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Autore: Starishadow    29/09/2014    3 recensioni
Lo sentiva scivolare via, e non importava quanto forte lo stringesse, il minore continuava a sfuggirgli fra le braccia
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otoya Ittoki, Tokiya Ichinose
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E intanto lui scivolava via

La prima volta in cui Otoya si era lamentato di avere dei capogiri, gli altri Starish l’avevano fatto sedere, aspettando di vedere se gli passavano. E così era successo, in effetti.
«Sarà stato solo un calo di zuccheri» aveva suggerito Reiji, dando una pacca leggera al suo kohai mentre quello tornava a provare.
Lentamente, quel piccolo episodio fu dimenticato da tutti, Otoya in primis: non era raro che, grazie alle loro tabelle lavorative strapiene e i ritmi di vita completamente sballati, qualcuno di loro avesse un periodo in cui non era in ottima forma.
E così, poco tempo dopo, Otoya era di nuovo il solito ragazzino iperattivo che contagiava tutti, persino (e soprattutto) il suo cinico compagno di stanza, con i suoi sorrisi e la sua sete di vita.
Almeno fino ad una mattina, qualche settimana dopo, in cui né gli allegri richiami di Reiji né le lievi minacce di Tokiya erano riusciti a tirarlo fuori dal suo bozzolo di coperte; Otoya se ne stava raggomitolato il viso verso la parete, le coperte tirate su fino al naso, e Tokiya si era accigliato, preoccupato: non era da Otoya restare così a lungo nel letto.
Il maggiore si sporse verso il viso del ragazzino e posò le dita sulla sua fronte, Otoya sussultò al contatto, con un brivido.
Eppure le mani di Tokiya non erano poi così fredde.
«Senpai, è bollente» dichiarò il più grande dei due kohai, forzandosi di suonare calmo.
Reiji spalancò gli occhi:
«Oh no! Il mio Otoyan è malato!!» esclamò, preoccupato, mentre correva in bagno a cercare un termometro e degli asciugamani umidi.
Il cucciolo degli Starish aveva passato circa una settimana a letto dopo quell’episodio, accudito da tutti gli altri ragazzi del Master Course, e una volta persino da uno Shining stranamente taciturno e paterno, ma appena fu in grado di stare in piedi tornò al suo lavoro con entusiasmo anche maggiore di prima. Solo Tokiya continuava a tenerlo d’occhio, sospettoso, e si sentiva il cuore balzare in gola ad ogni segno di cedimento del più piccolo.
«Rilassati Ichi, sembri una mamma iperprotettiva» l’aveva ripreso bonariamente Ren un giorno, e lui avrebbe voluto risponderli che sentiva che c’era qualcosa che non andava con Otoya. Stava sveglio fino a tardi, e quando finalmente si metteva a letto, si rigirava per tempo indeterminato, a volte si svegliava soffocato da colpi di tosse che sembravano accoltellare Tokiya ogni volta più a fondo.
Aveva provato a confrontarlo, ma tutto quello che aveva ottenuto era un sorriso timido e gentile, con qualcosa di triste in fondo agli occhi, con la classica frase “Sto bene, Toki, non ti preoccupare”.
Quanto si pentiva di avergli creduto! Se solo si fosse preoccupato un po’ di più
Ma non l’aveva fatto, e tutti avevano continuato ad andare avanti con le loro solite routine, ed era arrivato quel giorno.
Il giorno del loro ultimo concerto. Solo che ancora non potevano saperlo.
 
«Tutti pronti?» chiese Syo, elettrizzato come sempre, prima di sfuggire alla presa micidiale di Natsuki.
«Sono emozionato come agli Utapri award!» esclamò Cecil «Anzi, di più!!»
«Lo dici ad ogni concerto» commentò Ren sorridendo, Masato gli pestò un piede e Cecil rise imbarazzato «piuttosto vedi di non metterti a fare quell’assurda agnadance» aggiunse il flirt, ammiccando.
«Gne, gne, gne! Come vuoi, Ren» sogghignò Cecil.
«Ne ̴  dov’è Otoya?» chiese d’un tratto Syo.
Tokiya si sentì soffocare dal panico mentre realizzava che il suo raggio di sole privato non era in quella stanza.
«Ha detto di avere un po’ di mal di pancia come al solito, sarà in bagno» rispose Masato, facendo spallucce, Tokiya scattò verso il bagno più vicino.
Una volta raggiunta la porta, sentì il suono che più temeva di sentire: singhiozzi e conati di vomito. Entrò, allarmato:
«Otoya!» esclamò, correndo a reggere la fronte all’altro ragazzo. Il più piccolo non smetteva di piangere, nemmeno quando i conati finirono. Tutto il suo corpo stava quasi bruciando.
«M-mi di-dis-pi-ace» ansimò il rosso, fra un singhiozzo e l’altro, mentre tentava di ricomporsi.
«Di cosa, Oto-kun?» gli chiese dolcemente Tokiya, massaggiandogli la schiena. Il più piccolo scosse la testa e raggiunse il lavandino, mentre il maggiore sentiva ancora una sensazione spiacevole alla bocca dello stomaco.
«Fra quanto andiamo in scena?»
«Possiamo annullare il conc…»
Otoya lo fissò inorridito, gli occhi pieni di lacrime:
«No, ti prego Toki» implorò «lasciamelo fare, ti supplico» gli afferrò la giacca con mani tremanti, gli occhi febbrili «ti scongiuro».
Tokiya alla fine acconsentì, ma rimase ben deciso a tenerlo d’occhio.
E a metà concerto fu provato che aveva fatto bene, perché riuscì ad afferrare al volo il ragazzino quando quello crollò a terra.
Le fan strillarono sorprese, gli altri Starish accorsero, gli occhi sbarrati.
Tokiya stringeva a sé il ragazzo, la cui pelle sembrava andare a fuoco e che ora era in preda a brividi, colpi di tosse e convulsioni.
«Otoya! OTOYA!» lo chiamò disperatamente, mentre Ren si inginocchiava accanto a loro e tentava di aiutarlo a respirare.
I paramedici raggiunsero i piedi del palco in tempo per vedere un rivolo di sangue uscire dalle labbra di Otoya e i suoi occhi offuscarsi.
«N-no» Tokiya sentì delle lacrime rotolargli lungo le guance mentre sfiorava il viso di Otoya, con dita tremanti.
Lo sentiva scivolare via, e non importava quanto forte lo stringesse, il minore continuava a sfuggirgli fra le braccia «Otoyan, non lasciarmi» implorò in un sussurro, avvicinando il viso a quello contorto in una smorfia di dolore dell’altro.
«M-mi dispiace» rantolò quello, l’aria esausta mentre si sforzava di portare una mano verso la guancia del più grande, che la prese e la trattenne lì.
Con quel po’ di lucidità che gli era rimasta in mezzo a tutto il dolore che lo attraversava, Otoya realizzò di non aver mai visto Tokiya piangere in quel modo, e non voleva che il ragazzo piangesse per lui…
«S-sor-ridi» bisbigliò, mentre anche tenere gli occhi aperti diventava fonte di sfinimento.
Il maggiore tentò disperatamente di convincere le sue labbra  a tendersi in un sorriso, nonostante i suoi occhi continuassero a lasciar cadere lacrime sempre più disperate. Otoya sembrò comunque tranquillizzarsi a quel gesto.
«Aishiteru» sussurrò il minore, chiudendo gli occhi. Tokiya lo baciò, ignorando le lacrime e il sangue.
«Aishiteru» rispose, senza separarsi da lui. Non sentiva più le fan che parlavano fra di loro, preoccupate, gli altri idols che chiamavano aiuto, i paramedici che si facevano strada, Shining e i senpai che tentavano di rassicurare il pubblico.
“Non andare, ti prego” implorò, mentre le labbra di Otoya si fermavano, e la sua mano scivolava via dalla sua guancia. Lo sentì espirare contro le sue labbra, e il suo cuore parve fermarsi assieme a quello dell’altro ragazzo, prima di frantumarsi dolorosamente.
«No» gemette, stringendo più forte l’altro, nascondendo il viso nella sua spalla «… no …» sentì qualcuno posargli le mai sulle spalle e tentare di allontanarlo da quello che era l’unica ragione per cui non passava le giornate chiuso da qualche parte a lavorare da solo, l’unico motivo per cui sorrideva… «no, no, no… NO!!!» la sua voce riecheggiò per l’auditorium, e il silenzio calò su di loro, solo le sue grida disperate si sentivano, e spezzavano i cuori di chi le sentiva.
«Ichi… basta… lascialo… se ne è andato!» mormorò a voce di Ren, rotta e spaventata.
«No, no… Otoya, OTOYA!!» urlare era l’unica cosa che sembrava rendere sordo il dolore che gli dilaniava il petto, sentire la sua gola esplodere sotto quel suono, le orecchie colme di quello e nient’altro… poteva solo urlare il suo dolore, eppure non riusciva comunque a liberarsene.
Sentì qualcuno che lo abbracciava e lo tirava via da Otoya, mentre qualcun altro prendeva il corpo del ragazzo, sollevandolo delicatamente da terra.
Lentamente gli altri suoni tornarono: le grida delle fan, spaventate ed atterrite, Natsuki e Cecil che singhiozzavano, Ren che parlava con i medici…
E Masato era dietro di lui, seduto a terra con le gambe divaricate in modo che potesse reggere Tokiya seduto contro il suo petto.
«Calmati, Tokiya… respira…»
Perché doveva calmarsi? Perché non poteva semplicemente piangere e urlare? Perché doveva respirare se Otoya non poteva più farlo?
Aveva la vaga sensazione di tremare, e sentiva di essere sul punto di svenire… non era vero, non poteva essere vero…
«Tokiya, basta… smettila…»
Smettere di fare cosa? Cosa stava facendo?
Solo quando le mani di Masato gli afferrarono i polsi si accorse che si stava graffiando il viso, affondando le unghie nella carne.
Era il suo il sangue che vedeva sulle sue dita, o era quello di Otoya?
Otoya… gli aveva fatto amare il colore rosso, colore dell’amore, del calore… il suo colore. Perché doveva essere anche il colore di qualcosa orribile come il sangue??
Crollò fra le braccia del suo compagno di band, che lo sorresse e lo tenne stretto, mormorando parole di conforto in cui alla fine non credeva nemmeno lui.
Masato chiuse gli occhi. Si stava sforzando, terribilmente anche, per non crollare come avevano fatto Tokiya, Cecil e Natsuki, non poteva andare in pezzi, doveva restare fermo per loro, e per Syo e Ren che si stringevano le braccia attorno al corpo e si mordevano le labbra.
Non poteva abbandonare così Tokiya, iniziando a singhiozzare anche lui, piangendo per tutto quello che avevano appena perso senza nemmeno sapere come o perché. Ma aveva paura; paura di quello che sarebbe successo adesso…
“Otoya” pensò, posando il viso sulla spalla di Tokiya, che sembrava essersi come addormentato, e cacciò indietro un singhiozzo “ancora un po’, per favore… resisti ancora un po’” si disse, avrebbe potuto crollare quella notte, di nascosto, sotto le coperte…
Ma intanto dentro di sé sapeva che nulla sarebbe stato come prima, e la voglia di piangere e raggomitolarsi a terra diventava più forte di prima.
 
«Sono passate due settimane!»
«Siamo preoccupati»
«Ha a malapena toccato cibo»
Le voci di Syo, Masato e Ren sembravano lontane anni luce da Tokiya, beato nel suo angolo buio e caldo fornitogli dalle palpebre abbassate e il conforto del suo letto.
«Non reagisce a nulla» la voce di Natsuki tremava e sembrava che stesse piagnucolando, ma non era fastidioso…
«Ichinose-san?» la vocina di Haruka si fece strada nel buio, portando con sé ricordi di melodie, canzoni, felicità… e di un ragazzo dai capelli e gli occhi color rubino che lui non voleva ricordare.
“Vattene via, Nanami… andatevene tutti!!!” implorò, serrando di più gli occhi.
«Ichi» la voce di Ren era la peggiore, era flebile, roca come se avesse pianto per tutto quel tempo, era lo spettro della voce calda e sensuale a cui tutti erano abituati. A giudicare dalla pressione sul materasso, qualcuno si era seduto accanto a lui sul letto.
“Va’ via, ti prego”.
«Otoya odierebbe vederti così»
“Ma Otoya non può più vedermi! Smettila di ricordarmelo! Vai via, vai via!!!”
Ren sospirò e se ne andò, e con lui tutti gli altri, o almeno così credeva. Qualcun altro gli si sedette vicino.
«Ne ̴ Toki-kun» Reiji, la persona che meno voleva avere accanto ora, così simile ad Otoya da far male… «lo so che ti manca Otoyan, manca a tutti… e so che ti senti affogare senza di lui, non hai un motivo per alzarti, per continuare a vivere… non c’è più sole nella tua vita, vero?»
“Vero. È una fottutissima eclissi che non finisce più”
«Ma ti posso assicurare, Toki… che anche se quel vuoto forse non se ne andrà mai, anche se ti sveglierai nel cuore della notte certo di trovarlo lì, e ti sentirai crollare nel capire che non ci sarà più… posso prometterti che con il tempo imparerai a gestire il dolore, imparerai a conviverci… e a quel punto torneranno i ricordi, quei ricordi da cui fuggi adesso, perché ti fanno male, saranno i tuoi migliori amici, il mondo sicuro in cui rifugiarti… un mondo in cui Otoya sarà sempre con te, e nessuno potrà portartelo via. Non ci sarà più nessuna stupida emorragia interna, nessuna malattia terminale che lui ti ha tenuto nascosto… non smetterà di far male, ma lui sarà con te… e sarà con te anche quando non te ne accorgerai, sarà con te nelle tue canzoni, nei tuoi sorrisi, nelle tue lacrime… Otoyan non ti lascerà mai»
Tokiya aprì gli occhi, e altre lacrime rotolarono giù da essi mentre fissava il suo senpai, che aveva a sua volta gli occhi rossi e gonfi di lacrime, ma gli regalò lo stesso un sorriso entusiasta:
«Hey Toki!!! Sei tornato»
Tokiya singhiozzò, e Reiji lo strinse a sé, come un fratello maggiore fa con il più piccolo che ha appena avuto un incubo.
«Torna con noi, Toki» sussurrò il senpai, ma non era la sua voce quella che l’idol più giovane sentì.
Con la coda dell’occhio, gli parve di vedere un bagliore rosso lampeggiare.
“Otoya… rimani, stavolta”
“Prometto, Toki-kun… Aishiteru, non me ne vado più”
Forse quella voce era solo nella sua testa, ma non aveva intenzione di essere razionale e cacciarla via, adesso.
 
Il concerto finì, ma le fan non ruggivano di gioia adesso, le luci non li abbagliavano.
I riflettori erano tutti rossi, adesso, tutte le fan sfoggiavano una luce rossa, gli Starish indossavano qualcosa di rosso, e ognuno di loro aveva un palloncino dello stesso colore in mano.
Sopra di loro il cielo stellato che rifletteva quella sfumatura calda e vivace.
Si misero in fila, e uno ad uno lasciarono andare il palloncino, ognuno mormorando quello che più gli sarebbe mancato del ragazzino. Natsuki singhiozzò “la sua gentilezza”, Syo tentò di tenere ferma la sua voce, mentre dichiarava “la sua risata”. Cecil non riuscì a parlare, troppo soffocato dai singhiozzi, ma avrebbe voluto dire “tutte le volte che mi ha tenuto compagnia”.
Masato sembrava un pezzo di ghiaccio mentre diceva “la sua energia”, ma tutti avevano visto e due lacrime che gli rigavano il viso, Ren aveva esitato, riluttante a lasciar andare quel palloncino quasi fosse l’ultima cosa che gli restava dell’amico, poi, con un sospiro, aveva sussurrato “le sue smorfie ridicole”, strappando una risatina umida di lacrime a Syo, che per una volta si era lasciato abbracciare da Natsuki senza sbraitare.
Tokiya fissò il palloncino e chiuse gli occhi.
«Mi manchi tu, Oto-kun… mi manca tutto di te. La tua voce, il tuo incitarmi a fare qualcosa, lo stringerti fra le braccia, la tua voce… mi manca cantare con te… mi manchi. Ti amo, Otoya»
E il palloncino salì verso l’altro mentre lui si sentiva cadere verso il basso.
 
Si svegliò di soprassalto, il sole che gli feriva gli occhi e due voci allegre che lo chiamavano.
Quando i suoi occhi incontrarono un paio color rubino, e il sorriso che gli era mancato così terribilmente gli si illuminò davanti, si trattenne a stento dal prendere il ragazzo fra le braccia e tenerlo lì per il resto della giornata.
Era stato tutto un incubo?


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Nota dell'autrice: buonsalve a tutti voi!!! Rieccomi qui a torturarvi con le mie FF angst eheheh (non contenta dopo 35 capitoli, giustamente, ricompaio così xD)
Mmmm cosa posso dire di questa ff... innanzitutto mi auguro che vi sia piaciuta *speranzosa* e che non vi sia venuta l'orticaria a leggerla, poi grazie mille per aver resistito fino a qui!!! :D
Mi è venuta in mente durante un'ora di scienze (ho un prof che non sa spiegare, e io, che scienze già non la capisco di mio, non sto certo a cercare di capirlo >.< fortuna la mia migliore amica che è un genio in questo campo!!! *^*), e... sì, ero in vena di angst ahahaha e Otoya doveva morire definitivamente, ma poi... no, non ce la facciooo!!! T__T
La prossima che posterò sarà completamente diversa, promesso, niente più angst per un po'! ;D
Grazie mille per essere arrivati fin qui, buonanotte o giornata!!
A presto!
Baci,
Starishadow

 
 
   
 
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