che potesse esserci stato qualcuno all’interno dello stabile?
- Assolutamente, vostro onore, per questo mi sono accertata che fosse vuoto, prima di mandarlo a fuoco. 
Francis sembrava essere impazzita, diceva cose che nessuno si sarebbe mai sognato di dire in un processo, in poche parole si stava accusando da sola, ma d'altronde vi erano già le immagini del video che la ritraevano in fragrante, a farlo. 
- Obiezione vostro onore!
- Obiezione respinta! Avvocato De Laurentiis, si rende conto di ciò che sta dicendo?
- Certamente vostro onore. Avrei dovuto prestare attenzione alle telecamere di sorveglianza… 
- Lei sa di star compromettendo la sua posizione?
- Non credo che possa comprometterla ancor più di quanto non lo sia già, vostro onore. 
- Mi dica, Avvocato, qual è il vero motivo che l’ha indotta a compiere quel folle gesto?
Francis restò in silenzio per qualche secondo, a quelle parole, abbozzando un sorriso nervoso, e guardando nella direzione di suo padre e Luigi che erano presenti in aula quel giorno, assieme a Nina e a sua madre, e tutti erano preoccupati ed indignati dalle sue risposte alla corte, timorosi che potesse finire nel peggiore dei modi.
Dopodiché Francis tornò a guardare i giudici, e disse: 
- Si tratta semplicemente di vendetta, vostro onore, nulla di più puro e sincero. 
La corte borbottò a quelle parole, tanto che il giudice dovette richiedere silenzio in aula almeno quattro volte di seguito, per poterlo ottenere. 
- E di che tipo di vendetta si tratta?
- Vostro onore si sta degenerando!
- Faccia silenzio, avvocato!
L’avvocato di Lucas si sedette sbattendo sul tavolo il suo taccuino con violenza, e parlottava col suo assistito. 
Francis restò in silenzio sedendosi, sulla sedia, portandosi le mani in avanti incrociandole tra loro. 
- Avvocato De Laurentiis?
Francis restò ancora in silenzio, finché dopo alcuni secondi, disse:
- Signor Giudice, essendo il mio legale, suggerisco a me stessa la facoltà di non rispondere a questa domanda. 
[…]
Quel processo non finiva più, durò tre ore sino alla pausa pranzo dei giudici, poi riprese e terminò alle ore 17 con la condanna per Francis a 4 anni di reclusione.
Mamma Jaqueline ebbe un malore, ma fu soccorsa immediatamente d Nina e i suoi figli, mentre Papà Aurelio si dirigeva con i suoi legali dagli giudici. 
Francis fu riportata in cella in stato di fermo, in attesa di essere trasferita in un carcere femminile. 
Luigi si diresse in cella dalla sorella, chiedendo di poterle parlare, ma non gli fu concesso il permesso; così trascorsero due giorni, senza che la ragazza potesse vedere o parlare con nessuno dei suoi cari.
Fu trasferita al carcere femminile di Roma, a bordo dell’auto della polizia, ammanettata proprio come una criminale. 
Cominciava davvero a pensare che quella sarebbe stata la sua vita per i prossimi 4 anni di pena che doveva scontare in quella prigione; soltanto l’idea la faceva morire lentamente. 
Doveva telefonare al suo agente, doveva spiegargli le cose come stavano, e soprattutto, doveva tenere nascosta la questione a Justin, provando ad inventare una scusa qualunque per giustificare il suo ritiro permanente dalla crew. 
La ragazza era silenziosa, con un’espressione incazzata sul volto da mattina a sera, non parlava mai con nessuno.
Trascorse una settimana, e finalmente le era stato concesso di ricevere una visita.
Al colloquio si presentarono Luigi e Nina: la ragazza non appena vide Francis camminare sotto scorta con due agenti, che la tenevano ancora in manette, e l’accompagnavano davanti al vetro avente un telefono che le permetteva di comunicare con loro, si portò una mano davanti alla bocca, cercando di trattenere le sue emozioni.
Luigi appariva serio, serio mentre era seduto accanto a Nina, con un braccio poggiato sul tavolo che divideva il suo lato con quello della sorella con un enorme vetro trasparente. 
Francis indossava una tuta della prigione uguale a tutti gli altri detenuti, di color blu scura avente un numero di riconoscimento ricucito sul taschino in alto a destra del suo petto.
La ragazza guardò i due agenti, alzando le braccia a metà aria, chiedendo di essere liberata, impaziente. 
I due agenti si guardarono, poi uno di loro cominciò a toglierle le manette con una chiavetta. 
Francis gli sorrise beffarda e compiaciuta, poi si mise a sedere, ignorandoli completamente. 
Guardò prima il fratello, cambiando totalmente espressione, cominciando a preoccuparsi su ciò che avrebbe potuto dirle, poi si voltò in direzione di Nina, che aveva già il telefono poggiato sull’orecchio destro e con ansia attendeva che l’amica facesse lo stesso, mentre poggiava una mano sul vetro desiderosa di poterla toccare. 
Fran non trattenne un sorriso, intenerendosi a quella scena, scacciando via dal volto l’espressione seria che ormai non andava più via da qualche giorno. 
- Fran! Come stai? Ti hanno fatto qualcosa quegli agenti? Li ho visti con un’aria strana, e i detenuti? I detenuti ti hanno fatto qualcosa?
La ragazza parlava velocemente in inglese con un forte accento portoghese, travolgendola di domande, mentre Fran ancora si portava la cornetta di quel telefono all’orecchio. 
Sorrise all’amica, poi guardò Luigi e disse:
- Hey, Hermano…
Nina guardò il modo in cui i due riuscivano a comunicare anche solo con lo sguardo, interrogativamente. 
Confusa guardò Francis, e riprese a parlare.
- Fran… 
Ma Luigi cominciò a parlare alla sorella:
- Ho parlato col tuo agente, Paul… 
Sul volto di Francis immediatamente andò a formarsi un’espressione allarmata e preoccupata.
- Tranquilla… non gli ho detto cosa è successo. 
Fran tirò un sospiro di sollievo, e continuò ad ascoltare il fratello:
- Gli ho detto che la società di papà sta avendo problemi, ed è richiesta la tua permanenza qui ancora per un mese…
- Un mese?
La ragazza confusa, accigliò lo sguardo, avrebbe trascorso lì dentro quattro anni, perché dire che sarebbe mancata soltanto un mese?
Luigi parlò e mise a tacere la sua curiosità:
- Papà ha pagato la cauzione… ti faranno uscire di qui prima del previsto…
Quelle parole le risuonavano surreali, non poteva credere a ciò che le stava dicendo. 
Sbarrò gli occhi e lentamente alzò lo sguardo verso il fratello.
- Ha detto che avrebbe voluto farti uscire prima, ma la massima per una pena del genere, anche se si paga la cauzione, è di almeno un mese di reclusione…mi dispiace…
- Ti dispiace?
Finalmente Francis cominciò a parlargli, mentre dall’altro lato, vi era Nina che non capiva ciò che si stessero dicendo, ma era già a conoscenza della bella notizia, e sorrideva in direzione dell’amica. 
- Sarò fuori di qui tra tre settimane, e non tra quattro anni… perché ti dispiace?
- Perché non avrei voluto che passassi neanche una notte qui dentro…sei mia sorella, non tollero che tu faccia questa fine…non lo sopporto!
Francis sorrise intenerendosi a quelle parole di Luigi, poi gli disse:
- Me la sono cercata, no? Mi servirà da lezione…
Luigi tacque, lasciando intendere che concordava con la sua autoaccusa. 
Vi fu qualche minuto di silenzio, poi il ragazzo disse:
- Mamma sta malissimo… voleva venire a trovarti, ma non avrebbe resistito nel vederti rinchiusa qui dentro.. e in questo stato…
Soltanto in quel momento, il fratello si accorse che la sorella si era sciupata parecchio:
- Cos’hai combinato? Hai quasi delle fosse nelle guance per quanto sei sciupata…
- Ho perso il mio appetito, ma non preoccuparti, sto bene… piuttosto… quando potrò vederlo?
Luigi capì al volo che la sorella stesse tentando timidamente di chiedergli del padre, ma conoscendo la risposta, abbassò lo sguardo dispiaciuto, poi disse:
- Forse quando uscirai… non vuole venire qui dentro…
Francis acconsentì col capo tristemente, ma comprese i motivi che tenevano il padre lontano da lì, da lei… 
Si sentiva in colpa per averlo costretto a pagare una somma chissà quanto alta che ricoprisse ben 4 anni di carcere…
[…]
I venti minuti di colloquio, giunsero al termine, e Francis oltre alla rincuorante notizia che aveva ricevuto dal fratello riguardante la cauzione pagata, aveva anche avuto notizie di Chenille da parte di Nina.
La sua personal stylist le aveva riportato i saluti da parte dell’intera famiglia De Noir, dicendole che l’aspettavano con ansia, ma la cosa più importante che aveva saputo da lei, era che Justin non sapesse nulla sull’accaduto, e che era stato informato dal suo stesso agente dell’assenza prolungata.
[…]
La ragazza scontò il suo mese di pena in quel carcere femminile a Roma, ed uscì il giorno 16 di marzo.
Fu un mese interminabile, in cui non faceva altro che pensare a suo padre, a quanto desiderasse vederlo, spiegargli, dirgli tutta la verità e scusarsi per essersi comportata così da incosciente. 
Non passava giorno in cui la ragazza non sperasse di ricevere una sua visita in carcere, ma purtroppo il padre non andò mai a trovarla.
Arrivò a casa De Laurentiis, a Roma (La famiglia aveva casa anche lì) con suo fratello Luigi, che era passato a prenderla per condurla a casa dove l’aspettava sua madre, sua sorella, suo fratello e Nina. 
La madre pianse di dispiacere non appena rivide la figlia ridotta uno straccio, molto magra e visibilmente turbata da quella brutta esperienza.
Nina aveva già preparato tutto per il ritorno negli States, biglietti aerei e qualche bagaglio; in quelle settimane la ragazza di origini Brasiliane, era stata ospite di una pensione non lontana dal carcere di Fran. 
Ogni giorno le faceva visita, portandole vestiti puliti, e cibo, ma ogni volta riceveva il cibo indietro dalle guardie, perché Francis non lo guardava neanche. 
Era stata accanto alla sua amica, senza mai lasciarla sola nemmeno per un giorno, eppure sembrava non essere abbastanza, Fran desiderava suo padre, e più passava il tempo, più si rendeva conto di averlo perso… forse per sempre, e questo la uccideva lentamente.
[…]
- Mangia qualcosa, ti prego, tesoro…
Era ora di pranzo, e mamma Jaqueline, aveva disposto che fosse servito il piatto preferito dalla figlia, sperando di vederla tornare a mangiare, ma non fu così. 
A quel tavolo sedevano: mamma Jaqueline, Valentina, Luigi, Edoardo, Fran e Nina. 
Nina aveva avuto modo di conoscere tutti in quelle settimane, e aveva un discreto rapporto con tutti, in special modo con Luigi e mamma Jaqueline. 
La ragazza fissava Fran che le sedeva accanto, la quale a sua volta fissava il posto vuoto che di solito era occupato dal papà e quel giorno era vuoto, ancora una volta lui non c’era.
- Dov’è?
Domandò la ragazza, senza badare a ciò che le avesse detto la madre riguardo al cibo, continuando a fissare quel posto. 
La donna dispiaciuta restò con le parole che le morirono in gola, mentre guardava la figlia, e Luigi intervenne a favore della madre:
- E’ impegnato con la Filmauro…
Francis non alzò lo sguardo neppure per un attimo, e acconsenti amareggiata alle parole del fratello, quasi incassando un colpo basso.
- Capisco…
Fece un colpo di tosse per schiarirsi la voce, poi cominciò a bere un po’ d’acqua, e con aria abbattuta prese una forchetta e cominciò a mangiare due gnocchi alla sorrentina, alzando poi lo sguardo verso Nina per sorriderle.
- Fran… devo dirti una cosa…
Fran spostò lo sguardo verso la sorella, sorpresa che le stesse rivolgendo parola.
Il loro rapporto era cambiato, dopo la morte di Emma, Valentina aveva cominciato a vedere la sorella con occhi diversi; sembrava che non provasse per lei l’odio che aveva provato da quando l’avevano adottata, sembrava aver capito chi fosse davvero Francis, e cominciava a mostrarle dell’affetto che aveva sempre faticato a mostrarle nell’arco degli anni, ma che comunque esisteva nonostante tutto.
Era come se Valentina fosse stata sorpresa e ferita allo stesso tempo, nel vedere il modo difficile in cui la sorella adottiva, fosse uscita da quel brutto momento della sua vita che cominciò dal giorno della morte di Emma.
Francis non disse nulla, il suo sguardo curioso, la incitò nel continuare a parlare:
- Seguirò un corso di fashion business a New York il prossimo mese…
La ragazza aveva ancora un po’ di difficoltà nel parlarle in quel modo, dopo anni ed anni di litigi, non era abituata ad assumere quell’atteggiamento cordiale e gentile con lei, nonostante fosse naturale, straniva anche lei.
Fece un colpo di tosse per schiarirsi la voce, poi continuò:
- Magari… riusciremo a vederci di più…
Francis sorrise guardando Valentina, la ragazza non l’aveva mai odiata, anzi, aveva sempre desiderato di avere un rapporto così con la sorella, perché infondo le voleva bene.
Felice di sentirle dire quelle parole, accantonò la storia del padre, e il suo umore migliorò, dopo quel bel gesto della sorella. Acconsentì col capo, ancora sorridente:
- Sarebbe fantastico!
- Lo pensi davvero?
- Certamente!
Confermò rivolgendole un tenero sorriso, ma dopo un po’ quella scena, fu rovinata dal rientro di papà Aurelio, che mentre era scortato dalla domestica in sala da pranzo, le domandò:
- E’ ancora qui?
- Sì, signore…
- Ma non doveva partire stamattina subito dopo essere uscita di prigione?
- Non ne so nulla, signore…
Il tono della domestica risuonava mortificato dal corridoio, mentre quello del padre era spazientito e leggermente alterato. 
Francis fissava la porta d’ingresso nella sala da pranzo, ansiosa di rivederlo, mentre udiva quelle parole che la ferivano nell’animo. 
Allora il padre voleva davvero non vederla? 
Pensò tra sé e sé, riuscendo a darsi una risposta da sola.
Notò che non appena entrò in sala, la cercò con lo sguardo, e tra i due vi fu uno scambio di sguardi che parlavano da soli.
Aurelio amareggiato, distolse dopo poco lo sguardo da lei, e andò a salutare la moglie con un bacio.
- Ciao Papà!
Lo salutò affettuosamente Valentina, ricevendo un bacio sulla fronte dall’uomo, e quella scena spezzò il cuore di Francis, che non ricevette neppure un cenno da parte del padre. 
Nina si alzò e andò in direzione dell’uomo per salutarlo educatamente, il quale ricambiò.
- Hey papà…
Lo salutò Luigi, amareggiato, non amava vedere Francis e il padre trattarsi con freddezza, perché sapeva il gran bene che li legava. 
- Ciao figliolo…
Disse mentre gli dava una pacca sulla spalla sinistra, poi finalmente tornò a guardare Francis, e le disse:
- Ho bisogno di parlarti, ma non qui, vorrei un po’ di privacy.
Francis sembrava essere sul punto di concedersi ad un pianto, ma acconsentì col capo, socchiudendo le labbra e quel pianto, che le sembrava l’unica sensata da fare in quel momento.
[…]
Francis raggiunse suo padre nel suo studio, sempre molto pulito e ovviamente lussuoso: Francis ricordò che da bambina si rintanava lì dentro per disegnare quando era lontano da Napoli, da Emma e non aveva alcuna voglia di restare in compagnia di altri bambini; restava lì assieme a suo padre, che sbrigava delle pratiche di lavoro. 
Fran aveva 9 anni, e ancora aveva difficoltà ad ambientarsi e ad abituarsi a quella sua nuova vita: sembrava star bene soltanto in compagnia di Emma e di suo padre, il quale era totalmente innamorato di lei.
Erano trascorsi pochi anni da quei bei momenti, eppure sembravano essere trascorsi secoli, per quanto le cose tra loro fossero cambiate.
Adesso sembravano aver difficoltà perfino nel guardarsi in faccia. 
Aurelio la fece sedere, ma Francis restò in piedi, le sembrava di trovarsi ad un colloquio di lavoro con qualche estraneo, e non con suo padre, e la cosa la faceva soffrire da morire. 
La ragazza tentò di ammazzare la sua sofferenza e provò a parlargli, cercando di non lasciarsi prendere dalla sua emotività:
- Ascolta… io volevo…
Fece un respiro profondo, mentre il padre si poggiò alla scrivania, portandosi le mani in avanti, mentre l’osservava e l’ascoltava, quasi curioso di sapere cosa si sarebbe inventata ‘sta volta. 
Fran provò ad alzare lo sguardo verso di lui, e continuò dicendo con tono mortificato:
- Volevo ringraziarti per quello che hai fatto… se non fosse stato per il tuo intervento… adesso sarei ancora lì dentro…
- Sei un pessimo avvocato, lo sai questo?
Quelle parole furono come un fulmine a ciel sereno. 
Non si aspettava che glielo dicesse con così tanta freddezza e convinzione; sapeva di aver sbagliato atteggiamento, ma si era lasciata trasportare dal suo pessimo carattere e non si era comportata in modo professionale, come avrebbe dovuto; ma non poteva giudicarla in base a quella particolare esperienza
Fu travolta dalle parole del padre, senza avere la possibilità di poter parlare:
- Se non avessi fatto di testa tua, magari non sarebbe successo tutto questo casino.
Cosa hai combinato? Cosa sei diventata? Mh? In che modo ti ho cresciuta? Credevo di essere stato un buon padre, di averti dato l’educazione giusta, eppure oggi sei una ragazza che va in giro a dr fuoco a dei locali, come una criminale qualunque. 
- Io non… tu non sai…
Inutile furono i tentativi di parlare da parte di Francis, il padre sembrava un vulcano in piena che non poteva essere fermato.
- Qualunque sia la ragione per cui tu l’abbia fatto, non mi interessa minimamente, non giustifica il gesto indecoroso e vergognoso che hai commesso. Hai portato la vergogna in questa famiglia! Ti abbiamo accolto come una di noi, ti abbiamo amato anche più di una della famiglia, e tu come ci ripaghi? Prima mi butti in faccia la mia proposta di farti lavorare nella Filmauro, poi ti arruoli nell’esercito americano ee torni ad inseguire un capriccio? Andando a vivere in America, da sola, senza degnarti di telefonare tua madre, senza tornare a trovarla…
- Non posso! Il mio lavoro non mi concede abbastanza giorni liberi per tornare…
- Il tuo lavoro? E quale sarebbe? L’avvocato? Ah… no! Quello è stato un passatempo, tu sei un ballerina, giusto? Beh almeno spero che tu balli meglio di come eserciti la tua professione di avvocato!
Aurelio non smetteva più di dire cattiverie contro Francis, sembrava davvero una bomba in esplosione, le sue grida arrivavano sino alle orecchie degli altri ospiti in casa, ma nessuno osò muovere un dito e dirigersi da lui per calmarlo. 
- Non pretendo che tu accetta le mie volontà, ma almeno rispettale…
- Rispettare? Credevo che questa parola non la conoscessi! Sei una vergogna, la mia vergogna! Non voglio più vederti! 
Sembrava di vivere un incubo, il padre non poteva essere serio, non poteva…
“Non voglio più vederti!”
Quella frase detta con tanta rabbia e delusione, le rimbombava nella mente e a ripetizione, come un eco nella sua testa, tanto da riuscire a sentire il suono del suo cuore che si spezzava in quello stesso momento.
- Esci da casa mia e continua pure a vivere la vita che ti sei scelta, ma dimenticati della mia esistenza! Pagarti la cauzione è stata l’ultima cosa che ho fatto per te! D’ora in avanti scordati di aver avuto un padre! Un padre che ha cercato di comportarsi come avrebbe dovuto fare qualcun altro e tu ci hai sputato sopra!
Francis si sentì come quando era ad un passo dalla morte, durante l’incidente di qualche anno fa, i dolori erano gli stessi… 
Il padre la stava ammazzando col solo uso delle parole, quelle parole che non avrebbe mai più dimenticato. 
Parole pesanti, parole rabbiose e dette con troppa serietà.
La ragazza non riusciva più a respirare, dal forte schianto, dalla sofferenza che il padre le stava recando. 
Improvvisamente entrò nello studio seguito dalla madre, entrambi erano alterati:
- Papà!!!!
- Aurelio!! Calmati!!!
- Fatela sparire! Non voglio più vederla!!!
Francis fissava ancora incredula suo padre, non potendo credere che fosse serio.
Nina corse in direzione dell’amica, la ragazza nelle settimane che era stata in Italia, aveva imparato a comprendere un po’ la lingua, e aveva tristemente capito anche cosa le avesse appena detto suo padre. 
Si avvicinò a lei prendendola per mano, e rivolgendo uno sguardo mortificante a suo padre, che non sembrava più lui:
Francis socchiuse gli occhi in una fessura, e tutta la sua sofferenza, si convertì in un attimo in rabbia, e disse con tono freddo e profondo:
- Ora sparisco… ma un giorno ti farò ricredere… e ti pentirai di aver detto tutto questo schifo!
- Francis, ti prego non andartene!
La madre tentava di fermarla, mentre la ragazza a passo svelto, con una postura eretta come quella di un soldato, si dirigeva verso la porta, prendendo la sua borsa e il giubbino, seguita ad ombra da Nina.
- Non preoccuparti, mamma, ci rivedremo.
[…]
Tutto fu rovinato, tutto fu distrutto dal solo uso di parole, parole pesanti che mai avrebbe più dimenticato. 
Nina avrebbe voluto dirle qualcosa, ma non sapeva cosa mai avesse potuto farla star meglio… forse però Francis lo sapeva, 
Le due salirono a bordo di un taxi e Francis disse all’amica:
- Prima di andar via… vorrei presentarti qualcuno…
Quelle parole misteriose, pronunciate con ancora un po’ di dolore per l’accaduto a casa sua, travolsero di curiosità Nina, la quale non si sarebbe mai aspettata che l’amica la portasse in un cimitero. 
Erano le ore 17, e il loro volo partiva alle 19 e 30, camminavano in questo cimitero aperto al pubblico, ma con poca gente presente. 
Nina non fece domande, nonostante fosse sconcertata e curiosa del fatto che si trovasse in un cimitero, ma Francis non parlava, si muoveva tra quelle tombe come un persona qualunque tra le mura di casa sua. 
In poco tempo, arrivarono dinnanzi ad un lapide di marmo ben curata e circondata da rose bianche e altri fiori, lontana dalle altre tombe, in un posto assolato, sembrava essere la tomba di un personaggio storico importante, per quanto fosse ben curata e posizionata. 
Vi era la foto di una bella ragazza, con grandi occhi azzurro mare e un sorriso che fece formare un nodo in gola a Nina, per quanto fosse bello. 
La giovane ragazza si domandava chi fosse quella bellissima ragazza che ormai non c’era più, alzò lo sguardo verso Francis che sorrideva quasi come se potesse ancora toccare e rivolgersi a quella giovane. 
Accarezzò la sua foto, continuando a sorridere dolcemente, mentre i suoi occhi cominciavano ad allagarsi lentamente di lacrime. 
- Hey, Emms… lei è Nina…
Nina guardava la sua amica commossa, e cominciò automaticamente a commuoversi anche lei a quel gesto, ma non fece domande, continuò ad ascoltare le parole di Fran, rivolte a quella fotografia. 
- Lo sai? Ti somiglia molto…continua a starmi intorno, anche se sono unq pessima compagnia.
A quelle parole sbottò in una risata mista ad un pianto che pareva non lontano ad arrivare. 
- Chi è…?
Domandò Nina, continuando a parlare in inglese. (L’intera conversazione si stava tenendo in lingua inglese)
Francis si voltò verso Nina, e la guardò con occhi colmi di lacrime, uno sguardo che congelò Nina per quanto fosse ferito e triste. 
Ci furono una manciata di secondi di silenzio, prima che Fran potesse rispondere a quella domanda.
- Lei è Emma…la mia… la mia più cara amica…
Mentre diceva quelle parole, sorrise tornando a guardare quella foto e accarezzandola ancora una volta teneramente. 
Nina deglutì lentamente e afferrò la mano di Francis, quasi come se avesse voluto trasmetterle forza. 
Fran, a quel gesto, si voltò a guardarla e a sorriderle per qualche attimo interminabile, in cui Nina non resse quelle condizioni dell’amica e cominciò a piangere. 
Francis si voltò verso la tomba di Emma e si piegò nelle ginocchia, per togliere qualche fogliolina secca. 
- Se ci fossi stata anche tu oggi, credo che avresti dato di matto…
Sorrise amaramente la ragazza, mentre restava in quella posizione, con i gomiti poggiati alle ginocchia, lanciandosi un’occhiata attorno e facendo, poi, un sospiro profondo. 
- Lo sai, Emms, credo di essermi presa una cotta per Justin Timberlake…
Sembrava che stesse avendo davvero una conversazione con la ragazza, mentre Nina fu un attimo distratta da quelle parole che cambiarono nettamente discorso.
Sbarrò gli occhi dallo shock, non gliel’aveva mai detto, Fran non l’aveva mai detto a nessuno, era la prima volta che lo diceva persino ad alta voce; ma doveva essere Emma la prima a saperlo. 
Fran sorrise e guardò la foto di Emma.
- Lo so, è pazzesco… ma non faccio che pensare a lui, e credo che se tu fossi qui, mi diresti: “SEI COTTA A PUNTINO! NON FAI CHE PENSAAAARE A LUUUUI, SOGNI AD OCCHI APERTI IL GIORNO DEL VOOOOSTRO MATRIMOOOONIO E COMINCI GIA’ AD ASSOCIARE I NOOOOMI DI BAMBINI COL SUO COGNOOOOME PER VEDERE SE SUONANO BEEEENE” magari intonando un motivetto fastidioso….
Quel ricordo del modo di fare dell’amica, le strappò un ennesimo sorriso, poi continuò dicendo:
- Ricordo che continuavi a ripetermelo in terza media, quando presi una cotta per Giulio Marchese… hai continuato a prendermi in giro a causa di questa cosa fino ai diciott’anni…
Nina ascoltando quelle parole, cominciò a sorridere teneramente, immaginandosi la scena tipica di due ragazzine, ed iniziava a soffrire il fatto di non averle potuto conoscere prima… quando Francis sembrava davvero essere un’altra persona, una persona ancor meglio di quella che già era, una persona felice. 
- Beh sai che ti dico? Ci proverò… così come proverò e cercherò di riuscire ad essere la ballerina migliore al mondo. Ti feci una promessa, e non la spezzerò. 
Francis guardava gli occhi di Emma in quella foto e con più convinzione, disse:
- Ci sarà almeno una scuola di ballo alla tua maniera in ogni grande città del mondo, te lo giuro!
La ragazza stava sigillando un giuramento su quella tomba, che mai e poi mai avrebbe spezzato. 
Era determinata nel compiere quel sogno a tutti i costi. 
Adesso aveva un motivo in più per farlo: far pentire suo padre di averla screditata e mortificata in quel modo. 
[…]
Durante il viaggio in aereo, Nina provò a chiedere di Emma a Francis, e la ragazza, ancora molto triste decise di raccontarle tutta la sua storia, di raccontarle di Emma, di come si erano conosciute e di quanto si volessero bene. 
Nina quasi desiderò di tornare sulla tomba della ragazza, dopo quel magnifico e struggente racconto.
Non aveva mai sentito parlare qualcuno con così tanto amore ed affetto per un amica, non aveva mai creduto che potesse esistere un’amicizia così vera e pura.
Era sempre stata scettica sulle relazioni, ma forse doveva ricredersi.
Fran le raccontò anche il suo progetto di aprire questa scuola di ballo, che si sarebbe poi espansa in tutto il mondo con varie sedi.
Il progetto intrigava ed eccitava la ragazza, che cedeva in Francis e nelle sue possibilità di poter succedere in quel suo sogno. 
Non fecero parola di ciò che era accaduto con suo padre e la sua famiglia, non voleva riaprire una ferita, che però sapeva non essere sanata.
Nina si era informata sulle tappe del tour grazie a Chenille, che sapeva del loro arrivo, e aveva riservato alle due amiche dei posti in prima fila durante lo spettacolo che si sarebbe tenuto il 18 Marzo a Charlottesville, ad Atlanta. 
Francis non aveva alcuna voglia di andarci, soprattutto perché sapeva che non avrebbe sopportato di veder ballare la sua crew con i suoi passi, e lei seduta chissà dove in quella platea, lontana dal palco; ma ci andò, per non dispiacere Nina che si mostrava sempre entusiasta di andare ad un concerto di Justin. 
[…]
Francis era dimagrita quasi sette chili in un mese, e lo si poteva notare dagli incavi nelle sue guance, che quasi la trasformarono in un’altra persona. 
Se non fosse stato per Nina, avrebbe indossato il primo maglione e jeans che trovava, ma la ragazza le suggerì un pantalone nero, a vita bassa, largo di coscia, modello Hip Hop, con una t-shirt bianca molto stretta, avente lo scollo a V che lasciava scoperto leggermente il suo seno, con un filo di eyeliner e un po’ di trucco su quelle guance, per mascherarne la magrezza, e una coda di cavallo alta. 
Nonostante i chili in meno, non stava male, ma senza dubbio stava meglio in carne, adesso era quasi irriconoscibile dopo tutta quella sofferenza.
Mise su un giubbino nero modello blauer per nascondere quei chili in meno, e assieme a Nina andò allo spettacolo. 
Nina indossava un vestitino bianco molto stretto e con uno spacco sulla coscia destra, ed un cappotto nero di pari lunghezza del vestito, avente dei grandi bottoni lucidi dello stesso colore del cappotto, portava i capelli ricci sciolti al naturale e un trucco leggero sugli occhi ma un forte rossetto rosso sulle labbra carnose. 
[…]
Quella sera vi erano migliaia di persone presenti a quello spettacolo, anche in quella tapa, Justin, aveva ottenuto il tutto esaurito.
- Non so cosa dirgli…
- Sono sicura che le parole usciranno da sole, una volta che te lo ritroverai davanti.
- E se non volesse più parlarmi? Infondo sono stata via un mese senza farmi mai sentire, lui non sa cosa mi è successo…
- E allora devi dirglielo! Se davvero provi qualcosa per lui, non avere segreti… digli la verità.
- Parli facile…
Le due erano sedute in prima fila, sulla zona riservata ai posti a sedere, appena sopra al parterre e alla massa gremita sotto al palco. 
Nina tolse il cappotto, mentre Francis restò col suo giubbino addosso, tenendo le mani nelle tasche, sembrava soffrire il freddo, nonostante le temperature non erano alte come di solito.
- Insomma… dirgli Hey ciao Justin, scusa se non ho chiamato, ma nell’ultimo mese sono stata in prigione. Ah comunque mi piaci. 
Pronunciò tutto d’un fiato quelle parole, con un marcato tono ironico, per poi rivolgere uno sguardo di traverso all’amica.
- Ok… magari non proprio così, ma… prova a spiegargli… sono certa che capirà.
- Capirà? Sul serio?
- Sì.
- Capirà che sono un’incosciente! 
Fran era sempre più convinta che le cose tra lei e Justin non avrebbero mai potuto funzionare, soprattutto dopo tutto quel casino. Scosse il capo già sconfitta, poi disse:
- E poi… se dovessi dirgli la verità, lui capirebbe che quella volta che gli chiesi di lasciare la crew per tornare in Italia, non era vero che l’avessi fatto per mio zio, quindi scoprirebbe che gli ho mentito… peggio ancora!
- Non puoi sapere come reagirà veramente, finché non glielo dici…
- Ho paura, Nina…
Nina a quelle parole, le sorrise teneramente e le prese una mano. 
- Non averne… ci sono io con te.
- E se dovessi perderlo per sempre?
- Vorrà dire che non sarà stato degno della tua sincerità, dei tuoi sentimenti…
Francis continuava ad essere sempre meno convinta, ma le sorrise, grata della sua presenza lì quella sera, e sempre fino ad allora. Le voleva davvero un gran bene.
[…]
Lo spettacolo fu eccezionale, Justin fu fantastico, un po’ meno quando ballava in quel modo così provocante con Ashley, ma tutto sommato, lo spettacolo fu un altro gran successo, e piacque molto anche a Francis.
A fine serata, le ragazze ebbero accesso al backstage, e si ricongiunsero con Chenille che accolse Francis tra le lacrime quasi come una mamma preoccupata per la propria figlia. 
Tutti notarono il suo brusco dimagrimento, in particolar modo Jay ed Eddy che quasi contennero la loro foga nell’abbracciarla per timore di farle male. 
Fu un bel ritrovo con gli amici, ma non riuscì a vedere Justin, il quale sembrava essere sparito nel nulla.
[…]
Il giorno seguente, si sarebbero dovuti esibire a Pittsburg in Pennsylvania e nonostante Francis non fosse in forma, nonostante non ebbe modo di parlare con Justin per tutto il giorno, desiderò di salire su quel palco unicamente per riuscire a vederlo. 
Non interagirono molto, le coreografie non comprendevano loro passi insieme, eppure Fran riuscì a capire che il ragazzo la stesse evitando in ogni modo possibile; ma pareva non importarle, in un momento così difficile per lei, anche solo la sua presenza, anche solo osservarlo da lontano la faceva star meglio.
Vederlo interagire con quasi tutti i ballerini, ma non con lei, era davvero straziante e snervante, ma almeno non era l’unica a restarne fuori. 
Quella sera però, accadde qualcosa di inaspettato: il pubblico di Pittsburg sembrò ricordarsi di Francis e della sua esibizione al madison square garden, accanto a Justin, così cominciarono ad urlare il suo nome, sperando che la scena potesse ripetersi, ma la ragazza presa dall’emozione non seppe cosa fare.
Fu presa alla sprovvista, non si sarebbe mai aspettato che si ricordassero di lei, non credeva di aver fatto colpo; così prima che lo spettacolo ebbe fine, la ragazza fece un passo avanti verso il pubblico e li ringraziò lanciando loro un grosso bacio, ed esibendosi in un breve passo, che comprendeva anche la sua famosa scossa elettrica simulata alla perfezione. 
[…]
- Non ci posso credere, bella! Loro si ricordano di te! Ti vogliono!
Chenille elogiava Francis, alla fine dello spettacolo, assieme ad Eddy
- Per qualche minuto hai rubato la scena a Justin!
Diceva in tono euforico il suo amico, ma Francis nel ricordarsi di Justin e del fatto che ancora non riuscivano a vedersi, fece svanire lentamente il sorriso dal suo volto. 
Fortunatamente l’arrivo di Nina, riuscì a non far accorgere la cosa agli amici. 
- Io dico che sei sprecata! Dovresti essere tu la prima ballerina, altro che quella troia… senz’offesa per Mike, Chenille.
- Vacci pure giù pesante, bella.
Disse Chenille alzando le mani e dandole campo libero, con nonchalance. 
Poi Nina continuò il suo sfogo verso Francis, Eddy e la ragazza:
- Insomma come fa a non accorgersi di avere un talento come te nella propria crew, e tenerti in disparte? Se non glielo dite voi, glielo dico io a quel Timberlake dei miei stivali! Questo è totalmente svitato!
Nonostante Chenille ed Eddy continuassero a gesticolare in direzione della ragazza, Nina non si accorse dell’arrivo di Justin che alle sue spalle, si fermò ad assistere alla sua sfogata.
La ragazza nel voltarsi e nel ritrovarselo faccia a faccia, dopo quella sfuriata, si sentì sprofondare. 
- Beh? Continua pure, avanti.
Justin aveva una faccia seria, e visibilmente irritata dal comportamento irrispettoso della ragazza, ma Chenille intervenne in sua difesa e in quella di Francis, che non fece altro che fissarlo, dimenticandosi di tutto il resto. 
- Non prendertela con lei, Justin… è sua amica… 
- Anche tu lo sei…
- Sì, ma… 
- Ma te lo dico io, il ma! 
Nina sbottò aggressivamente verso il cantante, trattandolo quasi come se fosse stata un suo conoscente da anni.
- Se continui a tenerla fuori dalle scene, declassandola ad ultima ballerina sei proprio un idiota! È come se tu avessi una Ferrari parcheggiata in garage e uscissi con un’utilitaria qualunque! Fran è numero uno e se vuoi essere il numero uno anche nei tuoi concerti, allora dovresti rivalutare le tue priorità, mio caro artista! 
- Non credo che questi siano affari che ti riguardano, piuttosto, perché sei sempre qui dietro le quinte quando non fai parte del mio staff? 
- Smettetela, basta Nina.
Francis intervenne mettendo a tacere gli animi scaldati dei due ragazzi. 
Nina stava per rispondergli per le rime, ma un solo sguardo di Francis, riuscì a fermarla. 
- Lei è la mia personal stylist…
- So chi è!
Le rispose acidamente il ragazzo, senza staccare gli occhi di dosso a Nina, che continuava a guardarlo male, e con un’espressione imbronciata sul volto. 
Francis guardava Justin con la speranza di essere ricambiata, e disse:
- Mi è concesso portare con me almeno una persona dietro le quinte, quando non è presente il mio agente. È scritto sul contratto…
- Beh che imparasse a tenere la bocca chiusa in affari che non le riguardano.
- Mi riguardano eccome! Lei è..
Nina sbottò nel rispondergli in malo modo, ancora una volta, ma Justin la zittì bruscamente:
- Stattene al tuo posto! 
- Justin!!!!
Urlò Francis, riuscendo finalmente a farsi guardare dal cantante.
- Adesso smettetela!
Dopo qualche secondo, e dopo avergli rivolto uno sguardo severo, aggiunse:
- Ho bisogno di parlarti…
- Non c’è tempo per le chiacchiere. I fotografi vorrebbero una foto di noi due insieme… ero venuto a dirtelo. 
Francis si stupì nell’udire quelle parole, così come si stupirono tutti gli altri, che fissarono il cantante increduli.
- I fotografi?
- Esatto! Dai sbrighiamoci, che devo andar via.
Francis mosse qualche passo in avanti, e nel raggiungerlo lo guardava sperando di essere ricambiata, ma lui le rivolse uno sguardo fugace, per poi guidarla in sala stampa, dove ad accoglierli vi erano almeno una ventina di fotografi, che cominciarono a scattare foto non appena li videro arrivare insieme.
Francis indossava ancora i vestiti d’esibizione, e cioè un pantalone nero a vita bassa, un toppino bianco avente le giromaniche e un finto collo da giacca elegante, contornata da brillantini color panna e neri. I capelli li aveva sciolti, portati da un lato, e al piede portava ancora dei tacchi. 
- Più vicini, più vicini!
- Avvicinatevi!
- Justin?! Justin da questa parte!
- Abbracciatevi!
- Francis, Francis guarda da questa parte!
I fotografi sembrarono impazziti e tentavano di posizionarli, come se fossero stati due bambini durante la foto annuale della scuola.
Francis era visibilmente turbata ed imbarazzata, non sapendo cosa fare e come comportarsi, non era abituata a tutti quei flash.
Così improvvisamente Justin le cinse un fianco e la stinse a sé e nel farlo, poggiò la mano sulla sua, che a sua volta aveva poggiato sul fianco in una posa improvvisata.
Fran gli prese la mano, tenendo il gesto nascosto ai fotografi, e soltanto in quel momento cominciò a sentirsi a suo agio e meno in imbarazzo.
Avrebbe voluto che tutti quei fotografi sparissero, e che potesse restare sola con lui, ma non era possibile. 
Justin non tirò via la mano, anzi, cominciava a stringergliela, provando a trasmetterle tranquillità, ma purtroppo quel momento finì, e lui si allontanò seguito dal suo agente, in fretta e furia, senza neppure salutarla.
[…]
Il giorno seguente avrebbero avuto una giornata libera, prima di continuare lo spettacolo il giorno dopo a Uniondale a New York. 
I ballerini erano tutti a New York, Chenille in quel giorno libero aveva approfittato per far ritorno a casa da sua madre e sua figlia, seguita da Fran e Nina. 
- Insomma, lo hai sentito?
- E’ da più di un mese che non ci parliamo… a parte quel diverbio con Nina l’altra sera…
- Già… quel coglione!
Nina sbottò in un commento acido, ricordando l’accaduto, poi rendendosi conto di aver esagerato, si portò una mano sulle labbra, e guardò con mortificazione Francis.
- Scusa…
Francis, sorrise e non badò a quel gesto, ma tornò ad essere triste, e questo sia Nina che Chenille non lo sopportavano. 
Le ragazze erano sedute in veranda, e Chenille aveva in braccio la piccola Anaya che schiacciava un pisolino, e Francis fu catturata dai ricordi, rivivendo quella scena:
- Chenille…ricordi quando arrivai qui a casa vostra, e passavamo tutte le sere qui fuori, con la piccola Anaya che dormiva proprio come sta dormendo adesso?
Nel parlare di lei, Francis scostò una ciocca di capelli, via dal dolce volto della bambina, e un sorriso tenero le marcò il volto.
- Certo che me lo ricordo, bella… sembra passata un’eternità…
- Già…
- Insomma chiamalo!!
Chenille non resistette nel tenersi quelle parole dentro, e guardò Francis con frenesia, rischiando di far svegliare la piccola. 
Francis accigliò lo sguardo, e Chenille continuò:
- Se non hai potuto telefonarlo quando eri in carcere, dannazione fallo adesso!
- Ma Chenille…
Pronunciò svogliata Francis:
- Ha ragione!
Fran si voltò in direzione di Nina, che cominciava a spalleggiare l’amica:
- Io dico che se parlate, capirà… è soltanto arrabbiato con te perché non sa la verità.
Nina si strinse nelle spalle e in una smorfia, aggiunse di coda:
- E poi se la prende con me che non c’entro niente…
Chenille sbottò in una risatina a quelle parole, ricordando il loro dibattito della scorsa sera, poi tornò a guardare Francis:
- Avanti, bella… fa un tentativo… chiamalo!
- E se non mi dovesse rispondere?
- Almeno ci hai provato…
- Su coraggio!
Le due amiche si alzarono, ed incitarono Francis fino a che non rientrarono in casa per concederle un po’ di privacy.
Francis le guardò andar via, desiderosa di non doverlo fare, ma si rese conto che forse era l’unico modo per rimediare.
Cercò di farsi coraggio, e afferrò dalla tasca del giubbino di jeans che indossava, il suo cellulare e cominciò a cercare il suo numero di telefono nella rubrica.
Le risultava ancora strano avere il suo numero; ma cercò di non pensare a quel genere di cose, e dopo interminabili secondi passati a tentennare: lo chiamò.
Gli squilli erano lunghi ed interminabili, provò due, tre volte, fino a che non cominciava a scattare la segreteria telefonica; così si arrese e mise via il cellulare. 
Sensazioni di pentimento cominciarono ad avvolgerla, man mano che passava il tempo a fissare quel telefono, restando lì fuori. 
Forse doveva davvero smetterla di pensare di poter avere qualche chance con lui, doveva cominciare a prendere in considerazione l’ipotesi che lui avessi potuto farsi una vita durante quel mese di assenza, e che ora potesse uscire con qualcun’altra.
Probabilmente doveva abbandonare anche l’idea di essergli semplicemente amica. 
Più pensava a quelle cose, più si pentì di non avergli telefonato e detto tutta la verità, ma ecco che lo squillare del suo cellulare la destò bruscamente da quei pensieri negativi. 
Afferrò il cellulare e lesse che era lui che la stava richiamando. 
Presa da un attacco di panico, non sapeva cosa fare, né sapeva più come si rispondesse ad un telefono.
Cercò di fare un respiro profondo, prima di rispondere, e cercò di mantenere un tono di voce disinvolto e tranquillo:
- Pronto, sì, chi è?
Fallì miserabilmente…
- Come sarebbe? Sei tu che hai chiamato me…
La voce di Justin sembrava normale, né incazzata, né tanto meno allegra.
- Davvero?
Francis era nel pallone, parlava senza rendersi conto di quello che diceva, così tentò di rimediare ai suoi misfatti:
- Insomma, sì, voglio dire…ehm volevo… volevo sapere come stavi…
- Cosa diavolo sta combinando?
- E’ impazzita…
Intanto Chenille e Nina spiavano la sua conversazione telefonica dalla finestra, cercando di non farsi notare dall’amica, mentre Mama Su le guardava da lontano scuotendo il capo.
- Insomma, volete lasciarla in pace quella ragazza? Non siete qui per darle un po’ di privacy?
Chenille mimò alla madre di abbassare il tono della voce, con un movimento di braccia molto vistoso, fortuna che aveva messo a dormire la piccola sul divano…
- Shhh!!! Siamo qui per poterla poi aiutare…
- Sì… infatti…
La donna contrariata, si dissociò dalle due ragazze ed andò in cucina a sbrigare delle faccende, lasciandole spiare la conversazione che intanto continuava.
- Davvero mi hai telefonato per chiedermi come stavo?
- S-sì…
Improvvisamente, Francis iniziò a dubitare di sé stessa.
- Dopo un mese che sei stata via?
La ragazza perse tutto il nervosismo, e sospirò pesantemente, ecco tornato il Justin che conosceva… quello con cui litigava di continuo.
- Ascolta… posso spiegarti come sono andate le cose…
- Non credo di volerlo sapere…
- Ma io voglio fartelo sapere!
- Non dopo un mese…
Francis sospirò silenziosamente, sempre più determinata a dirgli la verità, ma non voleva farlo senza guardarlo in faccia, così con convinzione, tornò a parlargli dopo alcuni secondi di silenzio:
- Sei a New York, non è vero?
- No.
- Dove sei?
- Mi godo un giorno di vacanza…
- Ok, se proprio non vuoi dirmi dove sei, te lo dico per telefono…
- Che cosa?
- Che… sono finita nei guai! Sono stata in carcere!
Justin sbottò in un “CHE COSA?” dettato dalla notizia inaspettata, che faticava a credere:
- Ti prego… vediamoci… vorrei parlartene da amici…
- Dimmi che stai scherzando…
- No, Justin…
- Vediamoci al central park tra un’ora, da soli. 
- Ok…
- A tra poco…
La ragazza non ebbe modo di rispondere ancora, che lui riagganciò. 
Guardò quel cellulare per qualche secondo persa nei suoi pensieri, cominciando a credere di aver appena commesso un errore nel confessargli la verità. 
Temeva che potesse giudicarla male. 
La ragazza rientrò in casa, e in sala da pranzo ritrovò Chenille e Nina che finsero di non saper nulla:
- Allora??
Domandò fingendosi ansiosa di sapere, Chenille:
- Ha accettato di vedermi, solo dopo avergli detto che sono stata in carcere…
Le due sbarrarono gli occhi, poi lei aggiunse:
- Devo incontrarlo tra un’ora al central park.
- Riuscirai ad arrivarci in tempo, bella?
- Solo se prendo la mia Blacky…
- La tua che??
Domandò Nina stranita, mentre Chenille sorrideva maliziosa:
- Non la conosci?
- Ma di che state parlando?
- Vieni e lo scoprirai…
[…]
La curiosità morbosa di Nina, si placò soltanto quando vide quella motocicletta nera lucente, scoperta da un telo che la teneva a riparo nel garage dei De Noir.
- Vuoi farmi credere che è tua?
- Assolutamente sì.
- Non ci posso credere!!
La ragazza si avvicinò a quella moto, quasi spaventata, come se si stesse avvicinando ad un felino da circo.
- Io amo le moto!!! E’ Fantastica!!! E’ una Mito Cagiva SP525?
- E vedo che ne sei anche molto esperta…
Esclamò con stupore, Francis, piacevolmente colpita dalla cultura dell’amica in quanto a motociclette. 
- Promettimi che mi porterai a fare un giro! Ti prego! Ti Prego!
Francis sorrise a quelle parole, poi l’allontanò per poter salire a bordo.
- Promesso! Ma ora è meglio che vada…
- Quando torni… voglio sapere tutto!
- Anch’io!
- Vi racconterò tutto, non preoccupatevi…
- Vedrai che andrà tutto bene…
- Ne dubito.
- Abbi fede!
La ragazza indossò il casco, poi inserì le chiavi nel riquadro e quando sentì il suono rovente del motore della sua moto, si sentì meglio: quasi come se fino ad allora era stata con un pezzo mancante del suo corpo. 
Si lasciò andare a due colpi di gas, accelerando un paio di volte, poi lentamente uscì dal garage e partì in direzione del Central Park.
[…]
Guidare quella moto era un po’ come avere un rapporto sessuale con qualcuno, era eccitante ed appagante allo stesso tempo, le piacere avere il controllo totale della strada, guidare la moto era diverso dal guidare un auto o qualsiasi altro veicolo, era quasi come se il proprio corpo prendesse le sembianze di una moto, e si era liberi di sfrecciare tra gli altri ad una velocità elevata.
Fare slalom tra le auto, e saltare code e code di traffico non era mai stato più facile. 
Francis guidava in modo spericolato, per chiunque l’avesse vista, ma soltanto occhi esperti potevano notare che sapeva essere molto prudente nel suo essere veloce. 
Amava la corsa, sia quella fisica che quella con i motori, era come una passione innata, qualcosa che l’aiutasse a star bene con sé stessa raggiungendo un’altra dimensione, al di sopra degli altri. 
Superare gli altri sulla strada le dava una sensazione di superiorità, di rapidità, come se fosse stata un passo avanti al resto delle persone.
Arrivata nei pressi del Central Park, dovette rallentare, per non creare problemi di ordine pubblico, le sarebbe comunque stato impossibile correre ad alta velocità in quella zona.
Il casco nero lucente che indossava, non avrebbe dato modo a nessuno di riconoscerla, così mentre parcheggiò la moto in un apposito parcheggio all’aperto, decise di non levarlo via, e si diresse all’interno del central park, ancora col casco in testa, mantenendo una totale aria disinvolta. 
Indossava un jeans, con degli stivali che le coprivano mezza gamba, una t-shirt bianca coperta da un giubbotto di pelle nero abbottonato sino all’altezza del collo.
La ragazza camminava tra le strade del central park con questo enorme casco in testa, che non passava inosservato, e difatti chiunque le passava accanto, si voltava poi a guardarla, mentre lei disinvolta e disinteressata a quegli sguardi, cercava Justin da qualche parte. 
Dopo giri e giri in tondo, riuscì ad incontrarlo. Il ragazzo la guardò stranito senza giustamente riconoscerla a prima vista:
- Che cavolo fai con quel casco in testa?
Francis alzò la visiera, lasciando scoperti gli occhi e cominciò a parlargli:
- Non volevo che ci vedessero insieme, ho pensato che potesse infastidirti.
Spiegava la ragazza, come se stesse giustificando un fatto ovvio, gesticolando in maniera vistosa. 
A Justin non dispiaceva guardarle unicamente gli occhi, ma preferiva anche tutto il resto, così la trascinò in un luogo isolato e lontano da occhi indiscreti, costringendola a togliere quel casco dalla testa:
- Insomma, vuoi spiegarmi?
- Te l’ho detto! Lo indossavo per non dare nell’occhio…
Diceva mentre si dava una sistemata ai capelli, che portava lunghi sciolti, e lo guardava insistentemente, spazientita dal fatto che non capisse le sue ragioni.
Il ragazzo gesticolando almeno quanto lei, con tono irritato le disse:
- Non parlavo… Che poi hai dato più nell’occhio con quel casco in testa… e comunque!! Vuoi spiegarmi? Cos’è questa storia del carcere?
Il ragazzo era molto nervoso ed arrabbiato, così lei cercò di star calma e mettendosi a sedere su una panchina a due passi da lì, si aggiustava un ciuffo di capelli e lo guardava timorosa, poi disse:
- Non lo sa neppure il mio agente… lo sanno soltanto Chenille e Nina la mia personal stylist… oltre che la mia famiglia…
Pronunciò sbottando in un sorriso amareggiato la ragazza, ripensando inevitabilmente a suo padre.
- Insomma, cos’è successo?
- Ricordi quando ti dissi che avevo uno zio che stava poco bene?
Non avrebbe mai potuto dimenticare quella sera, neppur volendo, perché sapeva benissimo che Francis gli stesse mentendo, e forse proprio in quel momento, qualcosa nel loro rapporto si ruppe e cambiò per sempre. 
Il ragazzo acconsentì serio col capo, tenendo una mano poggiata al mento, poi con tono altrettanto serio disse:
- So benissimo che mi mentisti…
Francis stupita, lo guardava accigliata:
- E perché mi lasciasti andare, allora?
- Perché fu una tua scelta.
Francis, in quel momento capì tutto, capì ancor di più di aver sbagliato tutto anche con lui… avrebbe voluto chiedergli scusa, ma se l’avrebbe fatto, avrebbe smesso di raccontargli il resto della storia… così proseguì dopo alcuni attimi di silenzio:
- Feci una cazzata…
Il ragazzo acconsentì col capo, credendo che si stesse riferendo ancora al fatto di avergli mentito, ma poi il suo continuare a parlare gli fecero capire:
- Tornai in Italia e diedi fuoco al suo locale, quello di cui ti parlai… quello che lui gestiva e in cui ero solita andarci con Emma…
- CHE COSA HAI FATTO?
Justin sembrò cambiare colore a quelle affermazioni, il suo volto era un misto tra lo spaventato, il disgustato e l’incredulo, e tutte quelle espressioni insieme, non aiutarono Francis a continuare. 
La ragazza si bloccò e lo guardò con mortificazione e vergogna, sapeva che la stava giudicando male.
- So bene che non ci sono scuse per quello che ho fatto, ma …mi sembrava l’unico modo per avere una vendetta in base a quello che mi aveva fatto!
Francis ricordando il passato, e volendo far valere la sua versione, si alzò in pedi e cominciò a gesticolare alzando la voce:
- Insomma lui mi ha ingannata, se non fosse stato per quella meschina scommessa, a quest’ora non avrei mai conosciuto quel bastardo, non avrei mai fatto quell’incidente, ed Emma sarebbe ancora viva! Lo capisci? E’ tutta colpa sua, sua e basta!!!
Quando si riparlava di Emma e di quello che era successo, Fran tornava a perdere il controllo. 
Ma Justin sembrava essere più duro di lei, e cominciò ad urlarle contro di ricambio:
- Ma quello che hai fatto non ti ha ridato Emma!! Sei finita in prigione, mentre lui avrà avuto anche un risarcimento danni ed ora sarà anche ben felice di ristrutturare il suo locale e tornare alla vita di sempre, mentre tu non sarai più la stessa! Tu continuerai a pensare a questa possibilità, questa assurda possibilità che se non fosse successo, poi l’incidente non ci sarebbe mai stato… insomma smettila!!! Vivi la realtà! Affrontala per quanto difficile e dolorosa possa essere, smettila di comportarti come un’incosciente ragazzina!!
Alla parola ragazzina, Francis non controllò più sé stessa, e gli sferrò uno schiaffo violentemente. 
Sembrava essere intollerante ad ogni minimo ricordo e riferimento a Fabio, casuale oppure no.
Soltanto quando lo vide col volto girato dall’altra parte, a causa dello schiaffo, si rese conto di quello che aveva fatto. 
Sbarrò gli occhi quasi come se fosse rinsavita e gli andò incontro velocemente.
- Oh … mio.. Dio… scusami, ti pre…
Justin perse le staffe e l’allontanò in malo modo, con un espressione furiosa sul volto:
- Sai che ti dico? Fanculo! Ho chiuso con te! Ho smesso col starti dietro, sei soltanto una stupida testa calda!! Fanculo! 
Si aggiustò il cappotto color grigio che indossava, e guardandola male, poi si allontanò con le mani in tasca ancora incazzato. 
Sarebbe stata la seconda persona più importante al mondo per lei, che avrebbe perso nel giro di pochi giorni, e non poteva reggere un crollo simile, non dopo tutto quello che era successo con suo padre. 
Aveva bisogno di lui, non poteva lasciarlo andare, non poteva permettere al suo carattere, al suo orgoglio di rovinarle la vita.
Cominciò a corrergli indietro, cercando di fermarlo, di fermare tutto quello che stava per accadere.
- No! No, ti prego! Aspetta!!!
Gli corse dietro disperata, afferrandolo per un braccio, ma Justin sembrava ostinato ad andarsene:
- Non mi toccare! 
La scansò via in malo modo, visibilmente furioso, per poi tornare a camminare:
- Mi dispiace, ti prego! 
Francis cominciava a credere che fosse realmente finita anche con lui, cominciava a rendersi conto di aver perso i due uomini più importanti della sua vita, in una volta sola, così non reggendo dalla sofferenza che cominciava ad invadere il suo cuore, cominciò a piangere. 
- Ti prego…
Disse in un sussurro, restando ferma nel fissarlo andar via, mentre le lacrime cominciarono a rigarle il viso, e si lasciò cadere a terra sulle ginocchia disperata.
Piangere le fece bene, stava esternando tutto il dolore e la sofferenza di quelle settimane, del carcere, di suo padre, di tutto: ma adesso piangeva per lui… soltanto per Justin. 
Il ragazzo però non era così duro da poterla ignorare, così non appena la vide cadere a terra per la disperazione, e piangere, cominciò a pentirsi di averla trattata in quel modo ed immediatamente tornò indietro da lei, di corsa.
- Hey! Hey! Francis!
La ragazza travolta da quel pianto, fu costretta da lui a guardarlo, mentre cercava di tirarla su, ma lei era ormai crollata, e disperata continuava a ripetergli:
- Scusami… ti prego…
- Smettila di piangere! Basta! Alzati! 
- Non posso perdere anche te… Non ce la faccio…
Justin non capiva a cosa si stesse riferendo, ma cercava soltanto di tirarla su con scarso successo, così si inginocchiò accanto a lei, tenendola per le braccia. 
Lei lo guardò negli occhi e gli disse:
- Ho bisogno di te…
Justin si sciolse completamente a quelle dolci e disperate parole, così mentre si maledisse per averla fatta piangere in quel modo, la strinse in un forte abbraccio.
Francis continuava a piangere, mentre si stringeva al suo petto, temendo che potesse sfuggirle di mano come un palloncino. 
- Mio padre mi odia… non vuole più vedermi… non posso perdere anche te, non lo sopporterei…
Justin le accarezzava i capelli, mente ascoltava le sue parole, miste ad un pianto e cercava di rassicurarla.
- Sono qui… sono qui… non ti lascerò, non temere… smettila di piangere.. ti prego…
Adesso era lui che pregava lei di smetterla di piangere, prima che il cuore gli si spezzasse.
La ragazza ancora in lacrime, si lasciò sfuggire ad un sorriso di sollievo, ed alzò il volto verso di lui, poi gli mise le braccia al collo e l’abbracciò teneramente. 
Poggiò il capo sulla sua spalla e restò così per alcuni minuti, riuscendo a calmare la sua disperazione, sentendosi sicura e protetta tra le sue braccia. 
Guardava un punto vacuo davanti a sé, mentre lui le passava una mano tra i capelli, dolcemente e chiedeva scusa tacitamente per come l’aveva trattata. 
Sciolto quell’abbraccio, e smettendo di piangere, lo guardò in faccia e gli sorrise:
- Ti prometto che d’ora in poi, smetterò di avere segreti con te…
Justin abbozzò un sorriso, ancora un po’ scosso dall’accaduto, ed abbassò lo sguardo tristemente, mentre Francis cercava il suo sguardo:
- Ho un’altra cosa da dirti…
Justin incrociò il suo sguardo, curioso, e accigliato le disse, ancora un po’ timoroso che potesse volergli dire qualche altra cosa brutta.
- Che cosa…?
Francis spazzò via ogni dubbio, e senza più volersi trattenere, colmò l spazio che c’era tra loro e lo travolse in un bacio. 
Ancora a terra, i due si lasciarono andare a quel bel bacio, cominciando a stringersi in un abbraccio passionale e un bacio che non avrebbero voluto più mettergli fine. 
Finalmente Francis mise da parte il suo passato, finalmente riusciva a guardare al suo futuro, un futuro che voleva fosse accanto a lui, un futuro che avrebbe voluto passare ad amarlo senza più nasconderlo a sé stessa, né a nessun’altro.
Justin ne era pazzamente innamorato, e la desiderava come mai avesse desiderato qualche donna prima d’ora. 
Le cinse il volto con le mani, dolcemente, e diede vita ad un bacio interminabile.

   
 
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