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Autore: yllel    29/09/2014    2 recensioni
Considera la somma di tutte le cose e rifletti: se togli un elemento, quello che rimane e' ancora accettabile?
Questo e' il seguito di "Broken".
Post terza stagione e sherlolly. Di nuovo.
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ehm ehm... qualcuno si ricorda ancora di questa storia?
Scusate!!! Non credo di aver mai fatto passare cosi tanto tempo tra un aggiornamento e l’altro!
Comunque!
Nuovo capitolo e come sempre, grazie a chi ha commentato il precedente e a chi ha iniziato a seguire o preferire la fanfic in questo periodo di latitanza ( spero che la mia assenza non vi abbia fatto pentire e nel frattempo no, i personaggi non sono neanche diventati miei...)
Le recensioni sono come sempre ben accette, buona settimana a tutti!

 
LA SOMMA DI TUTTE LE COSE

CAPITOLO 4
 
 
Un osservatore esterno avrebbe classificato l’uscita di Molly Hooper dal laboratorio come una di quelle di gran classe: era riuscita a far notare a Sherlock Holmes che aveva sbagliato ed era giunto a conclusioni affrettate e poi, oltre al fatto che gli aveva ordinato di non lasciare troppo in disordine (sottintendendo la sua incapacità e volontà di sistemare bene le cose), se ne era venuta fuori con una bella frase ad effetto.
Perchè voglio avere anche io la possibilità di essere felice.
Ora Sherlock stava ancora osservando le porte che si era richiuse dopo il passaggio della patologa.
Era questo in fondo, no? Questo bisogno che la gente normale avvertiva, questa ricerca di un senso pieno della vita che non aveva nulla a che fare con i casi risolti, o i misteri affascinanti e gli esperimenti soddisfacenti... Che andava oltre la logica e il pensiero razionale.
E che per questo a lui sfuggiva totalmente.
Molly Hooper era come tutti gli altri e aveva i loro stessi desideri , ci aveva solo messo un po’ più di tempo a prenderne atto... e Sherlock Holmes non poteva certo dimenticare di essere stato lui stesso ad assicurarle che lei si meritava la felicità che aveva appena proclamato di volere.
Era strano, come le sue stesse parole gli si stessero rivoltando contro, tuttavia una voce dentro di lui non poteva evitare di rinfacciargli di avere una grossa responsabilità nel cammino di presa di coscienza che Molly aveva fatto.
Lui, con i suoi commenti e i suoi comportamenti.
Lui, che l’aveva bruciata troppe volte.
Lui, che non l’aveva ritenuta necessaria.
“Stupido fottutissimo idiota”
Sherlock si riscosse dai suoi pensieri, sbattè le palpebre per qualche volta e poi si girò piano verso il Dottor Watson, allontanando finalmente lo sguardo dalla porta.
“Chiedo scusa?” sbottò stupito, in parte perchè si era quasi dimenticato di non essere rimasto solo e in parte perchè raramente gli insulti di John erano cosi coloriti e pieni di rancore.
Il suo migliore amico scosse la testa e fece due passi verso di lui, sul viso ancora una totale espressione di stupore e incredulità.
“Che cosa hai fatto? Che cosa accidenti hai combinato per spingerla ad andarsene?” nella sua voce traspariva una chiara nota di rabbia.
Sherlock sentì a sua volta l’irritazione invaderlo di nuovo: non era suo desiderio discutere con chicchessia di quello che stava succendendo con Molly, e la presunzione (giusta, ma non per questo ben accetta) che fosse colpa sua non faceva che aumentare il suo fastidio.
Sarebbe mai arrivato il momento in cui tutta quella situazione non sarebbe stata più in grado di fargli perdere le staffe?
Si, sentì di nuovo la voce dentro di lui, probabilmente quando Molly se ne sarà definitivamente andata e tu dovrai per forza fartene una ragione.
Quel pensiero, travolgente e improvviso e cosi cosparso di ineluttabilità lo riempì di ulteriore fastidio.
“Mi pareva avessi detto di voler andare a casa, John” iniziò a dire con un tono di voce teso che lasciava poco spazio alla discussione “Sicuramente Mary ti sta aspettando e il mio consiglio è quello di non presentarti a mani vuote, visto il persistere delle sue voglie da gravidanza e il suo conseguente malumore quando non riesce a soddisfarle. Certamente dell’ulteriore gelato potrebbe”
“Di qualsiasi cosa si tratti, puoi rimediare” lo interruppe John passandosi una mano fra i capelli e cominciando a camminare per la stanza “con Molly tu riesci sempre a farlo, in un modo o nell’altro. Dimmi che stai già pensando a un modo per fermare questa... cosa”
“L’unica cosa a cui sto pensando ora sono le indagini che dobbiamo portare avanti” ribattè ostinato Sherlock.
“Ti aiuteremo, naturalmente. Io, Mary e gli altri” continuò John senza veramente ascoltarlo “Non che te lo meriti, per la verità, qualunque cosa tu abbia combinato deve essere grave... ma la situazione richiede che per il momento lasciamo stare le tue colpe e ci concentriamo sul fatto che devi aggiustare la situazione”
“Smettila, John”
“Mrs Hudson l’aveva capito e io non le ho dato troppa retta” il Dottore scosse nuovamente il capo continuando a riflettere tra sè e sè “aveva capito che oltre a questa faccenda del ritorno vero o presunto di Moriarty c’era qualche cosa d’altro che ti stava rodendo”
“Non c’è nulla che mi sta rodendo” si intromise Sherlock, deciso a fermare quella conversazione una volta per tutte “quello che Molly vuole fare della sua vita sono affari suoi. L’hai sentita, John... si sta guardando in giro. Perchè vuole essere felice. Per quanto sia indisponente il fatto di dover collaborare con altri patologi, nemmeno io posso oppormi al fatto che la Dottoressa Hooper voglia cercare altrove quello che evidentemene non trova più qui” Sherlock tornò a sedersi al suo sgabello davanti al microscopio “Ora, o rimani per aiutarmi con le analisi o la tua presenza non può che”
“Ma ti stai ascoltando per lo meno?!?” lo interruppe di nuovo John incredulo dopo essersi fermato di botto “Il tuo cervello sociopatico riesce a capire che stai per mandare all’aria qualcosa di più che una mera collaborazione professionale? Perchè quello che penso io è che”
“NON C’E’ NESSUNA POSSIBILITA’ DI RIMEDIARE!”
Le parole urlate da Sherlock ricaddero pesantemente nel laboratorio e i due uomini rimasero a fissarsi, entrambi stupiti da quell’improvvisa esplosione.
Il consulente investigativo fu il primo a riscuotersi: fece un profondo sospiro e raddrizzo’ la schiena, sul volto un’espressione stoica che poco si associava alla sua sfuriata di pochi secondi prima.
Puntò gli occhi verso un punto lontano della stanza.
“Non c’è nessuna possibilità di rimediare” dichiarò di nuovo, questa volta con un tono più basso e contenuto “Molly ha preso la sua decisione. Forse dopo tutto è meglio cosi”
“Non ne sei davvero convinto” disse John.
L’amico si voltò a guardarlo e una smorfia apparve sul suo volto.
“Quello che io penso non ha importanza” dichiarò facendo per un attimo cadere tutte le sue barriere e rivelando la sua inquietudine.
L’altro lo fissò ancora più stupito di prima, come se gli fossero improvvisamente spuntate due teste: Sherlock Holmes che affermava che il suo pensiero non era importante... non era certamente cosa da tutti i giorni!
Anzi, non era mai successo e questo poteva solo significare che la situazione doveva essere davvero grave.
“Ma...” tentò comunque una timida protesta.
“Non ne voglio più parlare, John” il tono distaccato aveva fatto la sua ricomparsa, evidentemente Sherlock non intendeva lasciarsi andare ulteriormente ed era anzi intenzionato ad eliminare tutte le ripercussioni di quella discussione; si voltò di nuovo verso il microscopio e il Dottor Watson capì che il loro confronto era finito.
Solo per ora, si disse con risolutezza.
Senza aggiungere un’altra parola uscì silenziosamente dal laboratorio.
Il consulente investigativo chiuse per un attimo gli occhi e fece un sospiro profondo.
Tempo di tornare a concentrarsi, sarebbe stata una lunga notte.
 
***
 
Greg Lestrade aprì gli occhi solo per un attimo e poi li richiuse, giudicando il momento del mattino troppo presto per qualsiasi cosa.
La figura che gli stava accanto si mosse piano e lui sorrise.
Beh, forse non troppo presto per tutto.
“Buongiono, futura signora Lestrade” sussurrò a bassa voce posando un bacio sulla spalla di Linda.
Lei non si voltò, ma lui potè indovinare il suo sorriso.
“Mmm... fai piano” gli rispose la donna con la voce ancora impastata dal sonno “Il mio fidanzato potrebbe tornare da un momento all’altro e ti avverto, è armato e pericoloso”
Greg scoppiò a ridere e le si fece più vicino.
“Troppo tardi” commentò allegro “il tuo fidanzato è già qui”
“Bene” si sentì rispondere “perchè mi sei mancato molto, Detective Ispettore”
La sua fidanzata si voltò e lui scoprì di non essersi sbagliato, stava davvero sorridendo.
Ed era la cosa più bella che lui avesse mai potuto sperare di vedere nella sua vita.
Quando Molly gli aveva presentato Linda, Greg Lestrade era stato colpito da una potente verità, quella che l’amore a prima vista esiste e che poteva presentarsi anche a un uomo disilluso e amareggiato da un cattivo matrimonio come lui.
Aveva corteggiato l’infermiera senza tregua, ma anche con un senso di smarrimento che non ricordava di aver mai provato se non durante la sua adolescenza, desideroso di conquistare quella donna ma anche intimorito di non riuscire a fare le cose nel modo giusto.
Perchè lui aveva capito che la voleva sul serio. Per sempre.
E ora Linda portava il suo anello al dito e un pensiero improvviso lo colpì forte.
“Sposami” sbottò.
Lei lo guardò perplessa.
“Ho già risposto a questa richiesta, ricordi?” gli chiese corrugando la fronte in un misto tra divertimento e preoccupazione: in fondo era un’infermiera, e i vuoti di memoria non erano mai un buon segno.
Lestrade realizzò cosa le stesse passando per la mente  e scosse piano la testa.
“Certo che lo ricordo” si affrettò a chiarire “Intendevo... sposami subito. Oggi”
Linda si rizzò a sedere sul letto, d’un tratto sveglia più che mai.
“Greg...” sussurrò posandogli la mano sul viso.
Lui socchiuse gli occhi a quel contatto e poi la osservò tornare a sorridere.
“Troppo affrettato, vero?” le chiese con rassegnazione.
Lei annuì allargando il suo sorriso.
“Un pochino, si” gli disse con dolcezza.
“Ma non aspetteremo per tanto tempo, giusto?” le chiese speranzoso.
Linda ritornò seria.
“Assolutamente no, Ispettore. Non lascerò sul mercato un fusto come te ancora per molto, ma vorrei almeno avere la possibilità di organizzare il mio matrimonio con un po’ di cura, senza contare che mi dovrai sicuramente una magnifica luna di miele che in questo momento non mi puoi proprio assicurare, visto che insisti nel tornare a casa alle ore più impensate”
Lui fece una smorfia: era vero, nelle settimane precedenti e poi di nuovo quella notte aveva fatto le ore piccole e se la sua ex moglie aveva fatto del suo lavoro un punto di recriminazione e insoddisfazione, sapeva che invece Linda era fiera di lui e che capiva il suo senso del dovere, accettandone anche gli aspetti meno piacevoli. In fondo anche lei aveva i suoi turni di notte.
Linda ammiccò.
“E vorrei conoscere i tuoi amici, visto che li inviteremo al matrimonio. Tutti
L’espressione di lui si fece un po’ infastidita al pensiero di Sherlock e dei suoi commenti del giorno precedente, ma prima che potesse dire qualcosa il suo telefono sul comodino emise un suono.
 A malincuore si voltò per prenderlo e leggere il messaggio che era arrivato.
“Si parla del diavolo...” disse non appena lo ebbe letto.
All’occhiata interrogativa che Linda gli rivolse rispose facendole vedere lo schermo del cellulare.

DOBBIAMO PARLARE AL PIU’ PRESTO. SHERLOCK L’HA FATTA GROSSA, SI TRATTA DI MOLLY. JW

“Suppongo questo significhi che John ha scoperto che Molly sta pensando di andarsene” sospirò Greg appoggiando di nuovo il telefono in parte al letto e tornando a distendersi con le braccia incrociate dietro la testa.
La sua fidanzata si appoggiò ad un gomito e lo guardò preoccupata.
“Credi che si arrabbierà quando saprà che tu eri già a conoscenza delle sue intenzioni?” gli chiese, carezzandogli distrattamente il petto.
Lestrade annuì.
“Probabile, ma francamente il pensiero non mi disturba più di tanto” rispose con fermezza “Molly ha il diritto di decidere come crede e sono abbastanza sicuro che non sia stata lei a parlare con John. È più  probabile che quell’idiota di Sherlock l’abbia in qualche modo scoperto e che adesso stia facendo il diavolo a quattro per evitare di perdere il suo accesso illimitato all’obitorio”
L’espressione di Linda si fece pensierosa
“Ritieni davvero che sia cosi? Che gli dispiacerebbe solo per questo? Io non lo conosco, è vero... ma da quello che mi hai raccontato Sherlock Holmes non è davvero cosi freddo come potrebbe sembrare”
Greg si prese del tempo per pensare.
“No, non lo è” disse infine “ma credo anche lui che non riuscirà mai a capire o accettare che ci sia dell’altro e Molly si merita di meglio”
“Quindi secondo te non c’è speranza che le cose si risolvano...” ragionò Linda “è un vero peccato. Lei mi piace, quando sono arrivata al Bart’s è stata subito gentile con me, mi ha aiutata ad ambientarmi”
“Lo so...” Lestrade la prese tra le braccia “credi che a me faccia piacere vederla andare via? È in gamba ed è un’ottima persona con cui si lavora molto bene e che mi mancherà, ma proprio per questo ritengo che debba avere la sua possibilità”
“Si... credo che tu abbia ragione”
Rimasero in silenzio stretti l’una all’altro per qualche minuto, fino a che Greg non si decise a parlare.
“Allora... quanto presto ci sposiamo?”
Linda scoppiò a ridere ma fu interrotta di nuovo dal telefono del suo fidanzato, che però questa volta squillò.
“Lestrade”
“Signore?”
“Donovan... te l’ho già detto ieri... puoi anche smetterla di chiamarmi signore, non sono più il tuo capo e sospetto che in qualche modo tu mi sia addirittura superiore, quindi...”
“Ehm... si, ok. Va bene. Mi dispiace di averti disturbato ma dovresti venire, abbiamo una pista”
“Di che si tratta?”
“Pensiamo che i fratelli Kybransky abbiano appena fatto la loro seconda vittima londinese”
 
***
 
Sherlock aveva lavorato per la maggior parte della notte sui componenti chimici rinvenuti nel laboratorio di Loggins, ma sentiva di essersi infilato in un vicolo cieco e di non aver fatto nessun passo avanti utile nello scoprire una qualche traccia.
“È tutto troppo confuso e ordinato allo stesso tempo” mormorò tra sè osservando i vari fogli appesi al muro sopra il divano, quelli che aveva attaccato dopo essere rientrato dal Bart’s (e aver riordinato. Si, lo aveva fatto) e che riassumevano i delitti delle settimane precedenti e le scarse informazioni che aveva acquisito nelle ultime ventiquattro ore.
Le immagini di Moriarty dappertutto.
La serie di omicidi.
I fratelli Kybransky e il loro modo di agire.
“È tutto collegato... ma in che modo?” continuò a ragionare a voce alta.
“Hai detto qualcosa caro?”
Mrs Hudson era appena apparsa sulla soglia dell’appartamento con un vassoio in mano, e un’espressione ancora più preoccupata del giorno prima alla vista dell’ulteriore caos in cui l’appartamento sembrava essere caduto.
Sherlock non le diede risposta e con un sospiro lei appoggiò il te e i toast sull’angolo del tavolino, pregando che rimanessero in equilibrio su quell’unico fazzoletto di superficie libera che sembrava esistere in quel pandemonio.
Aspettò ancora qualche secondo, ma quando si rese conto che il suo inquilino non le avrebbe dato risposta sospirò e si diresse verso le scale.
In quel momento il campanello squillò e lei aprì la porta.
“Oh... Ispettore!” cinguettò Martha alla vista del visitatore, prima che il suo sguardo si posasse sulla sua accompagnatrice “Oh. E lei” aggiunse con meno entusiasmo.
Sally Donovan non battè ciglio, era evidente che l’entourage di Sherlock Holmes non l’avrebbe mai accolta con larghi sorrisi: prima Watson, e adesso la sua padrona di casa. Per non parlare del fratello che non faceva mistero di essere stato costretto ad assegnarla a quel caso.
Beh, poco importava. Le era stata affidata una missione e non era certamente quella di vincere il premio simpatia dell’anno.
Raddrizzò le spalle.
“Lui è qui?” chiese con impazienza.
Mrs Hudson corrugò la fronte a quella domanda posta con evidente malagrazia e Lestrade si affrettò ad intervenire dopo aver lanciato un’occhiata esasperata alla collega.
“Per favore, abbiamo davvero bisogno di parlargli” disse in tono più mite, che fece di nuovo concentrare l’anziana donna su di lui.
“Si, è qui” rispose facendosi da parte “ma non so se sia dell’umore giusto per” si interruppe, inutile sprecare il fiato perchè quei due si erano già diretti a passi veloci su per i gradini.
Sospirò.
“La gioventù non è davvero più quella di una volta” commentò scuotendo la testa, mentre Lestrade e Donovan raggiungevano l’appartamento.
“Sai, lo scopo di avere un telefono è quello di essere raggiungibile” commentò acidamente l’Ispettore una volta che ebbe varcato la soglia.
Sherlock era ancora di fronte al muro, le mani congiunte sotto il mento e lo sguardo fisso.
A quella vista e in forza del fatto che non sembrava aver registrato l’arrivo dei visitatori, Lestrade perse la pazienza.
“Eh no! Non adesso il tuo dannato palazzo mentale! Esci subito da qualsiasi stanza o ala o salone tu sia e cerca di riconnetterti al mondo vero, Sherlock!”
Il consulente investigativo si voltò lentamente e rivolse il suo sguardo penetrante verso i due.
“Ispettore. Agente speciale” disse inclinando il capo, per poi tornare a guardare il muro.
Greg fece un respiro profondo alla ricerca di pazienza.
“Ti ho chiamato. Più volte” esclamò.
“Sono impegnato” fu la laconica risposta che ottenne.
Il poliziotto fece vagare lo sguardo per l’appartamento e i suoi occhi si fermarono verso la cucina.
“Balle” disse scuotendo la testa “è solo che il telefono è appoggiato sul tavolo dall’altra parte della stanza. Troppo distante?” chiese con una punta di ironia.
Sherlock serrò le labbra al commento e finalmente si voltò a guardarli: con calma si piegò verso il tavolino dove era appoggiato il vassoio che Mrs Hudson aveva portato, si versò una tazza di te e si sedette in poltrona accavvallando le gambe e iniziando a sorseggiare la bevanda.
“C’è stato un altro omicidio” disse con sicurezza.
Sally scosse la testa con irritazione, era ora di darsi una mossa.
“Esatto. E sarebbe stato molto più semplice se non fossimo dovuti venire a prenderti. Non siamo i tuoi baby sitter. Non io, per lo meno”
“Credo che il mio caro fratello avrebbe qualcosa da obiettare a tal proposito, il che mi porta a consigliarti di chiamarlo per aggiornarlo. Lui detesta non essere informato regolarmente e non otterrai nulla cercando di dimostrare la tua indipendenza nella gestione di questo caso” gli occhi di Sherlock rimasero impenetrabili, ma un angolo della sua bocca si sollevò con ironia.
La donna strinse la mascella ed evitò di rispondere.
Lestrade decise di intervenire.
“Adesso basta. Come hai già detto tu c’è stato un altro omicidio e pensiamo che sia opera dei fratelli Kybransky, un chimico già sospettato di collaborare con i cartelli della droga nella sintetizzazione di nuove sostanze. Non si è mai riusciti a trovare abbastanza prove su di lui per incriminarlo, ma era ben conosciuto nell’ambiente e questa mattina il suo cadavere è stato ritrovato dalla donna delle pulizie. Esaminiamo il corpo e”
“Irrilevante” lo interruppe il consulente investigativo.
“Che cosa è irrilevante?” chiese stupito l’Ispettore.
“Tutto” fu la risposta di nuovo laconica di Sherlock.
Sally Donovan fece un passo avanti.
“Stai scherzando, vero?” domandò con tono tra la sorpresa e l’irritazione “Nel giro di due giorni vengono ammazzate due persone che trafficano con sostanze chimiche potenzialmente pericolose e tu giudichi questo fatto irrilevante?”
“Come è stato ucciso quell’uomo? Evidentemente non con un attacco chimico” Sherlock pose la sua domanda con tranquillità, perchè evidentemente conosceva già la risposta.
“Un colpo di pistola” ammise la donna a malincuore “ma questo non significa che”
“I fratelli Kybransky operano in un altro modo. Non usano armi convenzionali, qualcuno li sta usando come specchietto per le allodole e questo ci porta ad una domanda molto più interessante. Perchè?”
“Ma i componenti rubati dal laboratorio di Loggins...” commentò dubbioso Lestrade.
“Inconcludenti” rispose Sherlock alzandosi dalla sedia e tornando a guardare il muro “non c’è uno schema specifico, è stato preso un po’ di tutto senza una vera logica”
Sally Donovan scosse la testa a dimostrazione del fatto che quelle parole non la convincevano.
“Dimentichi una cosa importante” disse “Siamo sicuri che siano entrati nel Paese, perchè sono qui allora? Sicuramente il legame con Moriarty...”
“Moriarty è morto” mascelle serrate e sguardo improvvisamente duro, Sherlock posò la tazza e si rialzò in piedi, dirigendosi verso la finestra.
L’agente speciale non si fece intimidire e fece un passo verso di lui.
“Di questo possiamo senz’altro dubitare, non credi?” domandò con insistenza “Non ti devo certo ricordare io che la sua faccia è apparsa”
“Io ero su quel tetto, agente Donovan. Ho visto quell’uomo spararsi in faccia”
Il consulente investigativo aveva parlato senza girarsi e si guadagnò un’esclamazione di impazienza.
“Smettila di interrompermi!” sbottò Sally “abbiamo già fatto questo discorso ieri, tu ti sei buttato da un tetto e adesso sei qui. Come fai a essere cosi sicuro che anche lui  non sia in qualche modo sopravvissuto?”
Sherlock sembrò sul punto di replicare, ma poi emise solo un gemito di insofferenza.
“Ah! I vostri cervelli! Cosi limitati e noiosi” dichiarò con noia, facendo spazientire ulteriormente Donovan ma non riuscendo ad ingannare del tutto Lestrade, che si ritrovò colpito da un pensiero improvviso.
Sherlock Holmes era preoccupato. Forse spaventato dall’idea che Moriarty potesse davvero essere ancora vivo.
Sally intanto non era diposta a far cadere la discussione.
“Mentre tu sai tutto, vero?” chiese ironicamente e questa volta Sherlock gettò le braccia al cielo.
“Per quale motivo dovremmo preoccuparci di due semplici omicidi?” affermò scuotendo la testa “Ve l’ho già detto, i fratelli Kybransky non agiscono in questo modo, di qualunque cosa si tratti non abbiamo un riscontro che si tratti di uno schema più grande!”
“Oh, certo. Aspettiamo pure qualche altro omicidio!” il commento acido di Donovan si sovrappose all’ingresso di John Watson nell’appartamento.
“Ehi che sta succedendo qui?” chiese con curiosità.
Sally non ebbe tempo di lamentarsi perchè il suo cellulare squillò.
“Donovan” rispose, allontanandosi in un angolo della stanza per portare avanti la sua conversazione senza essere disturbata.
Il Dottore la osservò per qualche secondo, poi scosse la testa e si avvicinò a Lestrade, visto che Sherlock si era di nuovo girato verso il muro e aveva ignorato il suo arrivo.
“Ti ho mandato un messaggio” disse sottovoce all’Ispettore.
“Si, l’ho visto”
“Non ci crederai mai...” ricominciò John, accorgendosi però subito dello sguardo sfuggente di Greg “o forse si. Tu lo sapevi già” lo accusò continuando a parlare a bassa voce.
“Si” fu la riposta che ottenne a denti stretti.
Il Dottore spalancò gli occhi.
“Non ci posso credere!” sbottò incredulo e alzando leggeremente il tono delle sue parole, per poi guardarsi intorno per vedere se era stato sentito. Ma Sherlock era concentrato e Donovan immersa in una fitta conversazione “Da quanto tempo? E perchè non ne hai fatto parola?” tornò a sussurrare.
Lestrade inspirò forte.
“Perchè Molly non sa che io e Linda sappiamo. Lei l’ha sentita parlare al telefono e discutere dell’invio di un curriculum e non è stato difficile capire che c’era qualcosa che non andava. Non crederai davvero che stesse lavorando quella sera della cena, vero? E probabilmente hai avuto  molto a cui pensare ultimamente, ma a me non è sfuggito che Molly sta evitando Sherlock quanto più possibile”
John rimase per un attimo in silenzio assimilando quelle parole, poi annuì deciso.
“Ok. Allora che facciamo?”
Lestrade si voltò finalmente a guardarlo.
“Facciamo? Nulla, per quanto mi riguarda” sibilò.
“Che cosa?”
“Molly ne ha sopportate anche troppe. Io non so che cosa sia successo per farle prendere questa decisione estrema, ma di qualunque cosa si tratti forse non è una cosa cosi sbagliata. È ora che si liberi di Sherlock e si prenda la possibilità di costruirsi una vita migliore e non sarò certo io a impedirglielo. Mi spiace che se ne vada, ma se questo è quello che vuole allora è giusto che lo faccia”
Il tono di Lestrade era cosi deciso che John non riuscì a replicare. Il poliziotto nel frattempo si stava concentrando su Sally, che era ancora al telefono.
“È successo qualcosa” disse, osservando la postura rigida della donna e la sua espressione seria.
In quel momento il suo telefono squillò e il nome apparso sullo schermo gettò un’ombra di inquietudine sul suo volto.
“Linda, tesoro? Che succede? Non mi chiami mai dal lavoro” rispose preoccupato.
Nel sentire il tono della telefonata, John si era allontanato di qualche passo per dare un po’ di privacy all’Ispettore, ma le sue parole successive lo bloccarono.
“Amore, calmati... no. Non ho ancora ricevuto notizia. Che cosa?? Sei sicura? Può darsi che ti sbagli. Si si... controllo subito. Non preoccuparti, sono certo che... lo so. Devi andare. Ti faccio sapere appensa so qualcosa”
Donovan nel frattempo aveva riattacato e si era diretta verso Sherlock e gli si parò davanti.
“Abbiamo il riscontro che cercavi, geniaccio” disse con una voce non proprio ferma.
“Mmm?” Sherlock non aveva distolto gli occhi dai vari documenti appesi.
“Un treno è appena deragliato poco fuori da Londra. Sembra sia un vero disastro e non venirmi a dire che si tratta di un incidente”
Il consulente investigativo si girò improvvisamente, gli occhi che gli brillavano.
“Qualcosa si muove...” esclamò soddisfatto.
“Solo tu potresti esserne contento...” commentò Donovan scuotendo la testa e osservando perplessa Lestrade che si avvicinava con un’espressione sconvolta.
“Sherlock...” l’Ispettore chiamò piano, ma fu ignorato.
“Io non ne sono contento, naturalmente. Ma se si tratta di un attentato questo ci darà una buona base di partenza” disse il consulente investigativo, muovendosi velocemente attraverso la stanza e prendendo il telefono.
“Sherlock...” cercò di richiamarlo Greg, mentre lo osservava dirigersi poi verso la sua camera per prepararsi.
Lui fece un cenno con la mano da sopra le spalle per liquidare ogni successivo commento.
“Essere dispiaciuto per quella gente non ci aiuterà a capire quello che è successo, Lestrade! Andiamo!”
“SHERLOCK!”
L’urlo di Greg bloccò tutti all’interno della stanza: Sherlock si girò lentamente, incrociò lo sguardo del poliziotto e  la realizzazione di qualcosa sembrò colpirlo in pieno... i muscoli del viso si contrassero e i pugni si chiusero.
“Ispettore?” domandò con voce bassa, come se si volesse sentir negare quello che aveva appena dedotto.
“Mi ha chiamato Linda... il Bart’s è stato allertato per l’arrivo dei feriti e lei ha saputo subito di che cosa si trattasse. Ha verificato la destinazione e l’orario di partenza del treno che è deragliato... Era quello di Molly”
 
 
 
  
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