Non
c’è luce, non
c’è ombra,
tutto
è confuso e il mio animo si frantuma.
Appoggiò
la schiena al tronco di
un albero e si lasciò scivolare lungo di esso, assaporando
fino in fondo il
contatto con il legno bagnato, un contatto stabile, sicuro,
ardentemente
desiderato dopo l’estenuante incertezza della battaglia.
Avevano combattuto a lungo, senza un istante di tregua, sotto i colpi
di una
pioggia battente che era giunta durante lo scontro a celare
l’angoscia, ma che una volta che tutto era terminato aveva
smesso di cadere, come se volesse
sottolineare l’impossibilità di nascondere la
tragedia che si era svolta.
Mentre rifletteva su tali comportamenti bizzarri della natura, non
poteva fare
a meno di chiudere gli occhi e concentrarsi su ogni minima percezione.
Sentì il vento scompigliarle leggermente i capelli; gocce
d’acqua scivolare
lungo il suo corpo; l’odore acre e nel contempo dolce del
terreno
bagnato
imprimersi nelle narici; e la fragile consistenza dello stesso
risultare
evidente a contatto con le sue mani.
Immergendosi nelle sensazioni che la natura le offriva, sperava di
recuperare
quell’armonia che gli elementi naturali conservavano in ogni
situazione e che
invece il suo animo aveva perso, perché incrinato dalla
guerra, capace di
spingerla ad azioni che mai avrebbe voluto compiere.
Come ogni volta sperò disperatamente che funzionasse, e come
ogni volta rimase
irrimediabilmente delusa; nuovamente la lezione della natura risultava
troppo
difficile d’apprendere e il senso d’orrore e
d’ingiustizia che puntualmente
l’assaliva non si dileguava.
Davanti ad un tentativo che falliva un’ennesima volta, decise
di agire
nell’unico modo che, sempre, era in grado di garantirle il
ristabilimento di un
equilibrio interiore, seppure precario, seppure destinato a crollare
alla
successiva occasione.
Riaprì gli occhi e posò lo sguardo sulla
devastazione che regnava nella
foresta, scenario e testimone dello scontro; poteva vedere profonde
voragini,
rami ed alberi caduti sotto i colpi di kunai affilati dal chakra, e
soprattutto
corpi sparsi ovunque, troppi.
Si alzò lentamente, lasciando il contatto rassicurante con
il legno, e iniziò a
vagare con decisione sul campo di battaglia. Accanto ai ninja che
presto
sarebbero ritornati ai propri villaggi con un terribile senso di vuoto
nel
cuore, c’era chi aveva ormai detto addio alla vita; chi
ancora lottava, forse
inutilmente, affinché ciò non avvenisse, convito
di avere ancora
molto da fare; e chi, rassegnato al proprio destino, sfruttava i suoi
ultimi
istanti per rivolgere la mente alle persone care.
Erano ninja di Konoha, alleati e nemici, distinzioni venute meno
insieme alle
ideologie che li avevano spinti ad affrontarsi, perché la
morte distrugge e
livella ogni cosa; le ragioni diventano prive d’ogni valore e
il dolore non si
differenzia.
Era questo il motivo per cui avrebbe svolto il proprio compito di
ninja medico cercando di salvarli indistintamente, senza badare al
simbolo sul
coprifronte.
Solo così era in grado di uscire dal vicolo cieco della
guerra e ritrovare
delineati nettamente i contorni tra luce e ombra, precedentemente
sfumati
l’uno nell’altro; solo così poteva
mettere a tacere la propria coscienza e
continuare a vivere senza provare orrore e vergogna di se stessa.
Questo,
almeno, fino a quando tutto non si sarebbe ripetuto di nuovo, con lo
stesso
identico e insopportabile ritmo.
Angolo dell’autrice
Questa fic
è stata scritta un po’
di tempo fa per sfogo personale contro coloro che ancora giustificano
guerre
attraverso le ideologie, reali o presunte che siano.
Forse può sembrare qualcosa lontano dalla realtà
quotidiana, ma la questione mi
tocca molto, anche se indirettamente. Probabilmente ciò non
interesserà a
nessuno, ma volevo dare una spiegazione, tutto qui ^_^