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Autore: Sweetie616    07/10/2008    4 recensioni
Un trasferimento indesiderato, uno spot televisivo con due famosissimi musicisti finlandesi e... l'odio per un essere spregevole dagli occhi verdi. Le cose non sembrano essere facili per la povera Charlie, ma... "Decisamente, tra il muto e il logorroico iniziavo a preferire il muto. "
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ocean Soul

Premessa: questa doveva essere una fan fiction su Tuomas dei Nightwish, come suggerirebbe il titolo. L’idea almeno era quella. Peccato che già alle prime due righe, una vocina nella mia testa, stranamente simile a quella del protagonista usuale delle mie ff, urlasse richiamando la mia attenzione XD

Quindi (strano, eh...) è diventata una ff con protagonista il Sommo Valo!

Helsinki, Finlandia. Uno dei posti più freddi al mondo, abitato da gente ancora più fredda. Il posto dove avrei passato alla peggio il resto dei miei giorni, alla meglio cinque lunghissimi, interminabili anni. E dire che io, Charlotte Isabel Bennett, nativa della piovosa Inghilterra, avevo scelto di trasferirmi in Florida per finire gli studi. Ed era lì che lavoravo, come responsabile marketing del Seaquarium della calda e assolata Miami, prima che il mio capo avesse la brillante idea di trasferirmi. Ad Helsinki, appunto, per seguire un nuovo progetto, in collaborazione con una nuova società finlandese.

Non avevo nulla di cui lamentarmi, beninteso. Mi avevano trovato una casa in pieno centro, a Bulevardi, e lo stipendio era decisamente più che dignitoso. Ma non c’era il sole, avevo costantemente mani e piedi congelati e non capivo una sola parola di quello che diceva la gente intorno a me. Un ottimo inizio, indubbiamente. Iniziai a maledire quel clima la mattina del mio primo giorno di lavoro. Nove gradi...ed era il 6 settembre. Ed io indossavo un vestitino leggero senza calze... pessima scelta, Charlie.

Tornai di corsa in casa, cercando disperatamente qualcosa di più adatto al clima polare, emergendo qualche minuto dopo con un semplicissimo jeans e un maglioncino rosa. Avrei fatto la figura della sciatta ma almeno avevo un maglione del mio colore preferito. Decisamente era necessario un po’ di shopping.

La Plup Oy si trovava a poche fermate di tram da dove abitavo, per fortuna...almeno avrei evitato di arrivare in ritardo nonostante il contrattempo con i vestiti.

Ero ancora indecisa sulla strategia da utilizzare: se mi fossi fatta detestare, forse mi avrebbero cacciata. Il mio curriculum lavorativo avrebbe subito un duro colpo, ma almeno sarei stata libera di tornarmene a casa mia, in America. Se mi fossi fatta amare, rischiavo sì di dover restare lì a tempo indeterminato, ma forse avrei fatto pena a qualcuno e sarei stata lo stesso rispedita a casa prima del tempo.

Decisi per la via di mezzo: sarei stata semplicemente me stessa. Piccolo dettaglio: in America, essendo semplicemente me stessa, mi ero guadagnata il soprannome di Evil Charlie tra gli studenti che seguivano il mio corso di marketing ambientale. Dettagli più che trascurabili...

“Tu devi essere Charlotte, giusto?”

Inglese. Quest’uomo mi parlava in inglese.... Avrei potuto commuovermi fino alle lacrime.

“Proprio io” sorrisi, porgendogli la mano.

“Benvenuta Charlotte...io sono Stefan” sorrise di rimando.

Stefan Lindfors, un bell’uomo sulla quarantina, inventore del marchio Plup. La persona che avrei dovuto affiancare, occupandomi della pianificazione del marketing e degli spot pubblicitari.

“Puoi chiamarmi Charlie” sorrisi di nuovo. Mi ispirava simpatia, per sua fortuna. Forse non avrebbe conosciuto Evil Charlie, almeno per il momento.

Mi ambientai abbastanza bene, trovando il lavoro perfino divertente, alla fine. Dovevo pianificare uno spot televisivo per la Plup, tenendo conto del suo impegno in campo ambientale. Sapevo che avremmo avuto come testimonial due importanti musicisti finlandesi, ma non avevo assolutamente idea di chi fossero.

La mia curiosità, però, stava per essere appagata. A giudicare dai commenti delle mie colleghe, uno di loro stava per arrivare...e doveva essere anche piuttosto interessante, visto l’abbigliamento particolarmente curato e i gridolini di giubilo di ogni donna presente in ufficio.

La porta del mio ufficio era sempre aperta, così diedi una sbirciatina vaga dalla scrivania,non appena notai che il brusio femminile era decisamente aumentato. Mi sporsi quanto bastava per vedere Stefan insieme a un ragazzo alto e magro come un chiodo, vestito completamente di nero e con un buffo cappello viola calcato sulla testa. Mah...le finlandesi dovevano avere strani gusti, in fatto di uomini.

Il tizio dal cappello viola diede una rapida occhiata nel mio ufficio, e tornai immediatamente a rivolgere lo sguardo allo schermo del computer.

“E... della trama dello spot se ne occupa Miss Confetto, nella stanza accanto?” lo sentii ridacchiare, entrando nell’ufficio di Stefan.

Miss Confetto? Ma aveva visto l’orrido cappello viola che indossava? Io almeno avevo buon gusto nello scegliermi i vestiti! I finlandesi non erano solo freddi, ma anche decisamente maleducati! Mi alzai per chiudere la porta e continuare a fare il mio lavoro in santa pace...finchè non bussarono alla porta.

“Charlie, vorrei presentarti una persona” disse Stefan, entrando...seguito dal tizio con l’orrido cappello viola.

“Lui è Ville Hermanni Valo, cantante degli HIM nonché eroe finlandese e mio carissimo amico” ridacchiò.

“Charlotte Bennett” mi alzai educatamente, porgendogli la mano. Per lui non sarei mai stata Charlie. “O Miss Confetto, come preferisci”

Stefan scoppiò a ridere, mentre Mr. Cappello Viola sembrò essere decisamente in imbarazzo.

Charlie - Ville: 1-0.

“Bene Charlie... Ville, che sicuramente si sarà guadagnato le tue simpatie con la sua infelice battuta, sarà uno dei testimonial della campagna pubblicitaria”.

“Fantastico” dissi, con la convinzione di un condannato a morte. Avevo quasi paura di scoprire chi fosse l’altro.

“L’altro” arrivò quel pomeriggio stesso. Tuomas Holopainen, taciturno compositore e tastierista dei Nightwish. Vestito in maniera pessima anche lui, ma almeno non aveva fatto commenti sul mio abbigliamento. Beh, non aveva proprio fatto commenti, a dir la verità. Si era limitato a presentarsi e non aveva più aperto bocca per il resto del pomeriggio, lasciando che fosse Stefan ad illustrargli l’idea dello spot.

“Allora, che ne pensi?” mi chiese Stefan, una volta rimasti soli.

“La scelta del cast non spetta a me, Stefan” obiettai.

“Ma puoi sempre dare un’opinione...anche se non verrà presa in considerazione “ scherzò.

“Fantastico, è bello sapere di essere utile!” ridacchiai “comunque, vuoi la mia opinione? Uno parla troppo, l’altro troppo poco. Non c’era una via di mezzo?”

Stefan rise. “Hai colto il problema. Ville e Tuomas sono come il giorno e la notte. Finiranno con il litigare, è già successo. Cerchiamo di limitare i danni”.

Bene, ci mancavano solo due primedonne pronte a fare a pugni... iniziavo a sentire la mancanza del Seaquarium, e soprattutto della grande vasca dei delfini dove andavo a rifugiarmi ogni volta che volevo stare per conto mio. I delfini erano gli unici in grado di farmi tornare il buonumore in una giornata nera. Ma ovviamente, ad Helsinki non li avrei trovati.

“Dal momento che lavorerai a stretto contatto con entrambi, sarà il caso che tu sappia qualcosa di loro... e che tenga a bada il tuo caratterino, soprattutto con Ville” disse Stefan.

“Cercherò di fare il possibile..” dissi, con un sorrisino angelico.

Stefan scherzava sempre sul mio caratteraccio, ma in realtà era il primo a ridere delle mie battute acide, quindi non me la presi troppo.

“Ville è...beh, l’hai visto tu stessa. E’ egocentrico, possessivo e irritante, a prima vista...ma ti assicuro che ha una sensibilità e una cultura uniche. È una persona con cui parleresti per ore, se sei un uomo...e con cui faresti tutt’altro, se sei una donna” rise “Stai attenta, non conosco una donna che non finisca con l’innamorarsi di lui, anche se lui è convinto del contrario!”

Tzè, figuriamoci. Non correvo alcun pericolo: non lo trovavo assolutamente affascinante e in più io e il romanticismo ci eravamo detti addio molto tempo prima. Dopo una storia finita male, mi ero autoconvinta che l’unica soluzione per sopravvivere fossero le storie di una notte. Niente legami, niente sofferenza. E Ville non era il tipo da ispirarmi sesso sfrenato.

“Starò attenta... e Tuomas, invece?”

“Tuomas è timidissimo. Non dice una parola, a meno che non gli parli di musica o di mare.”

“Di mare?” chiesi.

“Ha studiato per un anno biologia marina, prima di sfondare con i Nightwish. Adora i delfini e...beh, è un tipo un po’ strano, c’è addirittura chi sostenga che sia gay. In realtà credo semplicemente che non si fidi delle donne. Deve aver preso una bella batosta... Forse è l’unica cosa in comune con Ville.”

Decisamente, tra il muto e il logorroico iniziavo a preferire il muto.

Una settimana dopo

E per fortuna che c’era Tuomas, perché dopo tutto il giorno passato a scambiarmi frecciatine acide con Ville, la pausa pranzo passata con lui a parlare di biologia marina e di film della Disney mi sembrava una piccola oasi di pace.

Pur essendo silenzioso, ispirava fiducia....era l’esatto contrario dell’essere spregevole dagli occhi verdi.

La mattina dopo, l’essere spregevole in questione si presentò nel mio ufficio con in mano una busta di una nota marca di abbigliamento. Tutto ciò era inquietante.

“Ho un regalo per te” esordì, porgendomi la busta, che conteneva ciò che sembrava un maglioncino di lana nero. Molto inquietante, considerando che solo la sera prima ci eravamo salutati con epiteti non proprio affettuosi.

“E... a cosa sarebbe dovuto questo regalo?” chiesi, sospettosa.

Ville sorrise, abbassando lo sguardo. “E’ un regalo per me, in realtà. Perché a quanto pare dovremo vederci spesso e... non sopporto il rosa, mi disturba”

Spalancai gli occhi.

“Bene. A te disturba il colore dei miei vestiti, a me disturbi tu. Siamo pari, direi” dissi secca, restituendogli la busta.

“E poi sarei io quello con il carattere impossibile” sorrise, buttandosi sul divanetto del mio ufficio.

“Devi necessariamente star lì a fissarmi?” chiesi dopo un po’, dal momento che non accennava ad andarsene.

“Non ho niente di meglio da fare e devo aspettare Stefan, quindi sì, credo che me ne starò qui a fissarti. Magari così mi abituo ai tuoi maglioncini rosa.” Ridacchiò.

L’uomo più detestabile sulla faccia della Terra. Senza alcun dubbio.

“E’ vero che esci con Tuomas?” chiese vago, dopo un pò.

Alzai gli occhi dallo schermo del computer. Ma quest’uomo non aveva nulla di meglio da fare?

“E anche se fosse?” chiesi.

“Niente. Sono affari tuoi, ovviamente.” Alzò le spalle “Volevo solo metterti in guardia....sai, i musicisti sono delle pessime persone, sweetheart” ridacchiò...quella terribile risata a singhiozzo.

Mi alzai in piedi, appoggiandomi con le mani alla scrivania.

“Non. Chiamarmi. Sweetheart. Chiaro?” dissi, in tono che non ammetteva alcuna replica. E lui cosa faceva? Sorrideva, con un’ assurda, incredibile e, ahimè... incantevole faccia da schiaffi. Cosa? Incantevole? Avevo davvero pensato la parola incantevole riferita a Ville? No, Charlie riprenditi...pensa a Tuomas, pensa a Tuomas...

Due giorni dopo

Ville era arrivato in ritardo, tanto perché la sera prima avevo detto che l’unico suo pregio era la puntualità, e avevamo litigato tutta la mattina. La pausa pranzo e le chiacchiere con Tuomas non avevano sortito l’effetto calmante sperato.

Tecnica di rilassamento n.1: vasca dei delfini del Seaquarium di Miami. Immersione in vasca. Mezz’ora di gioco con i piccoli. Scartata. Non praticabile ad Helsinki.

Tecnica di rilassamento n.2: cd di Neil Young a volume da lite condominiale. Praticabile anche ad Helsinki in ufficio, purchè il volume fosse più basso.

Controindicazioni: dalla porta aperta potrebbero spuntare ospiti indesiderati. Infatti....

“Non ci credo, stai ascoltando Neil Young?” chiese Ville.

“Sì, e allora? Hai qualcosa da ridire anche su questo?” sbuffai, alzando gli occhi al cielo.

“No, adoro Neil Young” sorrise.

Incredibile a dirsi, avevamo trovato un punto in comune. Ma non era abbastanza.

Due settimane dopo

“Lo sai che tra noi non può esserci altro che una storia di una notte, vero?” sospirai.

“Non sono il tipo, ma correrò il rischio...”

No, un attimo....fermi, fermi, rewind: che qualcuno mi spieghi cosa ci faccio io, alle 18.30 del venerdì, appoggiata alla porta chiusa del mio ufficio, con una mano sotto la maglietta di Ville, una sua mano sotto la mia gonna e le nostre labbra appiccicate. Ma noi non stavamo per pestarci a sangue?

Esattamente, era proprio così che stava andando. Alla fine della giornata, Ville era piombato nel mio ufficio, lamentandosi per l’ennesima cosa senza senso. Ero stanca, scocciata e nervosa...e la mia già precaria pazienza aveva ceduto.

Avevamo iniziato ad urlarci contro i peggiori insulti, e Ville mi aveva preso per un polso. Ci eravamo guardati per un istante negli occhi e... sì, ok, ora è tutto più chiaro.

“Credo sia meglio continuare questo...discorso altrove, non ti sembra?” sussurrò sensualmente, senza smettere di baciarmi il collo.

Non riuscii a fare altro che mormorare un “sì”.

Cosa diavolo mi stava succedendo? Ero su un taksi insieme a Ville, stavamo andando a casa sua e c’erano ben pochi dubbi su come sarebbe andata la serata. Dovevano avermi messo qualcosa di strano nel caffè, non c’era altra spiegazione...

Uscimmo di casa sua solo due giorni e mezzo dopo. Ebbene sì, avevamo passato un intero weekend avvinghiati tra le lenzuola, io e l’uomo che detestavo.

Era lunedì mattina, tardissimo tra l’altro, mi stavo presentando in ufficio con gli stessi vestiti del venerdì e una faccia allucinante, e come se non bastasse era giorno di riprese. Questo significava ritrovarmi tutto il giorno nella stessa stanza con Tuomas e Ville.... pessima cosa.

Per mia fortuna, mi ricordai che in ufficio era rimasta la maglia nera regalatami da Ville, così appena arrivata sgattaiolai subito a cambiarmi, per poi andare a prendermi un caffè come se nulla fosse.

“Buongiorno Charlie!” esordì Stefan entrando in ufficio. Mi squadrò ben bene. “Weekend turbolento?” ridacchiò, mandandomi quasi il caffè di traverso. Era proprio così evidente?

“Ehm sì... uno dei tipici weekend di cui vergognarsi il lunedì mattina” ammisi, diventando dello stesso colore rosso della tazza che avevo in mano.

“Ti stai ambientando, allora...sei ridotta come un qualsiasi finlandese di lunedì mattina”.

Per fortuna non aveva capito nulla.

E decisamente, non ero l’unica ad essere in condizioni pietose. Poco dopo arrivò Ville, con un’espressione non troppo diversa dalla mia.

“Buongiorno” disse sorridendo malizioso, mentre si chiudeva alle spalle la porta del mio ufficio “dormito bene?”

“No” sorrisi “Ti dispiacerebbe riaprire quella porta?”

“Perché, sweetheart? Hai paura di quali potrebbero essere le tue reazioni trovandoti da sola con me?” disse, mentre mi percorreva il collo con una scia di piccoli baci.

Esattamente, proprio quello. Mi aveva capita in pieno. Cercai di controllare la pelle d’oca e l’impulso di saltargli addosso....di nuovo. Cosa successa appena 5 ore prima.

“Ville...” mormorai.

“Lo so, non sopporti che io ti chiami sweetheart...” sorrise.

“Non è solo quello” dissi, liberandomi dal suo abbraccio “Quello che succede tra me e te fuori di qui non deve interferire con il lavoro. Ok? Qui dentro io e te abbiamo solo un rapporto professionale”

Mi fece un sorriso luminosissimo, che ebbe l’effetto di mandarmi lo stomaco in subbuglio.

“Quindi hai cambiato idea, non è stata solo una storia di una notte” ridacchiò.

“No...sono state tre, infatti, ma non è detto che si ripetano” sorrisi. E nel mio sorriso si nascondeva l’esatto contrario di quello che avevo appena detto.

“D’accordo, ne riparliamo stasera davanti a una cena giapponese. Ho già prenotato al Kabuki” sorrise “ Ah, e noto che la maglia che ti ho regalato è stata utile, alla fine”

Alzai gli occhi al cielo, scuotendo la testa.

Si avvicinò di nuovo a me. “E oltre ad essere utile ti sta anche decisamente bene” sussurrò, in tono di voce bassissimo.

“Non usare quel tono di voce...” piagnucolai, risultando molto poco convincente perfino a me stessa.

“Perché?” chiese, con un sorrisino malizioso.

“Ville, ti odio!” sbuffai.

“Lo so. Ti odio anch’io” altro sorriso da morte immediata.

“Esci immediatamente di qui” dissi indicando la porta e continuando a sorridere come un’ebete.

“Ho combinato un casino, ho combinato un casino...” piagnucolai, sedendomi accanto a Tuomas sulla nostra solita panchina, in pausa pranzo. Quel giorno il nostro argomento di conversazione non sarebbe stata la biologia marina...

“Che è successo?” chiese, comprensivo.

“Sono...andata a letto con Ville” ammisi. Peccato che la parte centrale l’avevo detta talmente a bassa voce da risultare completamente incomprensibile.

“Che è successo con Ville?” chiese di nuovo Tuomas.

“Abbassa la voce, cavolo! O vuoi che metta i cartelloni in giro?”

“Scusa” ridacchiò.

Gli raccontai tutto...beh, tutta la parte raccontabile... ci vollero più o meno 30 secondi.

“Io lo sapevo che sarebbe andata a finire così” ridacchiò di nuovo.

Lo guardai torva. “Che vorresti dire?”

“Che c’era talmente tanta elettricità tra di voi che dovevate per forza risolvere la questione in qualche modo: o una rissa o una notte di sesso!”

“Tutto il weekend...” precisai, nascondendomi la testa tra le ginocchia.

“Tutto il weekend?” spalancò gli occhi. “Beh, a quanto pare allora non deve esservi dispiaciuta, la cosa...”

“Tuomas...” lo fulminai con lo sguardo.

“Scusa...” sorrise.

E meno male che era timido...

Cinque mesi dopo

Sì, doveva essere una storia di una notte, nient’altro. Peccato che “la storia di una notte” si ripeteva tutte le notti da ormai cinque mesi. Uscivo dal lavoro e andavo da Ville, per poi sgattaiolare via alle sei del mattino, passare a casa mia, fare una doccia, cambiarmi e arrivare in ufficio alle nove, sorridente e per nulla riposata.

Cosa mi stava combinando quell’uomo? Dio, quanto lo odiavo!

“Ma non faresti prima a trasferirti da lui?” mi aveva chiesto candidamente Tuomas, quando ci eravamo sentiti al telefono.

“Mai! E poi comunque tra una settimana partirà per il tour, quindi fine della storia.”

Certo, come no?

Tre mesi dopo

Dio, quanto mi mancava. Non l’avrei mai ammesso nemmeno a me stessa, ma questi tre mesi senza di lui mi avevano ridotto una specie di larva umana. Non ero innamorata di lui, nel modo più assoluto, quindi che motivo c’era di stare così? Nessuno.

Ci eravamo sentiti quasi ogni sera, per telefono o per messaggio. Ville mi raccontava dei concerti, delle risate che si faceva guardando le espressioni adoranti delle fan, dei posti che visitava e mi chiedeva del lavoro, di quello che facevo. Mai un accenno a noi due, mai un “mi manchi”, nulla. Né da parte mia, ovviamente, né da parte sua.

E ora, non si faceva vivo da quattro giorni. Mi odiavo, ma non potevo fare a meno di fissare il cellulare in continuazione.

Erano le undici di sera e me ne stavo stravaccata sul divano in pigiama, a mangiare schifezze e guardare film strappalacrime, quando suonò il telefono.

“Ville!” risposi... il tono nella mia voce decisamente troppo felice di sentirlo, non andava affatto bene.

“Ciao Swee... scusa, Charlie!” esordì.

“Scemo” sbuffai “Avevo iniziato a darti per disperso” ma brava Charlie, fai anche lo zerbino ora...

“E’ un modo velato per dirmi che ti sono mancato?” ridacchiò.

“Scemo” e due... “Ero solo preoccupata, temevo fossi stato spolpato vivo dalle fan”

“Peccato, per un secondo ci avevo sperato”

Immaginai che stesse sorridendo e immediatamente il mio stomaco si attorcigliò. Quanto avrei voluto vedere quel sorriso...

“Dove sei?” chiesi “Ancora in Germania?”

“Sì” sbuffò “e sembra che la Warner voglia prolungare il tour di altri tre mesi” disse, sconsolato.

“Ah...” mormorai. Altri tre mesi senza di lui. Fantastico.

“Tu piuttosto...dovresti uscire un po’, sai? Scommetto che sei sul divano in pigiama e stai guardando... qualcosa tipo Via col Vento”

Spalancai gli occhi. Come faceva a saperlo? In effetti da quando mi aveva confessato che Via col Vento era il suo film preferito, mi ero autoimposta di guardarlo...e non avevo più smesso!

“No, in realtà sono stata fuori a cena, sono appena rientrata” mentii spudoratamente.

“Davvero?” sorrise di nuovo “io sono sul terrazzo della mia camera d’albergo. C’è un bellissimo cielo stellato, stasera, dovresti vederlo. Anzi...penso che dal parco davanti casa tua sia ancora più bello, dovresti scendere, sai?”

Rimasi un attimo in silenzio.

“Scendere? Ville, sei impazzito?” chiesi. Ma, presa da un impeto di irrazionalità, indossai un paio di jeans e una felpa.

“No. E’ solo che vorrei che fossi qui... e guardando le stelle entrambi, anche se siamo lontani avrei l’impressione di averti accanto a me” disse, con una dolcezza spiazzante.

“Ehm...” borbottai. La mia mandibola era arrivata a terra, dopo quella frase. Nessuno mi aveva mai detto una cosa così...dolce, prima d’ora.

“Hai vinto, sto scendendo” sospirai, chiudendomi la porta di casa alle spalle.

“Brava” ridacchiò “Pensavo di metterci molto di più a convincerti”

Casa mia si trovava di fronte a un piccolo parco, che un tempo era stato un cimitero per i morti di peste. Molto romantico per Ville, molto terrificante per me.

“Sei sicuro? Devo proprio andare nel parco della Vanha Kirkko?” chiesi, rabbrividendo.

Ville rise “Avrai mica paura?”

“Io? Figuriamoci!” tremavo, ma era sicuramente colpa del freddo. “Ok, ci sono”

“Perfetto... guarda il cielo, ora” disse, con una voce più vellutata del solito.

“Wow...” mormorai. Aveva ragione: non avevo mai visto un cielo così, in America. Era blu scuro, lo stesso colore del mare profondo, tuttavia era limpidissimo. Delle enormi nuvole rosate si rincorrevano nel cielo, che qua e là era punteggiato di luminosissime stelle. Probabilmente ero in piena sindrome di Stendhal, perché per un momento mi girò la testa e mi si attorcigliò lo stomaco.

“Smetti di camminare guardando in su, però... rischi di andare a sbattere contro qualcuno” ridacchiò Ville. La sua voce non arrivava dal telefono, però...era vicina, era di fronte a me. Trasalii, abbassai lo sguardo e i miei occhi incontrarono i suoi.

“Ville! Cosa... cosa ci fai qui?”

Non avevo nemmeno finito la frase che già ero tra le sue braccia, le mie labbra a cercare le sue, il mio telefono lasciato cadere ai miei piedi. Quanto mi erano mancati i suoi baci...

“Vuoi la versione reale...” bacio “...o quella per salvare la faccia?” altro bacio.

“Entrambe” sorrisi, ancora avvolta dal suo abbraccio.

“Ok... la versione salva-faccia è che abbiamo tre giorni di pausa e devo fare delle commissioni qui ad Helsinki” mi guardò sorridendo.

“E quella reale?”

Abbassò lo sguardo, un sorriso appena accennato sulle labbra.

“Mi mancavi talmente tanto che se fossi stato un solo altro giorno senza di te sarei impazzito!”

“M...mi mancavi anche tu” ammisi, nascondendo il viso sul suo petto. Addio Charlie, completamente rammollita.

“Ti avevo proposto di guardare le stelle, giusto?” sussurrò sulle mie labbra “vieni con me”

Camminammo nel parco fino a raggiungere l’unica panchina lontano dagli alberi. Ci sedemmo col naso in su, io completamente avvolta dalle braccia di Ville.

“Devo darti ragione, sai? E’ davvero stupendo” dissi.

Restammo per un po’ in silenzio, potevo sentire il battito del cuore di Ville contro la mia schiena. Un battito accelerato...esattamente come il mio.

“In questi tre mesi ho capito di avere una missione, sai?” ridacchiò.

“Quale?” sorrisi, preparandomi ad ascoltare una delle sue assurdità.

“Farti amare Helsinki.... e farti innamorare di me” sussurrò al mio orecchio, con quel tono basso che mi mandava fuori di testa.

Sorrisi. Ad amare Helsinki non so se ci sarei riuscita... faceva ancora troppo freddo per i miei gusti, ma mi stavo lentamente abituando. Quanto alla seconda parte...beh...era giunta l’ora di ammetterlo: missione compiuta.

OST: Love machine - WASP

   
 
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