Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: syontai    29/09/2014    4 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 55
Al fuoco, al fuoco

Il fuoco crepitava nel camino, mentre la Lepre e il Ghiro lavoravano ininterrottamente per fare in modo che la fiamma rimanesse viva. Finalmente Beto sembrava essere disposto a rivelarle i segreti di quel mondo, e per un momento Violetta ebbe paura, paura che la verità fosse troppo difficile per lei da accettare.
“Stai dicendo che mi trovo dentro un libro?” domandò scettica, decidendosi a prendere un biscotto di marzapane. Era particolarmente dolce, ma aveva un sapore buonissimo, aveva lo stesso sapore dei biscotti che le preparava Olga quando era piccola.
“Non avrei saputo dirlo meglio. Si, Violetta, ti trovi dentro una favola, una storia senza fine in cui tutti noi non siamo altro che pedine. Ogni nostra scelta, ogni nostra azione è in realtà dettata da una volontà superiore, da uno ‘scrittore’, se così vogliamo chiamarlo”. Fece una lunga pausa per osservare il cielo buio, che lentamente stava cedendo il posto alla mattina. L’alba era vicina. “Quando sei arrivata qui, l’entità che per comodità chiameremo scrittore ha cercato di darti un ruolo, quello della Prescelta e ti ha creato una storia da seguire. Ha deciso tutto di quello che sarebbero state le tue azioni, perfino di chi ti saresti dovuta innamorare”.
“Maxi” sussurrò Violetta, osservando attentamente il ragazzo con i capelli ricci che dormiva tranquillo, con la testa appoggiata sul tavolo. Beto annuì. “Lo scrittore è intervenuto nei tuoi sogni quando l’ha ritenuto opportuno, ha cercato di indirizzarti dalla parte giusta, probabilmente ti ha anche parlato”. Violetta si ricordò delle voci che aveva sentito, che davanti al padiglione le avevano consigliato di non andare avanti. Forse quel luogo non era destinato a lei e Leon, ma a lei e Maxi.
“Poi è successo qualcosa che non aveva previsto. Hai cambiato la trama in modo inaspettato facendo in modo che Leon si innamorasse di te, penso che questo non fosse previsto. Lo scrittore è qualcosa di determinato, necessario, e ogni volta che tu modifichi il suo volere esso si adatta come meglio può, senza però far venire meno le sue intenzioni originarie”. A Violetta stava scoppiano la testa: cosa voleva dire? Se tutti erano dei personaggi costruiti secondo una volontà trascendente, anche l’amore che legava lei e Leon era fittizio?
“E...Leon? Quindi lui non mi ama davvero?” domandò con voce flebile Violetta.
“Ohhh, allo scrittore sarebbe piaciuto che lui ti odiasse. Dovevi essere disperata e vedere in Maxi la tua unica possibilità. Sarebbe nato tra voi due un amore vero e sincero, indistruttibile. Poi tu avresti seguito il tuo futuro, quello che il Tempo si limita a far rispettare”.
Che futuro le era stato riservato? “Il futuro, il presente, il passato si mescolano nei tuoi sogni...perché essi mutano continuamente pur di mantenere ciò che è stato deciso”.
“Tu hai detto che Leon avrebbe dovuto odiarmi, eppure non è così...”.
“Era la prova che mi serviva per capire che tu fossi la persona giusta. Il cambiamento di Leon ha portato con sè a sua volta diversi cambiamenti, avendo ripercussioni perfino sull’alleanza tra Quadri e Cuori. Violetta, ciò che ti rende diversa da tutti noi è la possibilità di scegliere, cosa che a noi è negata. Nel momento in cui agisci in un certo modo o prendi una determinata decisione tutto ciò che ti è intorno ne subisce le conseguenze. Leon, Lena, Thomas...ognuno a modo suo, grazie alla tua presenza, è stato libero di scegliere la sua strada. Almeno fino ad ora”.
Violetta si alzò e si diresse nuovamente alla finestra, seguita da Beto con lo sguardo. Avrebbe dovuto credere che fosse tutto assurdo, e forse tempo fa l’avrebbe fatto davvero. Ma Camilla aveva ragione: rivelarlo in passato era un conto, lei avrebbe pensato che Beto fosse pazzo, e invece adesso tutto tornava, tutto aveva un senso. Il significato dei suoi sogni, la strana connessione che sentiva al fianco di Maxi. Certo, alcune cose ancora non le comprendeva: dove era finita Alice? Era ancora in quel mondo? E perché proprio lei era stata scelta?
“So che cosa ti stai chiedendo, ma purtroppo a quelle domande non posso darti risposta, solo Alice in persona potrà farlo”. Beto l’aveva raggiunta di spalle e la guardava attraverso il riflesso del vetro.
“Quale futuro mi è stato riservato?” chiese in un sussurro. “Sono sicura che ne sei al corrente, Camilla mi ha mostrato più volte di sapere cosa mi aspetta”.
“Sicura di volerlo sapere?”.
Violetta annuì. In realtà dopo le parole dello Stregatto, le preghiere affinchè lei non dovesse affrontare ciò che era stato deciso, non era del tutto convinta, ma sapeva anche che era suo diritto, e suo dovere, sapere tutto ciò che era possibile.
“Una giovane veggente ha avuto una visione, e ciò che ha predetto è finito inciso nella Grotta delle Profezie.
‘Un cuore spezzato e un potere dettato dal dolore. I quattro emblemi dei quattro regni subiranno le ire di una storia d’amore dalle sorti tragiche. La donna che più di tutti ha lottato cederà alle lusinghe della guerra e concluderà la sua storia. Lo scudo invincibile donerà la protezione, l’elmo splendente garantirà la saggezza, la corazza possente concederà la sua forza, e la spada dalle mille luci determinerà le sorti del mondo intero: distruzione o salvezza. I destini si intrecceranno, le forze si scontreranno, e al giovane dal puro cuore verrà richiesta una scelta, quella finale’
Questa era la profezia prima che lo scrittore si fosse reso conto che le cose erano cambiate. Il giovane dal cuore puro probabilmente doveva essere lui”. Indicò Maxi, quindi si concesse un secondo per permettere a Violetta di riordinare le idee e seguire il suo ragionamento. “I quattro emblemi ovviamente sono i pezzi dell’armatura, dopo viene specificato ed è il motivo per cui Pablo li sta cercando: consegnarli alla Prescelta. Il cuore spezzato e il potere dettato dal dolore forse era il tuo; tutti noi credevamo che sarebbe stato Leon a infliggerti quel dolore. La donna di cui parla la Profezia rimane all’oscuro, non sappiamo a chi potrebbe riferirsi. Ma questo non conta, perché tutto è cambiato con l’aggiunta di una nuova profezia. Lo scrittore ha mischiato le carte in tavola, tutto per fare in modo che la storia continui a proseguire nel modo da lui indicato”.
“La morte di Vargas era prevista fin da subito…il suo destino è segnato, non può sfuggire alla decisione della storia, così dice il nuovo verso: ‘Un amore distruttivo porterà uno dei due contendenti alla morte’. Leon morirà per mano tua”.
Violetta spalanzò la bocca, scuotendo la testa dapprima lentamente, poi con sempre più decisione. Mai, mai avrebbe nemmeno sfiorato Leon con l’intenzione di fargli del male, non sarebbe mai potuta accadere una cosa del genere. “La profezia non si realizzerà…non lo ucciderò mai”.
“Potrebbe accadere senza che tu lo voglia. La storia inluisce più di quanto immagini. Lo scrittore è implacabile: se una cosa deve succedere, succederà. E se fosse Leon ad uccidere te? Non possiamo permetterlo, sei l’unica che può salvarci”. Sfiorò la superficie del vetro e vide riflessi nel suo sguardo due baluginii verdi familiari. Erano i suoi occhi. Due ali bianche e imponenti catturarono la sua attenzione: un gabbiano maestoso volteggiava al fianco della casa, seguendo il loro volo. Un mondo in cui tutto era già deciso, in cui le azioni erano determinate e fili invisibili reggevano le menti e i corpi delle persone. Non avvertì nemmeno che qualcuno tra i suoi compagni si stava sveglaindo.
Andres sbattè più volte le palpebre e provò a rimettersi in piedi, ma le gambe erano intorpidite. Allungò la mano per prendere il pugnale nascosto sotto la giacca di pelle marrone e vide che Beto era di schiena e parlava a Violetta. La testa gli stava scoppiando, l’ultima cosa che ricordava era il sapore dolce-amaro del tè.
“Quando Alice ci aprì gli occhi abbiamo capito che non potevamo continuare in quel modo. La pazzia era l’unico modo per me e altri personaggi di questo mondo per conservare la nostra identità…”. Prima che potesse continuare però si ritrovò la lama del pugnale puntata al collo.
“A che gioco stai giocando, Cappellaio?” ringhiò Andres, afferrando l’uomo e tenendolo stretto.
“Lascialo stare! Non è come sembra” tentò di fermarlo Violetta, mentre Beto rideva nervosamente. “Ci sta aiutando per raggiungere il Regno di Quadri”. Andres non disse nulla né mosse un dito. Osservò solamente il cielo che scorreva dall’altra parte della finestra. Nel frattempo un sonoro sbadiglio li avvertì che anche gli altri lentamente si stavano svegliando.
“Fidati di me, non ci farebbe mai del male. Mi sta aiutando”. A quelle parole Andres mollò la presa, facendo incespicare Beto. Il Cappellaio scoppiò a ridere stupidamente, mettendosi una mano davanti alla bocca e saltellò come se stesse imitando un ridicolo ballo.
“Ma…che è successo?” domandò Maxi, alzandosi con un vigoroso sbadiglio e stiracchiandosi.  Violetta non rimase ad aspettare che Beto desse spiegazioni agli altri sul perché li avesse addormentati. Sapeva che avrebbe inventato qualche scusa: in fondo capiva bene che nessuno di loro era pronto per capire che la loro vita non era mai stata completamente nelle loro mani. Avrebbero negato fino alla fine un’eventualità del genere, lei stessa aveva fatto molta fatica per comprendere. Aprì la porta a si ritrovò sulla veranda che si affacciava sul cielo. L’arancione chiaro dell’alba stava svanendo, spodestato dai raggi chiari e intensi del sole. Un parapetto di legno circondava la veranda e lei vi si appoggiò con cautela, dando una veloce occhiata verso il basso e distogliendo subito lo sguardo pallida. Aveva sempre sofferto di vertigini fin da quando era piccola. Si sfregò le braccia intorpidite dal freddo: là fuori soffiava un vento gelido. Stava ancora assimilando le parole di Beto, associandovi le sue esperienze nel Paese delle Meraviglie. Le voci sentite erano dello scrittore, questa misteriosa entità, un Dio meccanico che si limitava a far rispettare la trama. Ma lei aveva il potere di sottrarsi a questa volontà deterministica, poteva scegliere. Sospirò appena e tornò a fissare l’orizzonte che si spalancava sterminato di fronte a lei. In basso stavano superando un piccolo villaggio: probabilmente nessuno degli abitanti si sarebbe reso conto di quel puntino che si muoveva a chilometri di altezza sopra di loro.
“Fa freddo, vero?”. Maxi le stava porgendo una coperta marrone pesante e voluminosa. Violetta la prese e se la avvolse intorno alle spalle, annuendo senza dire nulla. Maxi avrebbe dovuto conquistare il suo cuore, ma era arrivato tardi. E adesso capiva anche il perché di quella strana connessione che sentiva: lo scrittore voleva che il loro legame fosse predestinato, voleva qualcosa di unico e definitivo. Eppure per quanto non potesse negare che Maxi avesse un carattere dolce e premuroso, il senso di appartenenza che sentiva nei confronti di Leon era comunque troppo forte, quasi inestinguibile.
“Quel pazzo ha detto di averci voluto addormentare tutti per scherzo…per poco Emma non lo linciava vivo! In effetti è stato un colpo risvegliarsi su una casa volante” scherzò Maxi, appoggiandosi anche lui con le braccia conserte sul parapetto, i ricci che svolazzavano al vento. Rimasero in un imbarazzante silenzio, fissando ognuno davanti a sé con l’aria di chi cercava in ogni modo di rimandare quella che era una conversazione inevitabile. “Quindi…viaggeremo insieme, giusto?”.
Violetta non sapeva che rispondere. Dopo le parole di Beto aveva paura di qualsiasi sua azione o gesto, perché era convinta che non avrebbe fatto altro che alimentare l’infatuazione che aveva Maxi per lei.  “Si…che tipo è Andres? Mi sembra molto misterioso e duro nei confronti degli altri”.
Gli occhi di Maxi si illuminarono, per poi essere oscurati da un velo di mera tristezza. “Non è sempre così freddo, lo stai conoscendo in un periodo un po’ particolare. Ha perso il fratello e l’unica persona che lo poteva rendere felice non è qui con noi”.
“Mi dispiace”. Istintivamente Violetta fece per prendergli la mano, ma la ritirò subito, maledicendosi per cascare sempre nella trappola rappresentata da quel ragazzo: provava tanta compassione nei suoi confronti. Maxi fece finta di nulla e continuò a fissare davanti a sé. “Almeno lui ha qualcuno che può restituirgli la felicità…non come me che sono solo”.
“Non hai una famiglia?” chiese Violetta, spostandosi una ciocca che le era finita davanti agli occhi. L’altro scosse la testa rassegnata. “Non più” mormorò. Di nuovo silenzio. Sempre più intenso, sempre più opprimente.
“Sembra che tu abbia trovato una famiglia…i tuoi amici, intendo” cercò di rincuorarlo Violetta, mordendosi il labbro inferiore. Maxi ricercò la sua mano sulla superficie di legno e la strinse, quindi si sciolse in un timido sorriso.
“Credo che tu abbia ragione. Violetta, io…”. Prese un respiro profondo, pronto per una volta a mettersi in gioco ed esprimere i suoi sentimenti. Non si era mai innamorato in vita sua, quindi la situazione era per lui del tutto nuova, non sapeva nemmeno da dove iniziare quella che doveva essere una dichiarazione impacciata. Stava per aprire di nuovo bocca, ma la porta della casa si aprì, mostrando Dj, che si stiracchiava intervallando qualche sbadiglio. Nel vederli assunse un’espressione interrogativa e si innervosì non poco nel vedere quelle mani strette: non era una questione di gelosia, ma non gli andava a genio che Maxi si intromettesse nella vita di quella ragazza, che gli aveva fatto capire di aver già trovato l’amore. E per quanto ancora non riuscisse a capire come esso potesse portare il nome di Leon, nei suoi continui girovagamenti aveva imparato a non farsi troppe domande. Si era solo ripromesso di non farne parola con gli altri, visti i trascorsi di cui era venuto a conoscenza tra Leon e Andres.
“Non volevo disturbare. Ma sarebbe meglio rientrare, qui fa molto freddo”. Guardò intensamente Violetta. “Molto”. La ragazza sembrò quasi ringraziarlo con lo sguardo e subito si affrettò dentro, da dove proveniva il vociare generale tra cui spiccavano le minacce di Emma nei confronti di Beto.
Violetta era contenta di rientrare e di potersi in qualche modo distrarre dai discorsi di Lena, che, una volta superato il disagio e la paura, sembrava pronta più che mai ad affrontare quell’avventura. Ripeteva di essere spaventata a morte, soprattutto da quella cicatrice che aveva Andres, ma allo stesso tempo sosteneva di essere pronta finalmente per quell’avventura. In un angoletto invece era seduto Federico, con le braccia che gli circondavano le gambe raccolte. Al suo fianco era appoggiata per lungo la teca di cristallo, dentro cui riposava la principessa Francesca. Era l’unico che non prendeva parte a nessuna discussione, ma rimaneva solo, guardando davanti a sé un punto indefinito. Si girava verso la teca, abbozzava un sorriso triste, quindi tornava a fissare il nulla.
“La ama. E l’amore è anche dolore” disse Emma, avvicinandosi a lei. Era intenerita da quello spettacolo a cui aveva assistito tutti i giorni in cui Andres e gli altri erano al castello. “Non penso che riuscirei ad amare qualcuno allo stesso modo. Guardalo, sembra un fantasma. Non dorme, non mangia, non si allontana da lei anche se sa che non potrà dirle nulla. Che non potrà fare nulla. L’impotenza lo sta distruggendo”. Si allontanò subito dopo per prendere un biscotto su un piatto e approfittare di prendersela con Dj perché non aveva saputo riconoscere il sonnifero nel tè con i suoi ‘mistici poteri’.
“Un attimo di attenzione!”. Andres fece tintinnare una tazzina di ceramica con un cucchiaino di argento. Si mise al centro della stanza e subito ottenne l’attenzione generale, perfino dei padroni di casa. “Volevo solo ringraziarvi di essere tutti qui. Abbiamo una missione da portare a termine, è vero, e siamo ancora a metà strada ma questo non ci impedisce di dare valore al coraggio dimostrato fino ad ora. Soprattutto vorrei ringraziare Dj per le sue tempestive azioni dentro il Castello di Cuori”.
“Ehi, io sono sempre la stella qui, non solo in alcuni momenti!” lo rimbrottò il mago. Tutti scoppiarono a ridere, soprattutto quando Emma gli pestò il piede dandogli del vanaglorioso.
“Certo, lo sappiamo…ma vorrei ringraziare anche quella persona senza la quale non saremmo qui. Perché con il suo coraggio e la sua arguzia siamo usciti vivi da quella trappola mortale. Grazie mille, Thomas!”. Il Bianconiglio per poco non saltò in aria dallo stupore. Non si sarebbe mai aspettato dei ringraziamenti: ad essere sinceri, a parte Violetta, nessuno gli aveva mai mostrato la minima gratitudine. Si fece avanti timoroso verso Andres, brandendo la spada che lui stesso aveva recuperato. Tutti intorno applaudevano e fischiavano rumorosamente. Recuperando un po’ di coraggio alzò le spalle orgoglioso e zampettò fino ad Andres, che gli diede una pacca sulle spalle. “Grazie amico, ti dobbiamo molto”. Thomas non sapeva che dire, ma decise di rimanere zitto per non rovinare quel momento che avrebbe impresso per sempre nella sua mente. Aveva fatto qualcosa di giusto, qualcosa di eroico, senza quasi nemmeno rendersene conto. Alzò la spada in aria e tutti urlarono euforici. Quello era il suo posto, dove poteva rendersi utile. Dove nel suo piccolo, avrebbe potuto essere un eroe.
Violetta si unì ai festeggiamenti, seppure la mente tendesse a tornare alla conversazione avuta con Beto. Il cambiamento di Thomas poteva essere imputato alla sua presenza al castello, alle sue parole di conforto, al suo esserle amica? Mentre ci pensava, si rese conto che ancora una volta in quel gruppo qualcuno era assente. E quel qualcuno era seduto al solito angolo della stanza, con il solito sguardo perso. Federico sembrava non avere più alcuna sensibilità rispetto a ciò che lo circondava.
 
Le guardie facevano avanti e indietro di corsa, ma nonostante l’allarme avesse messo tutti sull’attenti, degli intrusi non c’era più nessuna traccia. Jade strepitava e dava ordini a destra e a manca. “Tagliate la testa a tutti! A tutti!” urlava, lanciando tutto quello che le capitava a tiro nella sua stanza. Addirittura arrivò a scagliare una spazzola dal manico argentato contro uno specchio che andò in frantumi. Dai frammenti sembrò fuoriuscire un’ombra che la guardava malefica. Javier. Non faceva altro che tormentarla e adesso se la stava sicuramente ridendo al pensiero che colei che l’avrebbe spodestata era riuscita a farla franca.
“Non ho perso, se è quello che credi” sostenne, sfidando gli occhi di brace dello spettro. “Perché in ogni caso mi riprenderò Leon, nostro figlio. E allora vedremo chi riderà per ultimo”. L’ombra scomparve non appena entrò una delle sentinelle, d’aspetto giovane e forte. Era pallido e la faccia non prometteva nulla di buono.
“Mia signora…hanno preso la spada”. Jade sgranò gli occhi incredula: le mani tremavano per la rabbia. Impossibile. Non poteva essere accaduto. La spada era protetta ed il custode aveva un solo punto debole. Ma…Thomas era ancora al castello, giusto?
“All’appello mancano non solo Violetta e il medico con i suoi asssistenti, ma anche Thomas e una serva di nome Lena.” aggiunse il giovane, intimorito. Tutte le speranze della regina crollarono miseramente: se il Bianconiglio era fuggito allora…non riusciva nemmeno a pensarci. Quella spada era l’unico strumento in suo possesso per stringere una solida ed effettiva alleanza con Quadri, in modo da non essere pugnalata alle spalle dalla subdola Ferro. Era la sua unica assicurazione e l’aveva persa. “Nessuno deve venire a conoscenza di questo furto. NESSUNO. E ora portatemi nella stanza della biblioteca, voglio vedere con i miei occhi”. Sena dire altro, per paura della reazione della regina, il giovane eseguì l'ordine e la condusse nella stanza nascosta. 
Il serpente giaceva a terra, privo della linfa vitale. Si stava indebolendo sempre più e presto sarebbe scomparso del tutto, ma a lei non interessava. La sua attenzione era sulla teca aperta e vuota. L’avrebbe fatta pagare a tutti. Violetta per prima. Aveva deciso la sua fine già da tempo, ma aveva sempre esitato ad attuarla per paura della reazione di Leon. Alla sua partenza aveva assunto un sicario per ucciderla quando meno se lo sarebbe aspettato; e invece era riuscita a scappare.
“Voglio che ordini ai tuoi compagni di prendere delle torce e di presentarvi qui il prima possibile” sibilò la regina, mentre usciva dalla stanza segreta e sbucava nuovamente nella biblioteca. “Quella sciocca mi ha reso tutto più semplice. Dovrei quasi ringraziarla”.
Jackie l’aveva raggiunta di corsa, ancora con la veste da notte e reggeva un portacandela. “Mia signora, cosa succede?”.
“Ti ricordi di quella conversazione che ha origliato uno dei miei servitori?”. Si riferiva a quella in cui Violetta e il medico avevano parlato con Humpty, chiedendogli di nascondere la lettera. La donna annuì. “La lettera è qui dentro”. Allargò le braccia per indicare l’ambiente immenso della biblioteca.
“Ci vorranno secoli per trovarla…a meno che Humpty non parli” suggerì Jackie.
Jade scosse la testa. “Quello stupido uovo è troppo fedele. Mantiene le promesse fatte, lo so. Non ci dirà nulla, neppure torturandolo”.
“E allora cosa intendete fare?”. Jackie si bloccò di fronte allo sguardo diabolico e penetrante di Jade, mentre con un braccio la conduceva fuori dalla stanza. “Ora lo vedrai”.
Un manipolo di uomini arrivò con le torce: nessuno aveva capito a cosa servissero, ma si erano affrettati ad eseguire gli ordini per non far infuriare ancora di più la regina.
“Bruciate tutto” sibilò la regina, indicando l’interno. Rimasero tutti interdetti per quelle parole e nessuno osò muovere un passo. “Non mi avete sentito? BRUCIATE TUTTO, HO DETTO!”. Di fronte a quel tono minaccioso nessuno osò ribattere e uno dopo l’altro entrarono nella biblioteca. Fecero scorrere le torce lungo i libri, aspettando che essi prendessero fuoco. In poco tempo scoppiò una vera e propria reazione a catena: librerie, tomi, tutto venne inghiottito in un incendio colossale; le fiamme ardevano alte, fameliche. Gli uomini riuscirono in preda al panico e subito si diedero da fare per spegnere l’incendio, che in poco tempo aveva fatto il suo dovere, ossia distruggere ogni singolo libro. Vennero versati secchi pieni d’acqua, sacchi di sabbia, tutto ciò che potesse smorzare la potenza distruttrice del fuoco. Era come se un enorme falò fosse stato acceso, le vetrate riflettevano la luce rossastra, dominando la notte. Jade osservava quella scena di devastazione profondamente soddisfatta, con un ghigno malefico. Gli occhi brillavano maligni, e perfino Jackie ne ebbe paura. La situazione le stava sfuggendo di mano, non aveva fatto i conti con la pazzia che già caratterizzava quella donna, con la sua sete di potere e di vendetta. Quel biglietto sarebbe stato ridotto in cenere e mai Leon avrebbe potuto leggerne il contenuto.
Humpty accorse, seguendo la scia di gente che passava secchi d’acqua, fino a raggiungere quello scempio. Gran parte dello scibile del Paese delle Meraviglie era stato custodito da lui gelosamente e di tutto il suo lavoro non era rimasto nulla. Affranto e desolato, ma soprattutto arrabbiato, avrebbe voluto chiedere spiegazioni per tutto quello, ma non ci riusciva, davanti a lui solo cenere, fumo e fiamme. Avrebbe voluto intervenire, fare qualcosa, ma nulla poteva essere salvato. Il sorriso di Jade fece ancor di più crescere in lui la rabbia: come si permetteva di distruggere tutto? Quella era la sua vita, si era rintanato in quell biblioteca, in quei libri, cercando di istruire Leon, cercando di far crescere in lui un senso di umanità sebbene sembrasse ormai un’impresa impossibile. E in un certo senso era riuscito a salvarlo, anche grazie a quei libri. “Cosa state facendo?”. Era una domanda sciocca, ma era tutto ciò che era gli era uscito di bocca.
“Ti liberiamo del tuo lavoro gravoso” sorrise Jade; era impossibile non sentire il veleno nascosto in quelle parole. “Le mura hanno orecchie, mio caro Humpty, e so che hai aiutato Violetta a nascondere qualcosa”. L’uomo-uovo si raggelò: aveva origliato la loro conversazione. Ma talmente tanto era il suo odio, da incendiare un’intera biblioteca per un'innocente lettera?
“Ti credevo un servo fedele” disse con disprezzo Jade, puntandogli il dito contro. Subito due guardie lo immobilizzarono per la braccia, e per quanto Humpty scalciasse a si dimenasse, era del tutto inutile, era in trappola.
“Condannatelo a morte per tradimento nei confronti della corona. Tagliategli la testa!”. Humpty la guardò supplicante, ma non disse nulla. Aveva ancora il suo orgoglio, il suo onore, e mai avrebbe implorato Jade di risparmiarlo.
“Mia signora…ha lavorato per tanto tempo al castello, non merita una fine del genere” intervenne Jackie. Per quanto quel bibliotecario non le fosse mai stato simpatico, considereva quella morte inutile sangue versato. Potevano fare in modo che Leon non potesse parlare con Humpty senza doverlo uccidere.  “Consiglio di rinchiuderlo in cella e fare in modo che il principe Vargas non gli si possa avvicinare”.
La regina di cuori la fissò con astio per avere messo bocca alle sue decisioni, ma in fondo aveva ragione: Humpty lavorava lì al castello da tantissimo tempo. In fondo provava anche un po’ di pietà nel dovergli infliggere quella pena.
“Hai ragione. Portatelo nelle celle, ma voglio che sia sorvegliato giorno e notte, e che a Leon non sia permesso fargli visita. Per essere sicuri però tagliategli la lingua” ordinò con noncuranza Jade, facendo un gesto con la mano, perché venisse portato via. Humpty all’inizio piantò i piedi a terra, cercando di opporre resistenza, ma le due corpulente guardie erano più forti e riuscirono a vincerlo in poco tempo.
“Potrebbe anche tornarci utile in futuro, soprattutto se non potrà dire una sola parola”.
 
Camilla uscì dalla Grotta delle Profezie. Ancora frastornata da ciò che aveva scoperto, si sedette per terra tentando invano di riordinare le idee. Sebastian è vivo. E’ vivo.
Che aveva aspettato Alice a dirglielo? Per tanti anni aveva creduto che fosse morto. Certo, sapeva bene che del suo Sebastian non era rimasto più nulla, ma era comunque sconvolta.
“Ma sei un gatto!” rise Sebastian indicando la sua coda. Camilla incrociò le braccia al petto, inarcando un sopracciglio: che osservazione stupida!
“I gatti non parlano” ribattè, sbuffando. Il ragazzo annuì, arrossendo corrucciato; forse non pensava di farla arrabbiare dicendo quelle cose. “Ti ringrazio per la tua genilezza in ogni caso” disse Camilla. Fece schioccare le mani e sparì all’istante, comparendo sul ramo di un albero al di fuori della visuale di Sebastian, il quale si alzò in piedi per nulla spaventato da quella magia.
“Ti aspetterò domani allo stesso posto!” disse a gran voce, prima di prendere l’ascia che usava per tagliare la legna e tornarsene a casa.
Camilla riaprì gli occhi tenuti chiusi: e lei si era presentata. Come una sciocca ragazzina innamorata era andata quel giorno e quello dopo ancora. Trovava Sebastian curioso e divertente, non riusciva a stargli lontano, ma aveva paura di quando si sarebbe ‘svegliata’, di quando la follia sarebbe riemersa in lei, come le aveva detto il Brucaliffo quando era solo una bambina.
Lo Stregatto poteva essere assimilato a una fenice. Non si riproduceva, non ne esistevano diversi esemplari. Alla sua morte dalle ceneri rinasceva, dando il via ad un ciclo infinito. Lo stesso succedeva allo Stregatto: quando egli moriva subito rinasceva. Il ‘nuovo’ Stregatto non ricordava nulla del suo passato fino al momento della rivelazione, che non poteva essere prevista né calcolata. Allora semplicemente tutta la conoscenza dei suoi avi tornava viva nella sua mente. Esperienze, ricordi non suoi, consapevolezze…come una lampada accesa, con la furia di un tornado sconvolgeva completamente l’esistenza dello Stregatto. Per questo in un certo senso ricordava di aver conosciuto Alice, perché il suo avo era stato la guida della ragazza la prima volta in cui aveva messo piede nel Paese delle Meraviglie.
Camilla non era riuscita a tenersi tutto e aveva raccontato a Sebastian del suo segreto. Un giorno non sarebbe stata più la stessa, la testa invasa dagli spiriti di coloro che erano venuti prima di lei. Aveva creduto che si sarebbe allontanato e invece in cambio ricevette il dono più inaspettato di tutti: un bacio. Seduti sotto un abete maestoso, Sebastian non aveva esitato a mostrare i suoi sentimenti. Fu la sensazione più strana e meravigliosa del mondo. Era come volare, ma sensa levitare, senza sentire il proprio peso e combattere contro la forza di gravità. Ebbe paura che la rivelazione sarebbe potuta arrivare in quel momento, rovinando tutto, ma non accadde. Per la prima volta pensò di poter essere felice. Ma presto avrebbe capito che la felicità poteva durare solo un attimo, perché l’attimo dopo sarebbe scomparsa, lasciandola sola.
Ricacciò dentro una lacrima. No, lei non avrebbe pianto. L’aveva fatto solo una volta in vita sua: quando Sebastian era stato portato via dalla sua famiglia dalle guardie del Regno di Quadri e lei non aveva potuto impedirlo. Era rimasta in un angolino, lontana da tutti, ad osservare la scena, impotente, mentre le lacrime scendevano copiose. Ecco, le avevano portato via la sua felicità. Di nascosto aveva seguito il suo viaggio, ma proprio quando erano giunti a destinazione come un fulmine a ciel sereno arrivò la rivelazione. Le vite di tutti gli Stregatti, i loro sacrifici, le loro speranze, si incatenarono alla sua anima mettendola al corrente della verità che caratterizzava il Paese delle Meraviglie. Si trovava in un libro, una mera storia.
“Camilla”. Non appena si sentì chiamata, scattò in piedi, guardandosi intorno. Lo sapeva che sarebbe successo, che l’avrebbe incontrato. Dalle profondità della palude emerse un giovane armato, con una spada nera e lucente. Neranio.
“Sebastian” salutò fredda.
“Un tempo mi chiamavi Seba”. Non c’era aria di risentimento e tristezza in quelle parole: la sua voce era graffiante, spenta.
“Cosa ci fai qui?” chiese, ignorando la sua osservazione. “La Grotta delle Profezie. Ho un compito da portare a termine lì dentro”. Lo Stregatto scoppiò a ridere: “Non puoi entrare, lo sai. La magia ti ricaccerà fuori. Non hai speranze”.
Sebastian rise freddamente. “Lasciami passare, Camilla, e lo scopriremo”.  Gli occhi di Camilla brillarono, e quando il ragazzo provò a fare un passo in avanti venne catapultato indietro, da un blocco invisibile.
“So che non sei il vero Sebastian e non ho alcun problema ad ucciderti”. Mentiva. Quel viso la turbava ancora, nonostante i fili neri cuciti sulla sua pelle gli ricordavano continuamente che del suo Sebastian non era rimasto più nulla.
Quel campo era una sorta di prigione. Del filo spinato tutto intorno, con le sentinelle a guardia delle uniche uscite disponibili che controllavano tutti i movimenti. Edifici bassi puntellavano la pianura. Al centro invece c’era un edificio grigio e tetro, alto più di dieci metri. Uomini con un camice bianco entravano e uscivano continuamente. Camilla storse il naso: era lì che avevano portato Sebastian. Lentamente sfumò nell’aria e si ritrovò dentro. Giravano tutti con vestiti grigi e logori, ma tra di essi non riconosceva l’unica persona per cui era lì. Una guardia la vide e diede l’allarme, quindi fu costretta a fuggire, sparendo e ricomparendo chilometri più in là.
“Sai che non potrai fermarla, alla fine la regina di Quadri ottiene sempre ciò che vuole” sibilò Sebastian, tirandosi nuovamente in piedi. Non era neppure adirato, la sua era una semplice constatazione.
“La tua regina crede di poter ottenere il comando di tutto ciò che le circonda, ma non andrà in questo modo, la profezia parla chiaro”. L’espressione di Sebastian si indurì, le braccia tese con la spada impugnata e le gambe piegate. Tentò un altro attacco ma ancora una volta venne rispedito indietro.
Una volta eretta la barriera, sicura che non sarebbe stata scalfita dal neranio né da qualunque altra arma che non contenesse la magia tornò dentro, ignorando le urla di Sebastian, che la richiamava indietro. La voce era la sua, lo spirito no. Appoggiò una mano alla parete umida, piena di scritte incise nella roccia. Più avanzava più il buio la inghiottiva. Ma non aveva paura, tante volte era entrata nella Grotta. Dalle stalattiti che si erano formate sul soffitto roccioso scivolavano alcune gocce d’acqua che poi cadevano sul terreno dove si erano formate delle piccole pozze. Una flebile luce azzurrina risplendeva nel profondo antro.
“Nessuno ti disturberà” sussurrò, inchinandosi di fronte a un trono scolpito nella roccia. Sulla parete dietro c’erano alcuni nomi incisi, che poi erano stati sbarrati. Affianco ad essi erano stati disegnati degli uomini stilizzati. Solo un nome era rimasto integro. Il disegno al fianco rappresentava una bambina minuta. Erano solo accennati, ma quegli occhi sembravano in grado di leggerle dentro.
“Hai aiutato la ragazza?”. Sentìì un tintinnare di catene, ma non si voltò per guardare in faccia la sua interlocutrice. Era un voce di donna profonda, sensuale, ma anche segnata da qualche inspiegabile dolore. Annuì, mentre sfiorava una ad una le lettere che aveva di fronte a sé. “E’ fuggita dal castello, è libera. Credo che Beto le abbia spiegato ciò che era necessario. Era pronta”. Una folata di vento freddo le fece capire che la conversazione si era conclusa. Per l’ultima volta diede un’occhiata alla scritta che aveva davanti. Cassidy. 










NOTA AUTORE: Prima di tutto chiedo perdono per il ritardo, ma sono stato malato, per di più questo finesettimana dovrei anche fare una cosa, quindi- non so veramente quando sarà il prossimo aggiornamento, proverò a portarmi avanti con il nuovo capitolo in questi giorni, ma con l'università (e le lezioni che già devo recuperare visto che sono stato male) sarà un vero casino. Detto queso...capitolo in cui finalmente si comincia a capire qualcosa. Visto che era particolarmente ingarbugliata la cosa, spiattellarvi tutto nel capitolo mi sembrava eccessivo, quindi una piccola parte sarà riservata all'incontro tra Violetta e Alice. Ma finalmente capiamo tutto: il Paese delle Meraviglie è un libro, un bellissimo libro tra l'altro (mio -okno-), la cui storia è stata scritta, ma Violetta arrivata in quel mondo ha portato una ventata di novità. Le sue scelte, le sue azioni, hanno condizionato coloro che le circondavano, liberandoli dalla loro staticità (soprattutto per quanto riguarda Leon e Thomas...ma anche Lena nel suo piccolo). Ma lo scrittore non si arrende e ha previsto per lei un futuro tutt'altro che piacevole. E così colleghiamo a tutto il futuro mostrato dal Tempo (che lui stesso ha detto dovrà assolutamente accadere -e ora sappiamo perchè-). All'inizio la Profezia doveva riferirsi a Maxi, ma poi con il cambiamento della trama l'attenzione si è spostata su Leon, e per questo viene aggiunto il verso finale. Perché secondo la storia Leon deve morire, e punto. In tutto ciò, capisco che questo capitolo potrebbe generare confusione, quindi invito a prendere un attimo di riflessione e a farsi uno schema, o comunque rivedersi determinate parti dei capitoli scorsi così da avere il discorso più chiaro. Ah, ovviamente per ogni dubbio potete anche chiedere a me. Il mistero dei sogni e delle voci sentite al padiglione comunque sono risolte: pare che il padiglione fosse stato destinato a lei e Maxi, e invece- invece niente, viva la Leonetta! 
Nel frattempo, per quanto riguarda Jade...immaginavamo che stesse complottando qualcosa ed adesso sappiamo che aveva intenzione di uccidere Violetta (per poi forse inscenare la sua fuga). Non solo, visto che non ci è ruiscita, è riuscita comunque ad adattare il suo piano e così il suo obiettivo, quello di fare in modo che Leon odi Violetta sembra moooolto più facile. Della serie: prepariamoci a soffrire. Devo dire che il dolore vero per me è stato scrivere la parte del povero Humpty :(
Nel finale capiamo qualcosa in più sul passato di Camilla, e su Seba, ma ancora manca un tassello per completare la sua storia. Nel frattempo nella Grotta delle Profezie (quella della Palude di Jolly, che poi era dove voleva andare Angie se ricordate bene), Camilla parla con una misteriosa interlocutrice (nemmeno troppo xD) e alla fine vede sulla parete inciso il nome di Cassidy, la piccola figlia Pangie...che cosa vorrà dire? A cosa serve quella parete? (io sento da qui Dulcevoz che inizia a disperarsi, quindi la tranquillizzo subito: niente di grave xD-). Nota autore bella grande per un capitolo-chiave per capire questa storia, quindi- beh, buona lettura a tutti :3 Con affetto,
syontai :D 
P.S: Cercherò stasera di rispondere alle vostre bellissime recensioni, la mia priorità era aggiornare perché ero in ritardo e non mi sembrava rispettoso :) 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: syontai