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Autore: Chico chan 95    28/09/2014    0 recensioni
Durante un litigio piuttosto serio, Sherlock si fa sfuggire qualche deduzione troppo crudele, spingendo John a rifugiarsi da Harriet per qualche giorno.
Terrorizzato dall'idea che John non torni più, per "conquistarlo" di nuovo, Sherlock inizia a lavorare a maglia.
Genere: Guerra, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Londra il tempo non era mai stato così pessimo e sembrava in sintonia con l’umore che mi ritrovavo, sebbene la giornata fosse iniziata in maniera splendida anzi direi celestiale mentre ora devo assorbirmi le chiacchere continue di Harriet che blatera qualcosa sul fatto che forse dovrei tornare a casa e chiarirmi anche se la colpa non è mia totalmente. Ma come faccio ad assecondarla se ripenso alle parole che mi sono state rivolte?

Flashback

Avevamo appena finito di fare l’amore, questa volta non ero stato io a prenderlo ma con molta sorpresa da parte mia aveva fatto l’attivo in maniera eccellente facendomi sentire vivo e amato come non mai. Nel letto con ancora addosso il suo odore mi mossi alla sua ricerca scoprendone ben presto l’assenza. Mai che riuscisse un attimo a fermarsi e rilassarsi, ma alla fine andava benissimo così.
Mi infilai le prime cose che capitarono e scesi per fare colazione. Vagai per tutta la cucina per dargli almeno un bacio per salutarlo ma non trovandolo presi una delle fette con la marmellata che ci aveva preparato sicuramente Mrs. Hudson e andai al lavoro.
Il tragitto fu tranquillo e breve, guardavo ma non pensavo veramente a quello che mi circondava fino a quando non vidi un bambino. Non era particolarmente grazioso, anzi aveva un’ espressione parecchio corrucciata che ne indeboliva la naturale bellezza dei bambini, non sapevo nemmeno perché lo stavo fissando così intensamente, nella mia memoria non lo associavo a nessuno in particolare e solo a quel punto scattò qualcosa in me.
Non ero più a Londra nel bel mezzo del marciapiede a fissare il bambino strano ma in Afghanistan in una tenda del pronto soccorso mentre guardavo me stesso curare quello stesso bambino o perlomeno uno molto simile tanto da confondermi, vedevo lo stesso bambino abbracciarmi grato per averlo curato malgrado fosse il nemico, poi camminare fuori dalla tenda per tornare dai suoi genitori ma prendere una mina ed esplodere in tanti pezzi, colpendo indiscriminatamente soldati nemici e alleati. Fu solo un attimo di silenzio poi scoppiò un urlo intriso di dolore e quello che seguì fu definibile solo come l’inferno.
Tornai alla realtà ma quello strano bambino era scomparso e con il fiatone andai a lavorare. Malgrado i numerosi appuntamenti con i pazienti una parte di me continuava ad elaborare quello che avevo visto, francamente ritenevo impossibile che si trattasse dello stesso bambino, era morto davanti ai miei occhi quindi cercai di archiviare il fatto come un semplice scherzetto della mia mente e provai a concentrarmi di più sul lavoro, cosa che risultò inutile visto che la giornata lavorativa era finita e Sarah da fuori mi invitava a sloggiare.
Brontolando uscii dall’ospedale e andai nel ristornate cinese per prendere alcuni piatti che Sherlock solitamente mangiava senza crearsi troppi problemi, ma la giornata non poteva risolversi in meglio ma solo peggiorare. Presi le porzioni e tornai a casa con aria funerea. Non vidi Mrs. Hudson per niente ma solo in seguito scoprii che percependo aria di tempesta al ritorno di Sherlock aveva preferito allontanarsi preventivamente. Aprì la porta e l’assalto che ebbi fu inaspettato, le gambe di Sherlock mi avvolsero completamente il busto e le sue braccia strinsero con delicatezza il collo e mi sussurrò alcune parole molto dolci che mi fecero sorridere per la prima volta dalla mattina. Ricambiai per quanto possibile l’abbraccio, ma non appena le mie braccia lo strinsero si staccò e tornò a rifugiarsi in cucina tra alambicchi e pezzi di cadaveri.
Preparai il tavolo e aspettai con pazienza che finisse di giocare, ma l’attesa durò poco, visto che in appena una decina di minuti anche l’ultimo pezzo di cadavere iniziò a decomporsi secondo i suoi ritmi e con un sorriso soddisfatto si allontanò dall’esperimento. Appena si accomodò di fronte a me, qualcosa scattò nei suoi occhi, stava deducendo la mia giornata e per l’avvenimento di quel giorno il suo sguardo per la prima volta mi mise a disagio e sospirai. Poi disse quelle parole: « Oggi hai avuto un incontro direi perlomeno particolare, non era vivo quel bambino John era solo frutto della tua fantasia quindi è inutile che ti dispiaccia per qualcosa che la tua immaginazione ha prodotto, quel bambino ormai non esiste più.»
Io rimasi scioccato, non riuscivo a capire come sapesse che la colpa non era mia ma si sbagliava di grosso, la mina era quasi alla fine della striscia neutrale, mi avevano dato l’ordine di seppellirla quindi era inutile sentire cosa dicesse Sherlock, era innegabilmente colpa mia. Lo guardai ferito, quel bambino aveva tormentato non solo questa giornata ma numerosi notti, lo vedevo morire in mille maniere diverse ma nelle notti peggiori lo vedevo maciullato ma vivo che mi chiedeva il perché delle mie azioni. Con ancora la forchetta in mano e senza proferire alcuna parola mi alzai e andai in camera. Pochi minuti dopo ero in strada con un borsone pronta ad andare a casa di Harriet.
 

Passò un giorno e la situazione si faceva sempre più orribile e pesante per entrambi i litiganti, ilo fatto che non ci fosse stato un vero e proprio litigio ma una constatazione di Sherlock che aveva ferito John non rendeva la situazione più leggera. Ma torniamo indietro di ventiquattro ore.
Possiamo notare che dopo il fuggire del dottor Watson in mattinata Sherlock passeggia per le vie di Londra sorridendo e già questo forse avrebbe dovuto creare un panico, ma rendendosi conto di risultare troppo dolce il sorriso viene celato con un’espressione sarcastica e continua la sua passeggiata dirigendosi all’obitorio.
Dopo un’estenuante chiacchierata con Molly che nella gioia del momento aveva deciso di parlare con il primo che passasse del suo gatto che finalmente si era trovato un compagno stabile, riesce ad ottenere Due mani e un piede di un povero cristo morto una settimana fa d’infarto e non reclamato da nessuno. La mattinata trascorre tra esperimenti vari e quando torna John, Sherlock gli salta addosso perché ha sentito la sua mancanza anche se sapeva che era solo una momentanea separazione, ma non soddisfatto glielo dice apertamente sussurrando e quando sente che le sue braccia lo stanno circondando si allontana.
Seguirono quelle constatazioni e al fuggire di John, anche se Sherlock razionalmente sapeva che probabilmente aveva solo bisogno di staccare un po’ e che quelle parole avevano semplicemente fatta traboccare il vaso, entrò in panico. Eccoci al punto iniziale. Sherlock abbandonò la cena, la sola assenza di John che lo guardasse contento di essere riuscito a fargli mangiare almeno il minimo necessario per la sopravvivenza rendeva inutile l’atto stesso. Prese il computer e fece una breve ricerca sul come farsi perdonare dai propri compagni, un regalo logicamente sembrava una delle ipotesi più accreditate, ma questo non aiutava molto Sherlock che voleva fare qualcosa di più originale qualcosa più alla Sherlock Holmes che si abbinava a John Watson.
Gli scattò qualcosa e vagò alla ricerca d alcuni ferri e della lana, visitò persino la poco tornata Mrs.Hudson che in un atto di cortesia e buona fede concesse le proprie armi e invece di sferruzzare si rilassò leggendo qualcosa di molto leggero. Ora Sherlock non era propriamente un genio della lana, soprattutto se era di un terrificante color vomito giallo con alcune macchie verdi, ma era estremamente convinto che John in qualche modo alla fine l’avrebbe trovato di proprio gradimento e gli avrebbe perdonato le sue sciocchezze.
Passarono le ore, all’inizio aveva deciso di creare un maglioncino ma qualcosa gli aveva fatto desistere, passò quindi per un cappello ma alla fine la sua scelta ricadde su una sciarpa e nodo dopo nodo questa si formava e puntualmente si disfaceva, lasciandolo vagamente perplesso. Dopo un paio di ore di lavoro, davvero Sherlock non riusciva a comprendere perché risultasse piuttosto un dannato maglione rispetto alla sciarpa che aveva previsto, ma insomma non si lamentava più di tanto e mentre stava finendo il suo “bellissimo” lavoro, come una furia entrò John. Con ancora il borsone tra le braccia, alternò numerosamente lo sguardo tra il maglione/sciarpa e la faccia attonita di Sherlock che ancora non si capacitava del fatto di essere stato appena scoperto con le mani nel sacco, perché l’ingenuo consulting detective sperava di finire il regalo e nasconderlo sotto il cuscino ma il suo ritorno l’aveva lasciato confuso. Cercò di nascondere abbastanza inutilmente il regalo ma questo venne acchiappato dalle mani leste di John che si era avvicinato. Non ebbe il tempo materiale di spicciare qualche parola che gli saltò addosso e disse: «Non pensare che non voglia delle scuse ma ho talmente bisogno di te che non ce la faccio davvero…» e lo baciò.
Non fu un bacio particolarmente appassionato, le lingue si muovevano lente come se quel giorno di distanza fosse stato così lungo da disabituarle all’altra presenza, si solleticavano e si succhiavano con dolcezza alternata a forza. Mentre il bacio continuava entrambi si sfilarono velocemente i pochi vestiti, poiché quasi già al limite, la frizione doveva essere maggiore, la pelle nuda doveva stare a contatto per dare maggior piacere. John fece del suo meglio per resistere per prepararlo almeno un po’ ma non è che Sherlock aiutasse molto, gemeva di continuo minando la sua resistenza quindi John prese i suoi glutei sodi e iniziò a leccarlo lì, lo fece arrivare all’orlo dell’orgasmo più atroce e poi lo penetrò con una sola spinta, e Sherlock venne. John però voleva farlo godere di più quindi lo stuzzico di nuovo, ma Sherlock si sentiva decisamente esausto quindi gli sussurrò uno scusa per tutto e strinse forte i suoi glutei mentre stava facendo un’altra spinta e questa era talmente inaspettata che John si riversò nel corpo senza quasi rendersene conto.
Entrambi si accasciarono vicino al divano, esausti a causa dei potenti orgasmi che si erano provocati, con ancora lo sperma che colava un po’ dappertutto si addormentarono con entrambi parole di scuse e dichiarazione d’amore eterno e imperituro sulle labbra.
 
   
 
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