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Autore: Macy McKee    28/09/2014    10 recensioni
‹‹Conto le stelle perché sono infinite. Non potrò mai contarle tutte, capisci? Non finirò mai di contarle.››
‹‹Che senso ha fare qualcosa che non puoi finire?››
‹‹Non mi piacciono le cose che finiscono.››

Melissa conta le stelle e Clara conta i chilometri.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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 Conterai le stelle?

I'm sorry that I couldn't get to you.
Anywhere, I would've followed you.

[Say something – Great big world]

 
‹‹Undici, dodici…››
Clara teneva gli occhi chiusi e il viso rivolto verso il cielo. Il respiro di Melissa le riempiva le orecchie, con i numeri che si alternavano ai sospiri in una canzone che si ripeteva identica ogni sera.
‹‹Tredici…››
Clara allungò una mano verso le dita di Melissa, stringendole fra le sue. La ragazza se ne accorse, e Clara sentì nella sua voce il sorriso che si allargava sulle sue labbra.
‹‹Quattordici.››
‹‹Non ti ho mai chiesto perché conti le stelle›› bisbigliò Clara.
Sentì un fruscio, mentre Melissa scivolava su un fianco per guardarla.
‹‹Pensavo che non volessi chiedermelo.››
‹‹Non volevo.››
Clara aprì gli occhi, e vide che lo sguardo di Melissa accarezzava il suo viso. Ha capito?, si domandò.
Un attimo dopo, il volto di Melissa era rivolto di nuovo verso il cielo.
‹‹Conto le stelle perché sono infinite. Non potrò mai contarle tutte, capisci? Non finirò mai di contarle.›› S’interruppe, e Clara sentì la presa sulla mano farsi più vigorosa.
‹‹Che senso ha fare qualcosa che non puoi finire?››
‹‹Non mi piacciono le cose che finiscono.››
Per qualche momento, Clara sentì il rombo sommesso della città sotto di loro riempirle le orecchie e il vento fischiare fra i suoi capelli, proteggendola da un silenzio violento che minacciava di colpirla.
‹‹Quindici, sedici…››
‹‹Mel, devo andarmene.››
‹‹Lo so.››
‹‹Lorenzo vuole andare all’università. Ci trasferiamo tutti a Venezia.››
Un respiro rimbombò nelle sue orecchie in risposta, fragoroso come un tuono.
‹‹Non so quando tornerò.››
‹‹Lo so.››
Clara sentì il viso di Melissa appoggiarsi sulla sua spalla. ‹‹Ti aspetterò qui. Sarò qui, quando tornerai. Conterai le stelle per me?›› sussurrò Melissa.
‹‹Non conteremo mai lo stesso numero di stelle. Non si vede lo stesso numero di stelle, a Venezia.››
‹‹Meglio. Così mi racconterai delle tue stelle, quando tornerai. Conosco già le mie.››
Clara sorrise, e sperò che Melissa non vedesse che il tuo sorriso aveva la forma di un addio.
‹‹Come facevi a saperlo?››
‹‹Non mi avevi mai chiesto perché conto le stelle.››
 
 
La scala ondeggiava sotto le sue dita, ma Melissa sapeva che non sarebbe caduta. Aveva accumulato tanta ruggine, in cinque anni, ma aveva resistito: era sempre la stessa scala, e Melissa la conosceva troppo bene per avere paura di scivolare.
Posò i piedi sul cemento del tetto. La luna era una sfera completa sopra la sua testa, e illuminava la notte con una luce soffusa che pareva quella di una candela, permettendole di scorgere le crepe che abbruttivano la superficie sotto le sue scarpe.
Melissa conosceva ognuna di quelle crepe, e le piaceva seguirle come se fossero state un sentiero per raggiungere la sua posizione preferita per sdraiarsi.
Fu seguendo la mappa incisa nel cemento dagli anni e dalle piogge che vide le stelle.
Erano cerchi di vernice dorata che punteggiavano la superficie grigia. Il colore era ancora fresco e macchiava le sue scarpe, ma Melissa non fece caso alle chiazze che si formavano sotto le sue suole mentre correva attraverso il tetto, gli occhi incollati a quelle stelle dipinte su un cielo artificiale.
Raggiunse ansimando la sua postazione d’osservazione. Davanti ai suoi piedi c’era un biglietto che ondeggiava mentre la brezza notturna cercava di strapparlo dal sasso piatto che lo teneva fermo.
 
Ho contato le stelle per te, Mel, e te le ho portate. Ti presento le stelle di Venezia.
Io non tornerò più.
Ho scoperto che viaggiare è la mia vita, e non posso fermarmi. Non avevo mai capito perché ti piacessero tanto le cose che non finiscono, ma ora capisco: ho trovato le mie stelle nei viaggi in treno e in terre lontane, e non riesco a immaginare cosa succederebbe se mi fermassi. Perdonami, Mel.
So che non ti piacciono le cose che finiscono, così ti ho portato un pezzo di cielo che rimarrà dov’è per sempre.
 Se mi perdonerai, riempi il mio cielo con le stelle che vedi dal nostro osservatorio.
Ti ho amata.
 Clara.
 
 
 
 
Note: È decisamente diversa dalle cose che scrivo di solito, lo so. Solitamente non scrivo racconti romantici, soprattutto originali. Ma quest’idea mi tormentava, e sapevo che avrebbe continuato a vagare nel mio cervello fino a quando l’avessi scritta. Dunque, ecco qui questo piccolo esperimento. 
Me lo sentivo che avrei scordato qualcosa. L'idea dell'"osservatorio" è tratta dalla canzone Le ragazze stanno bene del gruppo Le Luci della Centrale elettrica, così come anche l'idea di viaggiare di Clara. La storia della canzone poi prosegue in modo completamente diverso, ma quei due elementi sono ispirati a quel testo. Se non la conoscete, vi consiglio caldamente di ascoltarla, perché è meravigliosa.
Dedicata a qualcuno.
 
   
 
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