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Autore: Blackmoody    30/09/2014    5 recensioni
La schiena gli doleva e aveva della polvere in bocca: non era esattamente quello che si aspettava per il proprio risveglio a Helheim, sempre che la Regina dei Morti lo avesse accolto tra le sue schiere. Di qualunque regno d’oltretomba si trattasse, tuttavia, nessuno mai aveva narrato che i defunti potessero essere preda d’indolenzimenti e contusioni, il che significava che le leggende mentivano o che lui non era defunto affatto. […] In quella udì dei passi e un clic, e una voce alle sue spalle intimò: – Voltati con calma, amico, ora che ti sei ripreso.
Lui, sorpreso e ancora disorientato, obbedì trattenendo un rinnovato grugnito di dolore. Vivo o meno che fosse, tutto lasciava intendere che avesse già attirato l’attenzione di qualcuno.


Sette sono le Città e i Mari di Rhye, tre gli individui poco raccomandabili che vogliono attraversarli, uno il dio sconfitto che si ritrova sulla loro strada: a unirli sarà soltanto l’assenza di buone intenzioni.
Pre-Avengers, eventuali lievi spoilers su Guardians of the Galaxy, nove capitoli.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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(prologue)

 

 

 

 

By flash and thunder fire I'll survive 

Then I'll defy the laws of nature

And come out alive

– Queen, Seven Seas of Rhye

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quel “no” gli rimbombò a lungo nelle orecchie.

Forse fu perché il cosmo era ancora più silenzioso di come se l’era immaginato, ma durante la caduta quella singola sillaba gli parve più fragorosa dell’esplosione del Ponte.

Il Ponte: ne vide i frammenti iridati vorticargli intorno confondendosi con le stelle accecanti, e poco sotto di sé scorse la cupola aurea dell’Osservatorio, spezzata e crepata in più punti, che precipitava dritta verso un vortice azzurrino di astri e polveri – lo stesso in cui sarebbe precipitato lui.

La paura che lo aveva attanagliato un istante prima di allentare la presa su Gungnir era scomparsa, o comunque non la avvertiva più. Il grumo di rabbia attonita che gli accelerava il respiro, per quel poco che gliene era rimasto, aveva cancellato tutto il resto, persino la prospettiva agghiacciante della morte. Eppure quando la nebulosa lo inghiottì la attese e fu pronto ad accoglierla come se si trattasse di una benedizione e non di una condanna, e non perché la desiderasse, bensì perché si convinse che laggiù, ormai, non aveva vie d’uscita o modi per tornare indietro.

E se anche fosse tornato indietro, pensò confusamente nel chiudere gli occhi, a cosa sarebbe servito?

Si arrese e abbandonò, e svanì nel chiarore del gorgo siderale.

 

 

La schiena gli doleva e aveva della polvere in bocca: non era esattamente quello che si aspettava per il proprio risveglio a Helheim, sempre che la Regina dei Morti lo avesse accolto tra le sue schiere. Di qualunque regno d’oltretomba si trattasse, tuttavia, nessuno mai aveva narrato che i defunti potessero essere preda d’indolenzimenti e contusioni, il che significava che le leggende mentivano o che lui non era defunto affatto.

Aprì la palpebra sinistra, poi la destra, e si trovò con il viso affondato per metà in un mucchietto di sabbia ruvida e perlacea; mosse le dita di entrambe le mani e tastò altra sabbia e un suolo secco e compatto, completamente scevro d’erba o arbusti; aveva il mantello che, ridotto a brandelli, gli copriva l’altra metà del volto, e l’impatto doveva avergli frantumato buona parte delle placche dell’armatura, giacché sentì uno scricchiolìo metallico non appena provò a sollevare il busto. Oppure erano le sue costole.

Con un basso ringhio dovuto allo sforzo si puntellò sui gomiti e scrollò la testa gettandosi un’occhiata intorno. Dinanzi a sé aveva una distesa candida e spoglia fatta di dune, rocce e pianure che si perdevano fino all’orizzonte lontano e plumbeo e da cui s’innalzavano a momenti strane colonne di vapori e fiamme lattiginosi. Ciononostante l’aria era respirabile e quasi fresca, e la notte sembrava stellata.

In quella udì dei passi e un clic, e una voce alle sue spalle intimò:

– Voltati con calma, amico, ora che ti sei ripreso.

Lui, sorpreso e ancora disorientato, obbedì trattenendo un rinnovato grugnito di dolore. Vivo o meno che fosse, tutto lasciava intendere che avesse già attirato l’attenzione di qualcuno, e non aveva nemmeno avuto il tempo di controllare che i suoi poteri fossero rimasti intatti.

– Come accidenti fa a non essersi sfracellato? – soggiunse una seconda voce, più rozza e grave della prima.

– Me lo domando anch’io. – borbottò con astio l’asgardiano osservando coloro che avevano parlato: erano in tre, d’aspetto estremamente eterogeneo, abbigliati in maniera bizzarra, armati fino ai denti e con robusti scarponi ai piedi. Uno, probabilmente il proprietario della voce rozza e grave, era nerboruto e tarchiato, tappezzato di tatuaggi sulle braccia, sul collo e sugli zigomi, e aveva il cranio rasato e una curatissima barba corta di un improbabile verde; l’altro era più alto e dinoccolato, dalla pelle rossiccia e i capelli neri raccolti in una grossa treccia, e portava una benda sull’occhio sinistro.

E il terzo, quello che gli puntava contro un congegno simile a un’arma da fuoco, era una donna. Scura come Heimdall e fiera come Sif, con una disordinata chioma violacea, iridi pungenti e inusuali, bei lineamenti, dava l’impressione di essere il capo del terzetto e lo squadrava con espressione sorniona.

– Vediamo se ce lo racconta con parole sue, D’Al. – disse rivolta al Tatuato, quindi si chinò in avanti: – Non capita tutti i giorni di incontrare un gonzo piovuto dal cielo senza astronave.

– Magari la sua navicella è quella, Fouh. – intervenne il Guercio.

Il principe seguì con lo sguardo la direzione che egli indicava: il relitto dell’Osservatorio si era schiantato a poca distanza da lui, la guglia conficcata nel terreno.

– Allora, amico? – incalzò colei che si chiamava Fouh; – Riesci almeno a parlare?

– Lasciatemi recuperare fiato, signori. – Loki li blandì, rauco. – Posso alzarmi?

La donna annuì e abbassò appena l’arma: – Sei una faccia nuova e dubito che tu sia umano, altrimenti lo schianto ti avrebbe ucciso. Da dove arrivi? Non ho mai visto indumenti come i tuoi, e men che mai un’astronave dorata.

– E io non ho mai visto una femmina comandare dei tagliagole.

Fouh inarcò un sopracciglio: – Dalle tue parti le femmine indossano gonne e restano in casa? Nessuna combatte o uccide?

– Soltanto due tra quelle che conosco. – replicò l’Ingannatore con un sorriso storto. Stare in piedi gli procurò un capogiro e fitte più intense al busto, ma non perdeva sangue e le gambe lo reggevano.

– Rispondi alle domande, amico! – interloquì perentorio l’uomo di nome D’Al.

Loki lo fissò: – Prima ditemi dove sono finito. Precipitare non rientrava nei miei piani.

– Questo è il Deserto Notturno di Rhye. – spiegò lei. – Il cielo e le stelle che vedi sopra di noi sono in realtà una perenne nube scintillante creata dai gas che la terra di questa zona esala. Non sono tossici, e non chiedermene il motivo. Non sono un’esperta di scienza.

– Non lo avrei mai detto.

La pistola di Fouh scattò di nuovo in alto: – Sfotti, straniero? A quanto pare stai meglio del previsto. Che razza di alieno sei?

– Uno pericoloso, o almeno così credevo. Cos’è Rhye?

Il Guercio ridacchiò: – Un pianeta, che altro? Nella Galassia di Nova. Non la conosci?

– Ho conosciuto molti mondi e varie galassie, ma non Rhye o Nova. – mormorò il principe, e un’immagine fugace di Asgard gli piegò le labbra in una smorfia involontaria. Chissà in quale angolo d’Universo era ubicato quel dannato luogo, rifletté. Di certo non tra i rami di Yggdrasil, poiché di quelli aveva esplorato ogni strada, ogni montagna, ogni mare, ogni punto più recondito e li rammentava a menadito, e dunque era al riparo dalla vista infallibile del Guardiano del Bifröst. Era libero, era sopravvissuto ed era bloccato: da lì non sarebbe mai tornato nel Reame Eterno con le sue sole forze.

Agitò cautamente una mano e una debole luce sgorgò dal palmo, provocando nei tre individui che lo fronteggiavano un’unanime reazione difensiva:

– Cosa frell è quella roba? Magia? – sbottò l’uomo con la treccia estraendo fulmineo un pugnale dalla cinta.

– Fermo, Yudd! – lo frenò la donna. – È così, amico? Sai usare la magia?

Loki si passò la mano illuminata sull’intero torace e avvertì il sollievo di lividi ed escoriazioni che guarivano: – Se vi aggrada definirla tale.

– Questo damerino parla raffinato, Fouh. – grugnì D’Al.

– Ho notato. E si ostina a non volerci dire chi è.

Il Dio degli Inganni prese a sganciarsi la corazza, ormai inutilizzabile, e lasciò che cadesse tra la sabbia chiara; farsetto, casacca, pantaloni e stivali erano ancora in buono stato, e tenne la cappa rovinata per ripararsi dal freddo.

– Accontentatevi di sapere che sono un fuggiasco e che la via di casa mi è preclusa. Potete chiamarmi Ikol. – si risolse a improvvisare. – E voi, signora e signori?

Fouh gli scoccò un ghigno più empatico: – La fuga è un fattore che ci accomuna. Io sono Fouh e questi gentiluomini sono Yudd e D’Al, e se ti aggrada puoi considerarci dei tagliagole.

– Non lo siete? – rilanciò lui apprezzando la frecciata. Quella femmina era sagace.

– Girano opinioni discordanti al riguardo. – si vantò il Tatuato, e i suoi compagni risero.

– Siamo diretti alla prima delle Sette Città di Rhye. – aggiunse la donna scrutando Loki dritto negli occhi; – Potresti unirti a noi. Non nego che un tizio con la tua resistenza fisica e i tuoi poteri, per quel che ho visto, ci sarebbe assai utile.

Fu il turno del principe di sogghignare: – E io cosa ci guadagno?

– Non so cos’è che vuoi, amico.

Vendetta. La rivelazione lo colse alla sprovvista, lampante e definitiva, ma la tenne per sé: d’altronde quale aiuto o vantaggio poteva ottenere da quei tre sbandati, in quella galassia sconosciuta? Voleva tornare ad Asgard, voleva farla pagare a Thor e a Odino, voleva riconquistare il trono perduto, e la situazione attuale non gli dava alcuna speranza di poter portare a compimento neppure uno di quegli obiettivi.

Malgrado ciò l’istinto gli suggerì di accettare la proposta di Fouh:

– Qualcosa mi verrà in mente. – asserì infatti. – Qualcosa troverò.

– Mi piace il tuo spirito, damerino. – approvò il Guercio.

La donna dalla pelle scura rinfoderò la propria arma e sfilò una fiaschetta argentea dalla bisaccia che recava a tracolla per porgerla all’asgardiano: – Ottima decisione. Sbrighiamoci ad abbandonare questa fottuta desolazione bianca. Sono due giorni che camminiamo nel Deserto e mi manca il sole.

– Fai strada, mia signora. – egli concesse con fare ironico e cerimonioso, bevendo un sorso di quella che ritenne essere una bevanda alcolica e che gli riscaldò le viscere.

Fouh non se lo fece ripetere e si avviò verso la striscia indaco che segnava l’orizzonte con andatura decisa e ancheggiante. D’Al e Yudd dedicarono a Loki un cenno e i tre la seguirono, affiancati, la sabbia che frusciava sotto le suole e gli indolenti sbuffi di fumo opalescente a circondarli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Questa storia è un azzardo bello e buono.

L’idea è nata per caso e prende spunto da un mix di cose, prima fra tutte l’omonima canzone dei Queen citata in apertura: se leggete il testo capirete perché la trovo perfetta; il resto del mix è composto da Guardians of the Galaxy, dall’atmosfera sci-fi/punk/pulp di libri come Terra! di Stefano Benni e serie televisive come Farscape, Battlestar Galactica e Stargate Atlantis e dalla mia personalissima ipotesi che Loki sia finito in una sorta di galassia punkettona dopo il “suicidio” scenografico dal Bifröst.

E se cogliete tutte le citazioncine che ho seminato qua e là siete degli ottimi nerd :D

I capitoli saranno nove in tutto, prologo ed epilogo compresi. Fouh, D’Al e Yudd sono farina del mio sacco e per adesso mi garbano da morire. Spero che il tutto piacerà anche a voi e che quest’introduzione abbia stuzzicato la vostra curiosità: se così è fatemelo sapere con una recensioncina e ne sarò estremamente contenta ;)

Alla prossima!

  
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