Autore: Yssis
Fandom: Inazuma
Eleven
Titolo:
Echi
d’infinito
Rating: Verde
Personaggi: Endou
Mamoru, Gouenji Shuuya, Kidou Yuuto
Pairing: friendship!EnGou, accenni alla GouKido
AU
scelto: AU!
Fantasy #Le mille e una notte
Genere: Fantasy,
Avventura, Sentimentale
Avvertimenti: AU
NdA:
*vedi
in
fondo*
Echi d’infinito
La notte era
buia, gli astri lucenti di
solito ben visibili erano coperti da strane nubi scure.
Masse d’aria spesse ed afose spingevano i due giovani
mercanti lungo la sabbia
nera e fredda del deserto ricoperto dal manto della notte buia.
Il caldo soffocante ed estenuante che fino a poche ore prima li aveva
sfiniti,
ora sembrava non essere mai esistito, tanto
l’oscurità notturna ghermiva con le
sue dita scarne e gelide i corpi che, seppur esausti, procedevano
stretti nei
loro mantelli.
La sabbia, dorata sotto la luce del sole, ora assumeva il colore e la
consistenza
della cenere: era scura, polverosa ma densa, si infilava fra le dita ed
ostruiva i passi delle figure immerse in
quell’oscurità terribile.
Il giovane in testa, che pareva il più grande,
piegò il capo sotto una raffica
di vento più forte e senza smettere di camminare
gridò al compagno dietro:
-Tieni duro! Forse ci siamo!-
-Tu dici? – la voce, soffocata dalla sabbia che il vento
sollevava impetuoso,
da dietro giunse: -Riesci ad orientarti?-
-In qualche modo sì…- ma questa volta il tono
sembrò più traballante, insicuro
– Con qualche punto di riferimento sarebbe più
facile…!-
Il vento con la sua
forza trascinò via quest’ultime parole senza che
il più piccolo potesse
sentirle.
Proseguirono ancora a lungo, la notte sembrava non avere mai fine, il
deserto
anche.
Era una marcia stanca la loro, sembrava che da un momento
all’altro avessero
intenzione di cambiare direzione per tornare da dove erano venuti:
invece
continuavano a proseguire.
Erano stati indirizzati dall’uomo per cui lavoravano, un noto
mercante nella
loro città, nel luogo in cui si stavano dirigendo.
Era stato detto loro che
avrebbero trovato un immenso tesoro che avrebbero dovuto portare in
città, e
lui a quel punto li avrebbe ricompensati.
Erano dei poveri diavoli, i due ragazzini che ora avanzavano nel
deserto nero,
e non avevano altro da perdere: così si erano incamminati,
ma ora la
spossatezza cominciava a farsi sentire.
Il più giovane dei due arrestò improvvisamente il
passo: sentiva di essersi
impigliato a qualcosa.
Chiamò a gran voce il compagno, ma il vento copriva le sue
parole. Cominciò a dimenarsi, scalciare, ma il piede non si
smuoveva.
Il terrore lo colse, non sentiva altro che il vento intorno a lui e
temeva di
rimanere bloccato lì.
Chiamò di nuovo, questa volta più forte, e subito
sentì una mano stringergli
saldamente il braccio destro: -Idiota! Mi vuoi far prendere un colpo?!
Si può
sapere perché ti fermi?-
-Gouenji! – esclamò il ragazzo stringendosi
saldamente alla presa del compagno:
- Non riesco più a uscire, penso di essermi incastrato! -
-Aah, maledizione! Ci mancava solo questa!- Gouenji abbassò
lo sguardo,
cercando di individuare il punto in cui il piede del compagno poteva
essersi
incastrato, ma in quella densa oscurità poté solo
provare ad indovinare. Prese
forza e conficcò la mano dentro la sabbia nera, ma subito si
pentì della sua
mossa: sentì il terreno sotto più umido e
stranamente caldo.
-Mamoru! Rimani calmo e non ti muovere. Queste sono le sabbie che si
muovono e
ti tirano giù!- (*)
-Gouenji…! – continuava a chiamare il
più giovane, sentendosi andare a fondo. –
Gouenji…!-
-Sono qui, Mamoru, sono qui. Ho detto di non agitarti! Non abbiamo
niente a cui
aggrapparci?-
-E come? E’ tutto buio qui, non si vede niente!-
-Lo so!- ormai il braccio di Gouenji era quasi completamente immerso,
il
giovane si reggeva in equilibrio solo grazie alla stretta ancora ferrea
sul
braccio del compagno, ma anche Mamoru affondava velocemente.
- Gouenji. – chiamò ad un certo punto il
più piccolo, sentendo che l’altro
stava allentando la presa su di sé mentre cadeva –
Non lasciarmi.-
-Ma se ti mollo tu puoi far leva e tirarti fuori da qui! Io ti peso
addosso
come una zavorra!-
-Non ha importanza! Siamo partiti insieme e, se necessario, cadremo
assieme.
Non lasciare la mia mano.-
-D’accordo… Grazie Mamoru-kun.-
Nell’oscurità più nera, un sorriso
sbocciò spontaneo sul viso del giovane, come
un bellissimo fiore in un campo di fango.
Gouenji lo vide chiaramente, anche se
il suo viso almeno in parte era già affondato.
“Per sorrisi così vale la pena
di vivere.” Pensò mentre chiudeva gli occhi.
Fu come affogare al contrario.
Invece di essere sommersi dall’acqua, in breve tempo i due
corpi vennero
completamente inglobati dalla sabbia nera.
Sentivano un formicolio terribile
dappertutto, ed alle orecchie arrivavano suoni lontani… Echi
confusi dalle
profondità del suolo… Sembravano farsi infiniti.
Un rimescolamento continuo di luci ed ombre, suoni e silenzi.
Sembrava di nascere. Sembrava di morire.
Ad occhi chiusi, i due giovani videro un bagliore strano, come una
polvere luminosa.
Poi un gran botto, e il buio.
Si ridestarono su un terreno
fangoso e denso, ma non avrebbero saputo dire quanto erano rimasti
stesi lì,
privi di sensi.
Gouenji tirò immediatamente su il capo, cercando il compagno.
Endou era disteso a pochi metri da lui, i capelli castani erano
scivolati fuori
dal cappuccio del mantello e gli coprivano in parte il volto. Gli si
avvicinò,
cercando di fare meno rumore possibile, e constatò con un
sospiro di sollievo
che sembrava non aver riportato ferite gravi. Anche lui nonostante il
mal di testa non avvertiva fastidi: questa era una
buona cosa.
Si guardò attorno: l’ambiente in cui erano caduti
assomigliava molto ad una
spelonca buia ed umida, nonostante tutto c’erano alcune
aperture che facevano
trapelare fasci di luce.
“Questo vuol dire che è sorto il sole”
dedusse il giovane alzandosi in piedi,
quando sentì un rumore sordo, come il tonfo di qualcosa di
piccolo che cade in
una pozza di fango fluido.
Si voltò e guardò in basso spaventato: immerso
nell’acqua torbida e limacciosa
stava un anello lucente.
Incuriosito, Gouenji allungò un braccio per prenderlo ed
osservarlo meglio:
incastonata nella chiusura dell’anello c’era una
piccola rosa, i suoi petali
sembravano emettere luce. (**)
Il giovane stava per metterlo al dito, quando dei rumori attirarono la
sua attenzione:
Mamoru si stava svegliando.
Buttò, neanche tanto candidamente, l’anello in
tasca e piano chiamò: -Endou?
Endou sei tutto intero?-
-Shuuya?- il castano si strofinò un occhio, mettendosi
seduto – Dove siamo?-
-Penso sotto la sabbia. Qua il terreno è più
denso quindi penso che reggerà,
non temere. sorrise, porgendo una mano al compagno per mettersi in
piedi.
-Stai bene?- chiese Mamoru una volta in equilibrio.
-A me gira un po’ la testa, ma penso che non sia niente di
grave.-
-Almeno non c’è più quel vento
terribile.- il biondo scrollò le spalle a quelle
parole, ma non disse nulla.
Endou raccolse il suo mantello da terra e si guardò attorno,
esclamando: -Però
da qui entra della luce! Vuol dire che non siamo poi così
sotto! Magari da
qualche parte c’è un’uscita.-
-Allora propongo di metterci a cercare, coraggio.-
I due stavano per incamminarsi lungo una spaccatura della roccia, che
pareva
inclinata leggermente verso l’alto, quando una voce potente e
scura sembrò
scaturire dalla pietra umida di quel luogo.
-Ah è così? Non solo piombate qui
all’improvviso, ma avete pure il coraggio di invocarmi
e poi ve ne andate senza dire una parola? Portandovi dietro il mio
anello? Ma
io non credo proprio miei signori! Abbiate almeno la decenza di
presentarvi!-
Mamoru si immobilizzò, Gouenji attraverso la tasca
avvertì l’anello bruciare.
-T-Tu chi sei?-
-Io chi sono?! Io chi sono?! La
domanda giusta è chi siete voi!-
(***) All’improvviso i due giovani mercanti si trovarono
immersi in una polvere
luminosa e bianca: da essa emerse un essere gigante, mai si sarebbero
immaginati qualcosa di così enorme!
Nonostante sembrasse evanescente, fatto della stessa polvere da cui era
apparso, le sue sembianze erano umane, aveva un corpo massiccio e
possente,
grandi ali simili a quelle dei pipistrelli raccolte dietro la schiena,
un volto
orribile coronato di perle, diademi attaccati alle orecchie pelose e
coperte
parzialmente dai lunghi capelli bruni. Intorno agli occhi rosso sangue
e sui
riccioli della barba quasi nera stavano gioielli che brillavano nel
buio
dell’ambiente.
-Oh
grande Allah…! Tu sei un Genio…! –
mormorò Shuuya alla vista di quell’essere
spaventoso, negli occhi un indicibile
terrore.
L’imponente spirito gli si avvicinò, ficcando i
suoi occhi cremisi dentro
quelli neri e tremanti del ragazzo: Gouenji pensò di
svenire, invece in qualche
modo riuscì a rimanere cosciente di sé.
Il cipiglio seccato ed indagatore della creatura non aiutava affatto,
ma in
quel momento Mamoru distrasse l’attenzione di entrambi.
-Sei un Genio?! Uno vero?-
-No, uno falso. Certo che sono vero!-
-Scusa scusa, che caratterino…!- Endou alzò le
braccia in alto, chinando appena
il capo in segno di scuse.
Shuuya gli si avvicinò e parlò
all’orecchio:- Ci credo che è rimasto per
millenni confinato sotto la sabbia del deserto, con il carattere che ha
non lo
poteva sopportare nessuno…!-
-Guarda che ti sento, padrone…- Il Genio incrociò
le braccia al petto apparendo
all’improvviso alle spalle dei due, che fecero un salto dallo
spavento.
Endou rideva, ma la sua era una risata nervosa. Shuuya invece aveva
un’espressione perplessa e chiese stizzito, senza togliere lo
sguardo dal
gigante dagli occhi rosso fuoco: -Dici a me?-
-Sì a te, sottospecie di umano con i capelli bianchi e la
faccia di chi si
crede abbastanza importante da poter parlare come vuole con chiunque!
Bada, sei
entrato in possesso del mio anello e per questo ti servirò
fino a quando tu lo
desidererai, ma non mi piaci neanche un po’! Che sia chiaro
fin da subito, padrone…-
-Tu non sei a posto. I-Io sarei il tuo padrone solo perché
questo – tirò fuori
l’anello dalla tasca, il Genio ebbe un fremito – si
è incastrato nel mio
mantello?
-Tu l’hai preso in mano poi. Se non ti interessava avresti
potuto lasciarlo
dov’era.- ribatté il Genio con tono di chi ha
ripetuto per l’ennesima volta la
stessa cosa.
-Non ti vado molto a genio, neh Genio?-
-Ti consiglio caldamente di evitare battute simili perché,
davvero, non fanno
ridere nessuno.-
Il battibecco fra i due venne interrotto dalle risa di Endou, che
tenendosi la
pancia aveva gli occhi lucidi dal ridere.
-Ehm… Già.-
-Come si chiama?-
-Chi?-
-Questo sasso! Oh padrone, sei davvero pesante! Parlo del tuo compagno,
quello
con la ridarella.-
-Si chiama Endou, e vedi di non rivolgerti a lui in malo modo
perché è mio amico.-
Le risate facevano tremare la grotta, sembrava che da un momento
all’altro
l’intero deserto di sabbia potesse cadere sulle teste dei tre.
- … Posso almeno darci un coccio in testa?-
-Scordatelo.-
-Allora, padrone, visto che mi
impossibiliti qualsiasi contatto con quell’essere, almeno
fallo tacere tu!
Altrimenti lo fulmino.-
-Guai a te. Tieni a bada i tuoi superpoteri per portarci fuori di qui.-
Il Genio tacque improvvisamente, e mentre Gouenji dava qualche percossa
a
Mamoru per evitare che soffocasse dal ridere, si ritirò in
una buia spaccatura
nella roccia.
Quando i due si voltarono, finalmente pronti e relativamente calmi, del
Genio
non c’era più traccia.
-Dove si sarà cacciato ora?-
-Ma dico io, ci fa prendere un colpo apparendo così
all’improvviso, e poi se ne
va, zitto zitto, senza neanche avvisare? Che razza di
maleducato…-
-Così mi offendi, padrone…-
-GENIO!-
Il colosso evanescente comparve da una zona d’ombra poco
distante, le mani
dietro la schiena e molte ciocche castane sugli occhi e sulle orecchie.
-Che ti sei fatto ai capelli?- chiese il ragazzo biondo facendo un
passo in
direzione del Genio.
-Non penso ti riguardi.- rispose seccato, per poi rivolgersi al castano
– Ti
senti meglio, Endou?-
-Sì, grazie. Non so, penso di essermi spaventato prima, poi
mi è venuto da
ridere perché…-
-Sì sì sì, non mi interessa. Grazie tante.-
-Scusa, era per dire…-
-Padrone, sbaglio o prima mi hai detto di voler uscire?-
-Non sbagli, intendiamo uscire da qui il prima possibile.- disse Shuuya
con
tono perentorio.
-Quindi siete caduti per sbaglio qua dentro? Non cercavate nessun
tesoro?-
domandò lo spirito scintillante di perle. Per un attimo
anche i suoi occhi
brillarono.
-Tesoro? Quel tesoro?- esclamarono all’unisono i due.
-Ci sono un sacco di tesori nel mondo, miei signori. Non posso sapere a
quale
vi riferite voi.-
Il Genio fece un gesto scocciato del capo, soffiando in su per
scostarsi una
ciocca di capelli che gli faceva pizzicare gli occhi.
Gouenji chiuse gli occhi, prese un bel respiro profondo e
parlò: -Fattelo dire
Genio, hai proprio un caratteraccio. -
-E me ne vanto.-
-Fammi finire!-
-Uff…-
-Ma, anche se sei insopportabile…-
-Ora non esagerare…-
-… Anche se sei molto difficile da sopportare, dobbiamo
portarti con noi.
Guidaci al tesoro, e in fretta!-
-E ti pareva… Seguitemi allora.-
Il Genio
giudò i due ragazzi attraverso una
serie di cunicoli che scendevano sempre più in
profondità. La temperatura crollava
spaventosamente, ma più si calavano più
cominciavano ad avvertire la presenza
di un tesoro. Le pareti, umide e sgretolabili al tatto, erano crepate
in molti
punti e in queste spaccature si potevano ammirare bellissime gemme
preziose;
brillavano tanto da illuminare l’ambiente altrimenti buio.
Gouenji e Mamoru si guardavano intorno estasiati e raccoglievano
più pietre
preziose possibili, infilandole nei loro indumenti e fasciandole dentro
i
mantelli.
Il Genio proseguiva in silenzio, borbottando a volte parole confuse a
cui
nessuno prestava particolare attenzione.
Arrivarono poi ad una depressione del terreno, una bacinella
sotterranea
luccicante di gioielli e gemme.
Sembrava un incanto, una magia.
-E’ mai possibile che esista davvero qualcosa di simile?
– esclamò il ragazzo
biondo davanti a tutto quello splendore, più a se stesso che
ad altri… Ma il
Genio si sentì ugualmente in dovere di intervenire a
proposito.
-Sai come funziona… Uno non ci crede finché non
lo vede con i propri occhi. Ma
ora è tutto davanti a te, padrone, puoi pure avvicinarti che
non mordono. Anche
se a molti il denaro fa uno strano effetto… Bah, in fondo la
mente umana è così
duttile. – concluse sconsolato il suo quasi monologo, mentre
osservava con aria
compatita i due giovani che si erano buttati a capofitto nel tesoro.
Quando Mamoru e il compagno presero a lanciarsi addosso gioielli e
pietre
preziose però, dovette fermarli prima che si ferissero
seriamente.
-Signori! Signori, vi prego… Mantenete un po’ di
contegno!-
Un monile d’oro impreziosito con dei rubini gli
attraversò di netto il viso e
si schiantò contro il muro poco distante.
-… Ottima mira, padrone. Purtroppo per te questo non
è affatto il modo per
liberarti di me, le cose materiali non mi impensieriscono né
possono ferirmi.
Ora, invece che giocare con due bambini, potete innanzitutto dirmi come
avete
intenzione di portare tutto questo tesoro alla vostra città,
se è da lì che
provenite…?-
Il Genio corrugò le sopracciglia ornate di perle,
grattandosi nervosamente
l’orecchio: neanche si erano girati nella sua direzione, quei
bifolchi umani.
Continuavano ad esultare e ridere in tutto quello
scintillio… Sembravano non
essere più in loro. (****)
“Lo sapevo che finiva così… Non avrei
dovuto portarli così in là, non sono in
grado di reggere. Aah, quanta fatica per due inutili
ragazzini…” detto questo
schioccò le dita e l’umida caverna con tutto il
suo luccichio scomparve. Sopra
di loro, il cielo era un bellissimo manto cobalto punteggiato di stelle
che
copriva il mondo addormentato.
Volavano attraverso la notte su un tappeto cucito con fili dorati e
splendidi
colori che assumevano le tonalità del cielo. Il Genio
volteggiava appena sopra
le teste dei due ragazzi addormentati sopra il magico tappeto.
“Dormite, ora. Il viaggio è ancora
lungo…”
Alzò lo sguardo verso il celeste: era da tanto, tanto tempo
che non usciva più
da quella grotta.
Chiudendo gli occhi, riusciva a sentire il respiro del mondo
addormentato, quel
lento cullare di sogni e profumi notturni in cui da sempre si rifugiava.
Erano echi che si ripetevano ogni notte fin dall’inizio dei
tempi, così lontani
eppure comuni al suo orecchio sovrannaturale… Echi
d’infinito che lo
consolavano ogni volta che ne aveva bisogno.
Quella volta fu
Gouenji a svegliarsi per
ultimo. Stropicciò i suoi occhi scuri e affilati con una
mano, tirandosi a
sedere. Non riusciva a ricordare precisamente quando si era
addormentato…
Appena mise meglio a fuoco l’ambiente intorno a sé
vide tanto azzurro e un
Mamoru particolarmente pallido.
-Endou-kun, ti senti bene?-chiese allora, temendo per la salute del
compagno.
Quello fece spallucce, poi si avvicinò al più
grande e gli cinse le spalle con
un braccio: -Amico mio, non vorrei agitarti ma ti consiglio di non
guardare
giù…-
Come c’era da aspettarsi, la curiosità fu troppa
da sopportare anche per un
tipo calmo e riflessivo come Gouenji: così il ragazzo biondo
si sporse appena
da quello che sembrava essere… Un tappeto?
Sotto di loro la piana desertica ed arroventata dal sole scorreva
veloce:
nonostante fosse pieno giorno sentivano appena deboli raggi sulla
pelle, un
insolito vento li trasportava.
Shuuya si passò una mano sulla fronte improvvisamente umida
di sudore, cercando
di respirare regolarmente: si rimise seduto e vide Endou ridacchiare.
-Ti sei preso un bello spavento eh? Te l’avevo detto io di
non guardare giù!-
-Ed il Genio? E’ stato lui a metterci qua sopra?-
-Può darsi…- I ciuffi castani e spettinati di
Mamoru erano sollevati dal vento
mentre parlava – Non si è più fatto
sentire.-
-Forse è perché devo strofinare
l’anello…- Gouenji a quel punto mostrò
al
compagno l’anello a forma di rosa che si era messo al dito.
-Ah! Allora è da quello che è uscito!-
-A quanto pare… Ora lo strofino, vediamo che
succede…- il ragazzo cautamente ci
passò un dito sopra e subito dalla nuvoletta di polvere
argentea comparve
l’enorme spirito, anche se era meno visibile sotto la luce
prepotente del
giorno.
-Eeeh, chissà che succede se strofini
l’anello…! Niente di che, disturberai
solo. E’ una passione la tua, padrone. Riesci a invocarmi nei
momenti più
incredibili…-
-Perché, che stavi facendo di così importante e
strabiliante?- chiese malizioso
il giovane.
-Nulla che ti riguardi! – per la prima volta il Genio si
mostrò in difficoltà,
e sotto tutti quei capelli e quelle gemme che adornavano il suo viso i
due
ragazzi intravidero del rossore. Ma forse era solo l’alta
temperatura…
-Genio!- esordì a quel punto Mamoru, sorridendo –
Sei stato tu a farci uscire
ieri notte?-
-Sì- chinò lo sguardo, il colosso dagli occhi
rosso sangue – Sono stato io. Non
eravate in condizione di uscire con le vostre gambe, allora ho
preferito farvi
respirare l’aria della sera. E’ la migliore per
riprendere conoscenza… Vi
sentite meglio?-
-Aaaw, sentilo come fa il mammone…!-
-Pa-padrone! Ma cosa dici mai?! I-Io mi preoccupo per te e
così mi ripaghi?!-
- Io non ti devo niente, sei tu che mi devi servire.-
-Certo.-
-E allora?-
-Allora cosa?!- sbottò il Genio: lo stavano mettendo in
difficoltà, inoltre il
sole lo infastidiva parecchio.
-Dov’è il tesoro?-
-Quale tesoro?-
-Quello nella grotta!-
-Ah sì. Beh, molti gemme ve le siete portate appresso, il
resto è rimasto laggiù.-
Incrociò poi le braccia al petto, con aria noncurante.
-Come sarebbe a dire “è rimasto
laggiù”?! Noi dobbiamo portarlo in
città!-
sbraitò invece il biondo, allungando le mani verso lo
spirito evanescente. Lo
attraversò nettamente, rischiando di cadere
dall’altra parte del tappeto. Per
fortuna il Genio allungò una mano e lo afferrò
prima che precipitasse nel
vuoto, ma si prese la sua piccola vendetta facendolo penzolare per un
po’,
mentre Endou rideva di quel buffo siparietto.
-Va bene, d’accordo! Hai vinto! Ora rimettimi seduto!-
-Io vinco sempre padrone, ricordatelo.- disse il Genio con un
sorrisetto
malizioso sulle labbra.
Gouenji non riuscì più a ribattere, tanto era
senza fiato.
Endou srotolava dai mantelli le gemme preziose, pesandone il valore.
Poi tutto
sorridente si rivolse al Genio. – Perché sei
così pallido? Non ti senti bene?-
Da sotto le spesse ciocche brune, gli occhi di questo si allargarono di
stupore: -Ehm… Sì, in effetti il sole mi
infastidisce molto, ma non posso
cambiare forma se il mio padrone non lo desidera.- concluse, lanciando
un’occhiata malevola al biondo che gli dava le spalle.
-Desidero solo che tu stia zitto e fermo per un po’, ora.-
-Eddai, Gouenji-kun!- il moro si avvicinò al compagno,
dandogli una pacca sulla
spalla – Tra un po’ non si potrà neanche
più vedere, da quanto il sole batte
forte! Non ha un corpo come noi, rischia di evaporare…-
-Non evapora da nessuna parte, sta tranquillo.-
-Oh, suvvia…!-
-E va bene! Basta che la smettete di frignare, fra tutti e due!
Coraggio,
prendi una forma che ti faccia riposare, Genio.-
Con un sorriso di gratitudine e un pizzico di vergogna negli occhi per
aver
ottenuto il permesso di assumere un nuovo corpo dal proprio padrone in
una
maniera così infantile, il Genio si fece avvolgere dalla
nebbia di pulviscolo
biancastro che componeva la sua figura, e dopo pochi attimi stava
seduto in
mezzo ai due giovani un terzo ragazzo, dagli occhi cremisi e i capelli
bruni.
Era coperto da una tunica semplice ma con alcuni decori dorati sulle
cuciture;
al polso portava fasce dure e brillanti color rubino che davano colore
a quelle
braccia pallide e magre. Il viso sembrava giovane e delicato alla
vista, il
mento appuntito e le labbra sottili e rosate.
-WOW!- esclamò Endou, battendo il cinque al ragazzino.
– Sei davvero tu,
Genio?-
-Sì, ho assunto un aspetto simile al vostro per passare
più inosservato in
città.-
Shuuya, pur essendo ancora arrabbiato con lui, non poté
resistere ad una
trasformazione simile da parte di quell’essere mostruoso che
era apparso loro
nella grotta.
Ora sembrava molto più… vulnerabile. Gli prese i
polsi,
stringendo sui bracciali rossi e splendenti.
-Con questi non passerai di certo inosservato, puoi starne certo.
Toglili, è
più sicuro.-
Il ragazzino scosse il capo con un sorrisetto strano sulle labbra. Ora
Gouenji
poteva guardargli meglio gli occhi e ci scorse malinconia fredda, quasi
ironica.
-Non posso, padrone. Questi, così come prima tutti i
gioielli che
impreziosivano il mio viso, sono il segno della mia
schiavitù. Non posso liberarmene,
se non sarai tu a desiderarlo espressamente.-
il biondo distolse subito lo sguardo, gli occhi così puliti
eppure cupi del
ragazzino che gli stava davanti gli mettevano soggezione.
–Oh!- lasciò la presa
sulle mani dell’altro, soffermandosi un attimo sulle dita
così morbide come non
ne aveva mai sentite. – Vedremo…-
-Ehi senti! – Endou, che li aveva lasciati parlare in
silenzio, prese di nuovo
posto vedendo il compagno in difficoltà. Il Genio
spostò allora lo sguardo,
continuando a sorridere delicatamente.
“Forse….” pensò Gouenji
mentre lo guardava di sottecchi “Anche lui adesso
è più
in soggezione rispetto a prima…”
-Non puoi continuare a chiamarlo “padrone”
però, quando saremo in città.
Sarebbe… Un po’ strano, ecco. Soprattutto
perché abbiamo la stessa età.-
-Se volete posso diventare anche più piccolo…-
propose allora a bassa voce.
-No no! – esclamò Shuuya subito, forse con troppa
forza nella voce – Va bene
così, assolutamente!-
-Okay!- sorrise allora Endou conciliante, di nuovo il ragazzo dagli
occhi
carmini voltò lo sguardo.
Shuuya sentiva uno strano vuoto dentro quando il Genio distoglieva
l’attenzione
da lui. Non l’aveva provata prima come sensazione, invece
ora…
-Allora chiamiamoci semplicemente con i nostri nomi! Io sono Endou, lui
invece
è Gouenji!-
Il Genio alzò la mano in segno di saluto, poi si rese conto
che era la cosa più
sciocca che potesse fare ed arrossì di nuovo.
Questa volta era molto più
visibile, ma Shuuya invece di arrabbiarsi o spaventarsi sorrise
semplicemente,
facendo confondere ancora di più il Genio.
-E tu invece?- continuava a dire la voce di Endou mentre gli occhi
scuri e
profondi di Gouenji erano ancora ancorati al suo rosso sanguineo.
-… Chiamatemi Kidou.-
Il suo padrone sorrise di nuovo, salutandolo con la mano. Kidou per la
prima
volta sorrise davvero.
Viaggiarono
ancora a lungo sul tappeto,
contemplando dall’alto il deserto dorato che si estendeva
sopra di loro. Il
caldo era terribile e non lasciava scampo, ma presto giunse la sera e i
ragazzi
si misero a dormire. Aspettarono che Kidou si addormentasse, poi si
misero a
parlare fra loro, sottovoce.
Il Genio fece finta di dormire per tutta la notte, origliando ad occhi
chiusi
le parole dei suoi padroni; e così scoprì che
molto probabilmente, il seguente
sarebbe stato il suo ultimo giorno in compagnia di quei ragazzi.
Ma naturalmente non lo diede a vedere, quando il mattino dopo si
svegliarono.
-Siamo arrivati!- esclamò a gran voce infatti appena
intravide, fra le nuvole
chiare del mattino, la cittadina e il suo schiamazzo.
-Come si scende da qui, Genio?- chiese preoccupata la voce di
Endou… Un attimo
dopo, tutti e tre si trovarono impigliati sui rami di una palma.
La cittadina era
in festa, quel giorno. O
almeno così parve al Genio, che da tantissimo non metteva
piede in un posto
così affollato e vivo.
Endou saltellava tutto euforico in giro ed anche Gouenji pareva
più sereno, pur
sempre mantenendo quel suo cipiglio distaccato.
Il Genio con le sembianze di un ragazzino si faceva trascinare dal moro
da una
parte e dall’altra, ma lanciava sempre uno sguardo dietro di
sé, per
assicurarsi di non perdere Shuuya.
In realtà quello che più rischiava di smarrire
l’orientamento era proprio lui.
Per fortuna i due giovani non lo lasciavano quasi mai solo, quindi
aveva sempre
un punto di riferimento su cui contare. E poi le chiacchiere di Mamoru
erano
inconfondibili, anche in mezzo alla folla avrebbe saputo riconoscerle.
Nella piazza e per le strade c’erano molti venditori con la
merce più
incredibile: aveva vissuto un sacco ed aveva avuto modo di conoscere
molti
generi di persone e luoghi, eppure, mentre Endou parlava di qualsiasi
cosa e
soprattutto lo guardava con quegli occhi scintillanti e gioiosi, gli
pareva di
vedere il mondo per la prima volta.
Un curioso personaggio lo attrasse in particolar misura: costui era un
uomo con
il volto scavato dall’età e la barba bianca,
indossava abiti pesati e sulla
testa aveva acconciati i capelli dentro un turbante. Stava accovacciato
davanti
ad una cesta di vimini intrecciata e fra le labbra teneva uno strumento
musicale che produceva una melodia particolare e molto seducente.
Le dita dell’uomo sembravano compiere un’allegra
danza balzando da un foro
all’altro delle due canne, eppure agli occhi cremisi del
ragazzo sembrava
esserci qualcosa di macabro.
Endou e Gouenji erano già andati oltre, ma sembrava che i
suoi piedi non si
volessero più muovere.
Sentiva uno strano sibilo provenire da quella cesta, doveva
assolutamente
vedere cosa ci stava dentro. Conosceva bene quel verso, eppure la
melodia
dell’uomo lo distraeva.
Nei suoi occhi scoppiò una scintilla quando il coperchio del
cesto venne spinto
fuori da una testa squamosa e verdastra.
“Serpente!” Sorrise nel constatare di non essersi
sbagliato, era davvero il
sibilo tipico delle serpi quello che aveva avvertito quando era passato
vicino
alla cesta.
Il rettile ondeggiava leggermente a ritmo della melodia prodotta dal
pungi
(*****), quell’interessante strumento a fiato
dell’uomo.
Il ragazzino porse una mano in direzione dell’animale, ma non
fece in tempo a
sfiorargli la testa che la musica si interruppe e le affilate zanne
della serpe
si conficcarono nella sua mano pallida.
Kidou rimase stupito ad osservare le sue dita tingersi di un colore
scarlatto:
alcune gocce caddero sulla pelle squamosa del rettile, che ora si
faceva
accarezzare sibilando appena.
Come si era interrotta, la musica ricominciò a diffondersi
nell’aria e il
serpente si volse verso l’uomo, ignorando il ragazzo.
A quel punto Yuuto si
alzò in piedi e, tenendosi le dita ferite con la mano sana,
rivolse un ultimo
sguardo all’incantatore di serpenti.
Non l’aveva mai guardato negli occhi, eppure gli sarebbe
piaciuto leggere,
anche solo per uno sfuggevole attimo, gli occhi dell’uomo che
faceva danzare le
serpi del deserto.
Ritrovò
i suoi compagni poco più in là;
appena Gouenji lo vide gli venne incontro.
Kidou già da più lontano li aveva visti, stavano
ancora discutendo.
Nelle increspature del sorriso sereno che sbocciò sulle sua
labbra nel vederli
abbracciati, si potevano intravedere schizzi di gelosia,
così come il sole
schizzava sul cielo terso i suoi ultimi raggi prima di morire dietro la
linea
dell’orizzonte.
Il tramonto, l’ora più malinconica e romantica
della giornata.
-Kidou, sei qui. Vieni, dobbiamo parlare.-
Il tramonto, l’ora della verità e della menzogna.
-Sì, padrone.-
Uno di fronte all’altro ora stavano i due giovani. Si presero
qualche istante
per osservarsi meglio, o forse Gouenji non sapeva come iniziare e Kidou
preferiva non tentare di indovinare. Non gli erano mai piaciuti i
giochi
d’azzardo, non era di certo prediletto dalla fortuna e
preferiva a sua volta
ignorarla.
Quel silenzio stava logorandolo da dentro, ma non poteva fare nulla:
si impose un autocontrollo che faceva male, intanto il suo padrone non
dava
cenni di voler dire qualcosa.
-E’ stata una bella giornata.- gli uscì quasi di
getto: il tono affaticato ma
gioioso con cui lo disse però, stupì entrambi.
Shuuya alzò gli occhi su di lui,
Kidou subito ci vide agitazione.
Sorrise, i tormenti umani erano così commoventi ai suoi
occhi eterni… Doveva
cercare di farlo parlare, altrimenti non avrebbero risolto niente. Fin
da
subito il Genio sapeva come si sarebbe concluso il loro discorso. Non
perché
fosse preveggente o volesse in qualche modo manovrare le redini della
conversazione: semplicemente doveva andare così, era la cosa
più giusta.
-Dimmi, padrone, di cosa devi parlarmi?-
-Tu lo sai già, vero?-
Questa volta fu Gouenji a sorridere: ma in realtà erano solo
smorfie per
mascherare la sua agitazione.
Kidou ridacchiò ma i suoi occhi rimasero seri:
-Posso immaginarlo, ma se tu non me ne parli non posso esserne certo.-
-Dimmi, Genio… Tu non hai mai pensato alla tua
libertà?-
Un alito di vento gelido soffiò tra i rami delle palme loro
vicine, il corpo
umano del Genio tremò appena. Avrebbe voluto chinare il
capo, ma si impose di
continuare a guardare gli occhi scuri del ragazzo: -La
libertà è per me un
concetto effimero, tutt’altro che concreto. Sì, ci
ho pensato e continuo a
pensarci, ma lungi da me fare ai miei padroni una richiesta simile.-
-Perché?-
Kidou scosse il capo impercettibilmente, le ciocche castane
ondeggiavano
accompagnando le sue parole: -Perché la mia esistenza
è eterna, padrone. Ho una
vita infinita a mia disposizione per…-
-Ubbidire?- s’intromise Gouenji con tono seccato, quasi
malevolo.
-… Sognare.- continuò invece il Genio, pacato.
-S-Sognare?- ripeté il giovane sbarrando un poco gli occhi.
Il Genio si avvicinò al ragazzo, gli sfiorò la
guancia con un dito raccogliendo
una lacrima. Brillava come le gemme di quel tesoro sotto la sabbia nera
del
deserto: era anche folle come quel tesoro, ma ugualmente incantevole.
-Sì, padrone, sognare. Infondo, io che sono e per sempre
sarò un eterno
schiavo, che altro posso fare se non sognare cosa farei se fossi
libero?-
-Ma, Genio…!- lo interruppe il ragazzo biondo, prendendo
coraggiosamente
parola. Kidou subito si fermò, guardandolo con occhi docili.
–Genio, tu…
Potresti essere libero, perché dici così? Vuoi
dire che se io ti proponessi la
libertà, tu non l’accetteresti?-
-No, io non posso dire “sì” o
“no”. Io obbedisco. Dimmi di te piuttosto, di te
e del tuo compagno. Voi lavorate per un uomo più potente di
voi, che vi sfrutta
e vi ripaga del vostro lavoro con quel che appena basta per il vostro
sostentamento. Potreste essere liberi, perché non avete
ancora fatto nulla a
riguardo?-
Mentre parlava, gli occhi di Kidou si tinsero del colore del vino, e il
vino
oscillava con i suoi riverberi rossi sul suo sorriso scarlatto. Era
così
tranquillo da sembrare fuori di sé…
-Noi? Ma noi che possiamo fare? Abbiamo bisogno di molte ricchezze per
andarcene da qui e provare a vivere la libertà che tu
dici…-
-Sì, appunto. C’è un uomo qui in
città, un grande e potente uomo, che saprebbe
ricompensarvi in tal misura… Infondo siete in possesso di
qualcosa che vale
molto di più di una manciata di gemme, tu non credi?- Yuuto
accarezzò l’anello
che il biondo teneva al dito, il suo respiro era impercettibile.
-Genio, noi…- Shuuya ingoiò qualcosa, ma Kidou
poté solo immaginare che sapore
poteva avere la disperazione. –Noi non vogliamo
venderti… Ne abbiamo parlato
tanto con Endou, ma non vogliamo che tu finisca in mani sbagliate. Il
Sultano è
certamente l’uomo potente di cui parli, ma non sappiamo cosa
potrebbe chiederti
e… -
Gouenji si bloccò; nelle sue parole non c’era
ancora traccia di pianto, però si
sentiva che quello era un discorso completamente diverso da quelli che
avevano
tenuto fin ad allora. Yuuto piegò il capo, accarezzando una
guancia del ragazzo
che gli stava di fronte e parlando con tono pacato disse: -Oh suvvia,
spero
davvero che non siate preoccupati per me. Tu e Mamoru non avete neanche
idea di
quanti padroni ho avuto, quanti capricci ho dovuto esaudire: pensate
forse che
un sultano qualsiasi possa fare la differenza?-
-Qualcuno la farà mai, Genio? La differenza. Qualche padrone
si distinguerà?-
-Certamente. Qualcuno, quando si farà il grande appello
finale e sarò
finalmente libero, potrebbe essere ricordato in modo particolare. Ma
per il
momento è della tua libertà che dobbiamo
occuparci, non della mia.-
Aveva un modo di sorridere tutto particolare: fra le increspature delle
sue
labbra sembrava celarsi tutta la tristezza e l’amore del
mondo, il suo tono
sapeva essere invidioso e grato nello stesso tempo. Era ambiguo, troppo
per
Shuuya che sentiva solo crollare a pezzi il mondo intorno a lui.
-Genio, noi avevamo pensato ad un’altra
possibilità…- Ad un certo punto Kidou
si ritrovò due occhi neri, fumosi e concentrati, fissi
dentro di sé. Li stette
ad osservare come un bambino osserva una liquirizia … - Tu
puoi fornirci di
tutte le ricchezze di cui abbiamo bisogno per andarcene. Puoi rimanere
così,
con queste sembianze, ed essere nostro pari… F-Faresti solo
apparire qualche
ricchezza se proprio ci occorresse, ma per il resto potresti essere
libero,
insieme a noi. Mi dispiace non poterti dare una libertà
assoluta, perché in
quel caso tu…-
-Io non sarei più vincolato a te, esatto.
Quell’anello che porti al dito non
avrebbe più alcun valore e io avrei il permesso di non
portarti più rispetto.
Non è per niente conveniente per te, lo capisco.-
-Genio… Non avercela con me, è solo una
questione…-
-Una questione di libertà, lo so. Gouenji, so bene cosa
significhi questo per
te e per Endou, e siete stati molto gentili a dare spazio anche a me
nel vostro
futuro. Se questo è il vostro desiderio io lo
accontenterò, ma andrebbe bene?
E’ inutile che ora dici che sarò un vostro pari,
perché so bene che non sarà
mai così per davvero. Sarò sempre il tuo servo,
se è questo il tuo desiderio.
Io sarò alle tue dipendenze e tu alle mie. Perché
senza di me torneresti
all’istante ad essere il poveraccio che sei. Io sarei il tuo
schiavo e tu il
mio… Ti andrebbe bene?-
L’oscurità era calata in fretta, l’aria
era gelida e il vento continuava a
soffiare sempre più forte fra le ampie foglie di palma.
Gouenij sembrava
tremare, Kidou sentiva solo l’eco delle sue parole. -Se
invece mi vendessi al
Sultano, lui ti potrebbe fornire di ricchezze autentiche come
ricompensa; così
tu e Mamoru potreste essere liberi davvero. -
-E tu, Genio? Rimarresti a servizio di un altro padrone…-
-Beh, in un certo senso io esisto per questo, per servire il mio
padrone. Ma tu
Gouenji, tu non sai essere dato alla schiavitù, per questo
ti chiedo di portare
questo anello al Sultano, per poterti prendere cura di Endou e
coltivare
insieme il più gioioso dei vostri futuri. Perché
la vita è una splendida
avventura, e va vissuta interamente.-
-Proprio tu me lo dici, tu che vivi obbedendo ai desideri altrui invece
che
seguire i tuoi?-
-Proprio perché porto queste catene, ti sto dicendo di non
ridurti al mio
stesso livello…-
In quel momento Gouenji ruppe la distanza fra di loro, stringendolo
forte a sé.
Era la prima volta che i loro petti combaciavano, e il rumore del vento
non
riusciva a contrastare i battiti dei loro cuori accesi di sentimenti
contrastanti.
Non si erano mai stretti così, Yuuto rimase con le braccia
penzoloni, immerso
in quell’abbraccio inaspettato, che sapeva di lacrime e
oscurità.
La notte e il vento scuotevano quei corpi pallidi e freddi, uniti in un
contatto
superficiale, ma che scavava nel profondo.
-Lo sai, Gouenji… La mia vita non è altro che un
continuo ripetersi di
esperienze già vissute, frasi già dette ed ordini
già espressi. Echi,
null’altro che echi. Questo tuttavia è un eco
nuovo, mai vissuto.-
-Ho solo un ordine ancora per te: vorrei davvero che trovassi la
felicità, un
giorno. Non so se per te questo sarà sinonimo di
libertà, ma in ogni caso
vorrei che fossi felice.-
-Lo sarò, padrone.-
Allora il contatto si interruppe, Gouenji si raddrizzò e
Kidou rimase a
fissarlo.
Rimbombava ora un silenzio nuovo fra di loro: un nuovo eco nasceva
mentre il
cielo si punteggiava di stelle.
-Domani mattina.- disse il Genio
-Domani mattina. All’alba.- precisò Shuuya.
E si salutarono così, un cenno del capo e un sorriso
sbilenco.
Poi la nebbiolina candida avvolse il corpo del giovane dagli occhi
rossi che
sparì all’interno dell’anello a forma di
rosa.
Gouenji stette ancora un istante a guardare davanti a sé la
città buia: qualche
luce ancora resisteva, qua e là, oppressa
dall’oscurità della notte.
Poi tirò
un sospiro, una nuvoletta di vapore uscì dalla sua bocca.
Avvicinò l’anello al
dito e ci poggiò sopra le labbra inturgidite dal freddo:
-Buonanotte.-
Shuuya
tentò invano di dormire, quella notte.
Le parole del Genio continuavano a rimbombare nella sua testa senza
dargli
pace: a null’altro riusciva a pensare, mentre sperava che il
Sole non sorgesse
mai. Invece, suo malgrado, presto le prime luci del mattino
rischiararono il
cielo, spegnendo via via tutte le stelle.
Si era incantato a fissare un punto indeterminato davanti a
sé, quel punto dove
avrebbe potuto cambiare le cose ma non era stato abbastanza forte per
farlo,
quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.
Voltò lo sguardo, e i suoi
occhi smarriti ma asciutti incontrarono quelli risoluti e caldi di
Endou.
-Mamoru-kun…-
-Dobbiamo andare, coraggio. E’ già mattino.-
Shuuya titubava nell’afferrare la mano che Endou gli porgeva,
il moro se ne
accorse subito.
Si inginocchiò allora di fianco al ragazzo, per poterlo
guardare negli occhi.
-“Non lasciarmi…” Ti ricordi?
“Siamo partiti insieme”, non possiamo fermarci
ora. Dobbiamo andare, dobbiamo farlo. Il Genio ci ha dato questa
possibilità
anche se nessuno glielo aveva chiesto solo perché vuole il
nostro bene, il
minimo che possiamo fare noi per lui è accontentarlo. Forza
Gouenji-kun, “non
lasciare la mia mano.”-
Sorrise Shuuya, nel sentire il compagno rievocare quelle parole. Si
erano
spesso incoraggiati nei momenti difficili, erano sempre andati avanti,
insieme.
Indugiare adesso era assurdo, non avrebbe portato a niente.
-D’accordo- acconsentì allora, afferrando la mano
del moro e tirandosi in piedi
– Andiamo.-
La reggia era
immensa: entrarono in punta di
piedi in quel suntuosissimo palazzo, quasi timorosi di poter rovinare
qualcosa
di quell’incredibile luccichio.
Il pavimento su cui camminavano era d’oro, talmente
splendente che si poteva
scorgere chiaramente il riflesso dei dipinti affissi alle pareti
opposte. Erano
circondati da enormi portali adornati con lussuosi drappeggi ed il
riecheggio
confuso di voci: servitori e soldati attraversavano continuamente
quelle stanze
luccicanti di meraviglie. I due giovani si tenevano per mano e, mentre
venivano
scortati da alcune guardie, sbirciavano ogni tanto tutti quei tesori.
Sarebbe
bastato portar via una sedia o una lancia appesa
alle pareti per godere di serenità economica
per tutta la vita, giù in città. Immersi in tutto
quello sfarzo, il mercato in
cui erano abituati a vivere sembrava davvero desolato e povero.
Vennero scortati in presenza del Sultano; mentre si inchinavano davanti
alla
sua persona, continuarono a tenersi per mano, infondendosi coraggio. O
per lo
meno, per dimostrare all’altro di essergli vicino, qualunque
cosa sarebbe
successa da lì in avanti.
Un servitore si avvicinò all’orecchio del Sultano
e disse parole che i due
ovviamente non compresero.
Il sovrano assentì con un cenno del capo, facendo
arretrare il ragazzo e rivolgendosi ai due mercanti disse: -Voi sareste
dunque
in possesso di un tesoro al di là di qualunque ricchezza io
possegga in questa
reggia… Interessante, molto coraggioso da parte vostra
insinuare qualcosa di
simile, ma avete stuzzicato la mia curiosità: mostratemi
allora questo incredibile
tesoro.-
Gouenji alzò un poco il capo in direzione
dell’amico che gli rispose con un
sorriso un po’ tremolante, ma caldo e rassicurante come al
solito.
Allora il biondo mosse un solo passo in direzione del Sultano, si tolse
l’anello dal dito, e qui un brivido lo avvolse, un terribile
brivido che lo
scosse da capo a piedi, ma si costrinse a stringere i denti e non
ritrarre la
mano che porgeva al principe orientale l’anello a forma di
rosa.
-L’abbiamo trovato sotto le sabbie che si muovono, Sire.
Mettetelo al dito e
vedrete con i vostri occhi la sua potenza.-
Questi osservò l’anello di elegante fattura con un
cipiglio curioso ma
piuttosto titubante, poi lo fece scorrere fra le dita: dal contatto
subito si
generò una polvere biancastra di odore neutro ed impalpabile
al tatto. Subito
il Sultano arretrò sgomentato, e tre guardie gli si misero
davanti.
Una voce
profonda ed antica come il mondo ma lenta e musicale come il vento che
accompagna le nuvole nelle giornate soleggiate, emerse dalla nebbia
magica.
-Non abbiate timore, padrone. Sono un Genio, e sono assai potente, ma
la mia
magia e il mio sapere è a vostra disposizione. Sono qui per
servirvi, o grande
principe d’Oriente.-
Ed eccolo, davanti agli occhi stupefatti del Sultano, apparve in tutto
il suo
terribile splendore e potenza, il Genio, lo spirito dalla forza di un
dio e
dall’ubbidienza di un servo.
Gouenji e Mamoru alzarono lo sguardo, ma Kidou non rivolse loro una
sola parola
né un cenno di saluto.
Stava a capo chino, i capelli ora di nuovo raccolti, il
volto pieno di gemme pendenti e le enormi ali nere piegate dietro la
schiena
pelosa.
Il Sultano sorrideva pensieroso, accarezzandosi il pizzetto nero e
guardando il
Genio apparso dall’anello. – Eccoti dunque,
creatura tanto bramata.-
-Bramata, mio signore?-
-Per anni ho mandato i più coraggiosi ed intrepidi
avventurieri di mia
conoscenza laggiù, nel deserto infuocato dal sole cocente
dove ti nascondevi,
ma mai nessuno è riuscito a portarti da me. Ora, io deduco
che tu sei un servo
obbediente, quindi mi dirai la verità?-
-Certo, padrone. Solo la verità.-
-Tu uccidi, Genio?-
Mamoru e Shuuya trasalirono a sentire quelle parole. E guardando
sgomentati
prima in direzione del Sultano e dopo in direzione del Genio, sperarono
che
anche Yuuto avesse avuto paura. L’enorme spirito dagli occhi
carmini non li
aveva ancora guardati, ma era il rispetto per il nuovo padrone ad
imporglielo:
il suo cuore sì, aveva tremato.
-Sì, padrone. I miei poteri non hanno limiti o restrizioni,
tutto mi è
possibile. Anche uccidere.-
Il principe orientale, dall’alto del suo trono impreziosito
di gemme
splendenti, si alzò in piedi ed esclamò: -Bene
allora. Esaudisci il mio primo
ordine: esigo che i tuoi precedenti padroni muoiano
all’istante.-
Gouenji spalancò gli occhi a quelle tremende parole, e
subito Mamoru lo
abbracciò stretto.
Il Genio si volse verso di loro, dando le spalle al Sultano: si
guardarono
fissi, quell’attimo che seguì sembrò
durare un’eternità. Gli occhi dei due
giovani mercanti, così scuri e pieni di sgomento, si
rilassarono incontrando
quelli frizzanti e furbetti del Genio.
“State tranquilli, non vi accadrà
nulla.” sentirono nelle loro teste la voce
semplice e musicale del ragazzino che aveva sorvolato il deserto con
loro su un
tappeto magico; era Kidou che parlava loro “ Fidatevi di me:
sarò pure
antipatico e sgraziato d’aspetto, ma ho una
coscienza.”
Annuirono, stretti in quell’ abbraccio disperato, ed al Genio
si aprì il cuore:
erano due amici da salvare, quei due ragazzi.
Le stelle avrebbero guidato il
loro cammino, mai si sarebbero fermati.
“Addio”
Lentamente i due cominciarono a sentirsi sollevare: avvertivano di star
volteggiando, mentre dai loro piedi cadevano al suolo dei corpi
esanimi, ma del
tutto e per tutto identici a loro.
“Genio, cosa significa questo?”
“E’ solo un’immagine, ma
accontenterà il Sultano: nessuno vi sta vedendo volare
su, state tranquilli. Appena avrete attraversato il soffitto ci
sarà il tappeto
ad attendervi: quello è vostro, consideratelo un
regalo.”
“Grazie, amico.”
“L’importante è che vi levate dai piedi,
su su!” Mentre il Sultano rideva
stridulo davanti ai due fantocci senza vita stesi sul suo pavimento
dorato, il Genio
guardava in alto i suoi amici. “… E buona
fortuna.” Ma ormai avevano già
attraversato il soffitto.
Se la sarebbero cavata: infondo, Gouenji e Mamoru erano due ragazzi in
gamba,
molte volte l’avevano dimostrato.
Kidou abbassò allora gli occhi, concentrandosi sul presente
che doveva vivere.
-Avete altri ordini per me, padrone?-
Ma ogni notte, da quel giorno
in avanti, il
Genio attese con ansia il buio: mentre il suo padrone e tutti quelli
che in
seguito avrebbe servito dormivano, lui chiudeva gli occhi per riaprirli
sopra
un tappeto magico che attraversava deserti e mari, mentre Gouenij e
Mamoru gli
sorridevano con quella luce splendida negli occhi, raccontandogli le
loro
avventure: lui li stava ad ascoltare, rideva con loro e aveva sempre
fra le
mani alcune gemme che lasciava ai due ragazzi, in modo che potessero
continuare
a viaggiare sereni e godersi la loro libertà.
Durava solo per il
tempo di una notte e l’atmosfera era tanto magica e vivace
da sembrare un sogno: l’eco di un sogno che si ripete
all’infinito.
“Siete
due splendidi amici; fate del
vostro legame la vostra ricchezza, e sarete felici.
Ah,
un’ultima cosa… Avete fatto voi la
differenza.”
{Io
vivo di
accenti, di presentimenti, profumi che sento nell'aria...
E vivo di slanci, di moti profondi , fugaci momenti di
gloria…
E nel silenzio del mondo, io sento echi di infinito} Echi d’infinito – A. Ruggeri
.: Note del testo :.
(*)
Non ho
idea se, nel tempo imprecisato in cui ho ambientato la mia storia,
fossero già
a conoscenza delle sabbie mobili -scientificamente parlando- come ne
sappiamo
noi oggi. Quindi ho preferito denominarle così.
(**) Ispirato da una strofa della canzone [Adesso
si apre il cuore/Ma che sorpresa/(…) può nascere
una rosa/Anche dal fango]
(***)I "Geni" fanno parte di molti racconti della raccolta araba
“Le
mille e una notte”. Essi sono enormi spiriti dalle sembianze
umane ma dalla
faccia orribile coronata di perle, diademi attaccati alle orecchie
pelose e da
gioielli sugli occhi e sui riccioli della barba. Fuoriescono da piccoli
oggetti
dei loro proprietari sotto invocazione e strofinio delle mani, come nel
caso di
Aladino e la lampada meravigliosa. I Geni sono anche
proprietari di una
loro città in una delle favole della raccolta. Tuttavia non
sono esseri
crudeli, sebbene possano far grande paura ai mortali per le loro ali
simili a
quelle di un pipistrello. Sono molto servili (tranne qualche eccezione)
e sono
pronti ad obbedire a qualunque richiesta del loro padrone. [Da
Wikipedia,
l’enciclopedia libera]
(****) Non ho idea se la cosiddetta “febbre
dell’oro” fosse già conosciuta, ma
considerando che il denaro e il potere hanno sempre dato alla testa
chiunque e
in qualunque secolo, penso sia credibile.
(*****) Il “pungi”, così denominato
nella lingua hindi, è uno strumento
musicale a fiato diffuso nella musica popolare indiana ed in
particolare viene
utilizzato dagli incantatori di serpenti. Si tratta di un clarinetto
doppio ad
ance interne semplici, costruito da due canne inserite in una zucca a
bottiglia. [Da Wikipedia, l’enciclopedia libera]
.: Note dell’autrice:.
Salve gioventù~
(?)
Siete riusciti ad arrivare fino alla fine? Bravi, molto bravi uwu
Non avrei potuto non scrivere nulla in onore di loro, Endou, Gouenji e
Kidou.
Penso che siano un trio mitico ormai, e questo contest è
stata una splendida
occasione per scriverci.
Mi affido quindi al giudizio di Emmastarr e di tutti voi lettori per
quanto
riguarda questo mio lavoro.
Il pacchetto che ho scelto era molto affascinante, spero di essere
riuscita a
rendere IC i personaggi anche in un contesto simile ^^
Avevo una canzone da utilizzare: una strofa l’ho inserita a
fine brano, mentre
alcuni concetti sono stati ripresi durante la stesura della stessa
storia.
Volevo solo dire un’ultima cosa riguardo i personaggi: in
questo giorno volevo
ricordare la grande amicizia che lega la squadra della Raimon e in
generale
tutti i ragazzi di questo anime, rappresentati in minima parte dal
legame fra
Mamoru, Shuuya e Yuuto. Ebbene, non voglio che il messaggio che la mia
storia
trasmette possa essere frainteso, perciò cercherò
di essere chiara qui: non intendevo,
con questo, dire che gli amici si usano solo per necessità,
e poi, appena
arriva la prima occasione di riscattare la propria posizione sociale,
ci si
abbandona al proprio destino. In questa storia Gouenji ed Endou non
hanno
venduto Kidou per essere liberi: Yuuto ha scelto di cedere la
libertà che i due
ragazzi erano disposti ad offrirgli, per garantire agli amici una
libertà
ancora più evidente.
Kidou ha ceduto la sua libertà per quella degli amici:
è portato ovviamente a
livelli estremi, ma il messaggio che volevo trasmettere è
proprio questo. Gli
amici si aiutano, in caso di necessità sono pronti a
sacrificarsi per fare in
modo che l’altro stia di nuovo bene, sia felice.
Ecco, ci tenevo a specificarlo perché, così
com’è posta la shot, il messaggio
poteva essere frainteso e mi sarebbe proprio dispiaciuto: amici come
loro non
se ne trovano tutti i giorni * w *
Bene, detto questo penso di aver concluso.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e gradito, mi rimetto alla
valutazione
del giudice.
Sissy