Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: 9dolina0    30/09/2014    7 recensioni
«Il futuro di Chichi è drammaticamente avvolto da una coltre di nebbia attraverso la quale i miei poteri non possono penetrare. Vedo i malvagi incombere sul suo regno; vedo il sangue scorrere lentamente lungo le terre di Furipan e contaminare il vostro fiume; ma non posso vedere cosa ne sarà esattamente di vostra figlia. Perderà, usurpata dai malvagi, il controllo delle sfere del drago, ma che lei sopravviva o meno alla venuta di quegli esseri non posso in alcun modo saperlo. Tuttavia, riesco distintamente a scorgere accanto a lei la figura di un giovane forte e valoroso. Non so chi sia, né da dove venga, né se sarà davvero in grado di proteggerla. Cerca quel giovane e spera che possa davvero fare qualcosa. Ma sta’ attento a non confondere il designato con un malintenzionato: il destino di tua figlia potrebbe essere nelle sue mani.»
Amore, lotta, usurpazione e sentimenti...
Un destino da cambiare e una principessa da salvare.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bulma, Chichi, Goku | Coppie: Bulma/Vegeta, Bulma/Yamcha, Chichi/Goku
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo IV – Arrivano i malvagi

 

Muten si era ripreso abbastanza in fretta dal torneo.

Certo, gli arti ancora dolevano e il sangue ribolliva non poco per aver perso contro il suo acerrimo rivale, ma Crilin, nel turno successivo, era riuscito a vendicarlo egregiamente.

Non c’era stata storia, dopotutto: il suo allievo aveva una tecnica e una potenza decisamente superiori a quelle di Condor. L’anziano maestro non si era mai davvero soffermato a pensare a quanto i suoi allievi potessero essere migliorati dopo l’allenamento con il Supremo, ma quell’assurdo torneo aveva insinuato in lui troppe domande.

Una di queste riguardava proprio Crilin.

Avrebbe dovuto puntare su di lui molto di più?

In fondo, in finale contro quel Son Goku si era fatto valere non poco, molto di più di quanto non avesse fatto Yamcha al primo turno.

Per la verità, Muten non aveva mai visto nell’ex predone del deserto il guerriero ideale profetizzato da Baba, né, oltretutto, avrebbe mai scommesso che quel ragazzo avrebbe potuto fare qualcosa contro i malvagi. Muten conosceva fin troppo bene sua sorella: se Baba aveva avuto paura nel rivelare tutti i dettagli di ciò che realmente aveva visto nella sfera, evidentemente doveva esserci sotto qualcosa di grosso; e Yamcha non era di certo il tipo da poter affrontare qualcosa di più grosso delle tette di Bulma. Era un bravo ragazzo, per carità, e anche un valido guerriero; ma non aveva mai preso troppo seriamente tutta la faccenda della profezia – non a tal punto, per lo meno, da impegnarsi seriamente e migliorare la sua tecnica.

 

Il pensiero di Baba lo riportò per un istante al giorno in cui l’anziana sorella decise di confidare allo stregone del toro ciò che aveva visto nella sua sfera. Quanto doveva essere costato a quella vigliacca tirare fuori una simile confessione?

Muten sapeva che sua sorella, in quanto a coraggio, lasciava parecchio a desiderare.

Ne aveva viste di cose dentro quella sfera! Eppure, quella era stata in assoluto la prima volta in cui la strega avesse deciso di aprire la bocca.

Con le forze del bene, perlomeno.

Muten non era affatto uno stupido: sapeva perfettamente che sua sorella, più di una volta, era scesa a patti con creature poco raccomandabili pur di avere salva la pelle.

E lei, di cose da donare in cambio, ne aveva fin troppe.

 

Quando Muten si accorse della presenza di Giumaho al suo fianco, lo stregone del toro era lì già da diversi minuti.

Era strano per l’enorme omaccione vedere il broncio sul viso del suo anziano maestro. Si conoscevano da una vita, quei due, e avevano condiviso mille allenamenti e altrettante avventure; ma mai sul volto del mitico genio delle tartarughe era stato impresso un ghigno tanto amaro.

 

«Smettila di pensarci, Muten. Condor ha imbrogliato. Non vale quanto te, e tu lo sai benissimo.»

 

Muten si voltò verso l’ex allievo, soppesando minuziosamente le parole appena udite.

 

«Per la verità, non stavo pensando al mio incontro. Sai, non sono sicuro di aver allenato bene i miei due nuovi allievi. Con Crilin specialmente avrei dovuto fare molto di più.»

 

«È questo che ti impensierisce, dunque? Be’, io non mi farei tutti questi problemi. D’accordo, Yamcha e Crilin hanno perso, ma il ragazzo che ha vinto proviene comunque dalla tua scuola, quindi…»

 

«Aspetta un attimo» lo interruppe Muten, certo di non aver afferrato bene il concetto «che significa che proviene dalla mia scuola? Io non l’ho mai visto in vita mia!»

 

Giumaho si abbandonò a una grassa risata. Una volta tanto era stato lui a stupire il genio e non il contrario.

 

«Andiamo, Muten! Eppure già il nome dovrebbe dirti qualcosa! Son Goku è l’allievo di Son Gohan! Ah, quando quel giovane me l’ha rivelato stavo per esplodere dalla felicità! Sono passati talmente tanti anni da quando eravamo compagni di lezione, ma, nonostante questo, ancora ricordo tutti i nostri allenamenti insieme. Roba da morire di crepacuore all’istante!»

 

Il volto di Muten assunse una strana espressione, a metà strada tra il confuso e l’accigliato.

Erano anni che non sentiva più nominare il suo ex allievo e di certo non si sarebbe mai aspettato di trovarsi ad avere a che fare con un ragazzo che diceva di essere stato allenato proprio da lui.

 

«Questa è davvero bella. Un allievo di Son Gohan, quel Son Gohan

 

«Già, stentavo a crederci quando me l’ha detto. È un peccato che io non possa muovermi da Furipan per andarlo a trovare, ma comunque sono riuscito a farmi promettere da Goku che me lo avrebbe salutato.»

 

Muten storse la bocca e sgranò quasi impercettibilmente gli occhi.

Un brivido freddo percorse tutto il suo corpo, dalle punte degli alluci fino alla testa. 

Decisamente, c’era qualcosa di assurdo in quanto rivelatogli dallo stregone.

 

«Giumaho, quel ragazzo non può salutarti proprio nessuno! Son Gohan è morto.»

 

***

 

Chichi non aveva affatto voglia di trovarsi di nuovo da sola con Goku, ma suo padre si aspettava da lei che mostrasse al suo protettore le sfere del drago e la principessa non avrebbe potuto in alcun modo sviarsela da quell’incarico.

Tanto più che non aveva nemmeno una scusa plausibile per farlo.

Erano passate parecchie ore dalla loro fastidiosissima e imbarazzante chiacchierata; Chichi aveva avuto una nottata intera per dormirci su, eppure non era riuscita a rimuovere completamente la piccola umiliazione subita.

Di fare colazione non voleva affatto saperne: buttare qualcosa nello stomaco non avrebbe fatto altro che peggiorare la già forte acidità che sentiva quella mattina. Suo padre, oltretutto, aveva pensato bene di lasciarla sola al tavolo con Mamanu per far visita a Muten.

 

Chichi si aggirava da sola tra i corridoi che avrebbero condotto verso la camera di Goku.

Nemmeno lui era sceso a fare colazione e la ragazza sospettava che stesse ancora dormendo. In fondo, il giorno prima aveva pur sempre partecipato a un torneo di arti marziali!

Quell’ultimo pensiero la fece quasi sorridere.

Erano anni, ormai, che aspettava di conoscere il suo protettore e il destino le aveva sbattuto in faccia un guerriero tanto abile e forte quanto linguacciuto e insolente.

Eppure, si disse, era il suo guerriero.

Per quanto le costasse una gran fatica ammetterlo, in fondo al proprio cuore Chichi aveva sempre sognato che il prescelto fosse un ragazzo sagace e sfrontato, capace  di penetrare i suoi pensieri anche meglio di quanto non facesse suo padre.

In fondo, lui doveva proteggerla, no?

Se non fosse stato in grado di capire cosa le passasse per la testa e cosa nascondesse il suo sguardo apparentemente ribelle e sicuro di sé, come avrebbe potuto salvarla dai malvagi?

 

Avvolta nei suoi mille pensieri, Chichi si ritrovò di fronte alla camera di Goku.

Bussò, col cuore in gola, promettendo a sé stessa che non si sarebbe lasciata intimorire di nuovo dalle parole impunemente pungenti di quello strano guerriero.

Quando la porta si aprì, la principessa si trovò di fronte un ragazzo assonnato, quasi completamente nudo, vestito solo di un paio di boxer neri un po’ troppo aderenti che lasciavano ben poco spazio all’immaginazione.

 

Chichi avvampò e dovette mantenere tutta la concentrazione possibile per non lasciar cadere lo sguardo troppo in basso.

 

«Che diavolo ci fai ancora conciato… così?» proferì la giovane, constatando a mente affatto lucida che Goku non era di certo il primo ragazzo che gli capitava di vedere a petto nudo, ma, sfortunatamente per lei, era senz’altro il più bello.

 

Il ragazzo iniziò a grattarsi la testa, poi si lasciò sfuggire un pesante sbadiglio.

 

«Cavolo, mica saranno già le nove?»

 

«Sono le nove e un quarto, per la precisione. Oh, santo Supremo, non dirmi che ti sei appena svegliato?»

 

Goku diede le spalle a Chichi poi tornò a sedersi sul letto.

La mattinata era iniziata nel peggiore dei modi, così come il suo piano di conquista del pianeta. Cavolo, quella ragazzina lo stava per condurre nella stanza in cui erano custodite le sfere del drago e lui non solo ancora non era vestito, ma non aveva nemmeno fatto colazione!

L’aria malsana di quel castello doveva avergli fatto male.

Finì di fare i conti con sé stesso e con la sua leggerezza, poi si alzò di nuovo, volgendo lo sguardo a una spazientita, confusa e imbarazzatissima Chichi.

Peccato che la principessina fosse tanto inebetita.

Se solo si fosse dimostrata un po’ meno pudica avrebbe preso in seria considerazione l’eventualità di un amplesso prima di fotterle definitivamente le sfere del drago.

 

«Non guardarmi così, Chichi… Ho solo dormito un po’ più del dovuto!»

 

«Lo vedo anche da sola. Be’, datti una mossa, almeno! Che diavolo aspetti a vestirti!»

 

«Cavolo, solo con uno stupido ritardo sono riuscito a tirare fuori il peggio di te!»

 

Il ragazzo si alzò, afferrò ai piedi del letto la sua tuta arancione e se la infilò in pochi secondi. Dovette spendere un paio di minuti nella ricerca dei suoi stivali, almeno un quarto d’ora in bagno e qualche altro secondo per “sistemarsi” i capelli, ma riuscì a concludere tutto prima che Chichi, spazientita, se ne andasse dalla stanza.

 

«Ecco, sono pronto. E ora, andiamo a vedere queste  benedette sfere.»

 

Chichi non rispose, distratta dal nervosismo per aver dovuto aspettare il suo protettore e dal pensiero che quel ragazzo fosse un po’ troppo affascinante per la sua apparente imperturbabilità.

Si avviò verso l’uscita della stanza a passo piuttosto svelto: Goku, d’altra parte, le aveva già fatto perdere un mucchio di tempo.

 

***

 

Bulma non aveva affatto voglia di lavorare.

La rabbia per come si era concluso il diverbio verbale con Yamcha il giorno prima l’aveva resa isterica e nervosa più di quanto non si sarebbe aspettata.

Non aveva idea di dove il suo ragazzo avesse passato la notte, ma era più che certa che, prima o poi, quello sciocco sarebbe tornato da lei chiedendole scusa. Le doveva questo e altro, in fondo: che colpa ne aveva lei se si era lasciato sconfiggere da un ragazzino sconosciuto?

Anche la voglia di continuare a poltrire a letto scemò a poco a poco.

Le mancavano la sua camera, la sua casa, il suo giardino, la sua palestra privata, il suo laboratorio; tutto si poteva dire di quella stanza d’albergo che occupava ormai da qualche giorno, tranne che fosse confortevole. Suo padre l’aveva abituata bene, in fondo. Gli agi di cui godeva alla Capsule Corporation potevano essere oggetto d’invidia persino per un re.

In quel momento si chiese quanto grandi e confortevoli fossero le stanze del castello in cui alloggiava la principessa.

Bulma avrebbe scommesso qualsiasi cosa che non fossero altrettanto lussuose quanto la sua.

 

Il pensiero di Chichi le fece nuovamente venire un fastidiosissimo senso di disgusto.

Aveva avuto a che fare pochissimo con quella strana ragazzina, ma già sentiva che, a pelle, non le stava affatto simpatica. D’altra parte, come avrebbe potuto farsi piacere la tizia di cui il suo fidanzato aveva aspirato a diventare il bodyguard?

L’ennesimo prurito sulle braccia la costrinse a grattarsi e a cacciare dalla testa l’immagine di Chichi.

Si alzò, giusto in tempo per interrompere il fastidiosissimo suono che proveniva dal suo computer.

Se non fosse stato per amore della scienza, Bulma avrebbe già lanciato il suo PC dalla finestra da un bel pezzo. Quei maledetti cosi provenienti dallo spazio si stavano avvicinando a incredibile velocità al pianeta Terra e ormai la ragazza non aveva più dubbi sul fatto che fosse quella la destinazione degli alieni.

Quella constatazione dava ancora più credito alla teoria che identificava gli extraterrestri con i malvagi, tuttavia non spiegava affatto come mai la veggente non avesse fornito qualche dettaglio in più sulla loro identità.

Possibile che, davvero, non fosse in grado di capire chi fossero e da dove provenissero?

Difficile, visto che aveva rivelato delle cose fin troppo dettagliate.

 

L’ingresso di Yamcha nella stanza non distrasse affatto Bulma dai suoi calcoli e dalle sue considerazioni. Non aveva voglia di pensare a lui, né tantomeno di dare spazio ai suoi infantili lamenti. Mai come negli ultimi due giorni, la scienziata aveva preso in seria considerazione l’idea di rivedere da cima a fondo la sua relazione con Yamcha: gli voleva bene, per carità, e lo trovava anche un ragazzo molto attraente; ma a livello di maturità le aveva dimostrato di essere parecchio indietro, almeno rispetto a lei.

 

«Ah, vedo che hai deciso di ignorarmi completamente! Bene, farò lo stesso anch’io.»

 

«Perfetto, Yamcha. Comincia col chiudere la bocca, allora.»

 

Gli extraterrestri erano molto più vicini di quanto Bulma non si aspettasse. Che razza di diavolerie tecnologiche potevano avere a disposizione per viaggiare a una simile velocità nello spazio aperto?

Facendo i dovuti calcoli e confrontando la distanza in cui si trovavano esattamente ventiquattro ore prima, Bulma si rese conto che, effettivamente, il giorno dopo avrebbero raggiunto la Terra.

Proprio come aveva profetizzato la strega.

 

La ragazza si accese una sigaretta e iniziò a picchiettare le dita sulla scrivania.

Non c’era nulla da fare: avrebbe dovuto aspettare il loro arrivo con le mani  in mano.

 

Crilin non aveva mai visto Bulma tanto nervosa e insofferente nei confronti di Yamcha.

Sembrava quasi che dentro quel monitor ci fosse qualcosa di vitale importanza. D’altra parte, nemmeno si era accorta del suo arrivo.

Non aveva staccato gli occhi da quello schermo nemmeno per un secondo, né aveva in qualche modo cercato di dissuadere Yamcha dal non rivolgerle la parola.

Crilin, da parte sua, ancora non si era ripreso completamente.

Lo scontro con Son Goku, dal quale per altro era uscito sconfitto, lo aveva letteralmente distrutto. Era già un miracolo che riuscisse a reggersi in piedi su una gamba.

Tuttavia, si era imposto di uscire da quella maledetta infermeria e di raggiungere Bulma.

Sebbene, infatti, Yamcha non volesse dar credito agli studi condotti dalla ragazza, a Crilin era saltata comunque una pulce nell’orecchio. Aveva imparato a conoscere abbastanza bene la figlia del dottor Brief, anche se di fatto non avevano mai avuto modo di parlare seriamente, e sapeva che, se quella ragazza si stava dando tanto da fare dietro ai misteriosi segnali che provenivano dallo spazio, allora doveva esserci sotto qualcosa di grosso.

 

«Ehm, Bulma?» sussurrò Crilin, sperando di non alterare ancora di più l’umore già traballante della scienziata.

 

La ragazza, da parte sua, sussultò.

Solo in quel momento si accorse di una terza presenza in quella stanza.

 

«Oh, cavolo. Che ci fai qui? Guarda come accidenti sei ridotto! Dovresti tornare subito in infermeria!»

 

«Sono appena scappato, veramente. Avevo bisogno di parlarti, sempre che tu non sia troppo impegnata, ovviamente.»

 

Bulma gettò dapprima uno sguardo al monitor, poi si voltò di nuovo, con fare piuttosto cortese, verso l’amico di Yamcha.

 

«Tranquillo, tanto ormai non ho più niente da fare. Dimmi pure.»

 

«Be’, ecco… Si tratta dei tuoi studi, Bulma. So che hai scoperto qualcosa di interessante al di fuori del sistema solare e volevo capire esattamente di cosa si tratti e se sia in qualche modo riconducibile ai…»

 

«Malvagi? Be’, di questo ormai credo di avere la certezza assoluta.»

 

Bulma fece cenno con la mano al ragazzo di avvicinarsi al monitor e Crilin obbedì.

 

«Ascolta bene. Riesci a sentire questo stridio? Proviene da alcuni oggetti che si stanno avvicinando a forte velocità al pianeta Terra. Ho fatto i dovuti calcoli e non ho più dubbi: arriveranno domani.»

 

«Come aveva detto Baba» proseguì Crilin.

 

«Come aveva accennato Baba. A quanto ne so, la strega non ha mai parlato di extraterrestri.»

 

Crilin indietreggiò e puntò lo sguardo verso Yamcha.

Era sdraiato sul letto, con gli occhi chiusi e un evidente broncio stampato in faccia.

Crilin sapeva cosa aveva il suo amico: la sconfitta gli bruciava ancora.

Non riusciva a darsi pace per quanto accaduto, lui che già si vedeva come il protettore di Chichi. Additare la sua sconfitta alla presunta spietatezza di Goku, poi, era stato solo un modo per esorcizzare la sua brutta disfatta.

Cosa avesse di sbagliato il vincitore del torneo proprio non riusciva a capirlo. Crilin aveva cercato di parlare con Yamcha e di capire la sua posizione ma, nonostante gli sforzi, non venne a capo di nulla.

D’accordo, Goku era forte, incredibilmente forte; ma questo non significava necessariamente che fosse anche un poco di buono.

 

Crilin si schiarì la voce con un colpo di tosse, con l’intento di attirare l’attenzione di Yamcha.

 

«I malvagi, a quanto pare, sono degli extraterrestri. Che pensi di fare, ora, Yamcha? Io credo sia il caso di avvertire Son Goku.»

 

«Che se la veda da solo, quel farabutto. Io non ho intenzione di avvertire nessuno, tanto più che sono assolutamente certo che alla prima occasione quel novellino metterà le mani sulle sfere del drago e se la darà a gambe. Altro che protettore

 

«Ma perché sei tanto convinto di questo? Insomma, Yamcha, si è rivelato un eccellente guerriero. Sicuramente è molto più forte di noi due messi insieme.»

 

«Ricordi cosa diceva la profezia a proposito del guerriero perfetto? Occhio a non prendere un granchio

 

«Non erano esattamente queste le parole.»

 

«Ma il senso sì, eccome!»

 

Yamcha si sollevò dal letto e si diresse verso l’armadio. Tirò fuori una tuta da combattimento e si cambiò in pochi istanti. Non aveva voglia di continuare quel discorso. Sarebbe stato completamente inutile.

Lui quel Son Goku lo aveva visto bene in faccia.

Era pericoloso; spietato e pericoloso.

Non era semplice smania di vittoria quella che aveva sfoggiato durante l’incontro con lui: quel maledetto ragazzino voleva conquistare. I suoi occhi emanavano una luce sinistra e il suo sguardo celava odio, disprezzo, distruzione.

 

«Comunque, la faccenda ormai non mi riguarda più. Fa’ quello che credi.»

 

«Ti riguarda ancora, invece. Nessuno di noi aveva messo in conto che si potesse trattare di extraterrestri! Goku potrebbe avere bisogno del nostro aiuto.»

 

«Ah, che idiozia! Fidati, quell’individuo non muoverà un muscolo contro i malvagi. Anzi, sono quasi pronto a scommettere che si alleerà con loro.»

 

Crilin avrebbe voluto ribattere, ma Yamcha non gli diede il tempo di farlo.

L’ex predone del deserto uscì dalla stanza con una certa fretta, sbattendo con forza la porta.

C’era poco da fare: lui non avrebbe collaborato e Crilin questo lo aveva capito a sue spese. Tanto valeva, allora, che ognuno facesse di testa propria.

Il ragazzo sapeva di avere delle responsabilità nei confronti di Chichi: aveva perso, d’accordo, e non era lui il prescelto; ciò non toglieva però che si fosse allenato per anni al solo scopo di proteggerla e che dunque  non avrebbe potuto lavarsene le mani solo perché un altro guerriero si era dimostrato molto più potente di lui.

 

«Pazzesco. Ma perché deve fare così, accidenti?»

 

«Ignoralo, è molto meglio. Un bambino di cinque anni l’avrebbe presa molto più sportivamente.»

 

La risposta di Bulma stupì non poco Crilin.

Gli era capitato poche volte di vedere insieme Yamcha e la sua fidanzata e, fino a quel momento, era assolutamente certo che andassero d’amore e d’accordo. La cosa, però, riflettendoci bene, non era poi così logica: Bulma e Yamcha erano due persone completamente diverse, forse addirittura opposte, e Crilin non vedeva niente che li accomunasse a parte un’indubbia avvenenza.

Certo, se fosse bastata la bellezza a rendere quella coppia perfetta, quei due sarebbero rimasti insieme per sempre; ma, purtroppo, l’empatia non si basa mai sull’aspetto fisico delle persone.

 

«Eppure, mi pare assurdo il suo comportamento. Forse, dobbiamo solo dargli il tempo di sbollire la rabbia.»

 

«Non gli basterebbe una vita, credimi. Io mi domando perché ancora perdo tempo dietro a un tipo del genere. Assurdo! Ora fa pure l’incazzato solo perché ha perso. Poteva allenarsi di più prima invece che ridursi a piagnucolare come un moccioso!»

 

Crilin sollevò le spalle e indietreggiò di qualche passo.

La ragazza era decisamente nervosa. Se avesse continuato con quel discorso, probabilmente avrebbe aggredito verbalmente anche lui.

 

«Be’, io ora devo andare. Ho bisogno di parlare col mio maestro. Ci vediamo presto, Bulma

 

La scienziata non rispose.

Forse, non lo aveva nemmeno sentito parlare.

Quei maledetti, chiunque essi fossero, erano già dannatamente vicini e il radar del suo computer continuava a captare segnali inequivocabili.

 

***

 

«Questa è bella! Una stanza tanto grande per contenere degli oggetti tanto piccoli?»

 

L’occhiataccia fulminante di Chichi lo persuase dal proseguire quel discorso.

Vedere la ragazza osservare in religioso silenzio le sette sfere del drago gli aveva infuso una strana inquietudine. Non era da lui soffermarsi a contemplare i volti delle persone, ma nello sguardo cupo e profondo della ragazza al suo fianco Goku vedeva qualcosa di insolito, qualcosa che negli altri esseri umani non aveva mai colto.

Mistero? Magia?

Qualunque cosa fosse, non era sicuro che gli piacesse.

Le sfere del drago giacevano inerti su un morbido cuscino rosso sangue, della stessa tonalità di cui si era tinta la perla che Chichi portava al polso.

Ogni tanto si illuminavano.

Nella sua mente, Goku aveva immaginato quegli oggetti molto più grandi e preziosi. In apparenza, infatti, sembravano delle stupidissime palle di vetro. Quale poteva essere il potere che nascondevano? L’idea di scoprirlo, improvvisamente, divenne ancora più forte di quanto non fosse in precedenza.

 

«Come funzionano?»

 

«Cosa?»

 

«Le sfere del drago.»

 

Chichi cambiò di nuovo espressione, e tornò a fissarlo con quello sguardo a metà tra l’inebetito e l’incazzato che ormai Goku aveva imparato a conoscere. Addirittura, gli sembrava di avere davanti una persona diversa. Se la Chichi di prima era riuscita quasi a intimorirlo, questa gli risvegliava soltanto l’istinto di spaccarle la faccia.

A tempo debito, si disse, lo avrebbe di sicuro fatto.

 

«La faccenda non ti riguarda. Il tuo compito è proteggermi, non utilizzare le sfere.»

 

«Non mi hai risposto.»

 

«Non ho intenzione di farlo.»

 

«Mica avrai paura che il tuo protettore ti rubi l’esclusiva!»

 

«Questa è una cosa seria, Goku. Le sfere del drago hanno il potere di intervenire sul corso naturale della vita e della morte, sulle forze che plasmano l’universo, sui principi che regolano la sussistenza del cosmo. Non andrebbero mai usate, mai. Neppure per fare del bene.»

 

Per la prima volta in vita sua, Goku percepì il proprio cuore battere all’impazzata per via dell’ansia. Non gli erano piaciute affatto le parole che quella ragazzina impudente aveva proferito, tanto più che, almeno in apparenza, sembravano non avere senso.

Una cosa, comunque, era certa: se lui aveva accettato di trascorrere l’infanzia e l’adolescenza su quel dannato pianeta era solo per conquistarlo e per mettere le mani su quelle sfere e, al costo di rimetterci la salute mentale, avrebbe raggiunto il suo scopo.

 

«Se non si possono usare nemmeno per fare del bene, a che diavolo ti servono?»

 

«La tua scarsa perspicacia mi stupisce non poco, Goku. Io non sono colei che le utilizza, ma che le custodisce

 

«Perché me le hai mostrate, allora?»

 

«Perché se cadessero nelle mani sbagliate, sarebbe la fine per tutti noi. Il tuo compito è impedire che ciò accada. Sono stata chiara?»

 

***

 

Come si aspettava, Muten era lì.

Lo aveva cercato in lungo e in largo durante tutta la mattinata, ma ci era voluta l’ora di cena prima che il maestro decidesse di affacciarsi nella sala da pranzo riservata ai guerrieri.

Crilin non sapeva bene da dove cominciare. Di cose da dire ne aveva parecchie, ma gli mancava una scusa per avviare il discorso.

Quella sera, oltretutto, Giumaho, sua figlia e il protettore avrebbero cenato insieme agli altri partecipanti del torneo. La sala era gremita: non erano presenti soltanto gli otto finalisti, ma anche tutti i guerrieri usciti alle eliminatorie insieme agli amici e ai compagni che si erano portati dietro.

Yamcha se ne stava buttato in disparte su un tavolo isolato.

Era solo quando Crilin era entrato nella sala, ma ben presto il ragazzo si accorse con disappunto che Tensinhan e Jaozi avevano preso posto accanto a lui.

Parlottavano.

Cosa diavolo si stavano dicendo?

Un voce nota lo distrasse, però, da quell’insolita scena.

 

«Non dirmi che ancora non hai preso posto!»

 

«Ah, Muten! Mi hai quasi spaventato. Comunque, sono appena arrivato.»

 

«Perfetto, allora sarai sicuramente felice di unirti a noi!»

 

Quel noi aveva incuriosito parecchio Crilin, distraendolo da Yamcha.

Dietro l’esile figura di Muten si ergeva quella possente e inquietante di Giumaho. Era la prima volta che il minuto ragazzo aveva l’opportunità di vedere così da vicino quel colosso umano, tanto che trattenne a stento un moto di terrore.

 

«Non fare il prezioso» aggiunse Muten, incalzando il suo tentennante allievo «sarà un’ottima occasione per conoscere finalmente questo famoso Son Goku.»

 

Nell’udire quel nome, a Crilin tornò in mente il compito che si era prefissato.

Già, doveva parlare con lui e rivelargli l’identità dei malvagi.

In quel momento, il ragazzo scorse la figura di Bulma che si apprestava a prendere posto su uno dei tavoli ancora liberi. Senza nemmeno rispondere al suo maestro, il giovane guerriero si avventò su di lei e la trattenne per un braccio impedendole di sedersi. Quasi, rischiarono di cadere entrambi viste le condizioni delle ossa di Crilin.

 

«Ehi, ma… Dico, sei impazzito?»

 

«Scusami, Bulma, ma ho visto che stavi per prendere posto e ho pensato di impedirtelo, tutto qui.»

 

«Ah, questa poi! E perché mai? Sei in combutta con Yamcha per farmi arrabbiare ancora di più?»

 

Mentre pronunciava quelle parole, Bulma si accorse delle due figure che avevano seguito Crilin.

Le aveva riconosciute subito, ovviamente, e il fatto di trovarsele davanti a una distanza tanto ravvicinata le mise una certa inquietudine.

In fondo, si trattava pur sempre del grande genio delle tartarughe e dello stregone del toro.

La scienziata si ricompose immediatamente e assunse un atteggiamento il meno possibile imbarazzato; non era tipa, lei, da tremare al cospetto di una presunta personalità, eppure la fama che circondava quei due uomini la metteva stranamente in soggezione.

 

«Be’, comunque, ancora non mi sono seduta, quindi…»

 

«Quindi sei dei nostri!» la incalzò Crilin, non nascondendo un certo entusiasmo. Era la prima volta, da quando aveva conosciuto Bulma, che il giovane guerriero si permetteva con lei una tale confidenza. Ma la reazione della ragazza, infastidita più a parole che non nei fatti, gli fece in qualche modo intendere che, nonostante fosse una delle donne più ricche, affascinanti, desiderate del pianeta, probabilmente era molto più affabile di tante altre sgualdrine pseudo famose.

Chissà, magari Bulma stava solo aspettando l’occasione buona per avvicinarsi allo stregone e alla sua schiera di conoscenti, schiera che, da poco più di un giorno, si era arricchita di un guerriero sconosciuto e potentissimo.

 

«Ah, ragazzi, ma voi non avete fame? Ve ne state qui a chiacchierare e ancora non avete scelto un tavolo. Chiaramente, io desidero per i miei commensali il posto migliore! Seguitemi, lì in fondo alla sala staremo benissimo!»

 

L’entusiasmo di Giumaho sembrava aver contagiato tutti, tranne Muten.

Crilin conosceva un po’ troppo bene il suo maestro per non capire che qualcosa lo tormentava. Qualunque cosa fosse, comunque, avrebbero avuto modo di parlarne tutti insieme intorno a quel meraviglioso tavolo riservato appositamente per loro da Giumaho.

Son Goku si era già accomodato ancora prima del loro arrivo.

Chichi e Mamanu avevano fatto lo stesso.

 

***

 

«Dunque, Bulma, cosa avresti scoperto esattamente sui malvagi

 

La domanda di Muten arrivò repentina e inaspettata.

Avevano toccato l’argomento appena si erano seduti tutti quanti al tavolo, ma il ricordo dei vecchi tempi aveva trascinato lo stregone e il genio verso un turbinio di rimembranze quasi perdute. Per la verità, avevano parlato quasi esclusivamente loro, lasciando praticamente in silenzio gli altri commensali, i quali, interessati solo molto marginalmente all’argomento, si erano in poco tempo distratti nei loro più reconditi pensieri.

Bulma aveva avuto modo di osservare da vicino l’ormai celeberrimo Son Goku e l’impressione che ne aveva tratto era tutt’altro che negativa. Certo, in apparenza non sembrava poter essere il guerriero perfetto – non fosse stato altro per quei capelli spettinati che gli conferivano un’aura di irresponsabilità – ma doveva pur ammettere che quel ragazzo aveva un fisico davvero niente male. In apparenza, doveva essere di poco più giovane di lei, anche se l’altezza e la prestanza fisica avrebbero potuto trarre in inganno, e il suo atteggiamento eccessivamente tranquillo sembrava denotare una grandissima fiducia nei propri mezzi.

In un certo senso, la velata spavalderia che Bulma riuscì a cogliere in Son Goku le ricordava Yamcha, ma, chissà perché, aveva come l’impressione che il prescelto avesse motivazioni molto più valide per non dubitare di sé stesso.

Per quasi tutta la durata della cena, Chichi non aveva proferito parola.

Non che le dispiacesse che quella ragazzina avesse messo a tacere la lingua, ma, per quel poco che l’aveva conosciuta, le sembrava abbastanza strano.

Quasi, la bella principessa di Furipan non aveva mai alzato gli occhi dal suo piatto, anche se aveva mangiato pochissimo. Che fosse a disagio per qualche motivo? Forse; ma di certo non era continuando a fissarla di sottecchi che avrebbe capito il motivo del suo silenzio.

 

L’unico momento in cui Muten e Giumaho invitarono qualcun altro a prendere parte alla discussione fu quando si arrivò a parlare di un certo Son Gohan.

Bulma non sapeva chi fosse, né tutto sommato le interessava scoprirlo; ma pareva proprio che, per gli altri, l’argomento fosse molto interessante. Aveva seguito ben poco di ciò che i due uomini avevano detto circa il misterioso Son Gohan, ma quando il genio delle tartarughe si rivolse a Son Goku chiedendogli che fine avesse fatto il suo maestro, la scienziata tornò a prestare attenzione.

Il tono di Muten le era sembrato, stranamente, piuttosto sospetto, come se lui conoscesse già la risposta e volesse trovare una conferma.

C’era qualcosa di anomalo nel modo in cui l’anziano guerriero aveva fissato il giovane protettore. Bulma era un’abile osservatrice, in fondo; riusciva a cogliere anche le sfumature meno percettibili di un volto apparentemente imperturbato e, in quel preciso istante, sentiva che anche nel cervello di Son Goku si era acceso un campanello d’allarme.

Possibile che Muten gli avesse teso una sorta di trappola?

Il sorriso nervoso e quasi infastidito del guerriero più potente seduto al tavolo aveva attirato l’attenzione di tutti gli altri convitati. Era stato toccato un tasto dolente?

Evidentemente, sì, visto che il “è morto tanti anni fa” di Son Goku aveva fatto cadere di nuovo tutti nel mutismo.

Eppure, Bulma ne era certa, quella risposta era stata la più giusta; come se, dandone un’altra, il ragazzo avesse potuto compromettere qualcosa.

Giumaho avrebbe voluto parlare, ma Muten lo interrupe ancor prima che lo stregone potesse proferire parola.

Era giunto il momento di cambiare discorso: per quanto la morte del misterioso Son Gohan avesse turbato il padre della principessa di Furipan, il genio non sembrava intenzionato ad approfondire la questione.

 

Fu così che l’anziano maestro riprese a parlare dei malvagi.

La domanda, rivolta direttamente a Bulma, aveva suscitato una certa attenzione in quasi tutti, tranne in Mamanu, la consorte dello stregone, che sembrava quasi non avere alcun interesse per la questione.

 

«Be’, ecco… diciamo… diciamo che sono ormai certa che domani qualcosa accadrà.»

 

Bulma non aveva affatto voglia di spiattellare ai quattro venti i dettagli delle sue scoperte, in parte perché sperava ancora di essersi sbagliata, in parte perché, comunque, era molto probabile che non le avrebbero creduto.

Per quel poco che aveva colto dei suoi commensali, infatti, tutto sembravano tranne che degli appassionati di astrofisica.

 

«Questo, a dire il vero, lo aveva profetizzato anche Baba

 

Alla fine, Chichi aveva trovato l’occasione per dar fiato alla voce.

Era assurdo come, qualunque cosa dicesse la principessina, a Bulma salisse il sangue al cervello.

In fondo, sarebbe bastato semplicemente rispondere educatamente e mostrarsi indifferente al suo sarcasmo, ma con quella ragazza tale impresa sembrava praticamente impossibile.

 

«La tua preziosa Baba ha però dimenticato di dire che i malvagi sono in realtà degli extraterrestri. Ah, oltretutto sono riuscita a intercettare la rotta delle loro astronavi: saranno qui all’alba. Fossi in te, Chichi, lascerei perdere i riti vudù e comincerei a procurarmi della criptonite Così, tanto per non rischiare di ritrovarmi, tra qualche ora, nello spazio aperto.»

 

Il silenzio che seguì le parole di Bulma fu spezzato solamente dai pugni che Muten aveva violentemente sbattuto sul tavolo.

 

«Dovevo immaginarlo che quella vigliacca aveva taciuto la parte più importante! Appena riesco a beccare mia sorella giuro che…»

 

«Muten, per favore! Non c’è bisogno di adirarsi tanto! Magari Baba non era riuscita a vedere proprio tutto!»

 

«Sciocchezze, Giumaho! Lei ha il controllo sui vivi e sui morti. Può osservare qualunque dannata cosa desideri! Altro che entità maligne, accidenti!»

 

Per quanto Bulma desiderasse intervenire, non ebbe il coraggio di proferire parola.

Col senno di poi, avrebbe sicuramente fatto meglio a tenere la bocca chiusa, non solo perché la sua rivelazione aveva mandato su tutte le furie Muten, ma anche perché Baba era la sorella del grande maestro.

Quest’ultima cosa, poi, non l’aveva davvero messa in conto, ma se non altro la reazione dell’uomo dimostrava che i suoi dubbi nei confronti della veggente erano fondati.

La scienziata cominciò a guardarsi intorno, posando lo sguardo di volta in volta su tutti i presenti.

Se Chichi sembrava voler mantenere una parvenza di compostezza, suo padre pareva invece sul punto di svenire. Crilin taceva, come gli altri, ma il suo viso mostrava quella consapevolezza già acquisita durante il precedente colloquio con Bulma. Lui già sapeva tutto, purtroppo, e anzi lo scopo di quella cena era proprio mettere gli altri a conoscenza della novità.

Son Goku non aveva fatto una piega da quando Bulma aveva preso a fissarlo; peccato che, nel momento in cui aveva rivelato la vera identità dei malvagi, la scienziata fosse intenta a gustarsi l’espressione basita di Chichi.

Forse, sarebbe stato molto più interessante vedere l’immediata reazione del protettore; in fondo, sarebbe toccato a lui l’arduo compito di tener testa agli alieni venturi!

 

«D’accordo, mi dispiace. Non avrei dovuto dirvelo così» tentò di scusarsi la bella scienziata.

 

«Non dire sciocchezze, potresti averci salvati tutti quanti! Piuttosto, cosa pensi che dovremmo fare adesso?»

 

«cosa vuoi che ne sappia, Muten? Non sono mica io la protettrice

 

Lo sguardo dei presenti si rivolse di nuovo verso Son Goku.

Ovvio, chi altri potevano guardare in quel momento? Era su di lui che gravava tutto il peso di quella difficile situazione; lui che, vincendo quel dannato torneo, aveva in qualche modo incatenato la sua vita a quella di una principessa scontrosa e irascibile.

O, almeno, questo era quello che pensavano tutti.

 

Kakaroth avrebbe voluto far saltare in aria all’istante quella maledetta sala da pranzo e tutti i suoi commensali.

Questa proprio non se la sarebbe mai aspettata.

Come accidenti aveva fatto una sciocca terrestre qualunque a captare nello spazio aperto la presenza delle navicelle dei saiyan? La cosa peggiore, oltretutto, era che sembrava assolutamente convinta di ciò che aveva scoperto.

Aveva fatto male i calcoli, ecco tutto.

Quando quell’ingenuo di Son Gohan lo aveva avvertito, in punto di morte, di non sottovalutare i terrestri, avrebbe dovuto dargli retta.

Non troverai mai qualcuno più forte di te su questo pianeta, ragazzo, ma a volte un cervello ben allenato può dare del filo da torcere ai muscoli più sviluppati.

Ecco, ora davanti a sé Kakaroth aveva trovato quel dannato cervello.

E, per di più, apparteneva a una donna.

Nel momento in cui il saiyan si chiese se fosse il caso di avvertire il principe, una voce squillante e ormai familiare lo distrasse di nuovo dai suoi pensieri.

 

«Che differenza volete che faccia se questi malvagi siano demoni, fantasmi, robot, oppure alieni? A me pare che, tutto sommato, la situazione non sia cambiata poi molto.»

 

«Il problema, Chichi, è che se lo avessimo saputo prima, magari avremmo potuto prepararci diversamente

 

Le parole di suo padre non l’avevano convinta.

No, Chichi non credeva possibile che i malvagi si potessero affrontare in maniera diversa da come aveva predetto Baba. D’accordo, Muten per primo aveva ammesso che sua sorella non era affatto affidabile e che era capace di nascondere dettagli importanti; ma la scienziata aveva appena confermato che qualcuno stava davvero arrivando.

E poi c’era lui, Son Goku, il suo protettore.

In quelle poche ore in cui aveva avuto a che fare con lui l’aveva fatta rincitrullire più di quanto non fossero riusciti a fare tutti gli uomini che aveva incontrato nella sua vita. Non era sicura che ciò fosse un bene; anzi, probabilmente non lo era affatto. Ma alternative a lui proprio non ne vedeva: aveva dimostrato sul campo di essere il più forte; su chi altri avrebbe dovuto fare affidamento per sperare di sconfiggere le forze del male?

Nel momento in cui la principessa lanciò al suo guerriero uno sguardo, il saiyan percepì dei brividi sconosciuti. Negli occhi della ragazza, Kakaroth riuscì a scorgere tutta l’immensa fiducia che ella riponeva in lui e tutto l’entusiasmo che la giovane ancora covava.

Quello scambio di sguardi non durò più di un attimo, ma ciò bastò a far aumentare in Kakaroth un inaspettato disagio.

Stava per tradirla.

Come aveva detto la scienziata, entro l’alba gli alieni sarebbero arrivati sulla Terra e poi…

 

«Sai dove atterreranno?»

 

«Suppongo nelle vicinanze, Crilin. La valle ai piedi del monte Furipan mi sembra vasta abbastanza per accogliere una ventina di navicelle monoposto.»

 

«A me è passata la fame.»

 

Giumaho si alzò di scatto dal suo posto.

La fame era passata a tutti, ovviamente, ma il suo ruolo nei confronti della gente di Furipan aveva reso lo stregone più nervoso di tutti gli altri.

Mamanu si alzò dopo di lui.

Come sempre, sua moglie lo avrebbe seguito ovunque egli avesse deciso di andare.

Il silenzio del tavolo cui erano sedute le più alte personalità di Furipan contrastava con forza col rumore assordate delle risate e delle chiacchierate nel resto della stanza. Bulma avrebbe voluto essere da tutt’altra parte, così come anche Crilin e Kakaroth, ognuno travolto da un’infinità di pensieri.

 

«Be’, sarà meglio che ce ne andiamo tutti a dormire. Domani la giornata inizierà prestissimo, a quanto pare.»

 

Bulma si voltò verso Crilin e gli rivolse uno sguardo di assenso.

Già, l’indomani mattina era ormai vicino, e anche se aveva la sensazione che nessuno avrebbe chiuso occhio, era di sicuro meglio cambiare aria. L’atmosfera intorno a quel dannato tavolo si era fatta molto più pesante del previsto.

 

«Aspettate, e io?» intervenne la principessa. «Come faccio ad andare a letto come se niente fosse sapendo che fra poche ore arriveranno i malvagi

 

«Vuoi passare la notte con me e Mamanu

 

«No» si intromise a sorpresa Goku, lasciando di stucco sia Giumaho che Chichi «va’ nella tua stanza e non muoverti da lì finché non sarò io stesso a venirti a prendere.»

 

Il tono autoritario con cui il giovane guerriero aveva proferito quelle parole aveva sortito uno strano effetto sui commensali. Era chiaro che quello non poteva che essere un ordine, anche se, per qualche strana ragione, a Bulma sembrò somigliare in qualche modo a una minaccia.

Guardando di sottecchi ad uno ad uno i volti degli altri presenti, si rese conto che Muten doveva averla pensata come lei.

Son Goku, dal canto suo, non diede a nessuno, neppure alla principessa, il tempo di replicare.

In poco meno di un secondo si alzò dal tavolo e se ne andò, lasciando un po’ tutti a bocca aperta.

A poco a poco, tutti seguirono il suo esempio, nel silenzio più totale.

Bulma, lasciando la sala da pranzo, si chiese se quell’invito a non uscire dalla propria stanza fosse rivolto solo alla principessa o anche a tutti gli altri. Si convinse per la seconda opzione e, proprio per questo, lei avrebbe disobbedito.

 

***

 

«Dannato pianeta! Ah, a che diavolo servono tutte queste stupide montagne? Ecco perché detesto i pianeti rocciosi!»

 

L’atterraggio sulla Terra non era stato dei migliori, né, tutto sommato, il principe aveva previsto di meglio. Kakaroth gliel’aveva detto, in fondo: quello stupido ammasso di roccia non era affatto adatto agli atterraggi di fortuna. Non che il suo lo fosse, ma il principe si era accorto, con un certo disappunto, di aver fatto male i conti e di aver immaginato la vallata ai piedi del monte Furipan molto più ampia di quanto in realtà non fosse.

Il risultato fu un tamponamento di massa che vide coinvolte ben sedici navicelle su ventuno, compresa la sua.

 

L’aria tuttavia, era fresca e frizzante.

Erano anni, ormai, che il giovane Vegeta, erede dell’impero più grandioso e potente mai affacciatosi sulla faccia dell’universo, non assaporava il piacere di respirare del sano ossigeno tutto insieme. A prima vista, quel pianeta non sembrava poi così male e il principe doveva dare atto a Kakaroth di averci visto giusto anche su questo aspetto.

L’idea che il suo sottoposto avesse così tanta perspicacia non gli andava poi troppo a genio ma, tutto sommato, era un bene che a finire su quel ricco pianeta non fosse stato un perfetto imbecille.

 

«Dannazione, principe, un paio di navicelle sono andate quasi completamente distrutte.»

 

«Non è questo il nostro problema principale, Bardack. Piuttosto, dov’è quell’incompetente di tuo figlio? Ci aveva assicurato che sarebbe stato qui ad accoglierci al nostro arrivo.»

 

«Sono qui, Vegeta, proprio come ti avevo promesso.»

 

La figura di Kakaroth si stagliò quasi prepotentemente di fronte a quella basita di tutti gli altri saiyan; tutti, tranne il principe e Bardack. Il giovane figlio del generale più potente dell’armata reale aveva fatto passi da gigante durante gli anni trascorsi sulla Terra, nonostante quel pianeta fosse abitato perlopiù da perfetti incompetenti nel campo della lotta.

Eppure, nessuno, tranne loro due, si era accorto del suo arrivo.

L’alba stava sorgendo in quel momento lungo la verdeggiante vallata che si stagliava in tutta la sua rigogliosa bellezza ai piedi del monte Furipan; l’atmosfera che si respirava tra i combattenti più potenti dell’universo pareva riecheggiare i più cupi meandri dell’inferno.

 

«Ti aspettavo con ansia, Kakaroth. E ora, portami dalle sfere del drago

 

CONTINUA

 

 

Angolo dell’autrice

Buongiorno/pomeriggio/sera a tutti!

Innanzitutto, grazie di cuore a chi è riuscito ad arrivare in fondo anche a questo capitolo. Spero con tutta me stessa di non avervi annoiati, anche se, ovviamente, ancora non è successo niente di che. Per ora mi sono limitata a scandagliare la mente dei miei personaggi: qualcuno inizia a sospettare qualcosa, qualcun altro sembra, invece, non nutrire alcun dubbio circa la buona fede di Goku.

Mi auguro di essere riuscita a rendere abbastanza bene il vortice di sentimenti che sta turbando i protagonisti della storia. Per il resto, evito di stressarvi ulteriormente con discorsi inutili vista la lunghezza del capitolo.

Di nuovo, grazie a tutti!

 

9dolina0

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: 9dolina0